*Riprendiamo la scena interrotta negli spogliatoi, quella che poi sarà l'ultima lì dentro prima di molto tempo. Zlatan ha l'insano istinto tanto di uccidere Simon quanto di saltargli addosso, ma alla fine pensando di avere tempo per ulteriori mosse, lascia tutto sospeso. Purtroppo il giorno dopo arriva il lockdown e il Covid fa il suo corso nel mondo, un corso che tutti ricordiamo fin troppo bene, specie per chi era costretto a vivere solo ed isolato come loro. Il capitolo è più rivolto ad Ibra che a Simon, ma nel prossimo sarà l'opposto sebbene vedremo finalmente Zlatan passare all'attacco. Buona lettura. Baci Akane

23. FUOCO E GHIACCIO

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Zlatan era preda di una lotta interiore non da poco, dal momento che voleva sia fucilarlo e gridargli contro che provocarlo e sedurlo. Proprio in quelle condizioni, sentendolo arrivare dalle docce prima della marmaglia che si tratteneva dentro proprio per evitarlo dopo lo scoppio atomico, realizzò di essere lieto di avere ancora qualche istante con lui da solo. Non sapeva bene se voleva molestarlo o ridurlo in cenere, ma qualcosa sicuramente aveva bisogno di fare! 
- E comunque non è che dobbiamo fare nulla, se ti va di provare e scoprire chi cazzo sei e che cazzo vuoi, bene, io sono disponibile, altrimenti ognuno per la sua strada. Non sono un giocattolo al tuo servizio! 
Ruggì rivoltandosi verso di lui e sovrastandolo per quei 5 centimetri che li separavano. Dopo aver parlato capì di aver intrapreso la strada dell’ira piuttosto che quella del sesso, ma andava bene comunque.
Simon si ritrovò il suo viso a distanza ravvicinata, si raddrizzò sorpreso non aspettandosi quella mossa improvvisa e astiosa, ma di nuovo non si scompose e non diede di matto. 
Continuò ad asciugarsi, togliendosi con estrema calma il telo dalla vita intorno a cui l’aveva avvolto. 
Zlatan pensò lo stesse silenziosamente provocando e che come sempre avesse proprio le palle per fare quel che faceva davanti a lui, fissandolo in quel modo sfrontatamente calmo e freddo. Così, ovviamente, reagì cambiando improvvisamente sistema. 
Si tolse l’asciugamano e lo gettò stizzito sul sedile, poi tornò a guardarlo serio, furibondo, con due braci incandescenti al posto degli occhi e la voglia altrettanto forte di sbatterlo contro il muro e penetrarlo lì su due piedi.
Gli occhi di Simon rimasero gelidi e calmi, diametralmente opposti a quelli di Zlatan. 
- Non ti considero il mio giocattolo, mi dispiace se l’hai creduto. Mi hai offerto aiuto per capire me stesso, ti ho ringraziato e ci ho pensato, ma non sono obbligato ad accettare. 
Con questo fu come se non solo mettesse un freno, ma contemporaneamente innalzasse di nuovo il suo famoso muro di ghiaccio e infilasse una lama affilata nel suo corpo e lo trapassasse. 
Per Zlatan fu così, si sentì ferito e preso in giro come non gli era mai capitato o forse non a quei livelli.
Lo stava fissando negli occhi a testa alta e senza un minimo timore, senza esitazione. 
Inarrivabile.
Come diavolo osava?
Alzò di scatto la mano e gliela mise di nuovo intorno al collo come quel giorno. Era unico in quello. 
Riusciva di nuovo a scatenargli la stessa identica reazione di quattro anni prima, sempre lui, sempre allo stesso modo. Per colpa di quel suo sguardo gelido ed impertinente. 
Non aveva paura e questo lo faceva infuriare e lo attraeva da matti allo stesso tempo.
Simon ancora una volta non reagì. Rimase dritto a fissarlo senza respingerlo né spaventarsi, le braccia lungo i fianchi. 
Lo percepì sotto i polpastrelli premuti sulla sua giugulare. 
Era calmo. 
Non aveva paura. 
Stava per insultarlo e dirgli qualcosa di definitivo per mandarlo a cagare e rompere con lui, ma invece allentò la presa, finì per carezzarlo proprio lì dove aveva appena stretto e scivolò con l’altra mano sul suo basso ventre, arrivando all’inguine ancora scoperto come il proprio.
Gli prese l’erezione e Simon finalmente e solo allora spalancò gli occhi impallidendo, mostrando agitazione. 
