*Ormai in pieno lockdown e bloccati a casa completamente impossibilitati a vedersi, Simon decide di approfittarne per 'disintossicarsi' da Ibra e tornare in grado di auto gestirsi a dovere in sua presenza. Ma non è facile come pensava, visto che il suddetto non collabora per niente ed anche a distanza riesce a provocare. Se poi ci si mettono certi video e foto, il risultato è solo uno. Specie considerando che niente ferma Ibra se vuole vedere Simon (e farselo!). Dunque, non ho trovato una versione precisa a quella descritta da me di Ibra, perché avevo in mente uno stile preciso, che ho descritto nel capitolo, ma una foto sua così non l'ho trovata, perciò ne ho messe tante ognuna delle quali con almeno una caratteristica che lo riguarda. Per esempio la giacca in pelle nera, la felpa col cappuccio, la cuffia, i capelli sciolti. Vabbè, poi ci sarebbe una foto che magari anche la potevo trovare su internet, simile a quello che descrivo nel capitolo, ma non era il caso di metterla. Dovrete usare l'immaginazione. Da adesso inizia la parte che io personalmente preferisco, il livello di calore salirà di volta in volta. Molto. E credo di poter riuscire a pubblicare abbastanza spesso (anche ogni 3/4 giorni) Buona lettura. Baci Akane*

24. SOLO UN FUOCO

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Senza vederlo ed incontrarlo era facile, era sicuro di poter tornare sulla retta via e riprendere da dove si era interrotto a vivere la sua vita nel modo che avrebbe ritenuto più giusto. 
Forse non per lui stesso, ma sicuramente per la sua famiglia.
Si era preso delle responsabilità, soprattutto quando aveva fatto venire al mondo i suoi figli, non poteva ora scoprire di punto in bianco di avere altre necessità e, semplicemente, viverle come niente fosse, con egoismo ed egocentrismo. 
Stando lontano da Ibra era più facile riprendere la propria mentalità fatta di giusto e di dovere. 
Avrebbe dovuto svegliarsi prima, molto prima di farsi una famiglia con sua moglie. 
Non aveva problemi nel considerarsi gay o bisessuale, insomma il suo problema non era mai stata l’attrazione per un altro uomo, il problema era che ormai non poteva viverla.
La scoperta di sé andava bene per qualcuno che non era già impegnato, c’era chi ci riusciva, ma lui no. Non ne era in grado.  
Se doveva trovare qualcosa di positivo in quella pandemia con isolamento forzato, sicuramene era quello. 
La lontananza da Ibra lo stava aiutando, ne era sicuro.
Sapeva che prima o poi l’avrebbe rivisto, ma a quel punto lui sarebbe tornato dentro la sua fortezza e sarebbe stato in grado di non venir turbato da lui. Magari avrebbe chiesto un cambio di camera, Ibra avrebbe capito, in ogni caso non gli avrebbe lasciato scelta. 
Forte della sensazione che gli dava la lontananza dal suo compagno di squadra, Simon decise di mettersi alla prova dando un’occhiata al suo profilo Instagram per vedere a distanza ed in privato che reazioni poteva dargli. 
Era abbastanza sicuro di non provare più niente; la cosa, qualunque fosse stata, si era ormai calmata e raffreddata. Succedeva così se non alimentavi un fuoco, si spegneva. 
Sicuramente non era stato niente di più di quello. Un fuoco e basta. 
Quando iniziò a controllare il suo profilo social, inizialmente vide video e storie abbastanza abbordabili. Passava dal giocare alla play facendo vedere qualche scena di combattimento o di gioco, all’allenarsi in giardino con la palla. 
In casa aveva una palestra personale con pesi e qualche macchinario, faceva diversi video anche lì dentro per far vedere che si allenava anche lì.
Vestito, per fortuna. 
Sì, gli piaceva osservarlo all’opera soprattutto in palestra, ma non era niente di particolare. 
Simon, orgoglioso del proprio controllo ritrovato, iniziò a curiosare ogni giorno il suo profilo, iniziando lentamente a non perdersi nessuna delle sue storie totalmente ignaro che il proprietario di tali storie era perfettamente in grado di vedere chi le visualizzava.
