*Uno spaccato approfondito sulla situazione che Simon e Ibra vivono in quel periodo di inizio marzo 2020. Perché non ci sono solo le questioni fra loro, non facili, ma ci sono anche quelle sul calcio dove si va sempre peggio. A tutto quello si aggiunge il covid in arrivo. Siamo infatti alla vigilia del primo grande lockdown, nei pressi della dichiarazione ufficiale di pandemia. Il mondo sta per cambiare, in qualche modo, e tutti loro lo sanno pur non immaginando quanto. Il nervoso è alle stelle e Zlatan è furibondo negli spogliatoii. Stile bomba non in procinto di esplodere, di quelle che invece esplode davvero. Simon invece è quello che col sangue freddo ci sguazza a meraviglia, l'esatto opposto del suo collega. Buona lettura. Baci Akane*

22. L’ULTIMO GIORNO

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Il giorno in cui il mondo cambiò era il 9 marzo 2020, o per lo meno il giorno in cui venne percepito in Italia, dove vivevano Simon ed Ibra in quel periodo. 
Forse nel resto del mondo furono altre le date, ma nella penisola italiana, fu quella.
L’8 Marzo fu l’ultimo giorno in cui tutti compirono le loro attività, le uscite, le feste e qualsiasi genere di evento in modo regolare. 
L’ultima partita normale del Milan fu in casa contro il Genoa, persero per due a uno, Ibra segnò l’unico goal dei suoi.
Fino a quel momento le cose per loro stavano andando sempre peggio, complice forse l’ansia ed il nervoso crescente per le notizie ogni giorno peggiori sul coronavirus intrecciate ad una mancanza di lucidità di Simon che di conseguenza smise di trovarsi con Alessio in difesa. 

A febbraio c’era già la consapevolezza che qualcosa stava per finire per sempre e cambiare e fungeva come una spada di Damocle. 
Questo andò in perfetta concomitanza con il raffreddamento di Simon nei confronti di Zlatan, o come la chiamava lui fra sé e sé, la fuga. 
Questi infatti era abituato ai suoi freni alternati a quando si lasciava un po’ andare. Nell’ultimo periodo, però, non c’era più stata la fase del ritorno e del conseguente cedimento alle proprie voglie selvagge.
Zlatan lo lasciava fare solo per vedere fin dove poteva arrivare, ma non sarebbe rimasto un passivo osservatore ancora per molto. 
Era sempre più nervoso, stava succedendo di tutto, intorno a loro e fra di loro e lui sapeva che sarebbe esploso.
Quella sera in particolare era furioso per una serie infinita di motivi che lo rendeva una bestia pronta a sbranare chiunque e tutti gli stavano alla larga, terrorizzati. 
Non sapevano ancora nulla di certo sul fatto che quella sarebbe stata l’ultima partita prima di chissà quanto, nelle loro menti insicure probabilmente avevano teorizzato una sospensione delle attività per poche settimane e se avessero bloccato perfino le partite, sarebbe stato per una o due giornate, magari quattro in tutto, ma poi sicuramente sarebbero tornati in campo come niente fosse.
Naturalmente non avevano idea di quanto si sbagliassero.
Una volta negli spogliatoi, Zlatan lanciò incazzato nero l’asciugamano e l’acqua che gli avevano dato di cui aveva usufruito poco, poi lanciò anche le scarpe che per poco non uccisero qualcuno. Attese prima di parlare e quando tutt’intorno a lui fu silenzio completo, cominciò il suo discorso.
Quello fu il primo di quel genere, ma non l’ultimo. Solo che per farne altri avrebbe dovuto aspettare più di quel che nella sua testa si era figurato. 
- È IMPOSSIBILE FARE COSÌ SCHIFO PER COSÌ TANTE PARTITE DI FILA! PARI COL VERONA. IL VERONA, CAZZO! SCONFITTA NEL DERBY PER QUATTRO A DUE. QUATTRO, EH, NON UNO! PAREGGIO CONTRO LA JUVE IN COPPA ITALIA, UNA MISERA VITTORIA PER UN SOLO GOAL CONTRO IL TORINO, UN ALTRO PAREGGIO CON LA FIORENTINA ED OGGI UNA SCONFITTA COL GENOA?! DAVVERO, PORCA TROIA? IO SONO QUA PER VINCERE, NON SONO TORNATO AL MILAN PER GIOCARE LE MIE ULTIME STAGIONI! SONO VENUTO A VINCERE, VINCERE TITOLI, NON PARTITE! E SONO CERTO CHE CE LA FAREMO, MA DA SOLO NON È POSSIBILE! E SE IO SONO SICURO DI POTER VINCERE, SIGNIFICA CHE PENSO CHE ANCHE VOI POTETE FARLO. E SE IO PENSO CHE VOI POTETE FARLO, PORCA PUTTANA, SIGNIFICA CHE È COSÌ PERCHÉ IO HO SEMPRE RAGIONE E SO QUELLO CHE DICO! NON SBAGLIO SU QUESTE COSE! 
