*Dopo un dialogo profondo e costruttivo con Ibra, Simon si decide a fare il grande passo e per comodità e maggiore sicurezza decide di andare lui da Ibra e passare qualche giorno lì per andare fino in fondo e togliersi ogni pensiero fisso e poter finalmente poi andare avanti nella sua vita normale. Ibra è perplesso, ma decide di assecondarlo anche perché cerca di ricordarsi che tanto vuole solo vincere una partita e niente altro. Se lo ripete nonostante sa che sta succedendo altro. E così la loro convivenza ha inizio! Buona lettura. Baci Akane*

27. RICERCA DI RISPOSTE

kjbrasimo

- Non lo so, quando le troverò ti saprò dire. - rispose Simon piatto riferendosi alla domanda su che risposte pensava di trovare. Era di nuovo in contrasto con sé stesso. Una parte stava cercando di controllare di nuovo tutto, come se cercasse di respingere emozioni troppo forti e addirittura sentimenti, l’altra, quella che gestiva il suo corpo, voleva abbandonarvisi. Infatti rimase seduto contro di lui, la fronte sulla sua guancia, la mano di Ibra a carezzarlo ancora fra i capelli, sulla nuca.
Lo sguardo perso di lato, sulle macchie schizzate sul pavimento. La prova della loro verità, una verità che in ogni caso sarebbe rimasta sempre nascosta. 
- Pensi che ti basterà per tornare alla tua vita normale, alle tue regole? 
Ibra ci aveva ovviamente preso; lo sperava, naturalmente. Ma sapeva che c’era il rischio che non sarebbe bastato. 
- Devo provarci, per lo meno. Ho tentato nell’altro modo, ma non sono stato in grado di controllarmi e di tenerti lontano. Così forse se mi abbandono e vado fino in fondo, magari poi la smetterò. 
- Di fare cosa? - chiese piano poggiando le labbra sulla sua fronte, senza baciargliela. 
- Di uscire di testa in questo modo. 
Percepì il suo lieve sorriso, ma non di soddisfazione o vittoria. Non seppe per cosa sorrideva, ma rimase così contro il suo petto in una posa estremamente dolce che contrastava totalmente con le persone che erano in realtà loro. 
Sapeva che poteva starsi scavando la fossa da solo, era anche più probabile che poi non sarebbe più riuscito a tornare indietro, ma non sapeva come atro fare se non così.
Aveva provato un metodo che era miseramente fallito. La separazione non funzionava, lui rimaneva una fissa. 
Allora abbandonarsi, dopotutto, non era poi così male.
Qualcosa doveva comunque tentare. 
Abbassò lo sguardo sulle mani, ognuna sulla propria gamba, non si toccavano; con l’altra gli stava ancora carezzando distrattamente la nuca, ferma sul suo collo, con le dita immerse nelle sue corte ciocche bionde con cui giocherellava rilassandolo.
Simon mosse la propria e lo cercò. Non gli prese la sua, ma giocò con le dita allo stesso modo che lui faceva coi capelli. 
- Come si fa a far conciliare due vite così diverse vissute dalla stessa persona? 
Per la prima volta iniziò a ventilare l’idea che quello fosse il suo destino. Non o una o l’altra, come aveva pensato fino a quel momento. E possibilmente quella giusta e moralmente accettabile. 
Continuò a misurare le sue dita lunghe, più grandi rispetto alle proprie, passando i polpastrelli su di esse, rilassando Ibra stesso. 
- Non ho mai avuto la pretesa di viverne solo una. Sapevo da sempre che una non mi sarebbe mai bastata... 
- Ma l’hai scoperto dopo anni di matrimonio, giusto? 
Ibra alzò le spalle ed annuì. 
- Sì, ma sapevo da subito che non mi sarebbe bastato. Volevo farmi una famiglia e con lei stavo bene, ma gliel’ho detto subito che non ero facile e che avrebbe dovuto lasciarmi libero a qualunque costo, che però sarei sempre tornato da lei e l’avrei sempre resa felice senza farle mancare nulla. 
- E non credi che invece lei si adatti a qualcosa che però non le sta realmente bene? Credi che non vorrebbe una persona che la ama veramente e che le offre una vita normale? 
- Cos’è normale? - chiese d’istinto Ibra. Simon scostò sorpreso la testa guardandolo negli occhi, notò la sua agitazione innanzi a quel discorso. Non era corrucciato, ma si sentiva che era coinvolto. 
Simon non seppe rispondere ed Ibra continuò senza arrabbiarsi, con una strana pazienza insospettabile: - Anche lei è libera di rifiutare questa vita, se non le sta più bene. Ma finché accetta significa che i benefici sono maggiori delle perdite. 
Simon rimase in silenzio a riflettere, continuando a rivolgergli il volto senza però più guardarlo. Chinò lo sguardo pensieroso. 
Era una scelta libera di Helena, in qualche modo le bastava. Sicuramente la vita che faceva era migliore di quella che avrebbe potuto fare se si fosse separata da lui. 
C’erano molte cose su cui riflettere e decise che ci avrebbe pensato ancora, prima di compiere il passo decisivo. 

