*Simon si ritrova nella rete di Zlatan, che è comunque solo all'inizio del suo piano di seduzione. Non sa quanto non ha scampo. Tuttavia si forma subito uno di quei momenti che poi portano ad un approfondimento importante e Zlatan lo giostrerà egregiamente. Purtroppo le foto di loro due insieme di quel periodo scarseggiano anche se qualcosina c'è e ci accontentiamo. Ma si sa che io shippo spesso sulla base di fatti e situazioni e non di materiale. Vorrei specificare che il concetto che ho di Zlatan e della sua vita privata, del suo modo di vivere le relazioni, ma soprattutto il matrimonio, è un'idea totalmente mia, una mia invenzione, non vuole riportare una realtà che non posso conoscere. Così come le paranoie ed i problemi personali di Simon, io non ne so nulla, questa è tutta invenzione. Gli auguro anzi di essere felici e basta.
Per sapere quando pubblico e su cosa scrivo o shippo o guardo, seguite la mia pagina su FB. Baci Akane *
13. MOMENTI
- Vuoi giocare? - tornò a chiedergli Zlatan, continuando a porgergli il controller.
Simon guardò l’oggetto nero ed alzò di nuovo scettico il sopracciglio.
- Non so giocare... non ho nemmeno mai preso in considerazione l’idea di cominciare!
Zlatan scoppiò a ridere spontaneo, era una cosa così da lui!
- Allora, facciamo così! - disse poi spontaneo senza averla nemmeno progettata: - Stasera facciamo qualcosa che è più da me, domani facciamo qualcosa che è più da te e andremo in giro per Milano! Andiamo anche a cena, se ti va. Ti porterò nel mio ristorante preferito!
Simon lo guardò colpito della proposta di passare insieme ben due serate e fu come se improvvisamente si ricordasse di qualcosa.
- Io ed Alessio pensavamo di chiedere a te ed Ante se domani ci potete aiutare a migliorare la nostra intesa in difesa... pensavamo ad un po’ di due contro due dopo la sessione...
Zlatan lo guardò sorpreso, non aspettandosi quella proposta, e si chiese come la collegasse alla sua appena fatta.
- Vuoi che domani vengano anche loro con noi? Si può fare...
“Tanto l’importante è che poi in camera siamo soli...”
- No io... cioè si può chiedere, certo... ma era solo una cosa che io ed Alessio pensavamo di chiedervi domani, te lo dico ora visto che siamo in vena di proposte...
Sembrava imbarazzato.
- Quindi è un sì per la mia idea di stasera camera e domani uscita?
Lo vide mentre lo fissava spaesato, sembrava chiedersi perché dovessero per forza fare due sere di fila insieme.
- Domani la sessione è di mattina, se ci fermiamo dopo per gli esercizi si può andare a pranzo insieme e a fare un giro, se gli va di unirsi a noi e non hanno impegni...
Zlatan lo fissò torvo, capendo immediatamente che stava cercando un modo per stare con lui senza starci davvero.
“Abile il ragazzo... vorrà dire che punterò tutto su stasera!”
- Non vuoi passare due notti di fila con me?
Simon avvampò improvvisamente e lo fissò in allarme, ancora seduto al sicuro nel suo letto e ben vestito.
- Ma che c’entra, pensavo al lato pratico e basta! Poi tu una casa ce l’hai, che senso ha che ti trasferisci qua solo per farmi compagnia? Non è strano? Giovedì sera siamo a Brescia perché siamo in trasferta e saremo ancora insieme. Non voglio monopolizzarti, non ho problemi a stare solo.
Zlatan rimase strabiliato nel sentirlo così diretto e schietto, quasi crudele in un certo modo. Gli stava dando il benservito senza peli sulla lingua, non aveva il minimo timore di sembrare sgarbato o di farlo rimanere di merda. Né aveva paura di parlare di certe cose. Era davvero strano voler passare tanto tempo con una persona?
