*Ibra e Simon finalmente parlano e senza filtri. Simon stile Santa Inquisizione cerca di capire il comportamento di Ibra, perché lui è uno che deve assolutamente sapere tutto prima di agire. Ibra, però, è proprio il contrario e prima fa, poi pensa. Forse. Perciò non sarà una conversazione facile per lui, ma alla fine sembra venirne a capo. C'è una piccola partecipazione di Ante Rebic, il quale avrà un ruolo sempre più di spicco nelle prossime fic fino a che ne avrà una tutta sua. È vero che Ibra è il suo idolo. Buona lettura. Baci Akane *
15. ANALISI
Una volta a letto, si rese conto che non sarebbe riuscito a dormire.
Rimase a fissare il soffitto con occhi spalancati, supino, in una posizione neutra. Ripensava alla sua vita e agli eventi di quella sera, poi passava agli otto giorni appena trascorsi ed infine al discorso fatto con Ibra.
E lì, finalmente, un fiume di domande gli vennero una dopo l’altra.
Si voltò per vedere se dormisse e vedendo che era sveglio e lo fissava girato sul fianco, tornò a guardare sopra di sé e come in una seduta di psicoterapia, iniziò:
- Come ho fatto a piacerti in così poco tempo? Otto giorni fa mi odiavi, non volevi essere mio compagno né di squadra né di camera. Te l’ho letto in faccia, non sei bravo a nascondere ciò che pensi e provi.
Ibra non sembrò stupirsi della sua rata di domande, era pronto a riceverla, sapeva che gliel’avrebbe fatta.
Con una calma uguale a quella di prima, quando gli aveva spiegato dei suoi periodi, una calma che a lui non gli si sarebbe mai associata, rispose senza muoversi, continuando ad osservarlo all’ombra della camera.
Gli occhi ormai abituati a vedersi.
- Non lo so, dopo che sono stato costretto a stare con te ho capito che in realtà mi piacevi.
Provò a metterla giù semplice, ma sapeva che a lui non sarebbe bastato, infatti Simon non gliela fece passare così facilmente.
- Questa non è affatto una risposta. Non si può passare dall’odiare al piacere qualcuno in uno o due giorni.
Zlatan iniziò ad innervosirsi, cosa che gli veniva facile, ma cercò di trattenersi. Si limitò a girarsi supino anche lui e guardando il soffitto provò veramente a pensarci. Non era facile, lui non rifletteva mai sulle proprie azioni. Le faceva e basta. Seguiva totalmente il suo istinto.
Era tutto l’opposto di Simon.
- A me basta poco per capire ciò che voglio, ancora meno per agire e prendermelo. Provarci, almeno.
Per lui era davvero così facile, Simon però continuava a non accettarlo. Doveva dirgli di più, non era sufficiente, così fu il suo turno di voltarsi sul fianco e guardò il suo profilo deciso.
- Sono arrivato qua e mi hai fissato così male che pensavo mi avresti detto ‘quella è la porta, questa è camera mia, vattene!’
Zlatan ridacchiò reputandolo un mastino. Elegante e bello, ma comunque un cazzo di mastino.
Non mollava la presa una volta che l’afferrava, così si voltò ancora solo col capo per guardarlo e capire cosa aveva in testa, quanto sarebbe durata quella tortura?
- Avevo tutta l’intenzione di cacciarti dalla camera, il giorno dopo. Non volevo saperne di te. Poi però tu hai avuto le palle di rimanere e non scappare. Non hai fatto nulla per contrastarmi e sei stato amichevole. Volevi costruire qualcosa con me nonostante i nostri trascorsi.
Simon sembrava accettare di più le sue parole, che però erano simili a quelle che gli aveva già detto prima, cosa che non gli era sfuggita ovviamente. Per cui proseguì.
- Tutto qua? Ho avuto le palle di rimanere con te anche se ovviamente non volevo? Ho smesso di ignorarti ed ho cercato di costruire un rapporto costruttivo e questo ti è piaciuto?