I tuoni di Zlatan non si placcarono per minuti infiniti durante i quali, a torso nudo e con i soli shorts sporchi di erba e terra addosso, continuò a sbraitare furioso camminando in giro per lo spogliatoio. 
Aveva le vene del corpo in rilievo, soprattutto il collo e la fronte ed aveva una smorfia deformante in viso che lo rendeva a dir poco spaventoso. 
Ne disse di tutti i tipi, ma non a qualcuno in particolare, non andò sul personale. 
Criticò l’atteggiamento e la mancanza di voglia e di fede, il non provarci con tutti loro stessi fino all’ultimo momento, il darsi per vinti dopo i goal ricevuti. 
Ad eccezione dell’Inter che li aveva sfondati con 4 goal, gli altri ne avevano fatti pochi, sempre uno, l’unico ad averne fatti due era il Genoa. 
Implicitamente non stava dando la colpa troppo alla difesa, quanto all’attacco e all’incapacità di fare goal, ma non solo, anche di provarci.
Tutti capirono che era quello che gli bruciava più di tutto, ma nessuno osò interromperlo e nemmeno fiatare, nemmeno il mister accorso sentendo le sue urla. Quella sera, Paolo era ad una riunione straordinaria con i vertici del calcio italiano e non aveva potuto assistere allo scoppio. 
Pioli rimase lì sulla porta fermo e zitto, incapace di dire o fare qualcosa. Era la prima volta che Zlatan urlava in quel modo furioso ed era evidente che fosse paralizzato e che non sapesse come gestire la situazione che definire tesa era riduttivo. 
Erano tutti seduti con la testa bassa, mortificati e anche piuttosto spaventati, alcuni di loro
Non immaginavano che fino a quel momento si era solo trattenuto cercando di non iniziare col piede sbagliato, sperando che si muovessero a giocare decentemente, ma lì a quel punto decise che bisognava usare le maniere forti.
Forse non avevano la rosa più forte del mondo e c’erano lacune tecniche, ma non era tutto lì.
C’era un atteggiamento sbagliato. 
- Io non vedo impegno e voglia da parte di nessuno! Bisogna sputare sangue, giocare fino alla morte! Poi miglioreremo i reparti e troveremo i problemi e ci lavoreremo sopra, ma qua non c’è quel fanatismo per la vittoria! Non ci credete! Siete qua per giocare convinti che tanto non potremo ottenere chissà quali risultati, perché siamo fuori dalle prime posizioni e dai titoli da troppo e pensate non ci riuscirete più! Ma è così che avete già perso! Voglio vedervi venire tutti prima e andare via dopo! Fare sessioni di macchine per rinforzare il corpo e la resistenza, voglio vedere quanto ci tenete! Non si vincono gli scudetti coi top player ed i miracoli, si vincono con il sudore, la voglia, l’impegno e la fede! 
Per la fine sembrava essersi calmato, ma quel che disse ebbe sempre molta forza ed era giusto. 
Ad un certo punto smise di parlare e scuotendo la testa andò alla sua postazione, si tolse shorts e slip, prese il necessario per lavarsi e ancora pieno di nervoso andò alle docce ancora completamente vuote. 
In quello sfogo brutale c’era anche la frustrazione e l’ira per la freddezza insistente di Simon di quelle settimane. 
Era tornato a parlargli giusto per lo stretto necessario e ad evitare ogni contatto particolare, non si faceva più la doccia insieme a lui ed evitava di guardarlo nudo, in camera trovava mille espedienti per non stare in atteggiamenti rischiosi e non giocava nemmeno più alla play con lui. Aveva innalzato di nuovo il muro gelido del primo giorno e la cosa lo aveva mandato in bestia. 
A quello si era aggiunto il periodo negativo del Milan e quella sconfitta era stata il colpo di grazia. 
Tutto ben condito con la diceria sempre più persistente che dall’indomani avrebbero bloccato tutto per chissà quanto. 
La verità era che Zlatan voleva anche spaccare il muro e gridare pure contro Simon stesso, oltre che loro, ma non potendolo fare si era concentrato sull’aspetto calcistico. 

Tutti rimasero in perfetto silenzio, ancora seduti con le teste chine. 
Spaventati, mortificati e incapaci di reagire, fare o dire qualcosa, qualsiasi cosa. 