“E lui non sa che volevo farlo stare da me finché non trovava casa. Vedi che avevo ragione? Non avrebbe mai accettato, ma in questo caso non può cacciarmi. È anche la mia camera, mica casa sua!”
Zlatan sapeva di averci visto giusto e non rispose decidendo di portare avanti il suo piano.
- Mettiti comodo e vieni qua, ti devo insegnare! - ordinò come prima cosa.
Simon lo guardò ancora incerto e Zlatan si spostò sul letto per fargli posto.
“Sì, bello mio, ti siederai proprio qua vicino a me! Ti tocca! Come ti insegno a giocare?”
- Dai! - lo incitò col suo vocione perentorio che non ammetteva repliche. Simon non pensava di essere il tipo da accettare ordini che non volesse eseguire, non era uno che si sottometteva, ma finì per togliersi finalmente il maglione e rimanere in canottiera intima. Si tolse anche i jeans e per un momento, mentre lo guardava insistente seguendo con cura ogni suo minimo movimento, lo vide a disagio.
Affrettatosi a mettersi il pigiama, si rassegnò a sedersi vicino a lui dove gli aveva fatto posto. Non era convinto fosse una grande idea, ma non aveva scelta.
Questo glielo leggeva in faccia anche se era sempre iper controllato.
Una volta che gli fu accanto e che i loro corpi si toccarono inevitabilmente, gli diede il controller acceso e prima di cominciare, gli disse serio, fissando lo schermo, come se parlasse del gioco.
- Ho sempre avuto bisogno di seguire il mio istinto, se volevo fare una cosa dovevo farla o impazzivo, anche senza motivo. Io li chiamo ‘i miei periodi’. Helena sa che ogni tanto sparisco, ne ho bisogno. L’avverto e se ha bisogno ci sono, ma se le dico che passo un po’ di tempo per conto mio, non deve farmi domande od insistere per avermi a casa. Finirebbe male, ci ha provato all’inizio. Abbiamo quasi divorziato. Per fortuna poi ha capito. Torno sempre, ma ogni tanto ho i miei periodi. Così come ora: volevo stare con te e l’ho fatto. E lo farò anche domani, se non ti dà fastidio.
Ma era ovvio che sarebbe venuto anche se gli avesse dato fastidio. Perché faceva sempre quel cazzo che voleva.
Simon lo guardò meravigliato, ritrovandosi a trattenere il fiato.
Non era certo nei suoi piani fissarlo così vicino a lui, per giunta praticamente nudo e coi capelli sciolti, ma non ci poteva fare nulla.
Aveva avuto un momento di apertura e sincerità così bello che non aveva potuto evitare di fissarlo. Voleva saperne di più, eccome se voleva.
Improvvisamente quella serata insieme senza impegni e motivi specifici, era tutto ciò che contava per lui.
Gli prese il controller dalla mano e gliela toccò inevitabilmente, si sentì andare a fuoco, poi seguì l’onda dell’interesse e della confidenza che stava avendo con lui.
Perché gli importava. Improvvisamente gli importava davvero un sacco, voleva sapere tutto di lui. Cosa che non gli era capitato con nessuno, mai.
Tutte le volte che si era interessato agli altri era stato per gentilezza e per costruire rapporti doverosi all’interno delle sue squadre, per avere un bel gruppo. Ma non gli era mai importato a livello personale.
- I tuoi periodi... - ripeté quasi in trance inseguendo un pensiero contorto: - quindi ne hai uno stasera?
Era così ovvio e al tempo stesso strano che lo avesse proprio ora con lui.
Di fatto Ibra non aveva ancora fatto assolutamente niente. Non ci aveva provato, era stato provocante ma magari era un suo modo di essere, non era detto che ci stesse velatamente provando o testando il terreno. Voleva stare con lui, tutto lì. Poteva non essere strano, invece?