Fino a che un giorno, Ibra decise di alzare l’asticella per il semplice fatto che invece lui sapeva come controllare chi guardava le proprie storie e naturalmente sulla marea infinita di nomi che figuravano, lui scorreva solo quello che gli interessava. Tuttavia Simon questo non lo sapeva. 
La sfida in questione consistette in lui appeso al sacco da boxe, aveva le gambe incrociate in alto e lui penzolava a testa in giù e faceva flessioni come se fosse la cosa più facile del mondo.
Simon sapeva che non lo era, che era difficile ed impestato, come esercizio, e che lui era un pazzo a farlo, soprattutto perché lo faceva sembrare facile. 
Ma il vero problema fu che lo faceva a torso nudo e che mostrava ogni minuscolo muscolo, tatuaggio, gocciolina di sudore. 
I capelli un po’ spettinati ma legati nel suo tipico modo, col nodo in alto, le braccia incrociate sul petto. 
“Sei un maledetto, Ibra!” pensò a disagio Simon. 
Fu come un’ondata improvvisa, forte e totalmente incontrollabile. 
Gli partì con una potenza inimmaginabile dalle parti basse e si espanse come una miccia accesa che brucia in fretta avvicinandosi a vista d’occhio alla dinamite pronta ad esplodere. 
Simon sapeva che sarebbe successo, ormai si conosceva, e si arrese tirandosi fuori l’erezione diventata subito dura. Del resto a quel punto che scelta aveva? Iniziò a masturbarsi guardando il video mandato in loop a ripetizione, quasi con ossessione. 
Come poteva riuscirci a distanza? Come poteva ridurlo di nuovo così senza nemmeno averlo fisicamente davanti? 
Come poteva? 
Ma mentre se lo chiedeva, la miccia arrivò alla dinamite che esplose con un’imprecazione a denti stretti in un misto fra il fastidio per la sconfitta e l’enorme piacere di quell’orgasmo inatteso. 
Non ne aveva uno così da quando era stato Ibra a procurarglielo con la sua mano.
Simon chiuse gli occhi spegnendo seccato il telefono, non lo scagliò, ma lo mise giù e girò la testa dall’altra parte, come a cancellare disperatamente quanto successo, si chiese come avesse fatto a rigettarlo nello stato iniziale. 
Si era illuso di essere in condizioni accettabili, ma non aveva fatto i conti senza l’oste. 
Se era così nel rivederlo solo attraverso uno schermo, come sarebbe potuto essere dal vivo?
Improvvisamente lo sconforto della consapevolezza di non poterne uscire facilmente come aveva pensato, lo colse. 
Se nemmeno la distanza da lui bastava a spegnere quel fuoco, c’era da pensare che magari non era solo quello? 
“C’è da dire che se la smette di provocarmi in quel modo forse posso spegnerlo meglio. Lui lascia delle braci accese che ravviva quando vuole. Ma io quel fuoco lo devo spegnere del tutto, non solo parzialmente.”
Cercò di riaggrapparsi alle sue convinzioni, convinto di dover proseguire come aveva fatto. Doveva avere solo più pazienza e fermezza, si poteva riuscire a fare tutto, nella vita. Bastava volerlo sul serio. 
Ed era questo il punto, no?
Volerlo sul serio.
Quanto lo voleva, lui?

Era sera ed era passato ormai poco meno di un mese da quando erano in isolamento forzato a casa. 
Le regole iniziavano a farsi più severe e la situazione nelle case della gente era sempre più tesa ed invivibile. 
Gente costretta a stare insieme quando normalmente erano abituati a vedersi sì e no qualche ora al giorno, forse. 
Per Simon era più facile, era solo e gli piaceva la solitudine, con Elina ed i ragazzi si videochiamava ogni giorno ed era anche lontano da tentazioni fisiche, rimanevano quelle visive, ma bastava evitare di andarsele a cercare ed il gioco era fatto. 
Doveva fare quello che serviva per guarire da quella follia. 
Lui sapeva fare quello che era necessario e che doveva, anche se forse potendo scegliere avrebbe fatto altro. 
Ma quando mai nella sua vita aveva potuto scegliere davvero?
Non c’erano sempre state delle regole a cui stare?
Regole della famiglia, della società, del governo, del lavoro. Regole ovunque. 
Lui era sempre stato bravo a seguirle, non aveva mai avuto scelta, del resto. Era cresciuto così.
