*Ibra è nel garage di Simon per chiarire le cose e fargli sapere che non si è ritirato dal loro gioco. E lo fa dandogli un assaggio di quello che potrebbe avere se si decide ad andare fino in fondo con lui. Covid o non covid, quando Zlatan vuole qualcosa, in un modo o nell'altro la ottiene. Simon non può che accettarlo e capire che è meglio togliersi lo sfizio una volta per tutte nella speranza di poter riprendere la sua vita in mano. Lentamente il livello erotico si alza. Le foto rendono bene l'idea di quelle che si scambiano fra di loro. Comunque li invidio. Buona lettura. Baci Akane*
25. ANCORA DI PIÙ
Simon cacciò un delizioso broncio che era ancora un po’ freddino, ma sicuramente meglio di come era partito.
Soprattutto quando gli arrivò davanti, si limitò ad appoggiarsi al muro dietro permettendogli di appiccicarsi a lui, senza la minima intenzione di allontanarlo fisicamente.
Sembrava molto più infervorato prima, forse era partito per mettere un blocco fra loro e chiudere quella situazione, ma ora che ce l’aveva davanti tutto quel fervore stava lentamente scemando.
Zlatan gli mise le mani sui fianchi, sotto la giacca che aveva addosso. Le braccia abbassate senza l’intenzione di alzarle in alcun modo.
Per lui fu un consenso fin troppo esplicito, così notando che non diceva più nulla, raggiunse il suo orecchio con le labbra, glielo baciò leggero e vi sussurrò facendolo rabbrividire: - Mi sei mancato...
Non sapeva se era una cosa da dire, non erano nulla e sicuramente l’intenzione era solo di scopare e basta, ma Simon chiudendo gli occhi girò leggermente la testa di lato per lasciargli più spazio di manovra.
- Pensavo che avessi chiuso con me perché non volevi essere il mio giocattolo...
Simon ripeté di proposito le sue parole, mentre la rabbia gelida di prima era ormai un bel ricordo. In risposta ridacchiò scendendo a baciargli e leccargli il collo. La parte di lui che gli piaceva da morire senza un motivo specifico.
Vi si perse per un po’ mentre infilava le mani sotto la felpa e trovava la sua pelle calda e liscia.
- Sai che non mi piace perdere...
Simon rise alla sua frase e questo lo fece impazzire, strisciò con la mano sotto l’elastico dei pantaloni della tuta e poi sotto quello dei boxer aderenti. Sussultò e gli prese istintivamente il polso cercando di fermarlo, ma con poca convinzione infatti riuscì comunque a strofinarlo a piacimento, nonostante tentasse di impedirgli i movimenti.
Se avesse voluto davvero avrebbe potuto farlo, ma lui aveva quei modi di fare non aggressivi od invasivi. Solitamente rimaneva fermo e dritto davanti a chi lo aggrediva e si lasciava fare mantenendo i nervi saldi.
Ma ora quei nervi non erano più tanto saldi, lo sentiva da come si stava eccitando.
- Non voglio continuare, non dobbiamo. Non arriveremo a niente di buono, ho delle responsabilità che non posso evitare di vedere solo perché devo scoprire chi sono. Non ha importanza chi sono e cosa voglio... sono sposato, ho due figli...
La voce si perse in un sospiro quando iniziò a masturbarlo afferrandogli il membro che divenne presto duro e dritto.
Con la bocca sul collo piegata in un sorrisino malefico, rispose:
- Non credo che il tuo cazzo sia d’accordo con te!
Dopo di questo si inginocchiò davanti a lui e veloce e deciso glielo tirò completamente fuori, glielo prese in bocca e contemporaneamente gli fermò i polsi impedendogli così di respingerlo.
Lo avvolse con le labbra e lo succhiò andando subito veloce, usando tutto il trasporto e la forza che lo caratterizzava per impedirgli di pensare.
Non avrebbe accettato un no, non avrebbe perso la loro partita.
Se lo sarebbe portato a letto, punto.
Il godimento fu immediato ed inaspettato e quando Simon lo vide inginocchiarsi davanti a sé, spalancò gli occhi e chinò il capo a guardarlo convinto di star sognando.
In un istante però i polsi furono bloccati dalle sue grandi mani forti e la bocca si stava occupando con foga e decisione della propria erezione che stava crescendo senza troppi complimenti.
Ci volle poco per perdersi nel piacere più intenso mai provato.
Ricordò quella volta che l’aveva masturbato, non era paragonabile a quello anche se era stato maledettamente bello.