“È la persona più assurda ed incomprensibile che io abbia mai conosciuto. 4 anni fa mi mette le mani al collo, poi mi ritrova qua e mi odia al primo sguardo” cosa su cui non aveva dubbi perché era stato proprio evidente. “Ora invece gli sto bene, in qualche modo. Gli vado a genio. Vuole addirittura stare con me. Vuole qualcosa. Cosa? Essermi amico? Scoprire qualche segreto inenarrabile? Oppure davvero gli piaccio?”
Successivamente gli venne in mente Samuel ed il discorso che aveva avuto sul fare sesso occasionale con chi gli pareva, uomini in particolare.
“Non c’entro io, non credo. Va a letto con altra gente, per questo vuole fare sempre quel che gli pare. Ma non è che stasera voleva fare sesso con me?”
I suoi dubbi aumentarono, ma durarono in realtà un istante, il tempo di non capire nulla di quello che gli aveva appena spiegato sul gioco e sulla Playstation.
Ibra ci aveva provato, ma lui era rimasto sulla domanda a cui non aveva risposto, poi la sua testa si era sconnessa.
- I tuoi ‘periodi’ di cui parli c’entrano col sesso? Quando hai voglia di andare a letto con qualche ragazzo? - poi si ricordò di come si era definito. Non uno che guardava al genere, ma alla persona.
“L’avrà mai tradita con un’altra donna?”
Non osò chiederglielo.
Ibra lo guardò sorpreso della sua domanda, insisteva su una cosa così personale e privata e non era da lui, solitamente era evasivo su qualunque cosa potesse creare un legame.
Simon arrossì e distolse lo sguardo fissandolo sul controller fra le sue mani che non aveva ancora idea di come si usava.
- Scusa, non sono affari miei.
Ibra a quel punto lo colpì leggero con il braccio contro il suo facendolo dondolare dall’altro lato.
- I miei periodi sono complicati, non te li so spiegare. Semplicemente non so nemmeno io cosa mi succede. Ho sempre avuto bisogno di un po’ di solitudine ed isolamento. Quando non lavoro vado in montagna a camminare da solo, ma se lavoro tanto evito e se mi sento così, magari vado da qualche parte o faccio qualcosa. O mi faccio qualcuno.
Simon rimase colpito dal fatto che gli spiegasse tutto così bene e con tanta pazienza, non era seccato. Aveva un tono più basso e confidenziale e si rese conto d’aver appena creato uno di quei momenti.
Quelli che contano nei rapporti che poi diventano veri.
Non se ne spaventò anche se un po’ si trovò a tremare dentro di sé.
- Ma stasera sei finito qua... - sottolineò con un filo di voce facendogli capire di non aver bevuto la stronzata del ‘pensavo volessi compagnia’. Uno soprannominato ‘iceman’ poteva mai volere compagnia?
Fermo e deciso sollevò lo sguardo su quello di Ibra. Questi lo ricambiò da vicino, serio e stupito di tanto coraggio e schiettezza.
Non scappò e non si tirò indietro, sapeva affrontare tutto quello che gli succedeva a testa alta e sangue freddo.
Anche se forse, se doveva dire di qualcosa che lo spaventava, era proprio quello.
Creare dei legami e non essere capace di mostrare i propri sentimenti facendo così scappare l’altra persona.
Un po’ come era capitato con Camilla.
Con Elina erano nati dei figli ed era consapevole che loro rappresentavano un doppio legame, difficilmente sarebbe scappata se lui non fosse stato troppo impossibile, ma era consapevole di non esserlo. Del resto si impegnava molto per quello, per non farla scappare. Aveva imparato a simulare quello che lei si aspettava da lui, anche se non era capace di provarlo spontaneamente. Ma quel che contava era come lei si sentiva. Se si sentiva amata da lui, non contava affatto che in realtà non lo fosse, non come la gente comune intendeva l’amore.
- Già... stasera volevo stare qua e sono venuto. - disse criptico. Non aggiunse altro, nessuna spiegazione, nessun secondo fine o elucubrazione mentale. Forse voleva portarselo a letto, lo stava sottintendendo in tanti modi.
Come poteva non mettere insieme i punti? Quando voleva spezzare la sua routine ma non poteva, cercava qualcuno e, chiaramente, se lo faceva. E quella sera era lì.