Perfino l’allenatore si prese un istante per raccogliere le idee e capire cosa fare, sicuramente Pioli non sapeva come fosse meglio fare con un Ibra in quelle condizioni, ma Simon, come se nulla fosse successo, come se una bestia selvatica non fosse appena esplosa, si alzò e rimanendo perfettamente calmo e padrone della situazione, parlò. 
Tutti lo guardarono stupiti, convinti fosse impazzito. 
Nemmeno l’allenatore aveva osato dire qualcosa, incapace di trovare i modi e le parole adatte per non far scattare ancora quella sottospecie di mostro demoniaco. 
Ma lui no.
Lui non sembrava intimidito, spaventato e nemmeno insicuro su cosa e come dire.
Lui non aveva paura. 
- Siamo una squadra appena formata, molti che ormai sono titolari sono arrivati da uno o due mesi nemmeno, non ci conosciamo bene, non abbiamo quell’intesa necessaria per giocare bene insieme. Non siamo ancora un gruppo compatto, ma sappiamo che dobbiamo diventarlo. Abbiamo molte mancanze e come dice lui i reparti devono migliorare e lo faremo. Però bisogna crederci. Bisogna credere che questa squadra, che proprio noi qui presenti siamo una squadra vincente che competerà per i titoli a cui puntiamo. Parte prima di tutto dalla testa e poi arriva il resto. Non abbiamo la testa. Non ci crediamo. Bisogna iniziare a farlo. È questa la fede che dice lui e per questo non serve essere forti, allenarsi di più e avere chissà quali skills. Credere è per tutti e fa la differenza fra la vittoria e la sconfitta. 
Il suo discorso fu altrettanto lungo, ma non urlato e terrificante. 
Era calmo e con un sangue freddissimo, non era furioso e non minacciava di uccidere nessuno con lo sguardo. 
Simon vide i ragazzi calmarsi e rilassarsi. 
- Ce la faremo. - a quel punto una sola voce si levò forte e distinta, tutti ne rimasero sorpresi e si voltarono in direzione per vedere chi fosse il coraggioso. 
Theo non sorrideva, ma era risoluto e serio. Fissò Simon il quale gli sorrise ed annuì ringraziandolo per il coraggio dimostrato e il primo passo compiuto. 
Forse fra tutti fu il primo a capire il senso delle loro parole. 
Simon dopo di questo si spogliò in un primo momento di silenzio completo, ma poi quando vide che il mister prendeva la parola, lo lasciò fare andando alle docce per lasciargli gestire la situazione da solo e a modo suo, nel tentativo di fargli iniziare a fare un po’ quello che in realtà era il suo lavoro e non il loro. Motivare o sgridare la squadra. 
Entrato nelle docce, un locale adiacente agli spogliatoi a cui si accedeva attraverso una parte intermedia dove c’erano i bagni, si accorse che Zlatan non aveva ancora iniziato a lavarsi, era rimasto fermo a guardare un rubinetto con aria torva senza aprire l’acqua, come se dovesse sbollire ancora. 
Ad ascoltare le sue parole. 
Sentendolo arrivare si voltò, lo vide e con aria stupita poiché era da giorni che evitava di lavarsi con lui, aprì il rubinetto. 
In realtà Simon confidava nel fatto che sarebbero arrivati anche gli latri ragazzi a impedirgli di rimanere da soli a lavarsi. 
- Non ti ho mai visto così furioso se non quando mi hai preso per il collo quella volta... - commentò quasi scherzando, sperando di alleggerire l’enorme tensione sia fra loro che per lo scoppio appena avvenuto. Fece di nuovo come se non fosse mai successo niente di strano, una cosa in cui era molto bravo, ma a quel punto vide Ibra scattare e voltarsi con foga verso di lui, come un animale pericoloso messo all’angolo. 
Fu molto veloce, allo stesso modo lo fu il suo sorriso disarmante e limpido. 
In un primo impatto Ibra si fermò e si calmò repentinamente, fu come se si sgonfiasse e valutasse che non ne valeva la pena. 
- Come diavolo fai a rimanere tanto calmo e freddo quando la situazione diventa pericolosa ed infernale? Anche l’altra volta è stato così, ed ora... 
Non finì la frase perché era ovvio cosa intendesse. 
Simon alzò le spalle continuando a sorridere sereno, iniziando a sciacquarsi. 
- È un dono! Riesco a mantenere il sangue freddo quando tutti gli altri si agitano. È come se funga da interruttore. Riesco ad essere lucido se gli altri danno di matto. 
Era sempre stato così sin da piccolo, aveva fatto il contrario di ciò che aveva fatto la massa, per quanto riguardava le reazioni. 
Ibra lo guardò con attenzione, rimase un po’ in silenzio riflettendo su qualcosa, infine continuando ad insaponarsi in fretta e furia, come non volesse più stare solo con lui in situazioni intime e potenzialmente erotiche, disse: 
- Adesso lo stai facendo di nuovo. 
