*Fra un piano di conquista e l'altro, Simon ed Ibra iniziano il loro percorso come 'padri del Milan' che li porterà a creare una squadra inesistente e condurla al successo. Da cosa è cominciato il loro ruolo di capitani? Nel corso della fic vedrete spesso inserito qua e là anche il discorso calcistico perché è una parte importante di quel che fanno e sono nel Milan, è qualcosa che a mio parere li ha uniti molto. Buona lettura. Baci Akane*

16. IL PEGGIO DEVE ANCORA VENIRE

simon ibra

Era la prima volta che Simon usciva da Milano per giocare, erano a Brescia per la partita in trasferta, nell’hotel che li ospitava. Senza rifletterci nemmeno un secondo, lui e Ibra si erano messi in camera insieme, di nuovo, ma non erano comunque stati insieme tutto il tempo, al di fuori di essa.  
Avevano cenato con tutti gli altri e fatto un po’ di vita comunitaria nella sala riservata alla squadra, si erano suddivisi in modo naturale in sotto gruppi finendo ognuno per fare qualcosa di diverso che, successivamente, molti di loro avevano proseguito nelle camere, prima di dormire.  
Simon notò che non c’era unione vera e propria generica, era normale si formassero gruppetti in base alla lingua parlata, però sarebbe stato auspicabile che legassero tutti fra loro. 
Ibra per esempio stava insieme alla ‘sezione slava’, con Ante, Rade Krunic e Asmir Begovic, i quattro parlavano tutti la stessa lingua, serbocroato, isolandosi in un angolo a chiacchierare. Stesso discorso per Rafael Leao, Lucas Paqueta e Leo Duarte, che parlavano portoghese. 
A fare un altro bel gruppetto erano quelli che parlavano spagnolo, fra cui Theo, il quale era francese ma avendo il padre di origini spagnole parlava perfettamente anche quella lingua e si era immediatamente connesso a Samuel e Suso. Con loro c’erano anche altri che parlavano la stessa lingua, tipo Ricardo Rodriguez, Lucas Biglia e Mateo Musacchio. 
Naturalmente un numero ben consistente era quello degli italiani i quali stavano sempre tutti allegramente insieme a fare un consueto baccano. 
C’erano inoltre alcuni che non potevano fare gruppo a parte poiché erano praticamente gli unici a parlare la loro rispettiva lingua, per cui cercavano di stare con chi riuscivano a comprendere meglio, solitamente quello degli italiani. 
Simon notò che molti, comunque, si sforzavano prevalentemente di stare in compagnia, consapevoli che sarebbe stato brutto da parte loro isolarsi, perciò tentavano, erano lì con gli altri, ma li vedeva che erano dei pesci fuori dall’acqua, per nulla inseriti. 
Lui era lì da poco, ma era già riuscito a stare un po’ con tutti, sebbene quella suddivisione in base alle lingue o alle provenienze esistesse solo nella sua testa. 
Dalla sua c’era che parlava molte lingue ed anche piuttosto bene, perciò in questo era facilitato nell’inserirsi ovunque volesse. Ma c’era di base la volontà di legare perché era parte di una squadra, per questo si sforzava. 
Tuttavia, con rammarico, notò che nessun altro pareva fare lo stesso, come se a nessuno importasse realmente o notasse questa disgregazione. 
Non c’erano fazioni, nessuno era contro l’altro, erano tutti molto sereni e rilassati, insieme, ma gli pareva che qualcuno non parlasse per nulla a qualcun altro e non per antipatia, ma perché non c’era alcun interesse a colmare divari e conoscersi. 
“Chissà se anche Ibra se ne è accorto e cosa ne pensa... sa quanto me che è importante unire tutta la squadra, ma non sembra che gliene importi. Noto che sta tanto con Ante ed è chiaro che lui gli si è attaccato per un secondo tipo di interesse. Mi chiedo se si sia reso conto pure di questo. Ad Ante brillano gli occhi quando sta con Ibra e si nota subito perché di solito non è un tipo luminoso e solare, anzi. Lo vedo che sta bene anche con Rade, ma mi sembra proprio che cerchi di cogliere ogni occasione per stare con lui...”
Rimase in silenzio ad osservare un po’ tutti, partecipando di tanto in tanto ai discorsi dei ragazzi con cui era, gli italiani, ma mezzo cervello era rimasto fisso là da loro, infastidito di non poter capire cosa dicessero.

