*La prima festa milanista (clandestina... circa...) entra in scena, la prima di una lunga serie che vedremo nelle altre fic successive, perché ho deciso di trasformare queste feste in una sorta di marchio di fabbrica o espediente ricorrente. Questo visti i protagonisti. No, non questi. Ibra e Simon non sono festaioli, ma gli altri che entreranno nelle prossime serie (capitanati da Theo) saranno molto festaioli. Nella realtà non credo che si potrebbe verificare una cosa simile, ma mi piace pensare che sono delle pesti terribili che riescono a fare tutto. Qua iniziamo ad inserire alcuni personaggi che faranno parte del gruppetto di Milan on Fire, anche se alcuni non li leggerete più se non qua. I capitoli sulla festa sono fra i miei preferiti perché tiro fuori tutta la mia demenza mentre li scrivo. La scena del biliardo ho adorato, sebbene io in realtà non ho la minima idea di come si gioca. Ma hanno provato ad insegnarmi (sono stata nei panni di Simon, non era male...) (capirete leggendo). Buona lettura. Baci Akane*
18. UN PIANO PER IL SUCCESSO
La musica non era esagerata, ma sufficientemente forte, allegra e ritmata da rincoglionire, come da lui previsto.
Forse per lui era così perché comunque non gli piaceva particolarmente, ma metteva allegria e questo gli era sufficiente. Aveva lasciato il comando delle canzoni agli spagnoli, unici ed esperti in quel settore.
Il barman ingaggiato per l’occasione si occupava come al solito di fornire da bere, ma aveva anche provveduto al cibo. Pizza al metro fatta in teglia tagliata in tanti quadrati e disposti sul bancone.
Per il resto la gente veniva, si riforniva ed andava via in giro per la struttura di cui era a disposizione il bar e l’area relax.
‘Domani non voglio vedere nessuno coi postumi di una sbronza, Zlatan.’
Paolo gli aveva scritto un messaggio per fargli sapere che il giorno dopo avrebbe controllato e l’aveva chiamato per nome, non col soprannome amichevole che usavano praticamente tutti.
‘Cosa che potrebbe verificarsi nel caso in cui tu faccia entrare altro alcool oltre quello che ho concesso a Javier’
Javier era il barman e collaboratore dell’area ristoro del centro, nonché per l’occasione la spia e controllore per conto di Paolo.
Zlatan alzò un sopracciglio scettico fissando lo schermo del telefono.
“Non si fida mica tanto... sembrava lo facesse ed invece...”
Ma non era offeso, anzi. Era alquanto divertito.
Non si sarebbe comunque aspettato niente di meno da lui, era un uomo dalle idee chiare che ci teneva molto ai progetti che abbracciava, primo fra tutti il Milan. Forse solo i suoi figli stavano sopra alla sua squadra del cuore.
Non intendeva finire in una brutta luce con lui, né deluderlo. Di fatti era l’unica cosa che nessuno poteva sopportare.
L’idea di deludere Paolo Maldini.
‘Non avranno niente di più da me!’
Ed era vero.
Non aveva dato ordine di portare alcolici clandestini, non era mica un idiota. Sapeva che era una festa già discutibile e rischiosa di per sé, partita come una leggera bicchierata che sarebbe dovuta durare al massimo un’oretta.
Diede un’occhiata in giro uscendo dal bar con una birra in bottiglia in mano. L’area relax era divisa in tre grandi stanze: quella con la televisione solitamente usata per la playstation, la sala biliardo e la sala del caminetto, c’erano persone ovunque, ma nessuno che fosse al di fuori della squadra stessa, perciò una ventina di loro, ma non sembravano intenzionati a bere una cosa veloce e poi scappare via diligentemente.
Qualcuno forse sì, chi si sentiva un pesce fuor d’acqua c’era.
Hakan, per esempio, ma anche Krysztof o qualche altro giovane arrivato lì da qualche giorno, come Matteo Gabbia.
Per il resto la divisione era quella di sempre, i vari gruppetti si erano sistemati ognuna in un posto diverso, sembravano quasi tutti divertirsi o comunque stare bene, a parte Ante che non era per nulla fatto per le feste e si notava lontano un miglio. Lui stava con i soliti ‘slavi’ a parte, ma sempre lì vicino c’erano anche Hakan e Krysztof che parlavano fra di loro, si chiese quale lingua usassero, ma se ne interessò davvero poco.
