*Simon prima di buttarsi definitivamente e fare sesso con Zlatan, vuole essere sicuro di riuscire a fare certe cose con una certa parte del suo corpo possente e sexy. E deve sempre fare le cose a modo suo altrimenti niente, Zlatan lo lascia fare per vedere fin dove arriva, consapevole che poi quel che conta lo gestirà come vuole. Ma entrambi hanno praticamente la stessa idea, bisogna vedere chi la spunterà. Nel frattempo vediamo come va lo studio di Simon. La foto che ha turbato i miei sogni al punto da farmi scrivere certe cose è quella che vedrete sotto. Colpa di quel che si intravede fin troppo bene sotto la maglietta. È lì che dovete concentrarvi anche voi, zona inguine. Grazie Zlatan per essere come sei. Buona lettura. Baci Akane*
26. PROVA DEL NOVE
Zlatan venne. Non lì da lui, visto che era ancora giorno.
Venne nel filmato che gli mandò dopo essersi smanettato per bene davanti alle sue foto.
Per la verità aveva aspettato tanto proprio in attesa di quello, che fosse finalmente Simon a cercarlo e chiederglielo. Gli piaceva innegabilmente essere inseguito, non lo poteva nascondere. Solo che fino a quel momento con quel danese dannato aveva fatto tutto lui. Era stato lui ad inseguire e non era una cosa a cui era abituato.
Soprattutto ad essere rifiutato.
Così sperando d’aver stimolato la giusta reazione, quella volta, aveva aspettato ed era stato premiato.
Finalmente le cose erano andate proprio come aveva voluto lui.
Con un sorriso soddisfatto sia per l’orgasmo che per la consapevolezza d’aver superato anche quel livello con successo, gli mandò il video e attese risistemandosi.
Stava per tornare ai suoi esercizi dopo essersi risistemato, convinto d’averlo demolito per un po’, quando il telefono tornò a vibrare e, prendendolo, guardò la sua risposta.
‘Prima di fare sesso con te e stare a casa tua, volevo provare una cosa. Perciò se vieni, la provo.’
E questo demolì lui, invece, perché dire qualcosa ma non dire tutto era come avere una lingerie sexy, tecnicamente copriva le parti più interessanti, ma al tempo stesso faceva eccitare ancora di più nell’immaginazione di ciò che stava celando. Od evidenziando.
- Bastardo! - ringhiò a denti stretti.
‘Fammi capire, vuoi scopare, ti va bene da me magari fermandoti un po’, ma prima devi fare una prova da te, ma non su in casa?’
Simon rispose subito senza problemi.
‘Ti aspetto stanotte davanti al mio garage.’
Era così ovvio che sarebbe venuto?
Zlatan scocciato guardò l’ora per capire quanta attesa aveva. Non gli sembrava giusto cedere alle sue stupide fisime, ma ormai era vicino e poteva concedergli qualche piccolo goal, l’importante era comunque fare sesso con lui.
“Vorrà farmi un pompino, non mi dispiace, ma era meglio a casa di uno di noi... in garage, porca puttana?”
Suo malgrado, gli rispose:
‘A stanotte, ti scrivo quando ci sono’
‘A stanotte’ disse l’altro, sicuramente era contento perché gli sembrava d’aver vinto chissà quale battibecco. Non era così, a vincerci sarebbe stato lui, dannazione! Un pompino e poi una bella scopata!
‘Sarà meglio che ne valga la pena o ti scordi il mio uccello!’
Andarono avanti a scriversi porcate tutta la giornata, fino a che, finalmente, arrivò la sera, col suo manto scuro e sicuro ed il suo bel coprifuoco rigido.
E così mentre il mondo si apprestava a serrarsi in casa, Zlatan versione delinquente, con il solito cappuccio, i capelli sciolti e la mascherina nera sulla bocca e sul naso solo per coprire il più possibile il suo viso nel malaugurato caso di essere notato per le vie secondarie e buie del suo quartiere, uscì di casa.
Attese davanti al suo garage di cui aveva memorizzato ubicazione e numero, poi gli scrisse che era arrivato e di muoversi.
Simon ci mise poco a raggiungerlo. Appena la serranda fu alzata per metà, si chinò e vi entrò permettendogli così di richiuderla subito.
Il garage era piuttosto grande, l’altra volta non l’aveva osservato.