Solo così riusciva a fargli perdere il suo sangue maledettamente freddo.
Possibile che non ci fosse altro modo? 
- Puoi raccontarti la favola che credi, ma tu lo vuoi come un matto. - avvicinò il viso al suo e aderendo le labbra al suo orecchio, sussurrò piano e roco ricoprendolo di brividi. Li sentiva sotto le dita. Il suo corpo reagiva e non poteva fingere: -  Vuoi che ti scopi, che te lo infili dentro, vuoi che ti sbatta e ti faccia godere come un matto. Lo vuoi dannatamente. - lo leccò, infine sibilò: - Questo non cambierà solo perché lo decidi. Ma fa quel cazzo che ti pare. 
A quel punto lo lasciò di scatto, si allontanò e dandogli le spalle gettò la spugna. 
Contemporaneamente i ragazzi uscirono dalla doccia e li raggiunsero tornando a riempire lo spogliatoio rimasto vuoto per qualche minuto prezioso. 
Zlatan se ne pentì immediatamente mentre si rendeva conto di essersi appena arreso. Vide infatti Simon limitarsi ad  asciugarsi e vestirsi come se non avesse detto niente di che, né tanto meno gli avesse appena stretto il collo e molestato. Al contrario era invece tornato alla sua maschera di ghiaccio solita. 
A quel punto si disse stizzito un secco “No!”
Non esisteva che si arrendeva. Quello era arrendersi, perdere, scappare, chinare il capo, farsi da parte. 
Non era una cosa da lui, non era una cosa che aveva mai fatto. 
Sedendosi per vestirsi, continuò a fissarlo mentre accanto a lui tirava fuori il cambio da indossare. Era visibilmente eccitato, il suo pene era duro e gonfio fra le gambe. Non poteva fingere, non con certe parti del suo corpo. 
Con un ghigno soddisfatto si vestì senza dire più nulla. 
Aveva tempo per altre mosse nei prossimi giorni, per il momento gli avrebbe fatto credere che aveva chiuso con lui, forse avrebbe scatenato qualcosa, finalmente. 
Del resto un modo per farlo reagire doveva esserci, a parte che molestarlo sessualmente. 
Non poteva sempre e saltargli addosso per vedergli perdere il controllo. 
“Col cazzo che lo faccio vincere!” 

Questa fu l’ultima cosa che si dissero e che fecero prima della chiusura completa di ogni cosa. 

Inizialmente non si sapeva cosa stava realmente succedendo. 
La prima cosa che tutti fecero fu cercare di capire se fosse vero, poi appurarono che un blocco del genere imposto dallo Stato e lentamente in ogni parte del mondo, significava che la situazione era più seria di quel che avevano voluto pensare. 
Successivamente, provarono a comprendere di cosa si trattava, quanto grave fosse quell’influenza e per chi. 
Fino a quel momento aveva colpito prevalentemente un altro stato, quando le cose si erano espanse la gente aveva iniziato ad allertarsi, ad ascoltare meglio. 
Quando realizzarono che i divieti erano seri e sarebbero andati avanti molto più di quel che avevano preventivato e soprattutto che stavano diventando più consistenti e severi, allora iniziò il panico, quello tenuto sospeso perché la gente è così. 
Aspetta prima di agitarsi, ma quando succede, quando l’agitazione comincia aumenta a vista d’occhio fino ad un livello incontenibile. 
Non era chiaro di cosa si trattava, ma presto per tutti fu evidente che c’era davvero da preoccuparsi e che, soprattutto, non sarebbe finito tanto presto. 
Come tutti, anche Zlatan e Simon avevano pensato i primi giorni che sarebbe stata una situazione momentanea, il tempo per il governo italiano di organizzarsi per delle contromisure adeguate e poter riprendere la vita e le attività in modo più o meno normale. 
Non tutti capivano che non sarebbe più stato possibile una ripresa, che da lì in poi sarebbe stato tutto diverso, che non era facile come volevano pensare. 
Meno se ne sapeva e meglio era, ognuno aveva le proprie idee, chi tragiche e catastrofiche, chi invece a stento ci credeva. 
C’era anche chi non ci credeva affatto. 
Zlatan era fra quelli che non aveva un’opinione, ma manteneva la calma principalmente per i figli che sentiva sempre ogni giorno e prima di fasciarsi la testa voleva vedere se se la sarebbe rotta o per lo meno se avrebbe rischiato di rompersela. 