- Sei ancora dell’idea di farlo? - chiese dopo un po’ Zlatan continuando ad osservarlo in silenzio, la mano sempre sul collo, sulla nuca, l’altra sotto le sue dita che non giocavano, ma gliele teneva comunque. 
Lo guardò ancora negli occhi ed annuì deciso. 
- Ormai non posso più tirarmi indietro. Sto solo cercando di capire le mie opzioni per dopo. 
Zlatan non disse più nulla, capendo che era meglio lasciargli fare di nuovo come voleva. 
- Vieni da me quando vuoi e resta quanto vuoi. - concluse. 


Simon ci mise un po’ prima di decidersi, il problema non era fare sesso una volta per tutte, ma andare fisicamente da lui. 
Comprese la praticità del fermarsi lì per un po’ durante l’isolamento dal momento che ancora non si sapeva quanto sarebbero andati avanti con quella storia, soprattutto per la fatica che avrebbe fatto nell’andarci una volta. L’idea di doverlo ripetere successivamente, consapevole che non sarebbe stata una sola, non era accettabile nella sua mente.
Fu difficile per lui contravvenire alla legge, in quanto i decreti che il signor Conte sciorinava non erano dei pareri ma degli obblighi.
In particolare obblighi di starsene ben chiusi in casa senza muoversi, vedere nessuno e trasferirsi dove voleva. 
Per lui non era particolarmente difficile, gli piaceva stare da solo, anche se ormai iniziava ad annoiarsi. Vedeva della casa, cucinava, faceva delle lunghe chiamate con skype con sua moglie ed i bambini, si allenava anche se con delle notevoli limitazioni dovute al fatto che lui aveva un appartamento e non una casa con giardino, e che poteva uscire per le attività sportive, ma avevano dei limiti precisi e dopo un po’ non erano sufficienti. Oltre a questo si stava facendo un’enorme cultura letteraria e cinematografica. 
Tuttavia iniziava a sentirsi demotivato e depresso e se lui cominciava a sentirsi vicino alla morte per inedia, immaginava che il suo collega di disavventure dovesse essere sull’orlo di una crisi isterica. 
“Almeno passeremo il tempo insieme. Faremo solo sesso, conoscendolo, ma almeno sarà una cosa in più rispetto al nulla che facciamo ora da soli...”
Suo malgrado, con enorme fatica, prese una borsa capiente a tracolla, ci mise dei vestiti cercando di non esagerare, il portatile, i caricabatterie e alcune cose necessarie come lo spazzolino da denti ed il necessario per lavarsi.
Nel caso in cui fosse beccato, come spiegava i cambi che aveva con sé? Teoricamente non ci si poteva spostare a maggior ragione che lui viveva da solo.
Attese un orario particolarmente buio della serata e quando fu sicuro che tutti nel mondo dormissero, prendendo un forte respiro di coraggio, si mise la mascherina, prese le chiavi di casa ed uscì, rifiutandosi fra sé e sé di camuffarsi come Ibra e sembrando così ancor di più un delinquente. 
Cappuccio, mascherina e l’aria da criminale era una pessima idea dal suo punto di vista. 