Zlatan puntò l’attenzione su Ante che gli ricordava in qualche modo il sé stesso dei primi anni all’Ajax. Di solito stava con lui, Rade ed Asmir perché parlavano tutti e quattro serbocroato, ma siccome ultimamente cercava di fare amicizia anche con gli altri, decise di girare e non arenarsi lì in una confort zone.
La fortuna di Ante era Rade, erano diventati amici lì al Milan, quell’estate, arrivati insieme avevano legato subito. Rade era una benedizione per Ante, erano uno l’opposto dell’altro e perfetti insieme per quello. Rade era allegro e socievole e riusciva a trascinare Ante ovunque. Asmir era più una via di mezzo, ma sembrava in tutta onestà una specie di terzo incomodo.
“Anche io sembro così quando sto con loro?” si chiese seccato di sembrare la ruota di scorta. Poi scrollò le spalle, le alzò e bevve un sorso passando al prossimo gruppetto in un’altra stanza.
Gli ‘spagnoli e affini’, come li chiamava nella sua testa, stavano giocando a biliardo di cui sembravano piuttosto fanatici, spesso li trovava lì.
La musica era gestita prevalentemente da Samu e Theo ed era esattamente quella che immaginava avrebbero potuto mettere loro. La controllavano coi loro telefoni collegati all’impianto hi-fi tramite il Bluetooth.
Molto latina, ma in ogni caso piacevole.
Il gruppo degli italiani stava giocando invece alla playstation facendo tornei di calcio, come se non ne avessero avuto abbastanza.
Simon era con loro, ma non sembrava divertirsi.
Per indole sarebbe andato con loro a giocare, adorava la play, ma si ricordò delle sue due missioni: far saltare i confini dei vari gruppi e soprattutto far saltare le difese di Simon. Solo a quel punto si rese conto che non aveva nemmeno una birra in mano così alzando gli occhi al cielo andò a prendergliene una, portò con sé anche due piatti di pizza dal bar, uno di questi lo sistemò davanti ai ragazzi che giocavano alla play facendo un gran baccano, gesticolando tutti presi.
Mise la birra in mano a Simon, poi gli prese il polso e senza dire mezza parola lo trascinò nella sala biliardo. Una volta dentro annunciò col suo solito piglio di chi avvertiva e non chiedeva:
- Giochiamo anche noi!
Ibra aveva parlato in spagnolo come a dire che potevano parlare la loro lingua.
Simon impallidì fissandolo subito meravigliato, lo vide posare il piatto di pizza in un tavolo contro il muro dove c’erano una delle casse sparse in giro per l’area relax ed i telefoni dei ragazzi con alcune delle birre che di tanto in tanto tornavano nelle mani dei proprietari per essere bevute.
Se faceva così sembravano una coppia, cosa che non erano e soprattutto non dovevano nemmeno sembrare.
- Io non so giocare... - tentò titubante il danese, ma fu totalmente ignorato.
I ragazzi, senza seccarsi andarono subito a prendersi le rispettive bottiglie, le alzarono in segno di benvenuto e di ringraziamento per la pizza che presero mangiandola, poi indicarono Samuel che mentre cercava di fare un tiro che avrebbe potuto far vincere la sua squadra, sculettava perché stava anche ballando. Anzi, stava più ballando che cercando di tirare.
- Se la porno star si sbriga, ricominciamo una nuova partita! - sbottò Suso seccato dal tempo che ci impiegava.
Simon notò che lì il gruppo era al momento composto da spagnoli oltre che da Theo, un francese-spagnolo, dal portoghese Rafael e da Lucas, un brasiliano.
Gli ci vollero pochi istanti per capire quale fosse il marchio di fabbrica, ben risaputo così come che quello italiano era il chiasso.
Loro erano in un continuo festeggiamento di qualcosa. Non erano mai seri, scherzavano di continuo e, soprattutto, erano estremamente fisici, affettuosi e senza freni inibitori.