Simon non trovò scelta che abbandonasi a quel che provava; non voleva, ogni parte del suo cervello gridava di no, ma quando il calore ed i brividi lo invasero prepotentemente, l’organo dentro al cranio si spense del tutto e lui, con la testa all’indietro, accolse il godimento fra sospiri e gemiti.
Capendo che gli stava piacendo, Ibra gli lasciò i polsi e lui corse con una mano sulla sua nuca, fra i capelli sciolti. Li afferrò e strinse senza tirare, accompagnò i movimenti della sua testa contro il proprio inguine, aumentando l’intensità di ciò che faceva.
Con l’altra mano si tappò da solo la bocca, rendendosi conto che pur nei sotterranei c’era il rischio di essere sentito.
Non aveva paragoni con nessuna cosa fatta fino a quel momento, il resto non contava più.
Zlatan sapeva che non avrebbero fatto sesso, ma si accontentò di quello come rivincita. Aveva dovuto principalmente dargli un messaggio ed era quello. Non poteva scappare.
Così proseguì fino a farlo venire e lo accolse in bocca di proposito per sconvolgerlo meglio e dargli qualcosa su cui pensare. Qualcosa che, ovviamente, potesse farlo impazzire per bene.
Zlatan aveva alzato l’asticella di nuovo.
Quando Simon venne, si alzò e lo baciò facendogli sentire il proprio stesso sapore, invase la bocca con la lingua e lui, allucinato in un estasi senza precedenti, l’accolse e lo sentì rimanere eccitato ancora qualche istante nonostante l’orgasmo appena avuto, quasi che non fosse proprio completo.
Zlatan sorrise contro le sue labbra finendo per succhiargli quello inferiore. Contemporaneamente gli prese la mano e senza dargli il tempo di pensare, gliela mise nei propri pantaloni, direttamente sotto l’elastico dei boxer comodi.
Simon spalancò gli occhi nel panico e Zlatan si beò di quell’espressione che osservò per bene.
Adorava quando usciva di testa e perdeva il controllo.
Era shoccato e bellissimo, tutto scompigliato. Voleva averlo sempre così.
Gli mosse la mano sulla propria intimità che tirò completamente fuori. Era già eccitato e duro.
Simon sfuggì dalla sua bocca per chinare il capo e guardarlo meglio dal vivo. Aveva potuto ammirarlo diverse volte ed in diverse maniere, oltre che nella foto di prima, ma supponeva che non aveva mai potuto farlo da vicino e così in tiro.
Zlatan capì che aveva veramente un’ossessione per il suo giocattolo, non era strano, del resto era davvero ben dotato.
Gli piacque da matti il suo bisogno di guardarlo e mentre le loro dita si muovevano insieme su di sé, lo lasciò vedendo che non si fermava.
Si appoggiò poi con le mani contro il muro dietro Simon, ai lati del suo corpo, e attese mentre fissava con ossessione.
Pensò di provare a farlo venire di nuovo attaccando il suo ormai soddisfatto al proprio e strofinandoli insieme, ma alla sola idea di farlo Zlatan venne prima. Per poco non gli macchiò i vestiti, riuscì a scostarsi in tempo.
Presto avrebbe fatto il prossimo passo, glielo avrebbe fatto prendere in bocca.
Simon allucinato, eccitato ed in uno stato a dir poco pietoso rispetto al suo solito freddo, risoluto e contenuto, si abbandonò contro la parete dietro di sé, sfinito più mentalmente che fisicamente.
Chiuse gli occhi e ansimò pensando probabilmente a quanto sbagliato e assurdo fosse stato tutto quello. Finalmente riusciva a leggergli dentro.
Era la prima volta che succedeva.
Con soddisfazione si ricompose e prima di cercare qualcosa su cui pulire le mani e le macchie per terra, si chinò su di lui senza toccarlo se non con le labbra e lo baciò.
- È questo che sei, puoi usare la testa quanto vuoi e rifiutarlo e provare a bloccarlo, ma ormai il tuo istinto scalpita per essere liberato. Non puoi tenerlo in prigione per tutta la vita. Non ci sta più.
Simon rimase demolito a quelle parole e nella pace dei sensi dovuta all’orgasmo, col cervello ancora rigorosamente spento e perciò non invaso come sempre dalle sue nozioni, si rese conto che aveva ragione.
Aveva tenuto tutto sotto controllo per troppo tempo, soffocando e reprimendo. Ma la verità era venuta a galla ed ora che aveva liberato ciò che era realmente, sia pure per poco, semplicemente non riusciva più a rimettere tutto sotto chiave come prima
Cera il rischio che non ci sarebbe più riuscito.