Casa di Ibra era abbastanza grande anche se non esagerata e non era distante; la raggiunse senza intoppi. Apprezzò il giardino chiuso dalle alte pareti coperte con siepi fitte che difendevano da occhi indiscreti, sorrise alla porta da calcio che aveva, infine entrò dall’ingresso che gli venne aperto senza bisogno di suonare. 
Doveva averlo visto arrivare. 
Solo una volta che mise piede in casa fece un sospiro di sollievo, sentendosi finalmente al sicuro.
Ibra, alla porta che gli aveva appena aperto, lo guardò e rise di lui sapendo perfettamente perché aveva sospirato appena arrivato dentro. 
- Tu sei andato in giro così con tutta la tua paura di essere beccato? - lo derise apertamente e Simon lo raggelò con uno sguardo tagliente. 
- Se mi travestivo da delinquente sarei saltato più nell’occhio... 
Ibra alzò un sopracciglio scettico continuando a fissarlo perplesso. 
- Perché pensi di non saltare nell’occhio già di tuo? 
Simon senza capire si girò verso lo specchio a parete che aveva all’ingresso, nel disimpegno, e si guardò.
- Perché, che ho di appariscente? 
Si vedeva perfettamente normale, una persona come tante che andava in giro senza poterlo fare, ma non sicuramente un criminale in procinto di trasgredire la legge. 
- Ehm... tutto? - sbottò schietto l’altro mettendosi dietro e guardandolo attraverso il riflesso. A quel punto gli indicò con un dito prima i capelli: - Sei biondo platino che sembrano un faro in mezzo al mare in tempesta... - scese sugli occhi: - I tuoi occhi sono azzurri come due fanali nella notte... - scese ad indicare la faccia: - Il tuo viso è bello da fermare il traffico... 
E stava per dire qualcos’altro ma quando vide che arrossiva, si fermò e lo fissò esterrefatto. 
- Ti sei imbarazzato?! 
Sembrava davvero non capire il motivo, quando cercava di proposito di farlo scomporre non ci riusciva se non quando lo molestava, ora che non ci aveva nemmeno pensato, eccolo lì bloccato e shoccato. 
Simon in risposta gli scacciò la mano col dito che lo stava ancora indicando al lato della sua faccia e si spostò togliendosi la giacca e la borsa a tracolla. 
- Sei tu che dici cose imbarazzanti! 
Cercò disperatamente di riprendere il controllo, ma si accorse che stava facendo peggio. Ibra in risposta gli prese la giacca per metterla nell’armadio dell’ingresso. 
- Io ho detto che sembri un faro nella notte con due fanali perché hai i capelli biondi e gli occhi azzurri... 
Simon alzò gli occhi al cielo prendendo le sue enormi ciabatte di ricambio che gli aveva chiesto di prestargli senza fargli portare troppe cose. 
- E hai aggiunto che sono bello da fermare il traffico. 
Si pentì subito di puntualizzarlo, perché nel farlo si sentì un idiota che si emozionava per i complimenti più banali. Oltretutto per Ibra non erano nemmeno stati intenzionali o pensati, era chiaro. Li aveva detti solo per stuzzicarlo. 
E ci era riuscito.
Lo vide infatti allargare un sorriso splendente e prima di poterlo concepire, si ritrovò il braccio intorno al collo e la sua bocca sulla propria in un forte e sonoro bacio a stampo che gli fece anche male per l’eccessiva foga. 
- Oh, ti piacciono i complimenti! Non ti facevo tipo, ma ora che lo so ti ci ricoprirò!
Simon cercò di scacciarlo, ma fu difficile, ottenne in risposta altri baci sul resto del famoso viso bello da fermare il traffico e quando si rese conto di essere paonazzo decise di fermarsi dal cercare di allontanarlo, ricordandosi finalmente quello che gli aveva detto sulle reazioni.
Più si reagiva di petto, più lui ci andava pesante. Per placarlo bisognava stare fermi, freddi ed indifferenti e lui si spegneva.
Per fortuna funzionò. 
- Hai finito? - gli chiese con le braccia abbassate e l’aria rassegnata in attesa che la ‘tortura’ finisse. 
Ibra ridacchiando lo lasciò dandogli conferma di come dovesse fare con lui, poi lo vide prendergli la borsa e condurlo all’interno. 
Prima di seguirlo prese un respiro profondo tornando alla vita e dandosi un’occhiata allo specchio, era ancora rosso; si sistemò i capelli spettinati dai suoi modi irruenti e scosse il capo. 
“Non lo facevo così esuberante e deficiente!” 
Non sapeva ancora tante cose di lui, ma in quei giorni le avrebbe scoperte tutte. 