Vide infatti Lucas ballare insieme a Rafael come se fossero una coppia, non che escludesse potessero esserlo, ma non gli era mai sembrato. Erano solo su di giri e stavano magnificamente in quell’atmosfera festosa.
A quel punto però, mentre Samuel sembrava incapace di decidersi di concentrarsi sul tiro piuttosto che sul ballo piegato sul tavolo verde come una porno star, Theo decise di porre fine a quel supplizio, consapevole che tanto non li avrebbe portati alla vittoria e prolungava unicamente l’agonia.
Senza dire nulla se non un secco: - Oh vaffanculo, Samu! - prese la palla numero otto e la mise in buca da solo con la mano.
A quel punto un boato si sollevò contrariato.
- Ehi, così non vale! Non avete vinto un cazzo! - saltò subito su Suso infervorato e polemico come sempre.
- Certo che non vale, tanto non ce l’avrebbe fatta. Non valeva comunque! Io cambio squadra, non voglio più stare con lui! Io sto con Ibra, sono sicuro che lui è bravo anche in questo!
Così dicendo Theo si appese al suo collo con un braccio. O per lo meno ci provò visto che era più basso.
In realtà, osservò Simon, tutti erano meno alti di lui.
Sorrise fra sé e sé, osservando come anche Samu si attaccava all’altro braccio di Ibra per lo stesso motivo, gracchiando allegramente:
- Anche io voglio stare con lui.
Venne però subito cacciato a calci da Theo.
- Nemmeno per sogno, io non voglio perdere! Tu stai con gli altri!
Samu si lamentò ma venne totalmente ignorato, mentre tutti facevano a gara a chi stava con Ibra in squadra.
Simon lo guardò gongolare lasciandoli fare senza scegliere nessuno per non farli scontenti.
Dopo che fecero le squadre con litigi vari, si trovò separato da Ibra perché i ragazzi avevano dovuto dividere i due ‘dei nordici’, così li avevano simpaticamente definiti. Erano probabilmente convinti che entrambi fossero bravi a biliardo e per quello si fossero offerti di giocare.
Con Ibra c’erano Theo e Rafa, identificati come i più forti, mentre nell’altra, identificati come i più deboli per la presenza di Samu, una vera schiappa in quel gioco, c’erano lui, Lucas, Suso e Simon.
Di fatto, però, Samu non era l’unico a non saper giocare a biliardo.
- Io però non so giocare. - cominciò il danese imbarazzato e con aria di scuse.
- Va bene, siamo in quattro, ce la faremo... io e Lucas siamo piuttosto bravi. - disse Suso che voleva spararsi, si vedeva che non era contento di non stare in una squadra forte.
Senza aggiungere altro, con Theo e Rafa che già sfottevano gli altri convinti di avere la vittoria in tasca, cominciarono.
A parte loro due appena arrivati, tutti gli altri giocavano ballando, chi lo faceva bene, chi male. C’era anche chi faceva bene solo il ballo, in effetti, come Samu.
E c’era, infine, chi non faceva bene né l’uno né l’altro.
Infatti, se per Simon nessuno si stupì visto che aveva specificato di non saper giocare, tutti rimasero profondamente stupiti nel vedere che, stranamente, nemmeno Ibra era minimamente capace di giocare.
Dopo i primi due tiri, sbagliati entrambi, Theo smise di gongolare e preoccupato gli chiese:
- Ehm... ma tu sai giocare, vero?
A quel punto Ibra, appoggiandosi alla stecca a terra, alzò le spalle e con aria del tutto normale e serena, disse:
- No!
Un altro boato si alzò, simile a quello di prima.
- CHE COSA?! E PERCHÉ SEI VENUTO A GIOCARE? ERAVAMO CONVINTI LO SAPESSI FARE!
I decibel di Theo superarono straordinariamente la musica di gran lunga e Samu saltellando vittorioso come se avesse vinto chissà cosa, gli fece linguaccia e gestacci come un bambino delle elementari.
- E tu che pensavi di aver già vinto! Questo è il karma, puttana!
Simon lo guardò impallidendo del ‘complimento’ e Theo ricambiò col dito medio.
- Senti chi parla, puttana! - così brontolando diede uno schiaffone sul sedere del suo amico che aveva appena insultato, il quale squittì in modo poco mascolino, e bloccò tutto dicendo di aver bisogno di bere qualcos’altro.