- Non so se te ne sei accorto, ma credo che Ante abbia un forte debole per te... 
Simon non pensava ci fosse niente di male nel farglielo notare, sicuramente lui non se ne era accorto da solo e rischiava che se non stava attento, magari l’avrebbe illuso per nulla. 
Ibra nemmeno lo guardò, continuando a spogliarsi per prepararsi per la notte. 
Dopo un po’ più o meno tutti si erano alzati per spostarsi nelle camere, qualcuno avrebbe continuato a parlare là, qualcun altro avrebbe probabilmente guardato qualche serie o giocato a qualche videogioco. 
- Lo so. - disse serafico, invece. Simon lo guardò stupito mentre si infilava il pigiama. 
- Tutto qua? Lo sai e basta? 
Ibra alzò le spalle e gli lanciò una breve occhiata che non sembrava dire nulla di specifico. 
- E cosa dovrei dire? Sono uno dei suoi calciatori preferiti, è normale. Ho origini dalle sue zone, mia madre è croata come lui, sono un attaccante come lui ed ho un carattere di merda, proprio come lui. Che dovrei fare? 
Sembrava lo stesse di nuovo provocando e Simon capì di non dover cadere nella sua trappola, perciò dopo essersi messo i pantaloni, si infilò la maglia e fingendo indifferenza, senza nemmeno guardarlo perché improvvisamente il suo telefono era più interessante, asserì: 
- Puoi fare quello che vuoi con chi vuoi, non è perché c’è quella cosa in ballo fra noi sei obbligato verso di me... chissà quanto ci metterò a sbloccarmi, provare e capir... - ma Simon non riuscì a finire la frase perché si ritrovò Ibra accanto, la sua bocca nell’orecchio e la sua mano sul sedere, irruente come sempre. 
- Non credo ci metterai chissà quanto, in realtà... - sussurrò facendogli venire i brividi su tutta la pelle. 
Simon si irrigidì e spalancò gli occhi per la sorpresa, girando il capo leggermente verso di lui, senza farlo del tutto, come spaventato da qualcosa. Forse dall’eccessiva eccitazione. 
Il cuore stava galoppando così come quell’assurda aspettativa che andasse avanti senza chiedergli permessi, che facesse alla maniera di Ibra!
Invece lui rimase lì, con la mano sul suo sedere e la bocca leggermente spostata, scivolata dall’orecchio al collo. 
- E comunque Ante è troppo simile a me, non andremmo mai bene insieme. Non mi attira in quel senso. 
Simon cercò di capire quello che intendeva, ma concentrarsi sulle sue parole era molto difficile, con la bocca che gli faceva sentire sensazioni così piacevoli sul collo. 
- Perché? Non dovrebbe essere meglio, se siete simili? 
Dentro di sé Simon pensava che loro due fossero troppo diversi per poter intraprendere una qualsiasi avventura o relazione insieme, nonostante non fosse ancora sicuro di volerlo fare o di esserne in grado. Doveva sovvertire ai propri principi e non sapeva se poteva riuscirci. 
In risposta l’altra mano di Ibra scivolò sotto i pantaloni larghi, per avanti, e gli carezzò l’erezione cercando di infilarsi sotto i boxer, ma Simon si irrigidì e gli prese subito il polso per fermarlo, avvampando in crisi esistenziale. 
- E chi dovrebbe scopare chi? 
Simon si inarcò scostando la testa per guardarlo, così Ibra ritrovandosi senza il suo collo a portata di bocca, si arrese a guardarlo in viso, realizzò che non capiva ancora cosa diceva, ma intanto gli teneva per bene la mano davanti in modo che non esplorasse troppo. 
A quel punto decise di infilare anche quella dietro e aiutandosi con il dito che andò dritto nella sua fessura, gli fece capire cosa intendeva. 
- Siamo entrambi troppo attivi per trombare, non andremmo mai bene a letto insieme... 
Simon avvampò ancora di più, se possibile, e cercando di parlare, trovò che ogni parola fosse finita chissà in quale anfratto della sua testa totalmente nel panico. 
- Ah, perché sei convinto che invece io ti lascerò farlo con me? 
Finalmente era chiaro quale era il punto e rigido, strinse le natiche, per nulla intenzionato a lasciarsi già andare. Era un po’ troppo presto e proprio mentre Ibra lo fissava indispettito, sul punto di litigare, scoppiò invece a ridere e lasciò la presa con entrambe le mani, limitandosi a baciarlo sulle labbra in modo leggero e non invadente. 