Non gliel’avrebbe mai data a bere, lo sapeva.
Zlatan sbuffò alzando gli occhi al cielo. Per lui era davvero troppo difficile spiegare ciò che faceva.
- Senti, io agisco senza pensare, non puoi chiedermi di spiegare perché faccio quello che faccio. Dovresti solo accettarlo...
Era per questo che la sua vita era impostata sul controllo e non riusciva a lasciasi andare.
- Non posso, devi darmi di più.
Stava per mandarlo a cagare, quando provò un’ultima risposta nella speranza che gli bastasse.
Si voltò così di nuovo sul fianco e appoggiò la testa alla mano, piegò il braccio e rimase così a fissarlo torvo.
- Evidentemente sbagliavo a pensare di detestarti. Evidentemente non ti detestavo per nulla! Ci mettiamo poco ad odiarci, basta un piccolo scontro in campo, una frase sul calore del momento e via. Ci si odia senza conoscerci per nulla, senza altri precedenti né motivazioni. Allora se basta così poco, evidentemente non era vero odio. E se basta così poco per odiarci, anche se non per davvero, allora basta altrettanto poco per piacerci, no?
E a quel punto la domanda di Simon sorse spontanea e logica: - anche questo piacere, allora, non è serio come l’odio, ma è solo troppo superficiale e precipitoso?
Zlatan rimase di stucco alla sua domanda arguta, si era scavato la fossa da solo. Per aiutarlo ad uscire dalla sua fortezza di ghiaccio, si stava infilando in una trappola bella grande.
Non aveva mai riflettuto su di sé, ora lo stava obbligando perché gli aveva promesso di aiutarlo. Del resto glielo doveva, l’aveva costretto a guardarsi quando lui non aveva minimamente voluto.
Perché?
Solo ora Zlatan si chiese realmente perché avesse tanto voluto insistere su di lui. Va bene realizzare che gli piaceva e lo stuzzicava, ma perché darsi tanto da fare fino a quel punto pur di far sì che si guardasse in faccia?
“Sono un completo imbecille. Io volevo solo scoparlo. Ma dovevo per forza fissarmi fino a questo punto? Non ho mai inseguito qualcuno fino a questo punto, tanto meno uno così diverso da me e difficile. Obbligarlo a guardarsi in faccia per cosa? Per una scopata? E affrontare questo terzo grado su di me? Mi sembra di essermi trovato col coltello dalla parte della lama, ma non l’avevo io il manico?”
Non trovò risposta e Simon notò di aver colto nel segno, glielo lesse nello sguardo torvo che lo scrutava nella penombra della camera.
I suoi occhi per una volta non furono illeggibili e questo perché stavano leggendo in lui.
Improvvisamente non era più bello essere destrutturati.
- Chi lo sa. Un giorno ti ho guardato ed invece che spedirti in Danimarca con un solo biglietto d’andata, ho capito che ti volevo sbattere contro il muro e fotterti fino a farti gridare di piacere. Dopo di questo ho solo cercato di ottenere ciò che volevo, non mi sono fatto domande. Sapevo quello che volevo e ho fatto in modo di ottenerlo.
Simon si fece prendere da un’ondata di calore alla sua frase diretta e volgare e sperò che si alzasse e lo facesse, contemporaneamente ne ebbe il terrore e tornò a voltarsi come per rimettere un po’ di distanze. Poi ci ripensò e tornò a guardarlo per un’ultima considerazione che gli balenò in mente improvvisamente:
- Ma non è un po’ troppo ciò che hai fatto, solo per una scopata senza chissà quale motivo specifico?
Simon poteva accettare che c’erano persone in grado di odiare ed amare così facilmente perché magari non odiavano e non amavano sul serio o se lo facevano era in modo superficiale.
Ma non riusciva a capire il resto.
Ibra era andato decisamente oltre il cercare di portarsi a letto qualcuno per cui non provava nulla di che, solo uno sfizio, un interesse fugace portato da un atteggiamento che gli era piaciuto.