Sparì per qualche minuto durante il quale Rafael cercò di spiegare a Ibra come si teneva la stecca e come si tirava, senza ovviamente il coraggio di sfiorarlo nemmeno. Stessa cosa Suso fece con Simon, il quale fece un tentativo decisamente disastroso facendo salire la pressione al capitano della squadra.
Quando Theo tornò, aveva con sé un vassoio di bicchieri grandi da cocktail con qualcosa di non identificato dentro.
Dietro di sé c’erano altri tre a seguito.
- Ho raccattato sostegno! - annunciò tornato stranamente allegro.
I presenti si girarono a guardare e quando videro Ante, Rade ed Asmir che entravano poco convinti con lui, Theo aggiunse: - Mi sono assicurato che sapessero giocare. ED OVVIAMENTE È COSÌ
Simon si era immaginato la scena mentre gli altri ridevano e chiedendosi che fine avessero fatto gli altri in sala con loro tre, disse perplesso:
- Li hai fatti venire solo perché sapevano giocare?
- Certo, altrimenti potevano rimanere là...
Non sembrava molto carino da parte sua e Simon voleva dirglielo pensando che potesse aver mortificato Hakan e Krysztof, ma Suso si intromise con decisione prendendo il bicchiere porto dall’insensibile numero uno:
- L’avrei fatto anche io! - poi li guardò con cura cercando di indovinare ad occhio chi di loro poteva essere il più forte ed avendo di Ante un’immagine da serial killer, si immaginò senza motivo preciso che dovesse essere il più forte anche con la stecca.
Così se lo prese a braccetto dal proprio lato.
- Io mi prendo lui!
Come fosse al supermercato.
Ante sollevò il sopracciglio perplesso e lo guardò dall’alto al basso come se fosse una zanzara fastidiosa, ma non disse nulla. Simon sperò non lo spazzasse via con una manata.
- Allora io prendo loro! - con questo Theo diede una manata a testa a Rade e Asmir per spingerli verso la sua parte.
- Nessuno ti ha nominato capitano! - replicò ovviamente Ibra che non poteva essere considerato meno di zero come sembrava stesse improvvisamente succedendo.
Dalle stelle alle stalle, insomma.
Simon si divertì molto alla scena e rise abbagliando tutti i presenti che dovevano averglielo visto fare poche volte.
- Sono il più forte di questa squadra, sono io il capitano, punto e basta! - e Theo, con una sfacciataggine e coraggio che rasentava un livello storico inaudito, rispose proprio così a Ibra senza nemmeno degnarlo di uno sguardo. Al contrario, gli mise in mano uno dei bicchieri che aveva portato.
Stessa cosa fece anche con gli altri, i quali presero senza chiedere nulla di cosa ci fosse dentro. Decise pure che si sarebbe dovuto per forza ricominciare da capo.
Sembrava lanciato e deciso come quando era in campo sulla fascia sinistra e macinava chilometri in pochissimi secondi, come una freccia inarrestabile.
Simon si ritrovò a fissare il bicchiere per nulla intenzionato a bere anche quello, mentre Ibra annusò indovinando subito cosa c’era. Vide il suo sguardo diventare severo in un primo momento, come se avesse ancora un vago barlume del proprio ruolo di responsabile della serata.
- Dove hai preso questa roba?
Ma Theo si limitò a sorridergli in una maniera totalmente contagiosa e allegra che avrebbe disarmato chiunque, anche il re dei demoni.
Ibra, che in realtà di cattivo non aveva niente e che era più infantile ed immaturo di tutti loro messi insieme, alzò le spalle e sotto lo sguardo shoccato e di totale disapprovazione di Simon, iniziò a bere qualunque cosa fosse.
- Non credo che dovremmo... sicuramente una birra è ok, ma...
Theo raggiunse l’altro re della saletta, che non era dei demoni ma dei ghiacci, gli prese la mano con una sfacciataggine infinita, gli avvicinò il bicchiere alla bocca e dicendo con estrema convinzione: - Ehi, è solo succo! - glielo fece bere.