Zlatan non aveva pensato sarebbe realmente venuto, aveva aspettato qualche giorno per vedere quanto ci avrebbe messo a chiedergli di venire lui, ma alla fine la sua razionalità aveva vinto. 
Ora non voleva farsi idee su quanto si sarebbe fermato, magari sarebbe andato via il giorno dopo. Si era portato via poche cose e già che fosse lì era un evento. 
Era strano avere finalmente qualcuno in casa, era sempre stato solo da quando era tornato a Milano, non gli era dispiaciuto, ma nemmeno piaciuto troppo.
Più che altro in casa adorava avere i figli con sé e lentamente privandosi di tutto, anche dei compagni di calcio e di qualsiasi altra attività, dovendosi per forza limitare al nulla della propria dimora, aveva iniziato a sentirsi sempre più insofferente. 
Aveva ripreso anche ad allenarsi al taekwondo sperando di scaricare. L’arrivo di Simon era al momento migliore e anche senza aspettarsi nulla, considerando quanto particolare fosse, sperava si fermasse un po’.
Era una convivenza, ma per lui niente di più di un’amicizia, per il momento, perciò non la viveva male come forse poteva viverla Simon. 
Non lo conosceva molto, ma probabilmente aveva la fobia dei legami. Non che lui invece li apprezzasse, spesso nella sua carriera dopo un po’ aveva sentito la necessità fisica e mentale di cambiare aria. Era incapace di mettere radici se non forse lì a Milano. 
“Ma lui in questo è come me se non forse peggio...”
Lui tendeva ad essere più freddo e scostante ed era una protezione contro gli altri, proprio per evitare di essere invaso e di dover legare troppo. 
Per Zlatan invece era un discorso di sentirsi libero di fare come gli pareva, i legami lo impedivano; non è che ci lavorasse contro per evitarli, instaurava i rapporti che venivano spontanei, ma poi se ne andava lo stesso, tutte le volte. 
Era tornato a Milano nel suo ultimo step di carriera perché pensava di fermarsi lì, ma considerando come era fatto, non c’era da escludere che poi se ne sarebbe comunque andato, un giorno. 
“Se Simon dovesse tornare al Siviglia a fine stagione, con lui finirebbe tutto.” pensò in un istante, realizzando solo a quel punto d’avere una sorta di data di scadenza, un limite di tempo. 
“Se dovessimo avere davvero solo fino a questa estate, non voglio sprecare un solo istante. Voglio vivere tutto, ma proprio tutto, con lui. Fino all’ultimo goccio. E poi, essendo noi due così particolati, sarà quel che sarà.”
Non sapevano arrivare troppo in là nei progetti di vita, era la prima volta che provava a farsene e si sentiva strano, più che altro si conosceva. Poteva cambiare idea da un momento all’altro. 
Improvvisamente pensare di non avere più Simon da lì a qualche mese, si sentì soffocare e bruciare insieme. 
Contrariato. 
Scontento. 
Normalmente l’idea di non rimanere era una copertina di sicurezza, di concludere una cosa, di dover cambiare, ma adesso, lì su due piedi, mentre gli faceva vedere casa sua, si rendeva conto che non gli piaceva. 
L’idea di non poter più fare quel che voleva con lui per quanto gli pareva, di avere una scadenza forzata, un finale imposto, non gli piaceva più. 
L’idea di non poter approfondire quella conoscenza, creare quel legame. 
“È perché odio le imposizioni, odio che mi impediscano qualcosa. Non è detto che lo voglio fare, ma nel caso volessi, non potrei.”
Una volta arrivati in camera, mise giù la borsa di Simon, aprì la luce e lo guardò fermarsi sulla porta, osservando l’interno con le mani in tasca e l’aria apparentemente indifferente e tranquilla. 
Rabbrividì.
Era la prima volta da una vita che pensava di poter eventualmente volersi legare di nuovo a qualcuno. Con uno come Simon, poi, era proprio mai successo.
Tese la mascella e si incupì dopo essersi sentito euforico e felice all’idea di avere qualcuno in casa, lui per di più, in quella che rappresentava una piccola vittoria. 
Ma davvero lo era?
Da quando in qua gli piaceva essere invaso nel suo privato, nei suoi posti sicuri?
Casa sua era un posto sicuro, la camera di Milanello, era un posto sicuro e la palestra. 
Simon l’aveva praticamente invaso ovunque ed ora ne era contento.
“Non doveva essere una scopata per vincere una stupida partita fra noi? Com’è che ora sono felice all’idea che stia qua e sono scoglionato all’idea che a fine stagione se ne vada e tutto questo finisca? È perché non voglio avere una scadenza? Solo questo?”
Non voleva rispondersi, ma quando Simon si girò verso di lui sorridendogli improvvisamente, sentì proprio un pugno allo stomaco ed il mondo si schiarì anche se era notte. 
“Oh cazzo, questa storia della rincorsa mi ha rincoglionito troppo... e poi sta pandemia di merda e l’isolamento mi ha reso mentalmente instabile! Non sono cose da me! Niente di tutto questo lo è!”
Pensandolo non sentì nemmeno la frase di Simon, allungò il braccio verso di lui, gli prese il polso, lo tirò prepotentemente verso di sé, lo cinse e lo guardò da vicino piegando il capo di lato. Si perse ad osservare il suo viso così bello, perfetto, delicato e ‘da fermare il traffico’. 
Forse il più bello che gli fosse mai piaciuto, specie di quel genere. Biondo, pelle chiara, occhi azzurri, algido, delicato, levigato nel ghiaccio. 
“Bello come la neve, devastante come il ghiaccio!”
- Tutto bene? - chiese Simon. Zlatan annuì, sorrise lieve e lo baciò.
- Benvenuto nell’antro della bestia! 
Lo sentì rabbrividire fra le sue braccia e strinse la presa aumentando la forza. 
Adesso che l’aveva vinto, non l’avrebbe più fatto andare via.