Senza muoversi né parlare, lo guardò ripulire tutto trovando una pezza che usava per controllare il motore della macchina, la lasciò su un ripiano dove l’aveva trovata e si voltò verso di lui, ancora appoggiato al muro e perso.
Non sconvolto né distrutto.
Perso era il termine adatto.
Aveva di nuovo smarrito la strada, ogni certezza accumulata era andata in un attimo in cenere, bruciata dai modi di Ibra ed ora di nuovo non era più sicuro di nulla.
Solo di una cosa, in effetti.
Con lui ogni volta il suo controllo andava a quel paese.
Poteva fare ciò che voleva, usare ogni sistema possibile. Ma con lui, ogni volta, non c’era mai niente da fare.
“Forse dovrei togliermi lo sfizio, farlo una volta per tutte ed evitare che diventi un’ossessione. Perché è questo che sta diventando ed è questo che mi impedisce di pensare con lucidità e fare ciò che ho sempre fatto, ciò che è giusto. Se lo facessi sfaterei un tabù che mi ossessiona e mi toglierei lo sfizio e non ci penserei più. Forse poi potrei riprendere la mia vita.
“So che non sarebbe giusto verso Elina e i bambini, ma così non andrò comunque da nessuna parte. Devo essere razionale ed onesto. Non andrò lontano, continuerò a cadere tutte le volte che lui vorrà e visto che anche per lui è solo uno sfizio, tanto vale che ce lo togliamo entrambi, una volta per tutte, e così poi potremo riprendere le nostre vite normali.”
Zlatan lo guardò fissarlo serio e pensieroso e capì che stava analizzando e riflettendo, ma decise di interromperlo per dargli altro su cui riflettere:
- Se non vuoi farmi salire perché hai paura che ci becchino i vicini, puoi venire tu da me, sto a casa da solo e non ho vicini. Puoi stare quanto vuoi, fra l’altro.
Simon non rispose, ricambiò il bacio, ma non disse nulla e non si mosse.
Lo guardò aprirsi da solo la serranda del garage ed uscire, consapevole che molto probabilmente Simon ancora non si sarebbe mosso per venire da lui e nemmeno l’avrebbe fatto salire a casa sua.
Ma tanto ormai sapeva come fare per ottenere ciò che voleva.
Ormai non aveva scelta, era suo. La vittoria era molto vicina, era sicuro di farcela anche se aveva rischiato una sconfitta sonora. Per fortuna non aveva mollato, ma non sarebbe di sicuro stato possibile per lui farlo.
Le partite non si giocavano, si vincevano e basta.
Dal momento in cui Simon decise che l’unica soluzione era togliersi lo sfizio una volta per tutte, nella speranza poi che Ibra smettesse di essere la sua ossessione, per lui ci fu solo quello.
Il sesso.
Fu come togliere un tappo pigiato per troppo tempo e a fatica. Smettere di chiudere quel dannato contenitore liberò dei flussi mentali incontrollabili e sfrenati, al punto che ormai non vedeva l’ora di andare fino in fondo.
Da un lato non voleva che fosse squallida ed in garage, ma l’idea di farlo salire in casa lo metteva in confusione. Non viveva con sua moglie, ma era comunque un passo troppo grande fare certe cose lì dentro. C’era l’opzione casa di Ibra, anche se l’idea di infrangere le regole non lo lasciava per niente tranquillo. Erano tutti in isolamento, non è che potevano trasferirsi così liberamente come gli pareva, oltretutto una convivenza ora forse era un tantino eccessivo.
Tuttavia non ce la faceva più.
Avendo deciso di darci dentro e togliersi ogni sfizio possibile, non poteva più aspettare.
Divenne improvvisamente impaziente della notizia che avrebbe permesso a tutti di tornare a Milanello ad allenarsi e a giocare, ma quella maledetta sembrava non arrivare mai, così non attese molti giorni prima di farsi vivo lui.
‘Quando torni?’
Immaginò il sorrisino soddisfatto con cui stava leggendo quel messaggio, ma a Simon non gli importava più.
‘Dovrei farlo?’
‘Lo sai che lo vuoi anche tu!’
‘Quindi posso salire da te?’
‘Non credo proprio!’
‘Allora vieni tu da me!’
‘Io odio infrangere la legge, siamo in isolamento, non possiamo spostarci come ci pare!’
‘Bene, io non ho problemi a infrangere la legge!’
Simon rise, non aveva dubbi in merito!
‘Ma va!’
‘Vengo io?’
‘In che senso?’
La domanda di Simon non era a doppio senso e nemmeno a senso sporco, ma Ibra non si fece scappare l’occasione.