Fu seccato dell’interruzione, aveva dei piani, alcuni anche importanti, ad altri invece ci teneva diversamente, ma per lui l’idea di sospendere tutto senza concludere né portare avanti le cose iniziate, era motivo di nervoso. Gran nervoso. 
Oltretutto non poteva fare nulla se non aspettare, 
Viveva solo ed era completamente isolato dal mondo, ora più che mai. Non era il problema l’isolamento, lo era l’obbligo di non fare ciò che voleva. Quello sapeva l’avrebbe fatto impazzire, se ne rese conto molto presto, consapevole che quello stato d’animo, in lui, sarebbe presto peggiorato. 
Ad aggiungere nervoso era la lontananza coi suoi figli, si fidava ciecamente di Helena e sapeva che erano al sicuro, ma quanto poteva esserne realmente certo? 
Più sapeva di quella malattia, più comprendeva che era imprevedibile e che potevi prendere le misure che volevi, ma nessuno in realtà era esente da rischi. 
Vivere quella situazione, presto, diventò sempre più difficile.
Intorno a lui si accorse di quanto aumentavano l’agitazione e ben presto per Zlatan fu chiaro che saperne di più non era sinonimo di utilità, non in quel caso dove in un canale gettavano acqua sul fuoco mentre in un altro invece ci mettevano benzina. 
Passava tutto il giorno a giocare alla play, ad allenarsi in giardino a calcio da solo e a fare macchine nella sua personale palestra che aveva in casa. 
Attività che gli piacevano, ma non certo ripetute all’infinito e sempre da solo. 
Per spezzare quella routine alienante, cominciò ad uscire per fare la spesa praticamente ogni giorno, cosa che non faceva più da solo da una vita mandando sempre qualcun altro al suo posto. Non che poi avesse effettivamente necessità di qualcosa, ma almeno poteva uscire.
Lo faceva e prendeva qualcosa, anche per nulla utile ed essenziale, cibi magari che odiava e che non sapeva nemmeno preparare, ma che improvvisamente erano importantissimi e che non potevano mancare nella sua dispensa. 
A quel punto gli toccò anche cucinare, cosa in cui era sempre stato un disastro. 
Le pulizie non le teneva nemmeno in considerazione.
Non immaginava che quello era appena l’inizio e che sarebbe peggiorato. 

Simon con pragmatismo tipico suo, invece, iniziò a vivisezionare la situazione per capire con maggior precisione possibile di cosa si trattava; dopo essersi fatto un’idea piuttosto approfondita, per  quanto possibile fosse in quel momento iniziale della pandemia, decise di sentire le notizie solo una volta al giorno e basta. Per il resto si sarebbe distratto e soprattutto avrebbe sentito i figli ed Elina il più possibile, cercando di non farli preoccupare, dando vita a delle ore intere di videochiamate tramite il computer. 
Aveva presto capito che non sarebbe stato breve e che sarebbe durato più di quello che tutti stavano immaginando, oltretutto aveva anche realizzato che non potevano farci assolutamente nulla se non seguire alla lettera le indicazioni sanitarie senza dare inutilmente di matto o improvvisarsi virologi o medici. 
Avrebbero dovuto aspettare l’evolversi naturale delle cose con pazienza e sangue freddo. 
“Ci vorrà molto tempo per uscirne, è inutile aspettare il miracolo ogni giorno. Sarà una maratona, non una gara di velocità. Bisogna risparmiare la sanità mentale.”
Aveva capito in fretta di cosa si sarebbe realmente trattato e avendo bisogno di isolarsi in particolare da una certa persona per uscire da una situazione che gli risultava peggiore del covid, pensò di cogliere quell’occasione per risolvere tutto quel che poteva. 
“Per quando lo rivedrò dovrò stare bene ed essere uscito totalmente da quella fissa. Oltretutto lui ha deciso di chiudere con me, era normale succedesse, non siamo compatibili, non ha pazienza e per lui era solo una scopata e basta. Era sicuramente solo un fuoco momentaneo e se lo spengo così poi andrà tutto bene.”
Lo voleva credere perché per lui in quel preciso momento Ibra abitava la gran parte del suo cervello. E dei suoi genitali che stentavano a collaborare quando la sua mente vagava per quel che avevano fatto insieme, per quanto poco rispetto a quelli che erano i piani di Ibra. 
“Se non lo vedrò più nudo finalmente starò bene! Tornerò a gestire la mia vita in modo normale! Non mi toccherà più, non mi ecciterà e non mi farà diventare matto. È proprio quel che ci vuole questa pausa forzata da lui.”
