*Zlatan si rivela a Simon in un'altra bella chiacchierata profonda che lo aiuta nel complicato processo che sta affrontando e scopriamo com'è stato nel dettaglio per lo svedese. Riuscirà mai Simon a decidersi e a viversi a pieno? Buona lettura. Baci Akane*
20. SENZA INCONTRARSI
Al mattino successivo, quando Zlatan si svegliò, Simon era già andato via.
Non l’aveva sentito, ma non si stupì di quanto piano avesse fatto e della sua fuga, se l’era in realtà aspettato. Sapeva d’averlo di nuovo sconvolto, ma per farlo arrivare là dove voleva, era l’unico modo.
Lui credeva in quel metodo, il metodo shock.
“Tanto non potrà scappare per sempre, oggi ci rivediamo e riprenderemo da dove abbiamo interrotto! Siamo nella stessa squadra, dormiamo nella stessa camera. Forse può scappare da sé stesso, ma non da me!”
Quando si rividero nel pomeriggio, Simon era imbarazzato e teso e aveva l’aria di non averci voluto pensare minimamente nemmeno per un istante, forse con scarsi risultati.
A Zlatan importava poco quanto ci avrebbe messo a riflettere su di sé, sapeva di poterlo sedurre come voleva, bastava poco per farlo cedere. Era sempre l’inizio il problema, il punto più difficile, poi teoricamente le cose dovevano venire più facilmente, dopo.
Nel caso di Simon non era poi così scontato.
La verità era che non era in grado di pensarci, non ci era riuscito, il suo cervello si era rifiutato.
Era crollato sfinito sul letto dopo essere stato in bagno a lavarsi e ripulirsi, poi una volta steso in un misto fra il distrutto, il turbato e l’estasi dell’orgasmo, il suo cervello si era spento e non si era più riacceso, non realmente.
O meglio, non si era aperto.
Era scappato silenzioso come un ninja andando a casa e dopo una videochiamata con la sua famiglia, era di nuovo andato in crisi come le altre volte.
Fra il dire ed il fare c’era di mezzo un enorme abisso.
Non sapeva come vivere quella cosa, sapeva che non era giusto in nessun modo, ma quando si trovava davanti a Ibra che ci provava con lui, che lo toccava, lo esplorava, lo baciava, non riusciva a fare ciò che sapeva era giusto.
Era come se la sua natura lo chiamasse e scalpitasse per uscire. Si era soffocato senza nemmeno rendersene conto per trent’anni ed ora improvvisamente Ibra aveva tolto un tappo così, di botto, facendo fuoriuscire in massa tutto ciò che aveva tenuto dentro.
Cercava di contenerlo, ma non ci riusciva. O meglio, poteva solo quando non era con lui.
Non sapeva come gestire quella cosa, ignorare quel che faceva e quel che era, non era una soluzione. Non è che se chiudeva gli occhi e nascondeva il misfatto, il crimine non esisteva.
Lui stava tradendo sua moglie ed era una cosa che non voleva fare. Non voleva ingannarla, ferirla né tanto meno rovinare la sua famiglia, non ora che c’erano dei figli di mezzo.
Non era facile razionalizzare quello, né trovare soluzioni, specie perché non riteneva ce ne fossero.
“Vorrei essere come lui... lui se ne frega, ha la sua teoria dell’essere libero ed ha impostato tutta la sua vita così. Helena sapeva che per stare con lui doveva accettare questo suo lato, ma lui aveva le idee chiare da sempre, probabilmente. Credo...”
A quel punto, pensandoci, si rese conto che non lo sapeva davvero.
Evitare il problema non l’avrebbe mai cancellato, un modo per risolverlo doveva trovarlo e per questo non poteva semplicemente chiudere gli occhi e nascondere la testa sotto la sabbia.
Di fatto gli piaceva Ibra, o magari gli piaceva quel che gli faceva. O entrambi. Comunque era già andato troppo oltre per, semplicemente, fingere indifferenza e proseguire come sempre nella sua vita.
Zlatan rimase a dir poco stupito nel vedere che non scappava e non lo ignorava.
Solitamente il suo schema era stato quello. Cedeva, se ne pentiva, scappava, usava indifferenza, poi tornava a cedere per poi ripetere il tutto.
Adesso aveva saltato il periodo dell’indifferenza ed era tornato subito da lui, senza dire e fare chissà cosa, ma l’aveva salutato in modo normale e si era messo a parlare con lui dei progetti a calcio come se niente fosse accaduto nel frattempo.
Il metodo della festa aveva dato buoni frutti, era evidente che ora anche se tutti un po’ assonnati erano molto più uniti e amichevoli fra loro.
“Farà finta di niente? Per quanto intende andare avanti così?”