Se fosse stato davvero coraggioso, glielo avrebbe chiesto apertamente come aveva fatto col resto, ma sapeva di non poter ancora reggere la risposta. Perché era ormai quasi certo che sarebbe stata positiva.
‘Sì, sono qua per farmi te.’
Simon a quel punto distolse lo sguardo da lui per posarlo di nuovo sul controller, sentendosi strano, caldo.
Non sapendo cosa dire, sollevò l’oggetto verso di lui e con un sorrisino divertito, disse: - Non ho proprio idea di come si usi!
Ibra a quel punto rise e glielo prese di mano tornando a toccarlo, ma non se lo tenne per sé, lo mise fra loro per farglielo vedere e si appoggiò con un braccio sulla propria gamba, con l’altro sulla sua.
A Simon andò il cuore in gola e si pentì d’aver cambiato discorso così, era meglio continuare a parlare di lui e dei suoi periodi, ma ormai non poteva tirarsi indietro.
A quel punto iniziò a spiegargli tutti i tasti ed i pulsanti e approfittò per aiutarlo a scegliere la macchina con cui avrebbe corso, Simon faticò a scegliere e a capire cosa gli diceva. Il punto in cui il suo braccio appoggiava sulla coscia gli bruciava e per fortuna aveva i pantaloni del pigiama. Erano leggeri, ma almeno c’erano.
Fissava poco quel che lui faceva sul televisore, dava indicazioni totalmente casuali sulle macchine e le caratteristiche. Perché in realtà fissava la sua gamba attaccata alla propria ed ora non respirava.
Poteva scappare e nascondersi ed ignorare la cosa quanto voleva e poteva anche sperare di prendersi per Alessio perché era più facile come persona, ma alla fine era lì la verità, proprio davanti ai suoi occhi. E non la poteva ignorare.
Gli piaceva Ibra e non come persona, ma come uomo.
Era il primo uomo che gli piaceva, o almeno così credeva, ma non era meno grave.
Non sapeva proprio come uscirne.
Dopo che ebbe finito di fare qualunque cosa avesse fatto, Ibra si sollevò dandogli di nuovo in mano il controller con cui avrebbe giocato. Simon lo guardò spaventato come se fosse un mostro e lui rise pensando che non avesse ancora capito, ma non aveva idea che in realtà era in crisi per colpa sua e non del gioco.
Alla fine glielo porse e come prima le loro mani si toccarono, ma per fortuna si mosse di qualche centimetro in là per prepararsi a cominciare.
- Non preoccuparti, non sarà difficile, devi solo correre e seguire la pista. Ti verrà spontaneo. Questo non è un gioco difficile, ma è il mio preferito.
Simon si morse il labbro e scosse il capo.
- Un gioco sulle corse, era così ovvio che ti piacessero!
Ibra rise gettando la testa all’indietro, si fece passare i capelli dietro le spalle in quel modo e questo lo distrasse di nuovo.
- Sei pronto? - chiese lo svedese.
- Nemmeno un po’
Ma a quella ammissione che non era intesa per la Playstation, Ibra rise ancora sadico ed azionò la partenza.
Simon non andava male, ma nemmeno poi così bene e per lui mantenere quel livello del gioco era fin troppo facile.
Aveva impostato una pista meno difficile possibile che poteva fare ad occhi chiusi.
Ogni volta che sbagliava e andava fuori strada, Simon rideva spontaneo e lui si perdeva ad osservarlo estasiato. Non si era sbagliato, aveva proprio un sorriso bellissimo, gli illuminava il viso e lo rendeva ancora più bello.
Sembrava divertirsi e questo gli faceva piacere. Era bello fare qualcosa di divertente insieme.
Ovviamente prima si era accorto che si era eccitato anche se non come quando era stato sotto la doccia.
Sapeva di piacergli, lo sapeva con certezza e lo sentiva anche vicino a cedere, però doveva fargli capire che non doveva avere paura di lui, che anche se non era ‘facile e perfetto’ come Alessio, anche lui non mordeva ed era piacevole abbandonarsi.