Ci stava comodamente dentro la sua bella macchina sportiva fornita dallo sponsor del Milan. Simon non era tipo da avere troppe macchine per volta, forse conoscendolo ne aveva una meno appariscente per muoversi in città, magari in incognito, necessità che solo uno come lui poteva avere.
Simon era in piedi con una mano nella tasca dei pantaloni di tuta nera, l’altra sul bottone della chiusura del cancello. La giacca era stata lasciata su un ripiano in un angolo dove c’era una cassetta per gli attrezzi ed il famoso straccio con cui aveva ripulito la scena del crimine.
Sembrava perfettamente in pace con sé stesso e di nuovo padrone della situazione, come gli piaceva essere sempre.
Sicuro, sereno, senza alcun problema al mondo.
Poteva anche uccidere, ma doveva deciderlo lui. Allora lo faceva senza battere ciglio.
Zlatan si tirò giù il cappuccio togliendosi la mascherina insieme alla giacca,
Gli passò davanti guardandolo dritto negli occhi senza dire ancora mezza parola, mise le proprie cose nello stesso ripiano insieme alle sue, poi tornò davanti a lui.
Si mise entrambe le mani in tasca e dritto, con il mento alzato, rimase in attesa ad osservarlo senza dire nulla.
Voleva vedere come si sarebbe comportato senza stuzzicarlo e spingerlo a fare ciò che voleva.
Gli sembrava d’aver capito che doveva essersi deciso a fare tutto quanto, perciò voleva approfittare e valutare quel ‘nuovo Simon’.
Rimase un istante a guardarlo, sembrava imperturbabile e per nulla in lotta con sé stesso. Aveva razionalizzato in qualche modo, o si era fatto un piano che prometteva una pace risolutiva finale.
“Forse vuole togliersi lo sfizio una volta per tutte, scopare con me e farla finita per poi chiudere e tornare alla sua stupida insulsa e noiosa retta via!”
Senza saperlo, ci aveva azzeccato. Questo perché in realtà finalmente riusciva a capire e leggere dentro Simon, perché ormai con lui quel muro gelido invalicabile, si stava assottigliando sempre più.
Simon non parlò, decise di evitare di spiegare a voce le sue elucubrazioni mentali e senza perdere altro tempo, con non poca sorpresa per Zlatan, gli si avvicinò lentamente e non si fermò, non lo baciò, ma toccandolo sul petto con una mano lo fece arretrare fino ad appoggiarsi alla macchina nera alle sue spalle.
Zlatan eseguì curioso, iniziando ad eccitarsi.
Voleva fargli un pompino, non ci voleva molto da capire, ma voleva vedere come intendeva farlo e per ora il suo stile era fortemente sexy.
Simon aveva una splendida padronanza di sé, forse lo voleva da morire ed era allucinato, ma l’aver accettato le sue voglie e l’assecondarle, lo stava aiutando a mantenere il controllo che tanto voleva sempre.
Questo lo rendeva diverso da tutti gli altri con cui era stato, avevano sempre perso tutti la testa, con lui. Si erano lasciati trasportare e gestire, ma Simon cercava disperatamente di rimanere sé stesso.
Era una cosa che da un lato gli dava fastidio, voleva scomporlo completamente, vederlo urlare preda di un piacere folle, ma dall’altro lo mandava in estasi.
Un’estasi mentale.
Aveva lo spirito del leder, proprio come lui.
In quel momento, mentre lo carezzava attraverso i vestiti, osservando serio e silenzioso il suo viso, capì che non erano realmente tanto diversi come aveva pensato fino a quel momento.
Volevano entrambi comandare e fare le cose a loro modo, era solo da vedere chi avrebbe vinto alla fine.
“Sapevo che sarebbe stata una splendida partita!”
E non si sarebbe pentito di giocarla.
Simon senza paura infilò la mano sotto la tuta e i boxer, raggiunse la sua pelle calda e quando prese l’erezione in mano, si inginocchiò come aveva fatto l’altra volta lui.
Teneva ancora le mani nelle tasche, ma dovette tirarle fuori ritrovandosi i pantaloni scivolati sulle cosce.
Le appoggiò dietro di sé, alla macchina liscia e fredda, ma sotto il suo tatto caldo la sentì appannarsi e riscaldarsi.