Simon, sorpreso, lo guardò sforzandosi di rimanere sul suo viso e non scendere sul resto del suo corpo possente, pieno di schiuma e soprattutto nudo. Non capiva cosa intendeva, non reputava che in quel momento fosse successo qualcosa di speciale fra di loro.
- Cosa? 
- Fai finta che non mi ignori da giorni perché hai deciso chissà cosa senza nemmeno degnarti di dirmelo. 
E con quello, mise subito in chiaro le cose anche con lui. 
“Sapevo che era arrabbiato pure con me!”
Tanto lui era bravo a mascherare e controllare, quanto Ibra era eccezionale a far capire cosa pensava e, soprattutto, ad esprimerlo.
Solitamente malamente, ma lo faceva. 
Valutando velocemente cosa dirgli, si perse nel guardarlo sciacquarsi, per un istante si trovò ipnotizzato dall’acqua che gli scivolava addosso come se facesse l’amore con lui, portava via la schiuma e ad essa si fondeva rendendolo assurdamente più irresistibile. 
Si sforzò enormemente per non accompagnare il tutto con le sue mani in carezze che sarebbero diventate più oscene. Infatti rendendosi conto della fantasia ad occhi aperti appena avuta, si riprese ed in reazione innalzò di nuovo il suo famoso muro di ghiaccio.
- Non ho deciso proprio niente e... - stava per dire ‘non siamo niente perciò non c’era niente da dirti in ogni caso’, ma si fermò per l’arrivo della mandria, la maggior parte con le orecchie basse nel vedere Ibra. 
Questi, scocciato, scosse la testa infastidito della mezza frase non finita e sciacquandosi in fretta, uscì dalla doccia senza dire più nulla. 
Simon si prese il tempo necessario per finire anche se in realtà aveva già fatto non essendo uno lento, ma approfittò della demoralizzazione dei ragazzi per riprendersi fisicamente e mentalmente dalla fantasia erotica dove si era visto spalmarsi su Ibra insieme all’acqua e alla schiuma. 
Li osservò qualche secondo, prima di chiudere il rubinetto ed uscire. Notò che parlavano poco fra di loro e lo facevano prevalentemente del covid, così prima di tornare nell’altra parte per vestirsi, sulla soglia del locale delle docce, disse con un sorriso fraterno: 
- Lasciategli un po’ di tempo, per la prossima volta che lo vedete si sarà sbollito e potrete parlargli se vorrete. Adesso gli serve solo un po’ per calmarsi, ma non sarà sempre così terrificante! 
“Forse.” aggiunse fra sé e sé, ridacchiando.
Gli altri gli sorrisero timidamente grati della sua esistenza, soprattutto Alessio che non aveva saputo cosa dire e come comportarsi, preso alla sprovvista da loro che si erano improvvisati capitani al suo posto e anche forse allenatori. 
Mentre raggiungeva di nuovo Ibra, non immaginò che non l’avrebbero rivisto tanto presto, invece. Tuttavia non aveva sbagliato. 
Per la prossima volta che l’avrebbero avuto davanti, non sarebbe più stato così arrabbiato.

Lo spogliatoio era in quel momento totalmente deserto, chi non aveva giocato e che quindi non era andato a farsi la doccia, doveva essere scappato a gambe levate per evitare possibili uccisioni in un secondo incontro con lui. 
“Meglio così!” si disse arrabbiato. 
Per la verità aveva apprezzato l’intervento di Simon e l’aveva anche ammirato per la sua capacità di gestire con calma e sangue freddo una situazione di merda, soprattutto senza la minima paura di mettersi in mezzo dopo un’esplosione atomica simile. 
Zlatan non sapeva se aveva fatto bene a reagire in quel modo brutale, ma non aveva esitato e non avrebbe cambiato marcia. Aveva chiaro in mente il metodo con cui intendeva trascinare la squadra a migliorare, voleva spronarli, ma non aveva pensato di farlo in quel modo spaventoso. Tuttavia i discorsi motivazionali precedenti non erano serviti molto, così aveva deciso per una terapia d’urto.
Oltretutto era onestamente anche stufo di Simon, ad un certo punto c’erano dei limiti per i suoi comodi da psicopatico indeciso. 
Non poteva fare come gli pareva a seconda del momento. Voleva scoparselo, mica sposarlo. 
Se voleva, bene, altrimenti poteva anche farne a meno e piantarla con quella stupida ed inutile sceneggiata. 
Stava pensando proprio a lui quando lo sentì arrivare dall’altra parte e alzando lo sguardo per un secondo controllo veloce della stanza, valutò che erano ancora soli.
Un mezzo sorriso si dipinse sul suo viso.