Questo fu gradito da lui, che accettò il gesto. L’unico in tutto ciò che aveva tentato. 

“Troppo presto, lo sapevo, ma volevo solo divertirmi un po’. Se non faccio così, lui non si muoverà mai. Ma qualcosa mi dice che non sarà facile, con lui...”
Era vero che ci aveva messo incredibilmente poco a saltargli addosso e farlo finire in crisi esistenziale, un gran talento da parte sua, doveva ammetterlo, ma ne era consapevole. Però aveva capito che il difficile veniva adesso. 
Avrebbe scoperto quanto Simon poteva essere testardo e difficile, niente di ciò che aveva già visto sarebbe stato minimamente vicino a lui. 
Ma era vero per entrambi, dopotutto. 
Anche lui sapeva fare molto meglio. 
“Il peggio deve ancora venire.”
Lo sapevano entrambi, era vero per tutti e due. 
Separandosi da lui e dalla sua bocca, rimase vicino a lui a distanza soffocante, gli fece un sorrisino malizioso e divertito dove i suoi occhi di brace ardevano come sempre di un interesse sempre molto vivo: 
- Lo vedremo chi si farà chi! 
Era vero che forse Simon non era proprio passivo, ma sicuramente non era eccessivamente attivo come lui ed Ante. Non aveva scelta, a cedere sarebbe dovuto essere per forza lui, ma sapeva come fare. 

- Comunque non so se te ne sei accorto, ma questa non è una squadra. Sono solo venti persone che giocano insieme, ma non è una squadra. Ci sono tanti gruppetti, vanno in generale tutti d’accordo, ma non vanno tutti compatti nella stessa direzione. Lo sai bene qual è la differenza fra una squadra che ha successo, da una che invece non ce l’ha. 
Zlatan, nel letto matrimoniale mezzo steso proprio accanto a Simon, si era messo un po’ a guardare la televisione, ormai tutti i programmi erano iniziati e quasi finiti, sperava in qualcosa che potesse farlo addormentare annoiandolo, ma non sembrava trovare nulla, così scocciato chiuse la televisione. 
Non era un grande appassionato di quell’aggeggio, ma gli piacevano i film e certe serie, quelle che rispecchiavano i suoi gusti e che erano belle e ben fatte, ad alta tensione e contenuto d’adrenalina. Per il resto, si limitava a guardare lo sport, di quello era molto appassionato. Calcio, NBA, motori... 
Tuttavia, essendo giovedì sera, non c’era praticamente niente. A Milanello c’erano playstation ovunque, se ne era portata una in camera, mentre un’altra era nella sala della televisione ed era usata da chiunque volesse. 
Oltre a questo c’era Sky e qualunque tipo di abbonamento televisivo, specie sportivo, per poter guardare ogni partita, però spostandosi in trasferta non si portava dietro niente per passare il tempo se non il portatile che però in quel momento non voleva utilizzare. 
Spostò infatti l’attenzione su Simon accanto che al contrario di lui, gli piaceva leggere. 
Aveva un libro in danese di qualche autore a lui sconosciuto, ma non lo stava leggendo. Ce l’aveva in mano, chiuso, la schiena sollevata contro un cuscino e la spalliera e l’aria di chi invece che aprirlo si era messo a pensare al calcio ed al Milan. 
Zlatan poteva scommettere che stava solo mascherando molto bene il suo disagio nel dormire in un unico letto con lui, finora erano stati in camera insieme, ma in letti separati. Nelle trasferte era quasi normale finire in letti matrimoniali, specie se uno dei due ne faceva esplicita richiesta. Come aveva fatto lui, ovviamente.
Sogghignò leggero.
- Sono appena arrivato, devi darmi tempo di fare la mia magia. - disse con il suo tipico modo di fare megalomane. 
Aveva una vera alta considerazione di sé, ma non era veramente un presuntuoso arrogante, come spesso sembrava e come tutti, Simon fino a pochi giorni fa incluso, pensavano. 
Il compagno di letto, sempre ancora in apparente indifferenza per la loro situazione particolarmente intima, rispose sorridendo divertito: 
- Ma l’hai notato anche tu, vero? Che ci sono tanti gruppetti, ma non c’è una vera e propria unione? 
Zlatan si rassegnò e smise di scherzare per sdrammatizzare. 