‘In tutti i sensi!’
Il difensore sospirò spazientito scuotendo il capo ancora bagnato dalla doccia che si era fatto, aveva l’asciugamano alla vita e dopo essersi fatto un lavoretto di mano pensando a lui, aveva subito scritto al debosciato prima ancora di asciugarsi e vestirsi.
Doveva ovviamente immaginare che con lui le cose non potessero mai essere facili.
Già per lui abbassarsi a chiederglielo per primo era tanto, ma naturalmente Ibra lo sapeva e giocava per questo. Lo voleva torturare.
‘Pensi di fermarti da me?’
‘Sarebbe più comodo.’
‘Ma io non mi fido dei miei vicini, non li conosco ma sicuramente loro conoscono noi!’
Non era solo quello il motivo, però era comunque vero anche quello. Aveva sentito un sacco di notizie di vicini che denunciavano attività sospette o criminose in relazione alle restrizioni del covid.
Era un po’ paranoico, ma l’ultima cosa che voleva era finire su tutti i siti internet e giornali per lo scoop di lui e Ibra a convivere in isolamento.
Però ovviamente non era solo quello.
Aveva un sacro terrore di farlo salire in casa, pensava fosse troppo intimo, un passo troppo grande e non voleva farlo. Già fare sesso era un bel passo, se poi lo facevano a casa era veramente troppo.
‘Allora vieni tu! Puoi fermarti quanto vuoi o andartene subito, per me è uguale. Comunque casa mia è grande.’
Simon rimase a fissare sconvolto il telefono leggendo il suo messaggio. Gli stava veramente proponendo di andare a vivere da lui per il periodo di isolamento?
Era impazzito?
Prima a momenti si lanciavano i coltelli ed ora addirittura a vivere insieme?
Certo, magari qualche giorno, al massimo una settimana e solo per la comodità del fare tutte ‘le loro cose’ senza i rischi di essere beccati nel muoversi troppo in orari vietati, cioè da un punto di vista sarebbe stato più sicuro stare per un po’ a casa di Ibra. Ma le videochiamate con sua moglie? Dove poteva mettersi per non insospettirla? Non poteva di certo evitare di farle di punto in bianco. E poi lui odiava creare sotterfugi per poterla tradire meglio.
Era proprio quello che aveva voluto evitare.
Oltretutto non sapeva nemmeno se sarebbe realmente riuscito a fare poi sesso con lui. Lo voleva, ma ce la poteva veramente fare? Farsi fare del sesso orale era una cosa, masturbarlo anche. Ma lui di fatto non glielo aveva nemmeno mai preso in bocca. Rischiava, al momento clou, di andare sotto shock e respingerlo. A quel punto avrebbero fatto ‘tanta fatica’ per nulla, rischiato di essere scoperti da tutto il mondo, oltre che da sua moglie, per poi ritrovarsi costretti a stare insieme per un totale fallimento.
Simon in un attimo si trovò a pensare a tremila cose in una volta e mentre stava riflettendo sul da farsi, consapevole che comunque qualcosa la doveva fare o impazziva, Ibra gli mandò una foto sua a torso nudo, con dei pantaloncini, tutto sudato in palestra.
“Maledetto!” pensò distraendosi dal filo dei suoi pensieri.
A quel punto non ci pensò più e alzandosi in piedi dal water su cui sedeva per scambiarsi i messaggi con lui, puntò il cellulare allo specchio e si fotografò in quelle non vesti.
Un asciugamano alla vita, la pelle bagnata piena di goccioline, gli occhi azzurri particolarmente nitidi per via del calore, i capelli biondi bagnati e la barba un po’ più lunga del solito a cui aveva abituato tutti.
Sapeva che gli sarebbe piaciuta, la visione. Ma Ibra naturalmente non si tirò indietro.
‘Tutto lì?’ gli scrisse. Poco dopo gli mandò la foto del suo inguine con shorts e boxer d’allenamento abbassati e l’erezione che iniziava a farsi dura nella mano, ben stretta.
Simon rabbrividì, si morse il labbro e con aria indispettita, si tolse il telo sentendosi infantile come un bambino piccolo. Non aveva mai fatto giochi simili, al di là dell’erotismo di base. Non aveva mai risposto pan per focaccia, aveva sempre declinato le provocazioni. Ovviamente con mr esagerazione vivente, non era possibile.
Così si masturbò di nuovo guardando la sua foto e ci mise poco a raddrizzare quella parte di sé che rimase su da sola per la seconda volta nel giro di mezz’ora.
O si muoveva a venire, o ci andava lui.