Per questo aveva sempre soffocato e nascosto persino a sé stesso i propri istinti verso gli altri ragazzi. 
Facile, bastava esercitarsi per bene da subito e l’aveva fatto. 
Capì la potenza di Ibra nel sovvertire volontà ferrea e regole inalienabili solo quando gli mandò quella foto. 
Era nel divano e stava facendo una videochiamata con Skype al computer con sua moglie, i bambini già dormivano a casa di lei e non era tardissimo, ma avevano mantenuto i ritmi soliti per non scombinarli troppo quando sarebbero tornati alla normalità. 
Era preso dalla conversazione con lei sui bambini e sul covid e questioni simili, perciò quando gli arrivò la foto al cellulare, la guardò distrattamente senza notare il nome di chi gliela mandava. 
Quando diede un’occhiata sbrigativa, impallidì immediatamente colto da un attacco di tosse per la saliva che gli andò di traverso. 
Con quell’attacco di tosse le chiese una pausa per alzarsi e nascondere il telefono contro il petto, tentò di riprendere in mano la situazione prima di finire nel panico sul serio, ma sentendosi andare in fibrillazione, si scusò con Elina e disse che aveva bisogno di una boccata d’aria fresca e che l’avrebbe risentita il giorno successivo. 
Riuscì a dirlo fra una tossita e l’altra, preoccupando la moglie che iniziò probabilmente a pensare che il marito avesse quel maledetto virus e che si vergognasse a farglielo sapere. 
‘Scendi’
Gli scrisse subito dopo Ibra.
Simon spalancò gli occhi e per un momento si fermò, il mondo si sospese, così come il suo cervello. 
Cosa doveva fare?
Come faceva ad essere lì? 
Era lì davvero? 
E come osava, dopo la foto che gli aveva mandato, presentarsi addirittura sotto casa, dopo averlo quasi fatto beccare dalla moglie nonostante lei nemmeno vivesse lì con lui?
Riguardò di nuovo il telefono shoccato e sconvolto e altamente imbarazzato ed in netta difficoltà. 
Lì nello schermo fin troppo grande e a definizione a dir poco perfetta, c’era il pene grande e duro di Ibra. 
C’erano persino le vene in rilievo, si vedeva che era una foto scattata poco prima dell’orgasmo. 
Simon alzò gli occhi in alto respirando a fondo, per poco Elina non l’aveva visto. Se fosse stata lì con lui, probabilmente sarebbe successo. 
A quel punto decise di affrontarlo una volta per tutte, specie dopo i molti video provocatori. Se ora cominciava anche con quelle foto era a posto. 
No, decise gelidamente infuriato. Era ora di affrontarlo una volta per tutte e a viso aperto. 
Così prese la giacca e le chiavi di casa e scese da lui, per nulla intenzionato a farlo salire in casa. Sicuramente quel che aveva cercato di ottenere con quel teatrino era poter venire su per portarselo definitivamente a letto e togliersi quello sfizio che, evidentemente, gli stava proprio sull’anima e non poteva dimenticare.
Ma si sarebbe preso una denuncia per essere fuori casa oltre il coprifuoco, piuttosto che farlo salire in casa. Era una questione di principio. E oltretutto aveva deciso di chiudere, questo lo doveva rispettare. 
Che gli piacesse o no, non avrebbero fatto a modo suo!
Prese dei respiri profondi e con la rabbia gelida che lo invadeva nel tentativo di cacciare l’eccitazione che stava combattendo in lui, uscì dall’ascensore, percorse il pianerottolo, arrivò al portone d’ingresso e apertolo rimase fermo sulla soglia, impedendogli di richiudersi del tutto alle proprie spalle.
Appena lo vide appoggiato alla sinistra, sul muro accanto, il mondo si sfocò per un momento. 
Lui era lì appoggiato con un piede contro la parete dietro di sé, il cappuccio alzato, i capelli sciolti che si vedevano ai lati sulle spalle larghe ed una felpa sotto la giacca di pelle, la mascherina mezza abbassata, pronta a rialzarla se necessario. 
La voce profonda e roca di Ibra lo salutò come niente fosse.
Un semplice: - Ehi! 
A quello Simon si svegliò e tornò il gelo artico e la voglia di metterlo al suo posto per farlo smettere di agire come diavolo gli pareva. 