Da sopra vide Simon masturbarlo e guardare il suo membro come sempre grande, non per molto a riposo.
In realtà iniziava già a reagire.
Gli piaceva quel che stava facendo.
Sembrava assaporare nella scoperta, per godere il più possibile e capire. Come se lo stesse studiando.
Si sentì il suo oggetto, ma gli piacque da matti e glielo lasciò fare.
Era una prova, se lo ricordò bene.
Voleva capire se sarebbe stato in grado di succhiarglielo e metterglielo in bocca e quando aprì e tirò fuori la lingua, Zlatan si trovò a trattenere il fiato, in un’attesa infuocata di quello che non sapeva di volere così ardentemente.
Simon si prese ancora qualche istante ad osservarlo da vicino con un’attenzione maniacale, mosse le mani smettendo di masturbarlo e si mise a carezzargli lieve ed erotico le linee in rilievo del suo inguine che scendevano unendosi sul suo pene, giocò così facendolo eccitare e ricoprire di brividi, continuando a respirare piano e poco per non interrompere quella magia.
Con le dita gli toccò il membro che andava sempre più indurendosi, se lo sollevò verso il viso e tornò a tirare fuori la lingua, ma questa volta non si fermò.
Appena lo sentì toccargli la punta un po’ esitante in quella che era chiaramente la sua prima volta sul pene di un altro uomo, Zlatan fece un sospiro liberatorio, ma non chiuse gli occhi e non distolse lo sguardo, voleva fissare per bene ogni dettaglio di Simon e di quello che gli stava facendo.
Aveva uno stile elegante e strano in tutto quello che faceva, anche il suo modo di vivere il sesso era diverso dagli altri. Era come uno studio volto allo scoprire sé stesso.
Faticava a lasciarsi andare, stava usando la testa anche nel fargli un pompino.
Nonostante questo, c’erano volte in cui si abbandonava, ma era successo davvero pochissimo.
Zlatan, incuriosito, si chiese dove sarebbe arrivato e come sarebbe stato lasciandogli fare a modo suo.
Poi si rese conto che probabilmente avrebbe tentato di essere lui l’attivo e cambiò subito idea.
Per un pompino non era un problema, poteva fargli fare a modo suo, ma quando avrebbero scopato avrebbe fatto lui come voleva, non ci pioveva proprio.
Eppure, anche così, anche in quel sistema così differente dal proprio, a Zlatan piacque.
La consistenza del suo membro solido eppure al tempo stesso morbido e caldo, gli diede presto alla testa.
Aveva avuto paura, ma l’aveva gestita bene.
Un conto era toccarlo, ed anche lì la prima volta era stato difficile. Un altro era metterselo in bocca.
Poi però si era perso ad osservare quanto era maledettamente sexy il suo corpo, soprattutto il suo inguine, con quelle vene in rilievo e linee scolpite da duri allenamenti, linee che risalivano negli addominali che faceva in quell’assurda maniera a testa in giù.
Assetato di lui, era riuscito a leccarlo e poi, finalmente, ad avvolgerlo con la bocca.
Iniziò a succhiare facendo qualcosa che aveva sempre e solo subito, ma che sapeva perfettamente come fare perché sapeva come piaceva, quando diventava bello, cosa di quell’atto speciale era tanto godibile.
Lo sentì crescere sulla lingua, mentre lo stringeva contro il palato e risucchiava con la gola, muovendo la testa sempre più in fretta, con la sensazione di soffocare nel sentirlo crescere sempre più.
Di norma era grande, ma eccitato era sicuramente molto di più.
Dopo il primo momento di esitazione, si rese conto di esserne perfettamente in grado e non solo.
Era bello. Bello in un modo che non comprendeva, ma mentre cercava di farlo per capire meglio sé stesso, i propri limiti e cosa di tutto quello era così irresistibile e perché, si ritrovò presto a perdere il controllo.
Se ne accorse quando, mentre lo succhiava e lo sentiva crescere e pulsare nella bocca, la mano di Ibra andò sulla sua nuca aiutando i movimenti della sua testa.
In particolare perché la propria mano dalle cosce e dai fianchi, scese fra le proprie gambe, si infilò nei pantaloni e si masturbò da solo.