- Per tornare alla domanda di prima... - fece poi dopo un po’ che lo vide impratichirsi. - I miei periodi non sono solo quando ho voglia di scopare con qualche ragazzo, ma sì, sono anche quelli.
Certo che se parlava in quel modo e di quelle cose, Simon non si sarebbe mai rilassato con lui, ma non ci poteva fare proprio nulla.
Il collega andò fuori strada e Zlatan ghignò fingendo di non notare il collegamento.
Si fermò per farlo rientrare, quando fu di nuovo in pista, riprese l’argomento.
- Se ho voglia di scopare, scopo. Insomma, non mi faccio problemi!
Simon per poco tornò ad uscire e Zlatan continuò ghignando. Era così concentrato sul gioco che non notava le sue espressioni da bastardo.
- Bene, sono contento che sei così libero...
Simon cercava di dire qualcosa per dimostrargli che non era imbarazzato, ma ovviamente lo era e si capiva comunque.
- Anche tu sei libero, nessuno ti impedisce di fare ciò che vuoi.
Eccolo lì il momento, si disse Zlatan. Non se lo sarebbe fatto sfuggire.
- Beh, non esattamente...
- Tutti siamo liberi, se pensiamo di non esserlo è perché siamo noi a metterci in catene. Nessuno ci obbliga realmente. La società ci prova, ma non ha una bacchetta magica che ci costringe a fare un cazzo. Le catene che ti impediscono di fare quel cazzo che vuoi sono tutte tue.
Sottolineò più volte il concetto e Simon finì per correre bene senza rendersene conto, perché probabilmente era troppo preso dal suo discorso per pensare a come giocare. Giocava e basta.
Zlatan non glielo fece notare.
- Non sono convinto sia così facile. Viviamo con gli altri, persone che amiamo, non parlo della società. Abbiamo dei doveri verso di loro.
- Se loro ci amano davvero, non ci incatenano.
Per lui era facile, lo era sempre stato, ma era consapevole di essere stato fortunato a trovare Helena che l’aveva capito dopo un primo momento di difficoltà.
- Non è che ci incatenano... sono i sentimenti che proviamo a costringerci a comportarci in un certo modo. È una cosa spontanea...
Simon cercava di spiegargli il suo punto di vista su una questione molto delicata e Zlatan sapeva che era una specie di evento leggendario, perciò non lo frenò inalberandosi.
Continuarono a parlarne mentre giocavano, uno correva bene e l’altro decentemente e nemmeno se ne rendeva conto.
- Ti rendi conto che parli di costrizione? Se è spontaneo comportarsi in un certo modo, non dovrebbe esserci costrizione.
Era logico, aveva ragione, sapeva di averla.
- Ma sposandoci scegliamo di sottostare a delle regole di convivenza, regole di coppia che ci impongono di avere doveri. Costrizioni.
Zlatan a quel punto bloccò il gioco di sua iniziativa e lo guardò voltandosi col busto, attese che Simon facesse altrettanto e quando lo ebbe a tu per tu, di nuovo fin troppo vicini per respirare normalmente, mostrò tutta la sua contrarietà e agitazione nel parlare di quel discorso a cui teneva tantissimo.
Vide Simon colpito dal suo atteggiamento e dal suo calore nel spiegarsi.
- Sono regole imposte dalla società, non dalla coppia. Se una persona ha bisogno di una certa dose di libertà e sente il bisogno di andare a letto con altri, lo deve fare. L’importante è non far soffrire l’altra persona e non farle mancare nulla.
Zlatan era molto convinto di quel che diceva e non intendeva mollare, oltretutto ci teneva a farglielo capire. Sapeva che era importante per dimostrargli che non c’era solo quel modo di vivere rigido e senza piacere. Perché tutti, nessuno escluso, vivevano per il piacere e la felicità. E spesso le cose coincidevano. Il piacere ti portava alla felicità.