Non attese molto prima di parlargli, ma decise di sfruttare la solita partita in casa e la consueta serata antecedente di preparazione.
Aspettandosi qualche mossa da Ibra, Simon lo precedette e iniziò subito a chiedergli ciò che gli premeva sapere. Erano diversi ed era consapevole che non sarebbe servito necessariamente a qualcosa conoscere meglio la sua esperienza, ma dal momento che c’era già passato, gli sembrava normale sapere la sua parte.
- Ho bisogno di chiederti una cosa. Non sei obbligato a rispondermi se non vuoi. - cominciò subito con una finta calma apparente.
Zlatan lo guardò sorpreso, aveva aspettato alcuni giorni e di essere in camera da soli, ma alla fine aveva fatto lui una mossa. Forse era la prima volta.
Decise che l’avrebbe premiato assecondandolo, anche se da come aveva cominciato, capì subito che doveva essere una domanda indiscreta a cui normalmente non avrebbe voluto rispondere.
- Spara. - rispose calmo mentre si preparava per la notte. Normalmente si conciliava il sonno con qualche partita alla play, ultimamente le faceva con Simon che ci stava prendendo gusto, ma in quell’occasione decise di evitare e si mise subito a letto, capendo che non avrebbero fatto il solito gioco del saltarsi addosso, del scappare e poi del cedere.
Simon, in pigiama, si sedette sul letto rivolto verso di lui, lo guardò in viso senza apparente paura e chiese:
- Come hai fatto tu? Voglio dire... hai sempre saputo di avere tendenza verso i ragazzi? L’hai vissuta da subito così liberamente e facilmente?
Avevano parlato di come Helena sapesse che lui, per rimanere con lei, aveva bisogno di essere lasciato libero, ma Simon voleva sapere come aveva fatto ad avvicinarsi al mondo dell’omosessualità.
Sapeva che per lui non era una questione di genere ma di persona, però non era comunque normale e facile realizzare di voler andare a letto con un ragazzo piuttosto che una ragazza vista la tendenza eterosessuale in cui si cresceva, eppure sembrava viverlo come fosse del tutto naturale.
Lo invidiava. Voleva sapere come aveva fatto, anche se in realtà non era veramente quello il suo problema più grande.
Zlatan non si stupì molto della domanda, ma sapeva che non era quello ciò che lo bloccava.
Piegò le labbra, sollevò gli occhi cercando la risposta nella mente e prendendo un respiro profondo rispose appoggiandosi comodo sul proprio letto:
- Mah... in realtà non l’ho sempre saputo. Non mi trovavo mai bene con nessuno, non avevo amici e legami, avevo magari buoni rapporti, forse qualcuno più vicino di altri... ma non riuscivo ad avvicinarmi realmente. - iniziò a spiegare e mentre ci rifletteva lui stesso, ci pensava. Non l’aveva mai fatto. Non si era mai chiesto come aveva capito i propri gusti.
- È stato Gerard il primo sfacciato che mi ha fatto capire che mi piacevano anche i ragazzi. Ma ti ripeto, per me non è una questione di genere, ma di persona... è diverso.
- È difficile arrivare a quel punto. Ci arrivi dopo un po’, ma all’inizio penso che ti ritrovi attratto da alcuni ragazzi e lì... come lo capisci? Anzi, no... non come lo capisci... prima o poi succede anche se hai gli occhi foderati di prosciutto... - a questo Simon ridacchiò come per ammettere di essere colpevole.
- Cosa fai dopo che lo capisci? Come lo accetti?
Zlatan si zittì riflettendoci, non si era mai chiesto come era arrivato al punto in cui era, né come aveva fatto tutto ciò che aveva fatto. L’aveva solo semplicemente fatto.
- Capirlo è la cosa più difficile, fai molta resistenza prima di cedere la prima volta, perché dentro di te lo sai, ma non vuoi accettarlo perciò lo rifiuti con tutto te stesso.
Simon annuì osservandolo con molta attenzione, aveva bisogno di saperlo e stava arrivando al punto che gli premeva, perciò non lo interruppe.
- Poi arriva qualcuno che ti obbliga ad accettarlo. Più che altro che te lo spiattella in faccia. Gerard si è messo sfacciatamente a flirtare con me in modo molto chiaro ed esplicito. Nessuno aveva mai osato, se ero mai piaciuto a qualcuno in quel senso, non avevano mai osato farmelo nemmeno capire. A lui ovviamente non gliene fregava, non aveva paura. Non sembravo minimamente disposto in quel senso ed in effetti non lo ero, però lui ci ha provato fino allo sfinimento.
A Simon venne in mente Theo, in qualche modo gli ricordava quel ragazzo. Non aveva avuto paura di appiccicarsi a Ibra, chiunque l’avrebbe avuta, ma lui l’aveva fatto senza problemi e non solo, poi gli aveva anche risposto come nessuno avrebbe mai osato fare, sfacciato ed incosciente.