- Ehi un corno, sei impazzito? - sibilò tagliente.
Appena aveva sentito la sua voce aveva ritrovato subito il controllo e il gelo aveva ripreso possesso del corpo e di ogni particella, così mentre lasciava fluire di proposito lame di ghiaccio al posto delle parole, rimase lì fermo dove era, di lato rispetto a lui, sempre sull’uscio ancora non chiuso alle spalle. 
- Perché? - fu la sua risposta fintamente innocente. Aveva invece una tale aria da delinquente in quelle vesti. E stava così dannatamente bene. 
Gli lanciò un’occhiata congelante che i pochi gradi della sera di fine marzo erano nulla a confronto. 
Voleva trasformarlo in una statua di ghiaccio e poi romperlo in mille pezzettini e lì per lì pensò davvero di farlo, in qualche maniera. Era così fuori di sé che non aveva nemmeno preso la mascherina e solo quando da in fondo la strada vide sopraggiungere dei fari, si ricordò di essere in quel momento un fuori legge, cosa che a lui irritava molto. 
Così senza pensarci molto, lo afferrò per la manica della giacca, riaprì il portone con un calcio all’indietro con la pianta del piede e lo trascinò brutalmente dentro. 

Zlatan si lasciò tirare mite di proposito, sorpreso e compiaciuto di quella reazione così focosa. 
O meglio, osservandolo con cura mentre lo portava non di sicuro verso il suo appartamento, visto che invece di salire in ascensore lo portava giù per le scale. 
“Perché diavolo non mi porta in casa visto che è solo?”
Cerava di capire cosa albergava nella sua mente rigida e razionale, ma si rese conto che comunque alla fin fine gli importava poco, visto che in quel misto fra l’incazzato nero ed il gelo era davvero eccitante. 
Aveva sperato in casa sua, ma gli andava bene anche qualcosa di alternativo.
Per fortuna i suoi piani erano andati come aveva voluto ed era davvero sceso, quando glielo aveva detto. Avrebbe forse dovuto specificare ‘apri’, ma non aveva ragionato molto, come sempre. 

Senza uccidersi e dire mezza parola, in perfetto silenzio per non rischiare di essere visti e sentiti da inquilini nottambuli rompipalle che abitavano proprio al piano terra, o i suoi stessi vicini di casa che Simon ancora non conosceva, aprì con le chiavi la porta del suo garage al piano interrato.
Una volta dentro accese la luce, il freddo e l’odore di automobile li invase, niente di comodo, confortevole e piacevole.

“Andrà bene lo stesso, non era quello che immaginavo per la nostra prima scopata, preferivo farla in una camera comoda tipo la nostra a Milanello, ma di questo passo c’è il rischio che non ci torniamo mai più!” pensò Zlatan sempre più contento e sicuro di sé, ormai era fatta, non aveva importanza dove erano e perché. L’importante era averlo finalmente davanti, non ne poteva più della sua mano e comunque non vedeva l’ora di chiarire che lui non si era arreso, non aveva perso la loro partita. Proprio per un cazzo!
Il compagno una volta dentro lo lasciò, si rimise le chiavi in tasca e allargando le braccia verso di lui, lo fissò ancora con quella freddezza piena di un controllo fastidioso. 
Era furioso, ma comunque sempre freddo. 
“Adesso lo accendo ben io!” si disse al volo avvicinandosi. 
Vedendolo, Simon gli mise le mani sul petto e lo respinse con fermezza. 
- Sei impazzito? Ti sembra il caso di mandare quelle foto? Ero su Skype con mia moglie, per poco non ha visto anche lei..
- Sei tu che apri i miei messaggi con lei davanti... chi lo farebbe? 
Notò un guizzo snervato nei suoi occhi azzurri e con vittoria capì d’averci preso. 
Stava pensando che aveva ragione e che non avrebbe dovuto farlo, ma non glielo avrebbe mai detto. 
- Comunque se sei qua e non a discutere con lei per evitare un divorzio, significa che hai gestito tutto alla perfezione come sempre... coi tuoi nervi d’acciaio e la tua prontezza inenarrabile... 
Parlò con un tono di scherno mentre si avvicinava languido, questa volta non l’avrebbe respinto.