Aveva anche evitato di provarci di nuovo, pensando di rimandare. Erano già nello stesso letto, prima l’aveva molestato e l’aveva respinto nonostante sicuramente una parte di lui, quella che aveva cercato di toccare, aveva gradito. 
La sua mente lo teneva ancora sotto chiave. 
- Sì che l’ho notato. Non è una vera squadra. È normale, hanno cambiato molto negli ultimi anni, non hanno mai avuto una stabilità. Se pensi che quest’anno avevano iniziato con un allenatore e che ora ce n’è già un altro...
Simon aveva seguito vagamente le vicende del Milan e solo perché da settembre a dicembre aveva giocato con l’Atalanta, ma non aveva afferrato veramente.
Ora che era lì e voleva far funzionare quell’avventura, si impegnava molto di più. 
- Dovremo fare qualcosa per creare unione fra tutti... pensavo di parlarne con Alessio e col mister... 
Simon sembrava avere fretta, come se avesse i giorni contati, ma Zlatan sapeva che era un modo molto acuto ed efficace per evitare di pensare ai propri problemi personali. 
Era più facile risolvere questioni di calcio. 
- Alessio è in gamba ed è uno che piace a tutti e che sta bene a tutti e va d’accordo con tutti... ma non è in grado di trascinare la gente dove vuole. Sa come si fanno le cose bene, ma non sa insegnarle e trasmetterle. Non sa ispirare gli altri... qua serve qualcuno che ispiri tutti a diventare giocatori migliori, in ogni aspetto, ma soprattutto da un punto di vista mentale. Devono voler migliorare, devono impegnarsi, devono avere fame. 
Zlatan decise di accontentarlo, non potendo mettergli troppo fretta. Oltretutto era un discorso a cui aveva pensato molto, ne aveva parlato con Paolo il quale, appena arrivato, gli aveva detto che la squadra era anche particolarmente giovane,  ed aveva bisogno di essere ispirata. Gli serviva quel genere di leder, per questo aveva deciso di ingaggiarlo nonostante i 38 anni. 
Era colpito che Simon la pensasse allo stesso modo e che l’avesse già notato da solo. Dubitava che Paolo ne avesse parlato anche con lui, non aveva la sua fama, sebbene sicuramente aveva capito che era un bravo difensore anche se aveva ricevuto meno risultati di quelli che avrebbe meritato. 
- È vero, bisogna lavorare su tanti aspetti, ma bisogna iniziare dal renderli tutti più uniti. È positivo che non ci siano rivalità interne, non è sempre così a calcio... 
Zlatan era d’accordo e si trovò a pensarci, mentre Simon riprese a parlare di Alessio: 
- Sì, Ale non è il genere di capitano che trascina ed ispira, però riesce a far sentire tutti a loro agio e chiunque si sente dire qualcosa da lui, non se la prende. 
- Però non dice molto... 
- Sì, ma ha le sue qualità... è umile... 
- Non dico che non ne abbia. Ha tantissime qualità, ma un capitano spesso deve impicciarsi dei cazzi dei giocatori, risolverli e obbligarli a percorrere una via migliore. Alessio non sarà mai in grado di farlo. - a questo aggiunse, rimanendo calmo accanto a lui, in una posizione simile: - Non significa che non vada bene, semplicemente ha bisogno di aiuto. Ed io sono qua per questo.
Non conosceva ancora abbastanza bene Simon da sapere che anche lui era un capitano naturale e che presto l’avrebbe dimostrato, ma non se la prese e non si mise in mezzo, anzi, rimase in ascolto per capire cosa avesse in mente. 
- A cosa pensavi, in pratica? 
Zlatan notò che si era calmato dopo essersi leggermente inalberato. Doveva avere un debole per Alessio, ma non pensava sarebbe mai successo qualcosa fra loro. Se avesse voluto provarci, avrebbe sicuramente preso mano prima con lui che era lì proprio per quello.
Per fargliela prendere e per divertirsi a sua volta, prendendosi ciò che anche lui, voleva. 
Il suo corpo così rigido e quel viso così imperturbabile.
Normalmente era geloso e possessivo, ma non era il ragazzo di Simon. Quelle cose erano dinamiche da fidanzati e loro non lo erano né pensava lo sarebbero mai diventati. Doveva solo togliersi qualche sfizio e nel frattempo vincere una bella sfida, tutto lì.