Aveva solo tenuto testa alla sua maniera, senza mai perdere il sangue freddo né avere paura.
Non aveva mai avuto paura di niente e nessuno, solo forse di sé stesso. Di ciò che era realmente.
Solo ora se ne rendeva conto.
Ibra rimase in silenzio a pensarci, colpito dalla sua frase.
Sapeva d’aver colto nel segno e sapeva che anche lui lo pensava.
- Forse. Ma io faccio solo ciò che mi sento di fare. Accettalo e basta.
Accettare cosa?
Il suo aiuto?
I suoi ‘servizi’?
Di preciso cosa avrebbe fatto per lui? Cosa avrebbero fatto insieme? In cosa consisteva ora la fase che si stava aprendo davanti a lui?
Doveva capirsi, conoscersi, comprendersi, ma di fatto, al lato pratico, insomma, cosa avrebbero fatto?
- Ma cosa dovrei fare, ora, Ibra? - chiese tornando a smarrirsi, voltando il capo e fissando nuovamente il soffitto mentre sentiva freddo e si copriva con il piumone fin sotto il mento.
Sentì le sue braci ardenti posarsi addosso a sé.
Non lo guardò.
- Dovrai conoscerti una volta per tutte senza filtri e maschere. Scoprirti a fondo, trovare ciò che ti piace realmente e ciò che sei. E per scoprire ciò che ci piace e quindi ciò che si è, c’è solo un modo.
A quel punto Simon capì il ruolo di Ibra, fondamentale.
- Provare. - disse infatti in un sussurro sorpreso e consapevole insieme. Aveva ragione, lo sapeva.
- Provare tutto. - precisò Ibra, sottintendendo chiaramente moltissime cose in quel tutto.
Simon rabbrividì e si eccitò di nuovo, ma non osò voltarsi a guardarlo. Non ci provò proprio.
Consapevole che lo stava guardando e nel modo in cui lo stava facendo, provocante come sin dal secondo giorno che era stato con lui, si sarebbe alzato dal letto e si sarebbe infilato nel suo.
Ma non era ancora pronto per farlo, perciò rimase fermo, rigido, steso dritto a fissare il soffitto con le mani strette nel piumino in una notte particolarmente insonne.
Ibra non gli disse più nulla.
Simon, sorridendo radioso, lo cinse con un braccio intorno alla schiena facendo spuntare la mano sulla sua vita.
A Zlatan gli venne in mente, sparato forza cento, un ricordo preciso.
Anzi, una sensazione.
La sua mano che ogni volta che lo incontrava in campo finiva per posarsi sulla sua schiena, intorno alla sua vita, così come se fosse casuale.
In realtà un modo molto preciso per dire che lui, al contrario degli altri, non aveva minimamente paura di lui né tanto meno soggezione.
In secondo luogo Zlatan notò il suo sorriso contagioso e nettamente più rilassato.
Decisamente non aveva ancora sorriso così da quando era arrivato.
“Se con un bacio ed una palpata è così, aspetta che me lo trombo!” pensò subito lanciandogli un’occhiata perplessa.
I ragazzi con lui notarono il gesto e Alessio in particolare sorrise contento.
Era evidente che aveva risolto con lui, ma non aveva avuto molti dubbi in merito.
Si erano allenati bene tutti e quattro, come da Simon richiesto, dopo la sessione regolare.
Ante, sorpreso del favore, aveva ben volentieri accettato. Un due contro due, lui insieme a Ibra, era un’occasione unica.
Era uno dei suoi idoli, non lo sbandierava perché era molto riservato e chiuso, ma per lui essersi ritrovato lì con lui era stato favoloso.
Simon gli aveva chiesto di aiutarlo insieme ad Ibra a fare qualche esercizio per l’intesa difensiva con Alessio, così avevano fatto un po’ di due contro due e si erano trovati molto bene.