Ne era convinto, oltretutto sapeva di doversi concentrare su quello che andava bene piuttosto che su quello che andava male. 
Argomento ‘covid', uguale ‘male’. 
Argomento ‘allontanamento forzato da Ibra’, uguale ‘bene’. 
Non poteva uscire e contravvenire alle regole; non poteva allenarsi e giocare a calcio visto che viveva in un appartamento e non poteva mettere piede fuori e le attività sportive erano tutte sospese; non poteva lavorare ed evitare con sicurezza di ammalarsi e stare male, poteva solo aspettare e sperare che andasse bene nel tempo più breve possibile, consapevole che ‘breve’ sarebbe stato comunque molto lungo. 
Però poteva sicuramente approfittare dell’isolamento forzato per allontanarsi e rafforzare le difese contro quello che l’aveva gettato in un caos apocalittico senza precedenti.
Era razionale e sapeva che non era colpa di Ibra, lui semplicemente esisteva, non poteva accusarlo, non lo usava come capro espiatorio. Ma sperava che sarebbe bastato riuscire a gestirlo per risolvere il problema che gli aveva scatenato, che fosse facile al punto da non doverci poi ripensare di nuovo, dopo di lui. 
Posto poi che ‘sistemare Ibra’ non era di certo una cosa tanto facile e leggera. 

I giorni presto divennero settimane e più Simon si raffreddava crogiolandosi nella propria fortezza di ghiaccio anti-Ibra, convinto che sarebbe andato tutto bene quando l’avrebbe rivisto, tanto Zlatan invece stava andando sempre più a fuoco.
Soprattutto quando Conte iniziò a sparare decreti come se piovesse, vietando qualunque cosa la gente riuscisse a fare per non impazzire.
Sapeva che non poteva sgarrare o per lo meno farsi vedere mentre lo faceva, doveva dare l’esempio agli altri ed era importante, per questo iniziò a mostrare sempre meno quello che faceva, magri qualche esercizio particolare che faceva a casa, nel suo giardino fortunatamente non piccolo, oppure nella sua palestra privata, o mentre giocava alla play. Ma di fatto, in realtà, passava la gran parte del tempo a trovare modi per aggirare le regole o quanto meno ad infrangerle di nascosto senza farsi accorgere. 
Sapeva ormai che la situazione era seria, non era idiota, ma questo non gli impediva di non impazzire dentro in casa senza poter fare praticamente niente per settimane. 
Si era addirittura rassegnato a pulire casa da solo. Lo stretto necessario per non morire nella sporcizia. 
Imparò pure a fare la lavatrice!
A parte questioni domestiche, che comunque non lo divertivano per nulla, ce n’era una in sospeso che lo stava facendo andare letteralmente fuori di testa giorno dopo giorno. 
In realtà non era veramente grave, lo capiva con una parte minuscola di sé, ma vivendo quotidianamente una situazione che di sereno e tranquillo aveva poco, ogni emozione era amplificata e viveva ogni cosa come fosse chissà cosa. 
Si sentiva sul punto di esplodere, esplodere male. Molto male. Così male che quell’ultimo giorno negli spogliatoi di San Siro era in realtà stata una sciocchezza a confronto. 
Sostanzialmente il problema era che più il tempo avanzava, più si sentiva d’aver perso con Simon e non lo poteva accettare. 
Non d’aver perso lui, ma contro di lui, il che era molto diverso poiché non gli fregava davvero molto di Simon, se lo voleva fare ma non c’era niente di più. Ma non poteva proprio accettare d’aver perso la partita fra loro perché aveva mollato. Era questione di principio, insomma.
Quel giorno quando avevano discusso, sulla foga del momento l’aveva mandato a cagare gettando la spugna, ma poi di fatto se ne era subito pentito perché non era in grado di accettare la resa mai, in nessun caso, visto che per lui equivaleva a perdere. 
Aveva pensato di lasciargli credere di aver chiuso con lui per qualche giorno, per poi tornare alla carica dopo aver visto la sua reazione che sarebbe dovuta essere di pentimento. Magari l’avrebbe anche chiamato lui o gli sarebbe saltato addosso.
Invece ad essersi pentito di aver lasciato le cose così era lui, specie perché poi Simon da bravo stronzo quale era, aveva approfittato degli isolamenti forzati per sparire del tutto, non gli aveva scritto né chiamato. Non che lui ovviamente l’avesse fatto, poteva cascare il mondo se faceva il primo passo.