Simon si ritrovò obbligato a dover per forza bere per non soffocare e nemmeno bagnarsi, così constatando che effettivamente era qualcosa di dolce che sembrava solo succo, piegò le labbra all’ingiù e colpito dal fatto che Theo sembrava aver detto la verità, annuì.
- È vero! - così dicendo lo tirò tutto giù in una volta.
Zlatan a quello spalancò gli occhi e lo fissò convinto fosse impazzito.
“Glielo dico che non è solo succo?” poi vide Theo e gli altri ridere divertiti e abbracciarsi, sapendo che in realtà avevano appena fatto ubriacare il famoso re dei ghiacci, così piegando la testa di lato si disse che era lì per quello, per far uscire dalle righe Simon, perciò tanto valeva approfittare di quella massa di pesti terribili a cui si era aggregato.
“A berlo sembra succo e basta, ma è ovvio che non è così. Però se lui non è abituato a bere queste cose, può sembrarlo!”
Ormai il danno era fatto, se glielo avesse fatto sapere Simon si sarebbe potuto arrabbiare, perciò decise che avrebbe fatto come sempre.
Avrebbe cavalcato l’onda.
- Bene, allora, si gioca? - tuonò battendo le mani e decretando l’inizio, per l’ennesima volta, di quella partita che pareva non solo non iniziare mai per davvero, ma neppure finire.
L’urlo di battaglia generico, non di tutti ovviamente, decretò un altro inizio, mentre Samu continuava ad occuparsi più di intrattenere con musica e balli piuttosto che di giocare.
Dopo un paio di giri e di conseguenza aver bevuto quasi tutti i rispettivi cocktail, a Zlatan furono chiare due cose: una, in quei bicchieri non c’era solo ‘succo’; due, il suo piano di unione della massa non stava andando poi così male.
“Ora per lo meno credo siano divisi in due macro gruppi e non in tanti sotto insiemi...” poi vedendo quanto alcuni di loro erano su di giri e non capendo quanto normale fosse considerando i tipi sempre sopra le righe che erano molti di loro, pensò: “se Paolo viene a sapere che stanno bevendo qualcosa che decisamente non era nella lista delle cose concesse, mi ritira La licenza di capo feste e non me ne fa più fare. Però penso che tutto sommato ne varrà la pena.”
Con questo lanciò un’occhiata a Simon che finalmente rideva illuminando il suo splendido viso con un altro sorriso spettacolare.
“E poi non è detto che lo venga a sapere...”
Si sentiva sempre più in fiducia.
Samu restava un disastro con la stecca in mano, la usava sempre più come palo da lap dance od ornamento per i suoi balletti spinti che a Zlatan pareva fossero rivolti particolarmente a Theo, il quale un po’ lo ignorava ed un po’ gli dava corda facendo la controparte dei suoi balli Che però a lui chiaramente venivano molto meglio.
“Se dovessi iniziare ora la mia avventura al Milan, punterei completamente su di lui. Rispecchia in pieno il mio tipo ideale. Solo che ormai ho la fissa per il re dei ghiacci...”
Che al momento sembrava sempre più un ghiacciolo sciolto al sole.
Simon si reggeva alla sua stecca come se fosse il bastone della salvezza ed aveva visibilmente caldo.
Aveva la camicia bianca con diversi bottoni aperti, le maniche arrotolate ed era per di più tirata fuori dai pantaloni.
Oltre a questo, era spettinato.
“Se non me lo scopo stasera me ne pentirò a vita!”
Gli era piaciuto quasi da subito, ma mai come in quella versione così fuori dalle righe e sensuale di natura.
Non se ne rendeva nemmeno conto di quanto caldo fosse. Manteneva un suo modo pacato di stare, non esagerava nemmeno così brillo, il che lo rendeva ancora più interessante. Forse non avrebbe perso totalmente il controllo di sé nemmeno dopo un badile di alcool puro, non se lo immaginava proprio, per questo voleva rimediare lui.
Lo guardò sporgersi sul tavolo e prepararsi al tiro, ovviamente dopo diversi turni non era ancora riuscito a capire posture e tecnica adeguate e, puntualmente, sbagliava sempre in modo imbarazzante.
Suso, che sembrava perfettamente in sé nonostante l’intruglio di Theo e soprattutto l’alterazione dovuta al gioco, alla musica e all’allegria generica, tentò di metterlo in posizione per l’ennesima volta dandogli consigli con un che di disperato.