Questo piacere fisico e mentale, scatenò probabilmente la stessa cosa che scatenò nel compagno e quando scoprì di aver perso il controllo perché non stava più studiando e assaporando, né tanto meno provando, ma stava semplicemente godendo, si ritrovò malamente staccato da lui che prendendolo per i capelli sulla nuca, da che se lo tirava addosso, a che se lo staccò. Si girò di lato e usando la propria mano, completò l’orgasmo da solo per non venirgli in faccia.
Simon, in ginocchio ai suoi piedi, guardando la sua mano finire ciò che aveva fatto la propria bocca, venne a sua volta schizzando per terra vicino a lui.
Si abbandonò al piacere lasciandosi andare in uno stato di sconvolgimento psico fisico, mentre si appoggiava alla sua gamba, la fronte alla sua coscia, sedendosi completamente sul pavimento, privo di forze fisiche e mentali.
La mano di Ibra tornò a raggiungere la sua testa, questa volta non gli tirò i capelli ma lo carezzò quasi con dolcezza, rimanendo in piedi davanti a lui in una sorta di sostegno fisico, come un palo che lo teneva su e che se fosse mancato l’avrebbe visto cadere.
Non dissero nulla, Ibra lo lasciò perso nelle sue emozioni e pensieri e Simon rimase lì a terra, aggrappato ed appoggiato alla sua gamba, con la mano sulla sua testa, fino a che non riprese possesso della mente.
- Non mi basta. - sussurrò realizzando che era stato incredibilmente bello e facile farlo, ma che soprattutto ne voleva di più.
L’ossessione non era scemata né sbiadita.
Aveva voluto vedere se era in grado di mettere un pene in bocca e succhiarlo, ma anche se magari dopo di quello fosse stato meglio e avrebbe smesso di essere fissato con lui.
Ovviamente, la risposta era no. Non bastava.
Ma sì, era perfettamente in grado di toccare, leccare e succhiare un pene.
Il suo, in particolare.
Zlatan riuscì a chinarsi facendo scivolare di lato le gambe e fece appoggiare Simon su di sé, seduto fra lui e la macchina alle proprie spalle.
Simon era ancora poco controllato e si lasciò fare, appoggiandosi a sua volta a lui, mentre pensieroso adagiava la fronte contro la sua bocca e la sua guancia.
Era serio e fissava il vuoto rimanendo perso nelle sue idee, nei suoi studi, nelle sue prove. Zlatan non sapeva come era andata, ma si era accorto che pur lasciandogli fare totalmente a modo suo, ad un certo punto aveva perso da solo il controllo e si era abbandonato. A quel punto aveva goduto davvero.
- Che risposte credi di trovare, dopo che avrai scopato con me? - gli chiese in modo controproducente per sé stesso. Nel chiederglielo, spostò la mano sulla sua nuca e riprese a carezzarlo come prima.
Simon non era una persona fragile e debole bisognosa di cure, di protezione e coccole, come la maggior parte dei ragazzi con cui era stato, ma era perso e quello lo rendeva carico di una bellezza eterea, quasi.
Inarrivabile.
Aveva bisogno di toccarlo il più possibile per sentirlo lì con sé. Tendeva a scappare con la mente, allontanarsi e nascondersi nella sua famosa fortezza di ghiaccio. Ma il fatto che non lo cacciasse e che accettasse quei modi così stranamente dolci e pieni di riguardo, gli fece capire che era come diviso in due.
Una parte scalpitava per abbandonarsi, farsi gestire da lui, farsi prendere e godere perdendo il controllo, libera in ogni senso. L’altra, invece, voleva ancora controllare tutto, gestire ogni cosa, Zlatan stesso, comprendere e sapere quel che faceva. Farlo a modo suo.
Ovviamente non glielo avrebbe permesso, ma gli piaceva da matti.
Gli piacevano da matti tutte e due le parti. Troppo, per pensare che alla fine di tutto gli sarebbe bastata solo una scopata e basta.
Troppo per credere che tutto quel discorso fra loro, fosse solo una botta e via, una questione di vittoria e basta e che poi dopo di quella ognuno per la sua strada.
Non era un illuso, sapeva che le cose stavano andando in modo decisamente troppo strano rispetto al solito.
Note Finali: Questi sono disegni miei che ho fatto su questo e il capitolo successivo, non è che sono bravissima, ma ho voluto disegnare quelle scene perché quando le ho scritte le avevo vivide nella mente. Diciamo che è giusto per rendere un po' l'idea.