Si era detto così per tutti i giorni che aveva fatto trascorrere incredulo, specie dopo tutti i suoi video d’allenamento su Instagram dove faceva addominali mezzo nudo appeso al sacco, ai quali aveva osato non fargli nemmeno un cenno, nulla di nulla!
Avendo troppi follower non poteva sapere se anche lui l’aveva visualizzato, oltretutto non era la persona più tecnologica del mondo per certe cose come i social. Li usava lo stretto necessario, tendenzialmente per pubblicizzare cose per i propri numerosi sponsor. 
Tuttavia era certo avesse visto gli spettacoli che pensava per lui, invece quello stronzo nulla, nemmeno un cenno. 
Così poi aveva iniziato a macinare fuoco e fiamme, oltre che nervoso. Come osava non farsi vivo in nessun modo? 
A quel punto si era reso conto di dover cambiare tattica, di dover fare qualcosa. 
Comunque odiava l’idea di lasciare tutto in sospeso con lui, così decise che doveva agire immediatamente. 
Per una volta che non aveva chiarito subito il discorso, l’universo l’aveva punito.
Non sarebbe più successo, ma intanto era lì ad aspettare il permesso per rivedere di persona Simon e fargli capire che non aveva perso proprio per un cazzo. 
Ogni giorno aspettava di poter uscire senza infrangere la legge, di poterlo vedere, di fare qualcosa insomma. 
Ed ogni giorno non succedeva nulla se non restrizioni più severe.
A momenti non si poteva nemmeno respirare, dannazione! 
No, si disse deciso e risoluto, bruciando di furia assassina. Non avrebbe atteso l’apertura dei manicomi, che al momento per lui erano le case. 
Non potendosi accontentare di una telefonata né di una banalissima videochiamata, che conoscendolo non avrebbe mai accettato, decise di uscire in piena notte. 
A piedi, 
Al buio. 
Con una giacca ed il cappuccio tirati su, la mascherina sul viso e l’aria da criminale malintenzionato. 
Conosceva bene il suo quartiere, sapeva come muoversi per arrivare dove voleva senza il rischio di essere visto e segnalato. Oltretutto da ragazzo aveva fatto cose del genere, cercando di non farsi beccare dalla polizia a fare cose anche peggiori, molto spesso. 
Era quasi come tornare ai brutti vecchi tempi, non si smetteva mai di saper fare certe cose. 
Camminando come un ladro per le strade secondarie e buie, pensò ai tempi ormai remoti, che però non venivano mai realmente dimenticati. Rabbrividì per un momento pensando a quanto fosse andato avanti, quanto tutto per lui fosse cambiato. 
Per un attimo non gli piacque agire come uno che doveva strappare la vita a morsi. Aveva smesso di lottare con unghie e con denti contro il mondo intero. Adesso camminava alla luce del sole e a testa alta e poteva ottenere sempre tutto ciò che voleva, perché ogni cosa era sua di diritto. Se l’era conquistata, dannazione.
Così tornò a pensare a Simon e a come avrebbe fatto con lui per farlo scendere e farsi accettare. Se avesse semplicemente suonato, non gli avrebbe mai aperto, ne era certo, lo conosceva bene ormai, perciò sarebbe stata fatica sprecata. Oltretutto non gli piaceva l’idea di essere respinto di nuovo, non in quel momento dove era teso e sul punto di esplodere per ogni stronzata.
Pensava che se Simon se lo fosse ritrovato davanti, non avrebbe potuto scappare. 
Perciò doveva trovare un espediente per farlo uscire dalla tana e pensandoci gli venne un bel sorriso pericoloso. 
Gli avrebbe fatto un regalo. 
Simon era un rompicoglioni e per avere successo doveva usare la testa. O meglio, una parte specifica del proprio corpo che non stava esattamente sul collo. Con furbizia gli avrebbe mandato questo bel ‘regalo’ pronto per lui già da giorni proprio perché aveva macinato l’idea di tempestarlo anche con quel genere di cose, per provocarlo a distanza. Del resto colpa sua che non reagiva ai suoi video di allenamento mezzo nudo. 
Era finalmente ora di usare ciò che aveva preparato per lui, sapeva che gli sarebbe venuto un colpo e a quel punto se gli avesse detto che era sotto casa sua, sarebbe uscito spontaneamente dal palazzo per ucciderlo di persona. Era un rischio perché non era sicuro che fosse uscito dalla tana, ma dubitava che al suo bel regalino sarebbe rimasto ancora impassibile.
A quel punto l’avrebbe finalmente rivisto.