Pensò poi a Pique, il Gerard di cui parlava, e trovò similitudini anche fisiche con Theo.
“Perché non si è fissato con lui, ma con me? Sono opposto al suo genere...”
- E tu ad un certo punto hai ceduto? Hai capito che ti piaceva che ci provasse?
Quello lo capiva bene, perché era andata così anche a lui.
- Sì, penso di sì... ad un certo punto ci sono solo stato, non sapevo se era proprio lui a piacermi o il fatto che ci provasse, però ho voluto buttarmi. Mi è piaciuto, l’abbiamo rifatto e mi sono reso conto che stavo vivendo una cosa bellissima, di cui non volevo fare più a meno.
- Di lui? Era di lui che non volevi fare a meno? - chiese ancora con interesse vivo.
Ibra lo guardò penetrante, nel rispondere, capendo che era una risposta importante per lui.
- No, di quello che mi faceva provare, di come mi faceva sentire.
- Come? Come ti sentivi?
Simon inghiottì a vuoto tendendosi verso di lui col fiato totalmente sospeso, ancora seduto con i piedi a terra, le mani afferrate ai bordi del letto ai lati delle ginocchia.
Era importante, così importante, che non poteva non capire alla perfezione tutto.
Gli pareva di essere più simile a Ibra di quanto non avesse voluto ammettere.
- Me stesso. E libero.
Fu una risposta breve ma concisa. Chiara. Perfetta.
Da lui.
Simon capì che dopo doveva essere stato più facile, per lui invece ora c’era il baratro.
Fin lì lo capiva.
Nessuno l’aveva fatto sentire come aveva fatto Ibra. Tutte le volte che l’aveva toccato o baciato per lui era stato liberatorio, aveva come visto la propria immagine allo specchio per la prima volta.
Aveva sempre pensato di conoscersi, eppure solo lì, solo quando si era visto per davvero aveva capito di essere così come lui gli stava mostrando.
Eppure il problema era un altro.
- Ma noi siamo diversi. Siamo uguali in questo, è vero. Ma tu hai da sempre impostato il tuo rapporto con tua moglie con dei limiti, limiti che era lei a non dover superare. Hai sempre fatto quel che volevi, lei lo sapeva e l’ha sempre accettato. Ho capito bene?
Ne avevano parlato i primi giorni e ricordava i suoi discorsi, lui era stato fortunato a trovare la donna in grado di accettarlo così come era, ma forse era stato merito suo. Si conosceva già così bene.
- Lei sapeva che non avrebbe mai potuto avere tutto di me, ma le ho giurato che quel che le potevo dare, le sarebbe stato sufficiente per essere felice. E così è sempre stato.
- L’hai mai tradita prima di quella volta con Gerard?
Simon diede per scontato che Ibra anche dopo avesse avuto altre esperienze di quel tipo, con altri compagni di squadra. Da come si era buttato su di lui sicuro e senza problemi, era evidente che era abituato.
Zlatan sapeva dove voleva arrivare e sapeva anche quale era il problema che lo stava infossando.
Non era sicuro di poterlo aiutare, in quel senso era vero. Erano molto diversi.
- No. - sapeva che con quella risposta non lo aiutava, ma non poteva essere il suo guru. Lui cercava quello, ma poteva offrirgli al massimo uno specchio, non delle risposte.
- Perciò trovi quello che ti manca nei ragazzi... il resto te lo dà lei... - sembrava averlo capito bene, in realtà non avevano parlato così tanto, era forse il vero secondo o terzo dialogo personale e profondo che facevano, non si sentiva a disagio ma gli pareva strano parlare tanto di sé.
Si passò la mano fra i capelli sciolti, se li portò all’indietro e ci pensò di nuovo prima di rispondere, non lo stava guardando per non essere influenzato in alcun modo.
- Sì, penso sia così... sono due cose diverse, quello che mi dà lei e quello che mi danno loro. Non so dirtelo bene, credo sia un discorso di libertà. Fare quello che mi va perché sì, perché mi va.
- E non hai mai avuto una spinta speciale verso un’altra donna? Come ce l’hai avuta verso Gerard o verso di me o... non so, chi altri sarà stato?
Zlatan ridacchiò, voleva sapere con chi altri era andato senza chiederglielo, ma non l’avrebbe aiutato e non gli rispose a quella domanda implicita.
- No, non direi... sono soddisfatto così. Non ho sempre certi bisogni, a volte mi capita di conoscere qualcuno e di volerlo, come con te. E ci provo.