Rade, vedendo che chiedevano solo a loro, aggiungendo un invito finale per un pranzo insieme come ringraziamento della disponibilità, ci era rimasto male nel vedere che non era stato preso in considerazione ed Ante non se ne era nemmeno accorto, troppo preso dall’idea di allenarsi con Ibra e poi andarci pure a pranzo.
Erano occasioni uniche che voleva cogliere più che poteva, non ci aveva pensato nemmeno un istante al suo amico, troppo timido per farsi avanti da solo e dirgli che poteva essere utile anche lui. Sicuramente gli sarebbe piaciuto essere dei loro e passare del tempo insieme, ma non aveva detto nulla e se ne era andato in silenzio.
L’allenamento extra era andato molto bene e loro tre, in particolare lui accoppiato con Ibra in attacco e Simon con Alessio in difesa, erano andati alla grande. Aveva anche visto Simon sorridere un sacco e ne erano rimasti tutti stupiti, specie quando aveva circondato la schiena di Ibra con un braccio in quel modo apparentemente casuale, quasi confidenziale.
Ad Ante, invidioso per un gesto che lui sperava di poter fare presto con la stessa naturalezza al suo idolo, non sembrò che il danese cercasse di marcare un territorio o di dimostrare che erano già amici, anche se lui al suo posto l’avrebbe fatto proprio con quello scopo specifico.
Simon non era tipo da aver bisogno di dimostrazioni simili, per quel po’ che aveva capito di lui.
Il croato pensò che fosse più che altro, molto semplicemente, un modo per dimostrare - forse a Ibra stesso - che non aveva paura di lui.
Non l’aveva mai avuta e non sarebbe di certo successo ora.
Sembrava che dicesse quello, con il suo nuovo atteggiamento super disponibile e rilassato nei suoi confronti.
Non conosceva ancora Simon, per nulla, ma gli aveva dato un’idea abbastanza precisa, come di principe dei ghiacci. In quanto tale, sicuramente non aveva mai paura di nessuno, era impossibile immaginarlo in crisi o spaventato da qualcosa. Era sempre così composto e pronto, il suo sangue era sempre freddo.
Lo ammirò e lo invidiò insieme.
Ante non poteva minimamente immaginare che anche Ibra aveva appena avuto una rivelazione su Simon, qualcosa di personale che sapeva solo lui e che riguardava il dialogo avuto quella notte col suo compagno di stanza.
Ora, alla domanda del ‘perché io’ a cui Ibra non aveva saputo rispondere molto bene, non in modo esaustivo poiché non lo sapeva razionalmente nemmeno lui, gli avrebbe risposto ‘perché tu non hai mai avuto paura di me.’
Molto semplicemente.
- Sono contento che avete risolto. - disse Alessio senza peli sulla lingua. Simon lo guardò stupito che glielo dicesse così senza problemi.
- Non avevamo litigato... - precisò mantenendo la calma, mentre finiva di prepararsi insieme al compagno di reparto, già quasi pronto anche lui.
Alessio alzò le spalle.
- Non stavi bene con lui fino a ieri pomeriggio, oggi non solo ci siamo allenati insieme, ma eri pure chiaramente rilassato e contento con lui.
Simon non se ne era nemmeno accorto. Si era solo svegliato leggero, aveva realizzato di stare molto meglio nonostante la nottata tormentata, durante la quale si era addormentato con fatica. Fortunatamente aveva saputo mascherare bene la sua mancanza di sonno ristoratore e nessuno se ne era accorto, nemmeno Ibra. Appena sveglio l’aveva guardato ed aveva capito che non lo doveva vedere come un ostacolo che lo riempiva di turbamenti e problemi, ma un complice, un sostegno e magari un amico prezioso.
Non ne aveva mai avuti, non così stretti da potergli confidare tutto e sentirsi bene e aprirsi, ma pensando che lui sarebbe potuto esserlo, si era sentito nettamente meglio, al punto da essere realmente rilassato con lui. Forse come non gli era ancora capitato.