- Dio, Simon, sei tanto bello quanto incapace a biliardo! - esclamò acido con una cattiveria tipica di chi odiava fare quello che più amava in modo tanto osceno.
Insomma, detestava perdere!
Simon si raddrizzò di nuovo fissandolo col broncio che non avrebbe mai fatto se fosse stato in sé. Tutti i presenti rimasero ancora una volta abbagliati ed accaldati al vederlo, probabilmente immaginandosi mentre faceva uno spogliarello. O per lo meno per Zlatan era così.
- Invece di criticare, aiutami! - lo redarguì gelido.
- Mmm... come fai a rimanere indifferente, Suso? Io al tuo posto mi spalmerei su di lui... se vuoi posso farlo io, glielo spiego come si fa...
Samuel si stava per appiccicare al didietro di Simon, ma Suso, dietro di lui, gli mise una mano sulla faccia e lo spalmò via come con una mosca.
- Non ci provare, tu fai pietà!
Tuttavia a questo punto si intromise niente meno che Ante in persona, il quale oltre che ad essere bravissimo, era evidentemente anche molto seccato dei suoi tiri pietosi che gli facevano sempre perdere molti punti, così decise di usare un metodo diverso da quello a parole di Suso.
Infatti Ante prese Simon per il collo, da dietro, e lo piegò in avanti con poca delicatezza, costringendolo ad appoggiarsi sopra il tavolo con i suoi tipici modi da padrone.
Zlatan sollevò un sopracciglio scettico, mentre Rade si ritrovò a trattenere il fiato senza accorgersene, puntando lo sguardo sui due bei biondi dagli occhi azzurri.
“Cazzo, mi conveniva davvero conoscere sto gioco del cazzo! Glielo insegnavo io!” Pensò Zlatan.
Ante in un attimo gli fu addosso, da dietro. Una mano su quella di Simon, appoggiata al tavolo, a sistemargli la posizione delle dita. L’altra alla fine della stecca, a muovergliela nella direzione e modo giusti.
Poi, chino su di lui come se fosse un soprabito, sfiorò di pochi centimetro il suo corpo intero senza però toccarlo realmente. Ma bastò l’immaginazione agli altri per fantasticare su ciò che sembrava stessero facendo e nessuno si ricordò che stavano giocando a biliardo.
In particolare gli occhi di Rade e Zlatan si puntarono al culo di Simon che era di poco separato dal pacco di Ante.
Il croato spuntò con il viso dalla sua spalla, sfiorò il suo con il proprio e prendendo bene la mira con uno sguardo sottile da cecchino pericoloso, colpì la pallina facendola andare in buca, un tiro molto difficile e complesso, degno di un campione.
Il boato che si levò fu un misto fra il contento, l’accusatore e probabilmente l’eccitato.
C’era chi era felice di tale mossa geniale e chi, naturalmente, lo accusava di aver barato. Samu si era solo pentito di non averli registrati per masturbarsi più tardi.
Ante lapidò chiunque avesse osato dargli del baro e non fu più levata alcuna obiezione. Non da tutti.
Zlatan rimase totalmente fermo ad immaginarsi come sarebbe potuta andare se l’avesse fatto lui al posto di Ante.
“Userò questo tavolo da biliardo in modo alternativo. Se se ne vanno tutti all’istante ed emigrano!”
Ma non emigrarono e il tiro successivo Zlatan non gli permise di farlo uguale, l’unico che si sarebbe potuto azzardare a contrastare Ante senza morire.
Provò a capire se Simon si fosse minimamente accorto di qualcosa, ma dallo sguardo vuoto e confuso capì che no, non aveva percepito nulla di nulla.
“Meglio così!” pensò Zlatan sollevato. Già doveva stare attento ad Alessio, se doveva cominciare a controllare pure Ante la massa di mosconi ronzanti intorno alla sua preda iniziava a diventare troppo folta.
Lo fecero provare da solo e quando Simon sbagliò, fu il turno di Zlatan e al momento di provare un tiro che seppure difficile avrebbe potuto far vincere la sua squadra, si fermò e guardò Theo con uno sguardo estremamente furbo e malefico.