Simon si sgonfiò, capendo che non avrebbe potuto aiutarlo di più. Lo vide stendersi e mettersi sotto le coperte, rimanendo mezzo alzato a sedere col busto, ma comunque ormai spento, perso.
- Non so, per me è difficile fare quel salto. Quando vedo o sento Elina e i bambini mi sento in colpa e faccio finta di nulla, ma so che non è una soluzione. Che questo non cancella ciò che sto facendo, ciò che sono...
- Ma lo sei comunque. Anche se non fai nulla. Potresti anche decidere di non fare nulla, ma non risolveresti niente. Ormai l’hai fatto. E sai che lo rifarai, perché lo sei, lo vuoi. Ormai sei fottuto, non ti fermerai nemmeno se lo decidi con tutto te stesso.
Simon puntò i suoi occhi azzurri simili a due frecce di ghiaccio sui suoi che ricambiava con una calma placida, ma al contempo penetrante.
- Cosa sono? Cosa voglio? I ragazzi? Te? E perché? Vale la pena mandare tutto all’aria per questo? Questo cosa? Ho troppe domande e non riesco a trovare risposte. E comunque io sono diverso da te, riesco a controllarmi benissimo, lo faccio da una vita. È solo che non riesco ad affrontare questa situazione con lei e per questo anche quando sono con te, sono bloccato. Non so se mi sbloccherò, se saprò andare oltre quello che ho fatto. Forse sì, ma non credo arriverò da nessuna parte. Non so perché dovrei farlo, capisci? Perché mi va? Perché lo desidero? È tutto qua? Ne vale la pena? Elina e i bambini lo meritano?
Zlatan voleva dargli tutte quelle risposte subito, ma sarebbero state solo il suo punto di vista e doveva trovare da solo quello che cercava di capire.
Rimase zitto per un po’, poi si stese e si mise dritto chiudendo la luce, il buio li colpì come uno schiaffo, ma successivamente dopo qualche secondo iniziò a schiarirsi mentre gli occhi si abituavano.
Era infastidito, per la verità. Perché Simon aveva bisogno di tutte quelle risposte del cazzo? Quello non riusciva proprio a capirlo, erano così diversi che non poteva aiutarlo. Si era offerto di farlo, ma era stato solo per poterselo scopare ed anche questo ora gli iniziava a creare fastidi.
Voleva così tanto infilarsi dentro di lui da finire per fare cose che normalmente non avrebbe fatto?
Aiutare qualcuno ad affrontare il proprio io intimo era qualcosa che poteva fare uno innamorato od interessato a qualcosa di più che ad una scopata o poco più.
Con Simon stava andando molto oltre rispetto al suo solito modo, ma in passato si era già trovato tanto coinvolto con qualcuno, inaspettatamente.
Il pensiero andò ad Alex e si aggrottò finendo per dire qualcosa senza prima averla filtrata:
- Non puoi sempre vivere ragionando su tutto, la vita non è sempre una bilancia dove fai qualcosa solo se pende da un lato, se ha senso. Così non è vivere. Ci pensi troppo. Se vuoi una cosa falla e basta, siamo persone, non computer.
Con questo non voleva dirgli che lui lo era, ma forse trapelò quello. Trattenne il fiato senza il coraggio di voltare di nuovo il capo per guardarlo, consapevole che Simon lo stava ancora fissando con quelle due lame gelide che aveva sempre odiato in tutta la sua vita.
- Non ci riesco. Non ci riesco ancora. Non so se ci riuscirò, forse il mio limite è quel che ho fatto...
- Ma non lo rende meno grave. Che tu vada oltre o ti fermi qua, ormai è fatta ed è grave allo stesso modo. Se Elina dovesse saperlo per lei sarebbe uguale al pacchetto completo. Ormai ci stai nuotando, in quella merda. Stare fermo non ti permetterà di uscirne e cancellarla.
Sapeva che ad ogni parola colpiva ed affondava, ma non riusciva ad evitarlo, la sua bocca si muoveva da sola crudele e sferzante dicendo solo la verità e alla fine non ottenne più risposte, così gli lanciò un’occhiata veloce e lo vide che era voltato supino a fissare il soffitto, gli occhi sbarrati e l’aria levigata, apparentemente imperturbabile. Stava riflettendo sulle sue parole che facevano effetto come incise a fuoco.
Fuoco su ghiaccio.
Si rese conto che erano così, loro due.
Cosa credevano di fare, insieme?
“Il problema non è lui che non sa decidersi e si crea mille problemi che non esistono nella realtà. Il problema sono io che mi sono fissato così tanto con lui. Siamo troppo diversi, non ci incontreremo mai realmente. Che cazzo sto facendo? Che cazzo voglio realmente da lui?”
Non si rispose e dormì un sonno agitato e nervoso.
Simon, dormì ancora meno.