- Abbiamo parlato un po’... - ammise senza andare nei dettagli, infilandosi le scarpe e rimanendo lì in attesa che gli altri due, spariti in palestra per un breve consulto su un macchinario all’esperto, arrivassero. Alessio non chiese finendo anche lui di mettersi le scarpe, rimanendo seduto nel suo sedile, negli spogliatoi. Del fatto che non chiedesse, Simon gliene fu molto grato.
- Con voi due è difficile capire come muovermi. Non siete dei nuovi arrivati qualunque... siete... beh, voi! - aggiunse.
L’altro non chiese cosa intendesse e pensò di interpretare ‘due adulti con le idee chiare che se la sanno cavare’, ma non era certo che avesse realmente pensato quello.
Tuttavia capì che da lui avrebbe potuto accettare qualunque cose.
Riprese a guardarlo con occhio vigile per capire se davvero non ci potesse essere qualche sorta di attrazione verso di lui, ma dopo essersi cambiato, averlo di nuovo visto nudo ed aver chiacchierato insieme in attesa che Ante e Ibra arrivassero per andare via con una sola macchina verso la meta predestinata dal grande capo della spedizione, Simon poteva asserire che forse se Alessio avesse voluto e si fosse adoperato ed impegnato per provarci con lui, avrebbe anche potuto prendere in considerazione l’idea di starci.
Ma non era abbastanza per spingerlo a provare quella serie di cose di cui aveva parlato Ibra quella notte.
Per conoscersi, doveva provare tutto.
Per forza con lui o poteva farlo anche con altri, se gli andava?
Se l’era chiesto, stando con Alessio. E poi se l’era chiesto anche guardando Ante, un altro tipo decisamente bello.
Riconosceva i bei ragazzi, ma non era attirato da nessuno di loro.
Poteva forse immaginare che dipendesse anche dal loro atteggiamento nei suoi confronti. Oppure era una questione di Ibra stesso.
Era lui, in quel momento, ad occupare i suoi scatti ormonali.
Lui e basta.
Così, in attesa che gli altri due si degnassero di tornare dalla palestra, infastidito che stessero via così tanto, decise di accettarlo e vivere ciò che sarebbe venuto.
Per puro spirito accademico.
In fondo doveva provare, per sapere. Ma cosa, di preciso, e quando, gli era nebuloso. Fra l’altro non era ancora sicuro che fosse una cosa accettabile, che potesse semplicemente ‘fare e basta’.
Si era sentito meglio ed aveva capito di doverlo testare, quasi che non avesse scelta, ma in realtà era consapevole che non avrebbe potuto così alla leggera, che non era così facile.
Era sposato, dopotutto, ed aveva due figli. Per lui il matrimonio, ovvero una relazione, non era una cosa trascurabile come lo era per Ibra.
C’era da capire se oltre al dire, potesse anche fare realmente.
“Che diavolo stanno facendo, perché non si sbrigano?”
Simon era infastidito dal loro sparire insieme per così tanto tempo, ma non sarebbe mai andato a vedere cosa facevano, non avrebbe fatto la parte del fidanzato geloso visto che non lo erano. Tuttavia fissò l’uscio dello spogliatoio mentre conversava con Alessio e lo fece fino a che i due ragazzi spuntarono più sudati che mai.
Avevano fatto esercizi, o cosa?
Simon voleva disperatamente chiederlo per saperlo, ma si morse la lingua, fulminò Ibra con lo sguardo più gelido del mondo, e non disse nulla.
- Era ora. - fece Alessio per lui, per fortuna.
- Oh, alla fine abbiamo approfittato per fare una serie a testa di una macchina che non ero sicuro di come si facesse... il tempo è volato senza accorgercene. - spiegò Ante per giustificare il notevole ritardo.
Simon lo ignorò fissando in particolare Ibra, il quale ricambiò con un sopracciglio alzato, perplesso di quel suo strano atteggiamento appena accennato, ma decisamente presente.
Non ne parlarono e tornarono a discorrere serenamente, come avevano fatto fino a quel momento, come niente fosse successo.