*Simon decide di approfittare meglio di Ibra per soddisfarsi completamente a livello sessuale fino a che non ne ha più, ma Ibra è indispettito da qualcosa e rimuginandoci sopra si rende conto che qualcosa gli dà fastidio. Ovviamente non è che ne parla con Simon. Scusate la lunga attesa per pubblicare, ma essendo in vacanza non ho avuto molto tempo. Per sapere quando pubblico seguite la mia pagina su FB. Buona lettura. Baci Akane*

30. POSSIBILITÀ DI SCELTA

kjbra

Zlatan si svegliò col profumo di cibo e caffè. 
Ed una sgradevole sensazione di vuoto nel letto. 
“Dove cazzo è?”
Era ovvio dove fosse, se c’era profumo di cibo e il posto accanto era deserto, significava che era andato a preparare la colazione. 
Aprì così gli occhi sbuffando per nulla contento di non trovarlo lì accanto.
Avrebbe voluto svegliarsi con lui, non da solo come tutti gli altri giorni.
Poi si accorse di cosa significava quel desiderio istintivo provato.
“Non è mica il mio ragazzo. È solo uno con cui scopo, mi sto togliendo lo sfizio e basta. Non siamo legati da nulla se non dalla voglia di scopare insieme.”
Perciò se Simon voleva sgattaiolare via dal letto senza svegliarsi con lui, poteva farlo visto che non erano nulla. 
Stava per girarsi dall’altra parte e continuare testardamente a dormire, quando il profumo di cibo dolce e di caffè invase ulteriormente la camera. Successivamente, la finestra venne spalancata e Zlatan aprì malamente gli occhi iniettati di sangue e la voglia appena ingigantita di ucciderlo. 
Come diavolo osava fare così? Odiava essere svegliato con la finestra aperta!
Si voltò verso l’intruso pronto a dirgli di tutto, ma quando fu tutto storto sul letto in diagonale con una gamba piegata nel senso opposto delle sue spalle, si ritrovò la sua bocca a baciarlo inaspettatamente sulle labbra.
- Buongiorno dormiglione. 
Questo lo spense totalmente. 
Zlatan batté le palpebre confuso e perso, vide il vassoio con la colazione sul comodino e poi il suo splendido sorriso in quel viso ancor più splendido.
Che bel modo di svegliarsi.
Improvvisamente, era di nuovo tutto apposto! 

Zlatan si tirò su a sedere, per nulla abituato alla colazione a letto.
In tutta la sua vita, in effetti, non ne aveva mai ricevuta una, nemmeno Helena perché non erano mai stati quel genere di coppia. 
Stupito che l’attenzione venisse proprio da Simon, lo osservò ormai lavato e vestito con la tuta della sera prima. Prese il vassoio dal comodino e lo posò sul letto, in mezzo a loro, poi si sistemò dall’altra parte, non accanto dove aveva dormito, ma obliquo rispetto a lui. Piegò le gambe di lato, si appoggiò ad una mano ed in una posa elegante e regale, fece colazione con lui.
Zlatan rimase fermo a guardarlo per poi incrociare le gambe facendo attenzione ai movimenti poiché ormai le sue ginocchia non gli consentivano tutto, e si protese verso il vassoio prendendo una fetta di pane tostato ricoperta di nutella. Ne aveva spalmate quattro, una la stava mangiando Simon, l’altra l’addentò lui. 
- Come sapevi cosa mi piace? - chiese stupidamente. Simon alzò le spalle come fosse semplice. 
- Vivi da solo ed hai esclusivamente fette e nutella... ho tirato ad indovinare, ma supponevo di sbagliare poco con questo. 
Zlatan fece un sorrisino ironico. 
- E tu con cosa fai colazione? Potrei fare la spesa e prendere quello che ti piace. - poi se ne rese conto, aveva dato per scontato che alla fine si sarebbe fermato. - Se ti fermi qualche giorno. - aggiunse poi sperando di non aver fatto la parte del patetico idiota che voleva il principe si fermasse. 
- Normalmente pane, burro e marmellata, ma anche la nutella mi piace. - rispose calmo come non avesse appena chiesto se voleva fermarsi. 
Zlatan, indispettito, tornò a chiedere: - Ti fermi? 
Non voleva perdere tempo con stupide elucubrazioni, voleva sapere subito cosa diavolo passava per la testa di quell’iceman senza cercare inutilmente di indovinarlo. 
- Ti va? - gli rigirò la domanda, com’era ovvio facesse per non fare la parte di quello invadente o che ci teneva più dell’altro. 
Zlatan trattenne a stento uno sbuffo, alzò le spalle ed annuì prendendo l’altra fetta. 
- Te l’ho chiesto prima io. 
- Ma a te va se mi fermo? 
- E a te? - a quel punto Zlatan non riuscì a nascondere l’irritazione, cosa che di norma non faceva, ma gli dava fastidio essere quello che veniva letto facilmente. Perché non si impegnava di più anche quell’altro a farsi capire meglio?
Simon parve comprendere di dovergli dare la risposta per primo e senza scomporsi troppo, gli lasciò la terza fetta di nutella limitandosi a bere il caffè in tazza grande. Zlatan notò che entrambi avevano doppia razione, doveva aver fatto la moka più grande che aveva in casa. 
“Gli piace mica il caffè, eh?”
- Mi piacerebbe rimanere ancora un po’, se non ti secca. 
Zlatan alzò gli occhi al cielo vittorioso per quella risposta chiara, finalmente. 
- Certo che mi va! Perché cazzo devi sempre fare il prezioso? Prima di scopare ci hai messo un’eternità! Mi stavano venendo le ragnatele, cazzo! 
E così senza rendersene conto si accorse di essersi rilassato e aver tolto le tende con cui cercava di non mostrare apertamente tutto ciò che gli passava per la testa.
Simon rise e illuminò di nuovo la sua giornata che iniziava alla bellezza delle undici di mattina.
- Lo sai, devo essere sicuro prima di fare qualcosa... - lo distrasse dalla domanda che gli stava per fare.
- Alla faccia della sicurezza! Io non so come fai ad avere tutti sti dubbi sul fare o non fare qualcosa. Io lo so in un’ora, cosa voglio fare! Al massimo ci metto un giorno!
Il compagno, probabilmente ricordando quanto poco gli ci era voluto per cambiare idea e atteggiamento con lui appena arrivato, annuì ironico adagiandosi giù sul gomito, girato sempre sul fianco che in quella posizione sporgeva particolarmente in maniera naturalmente sensuale. Una posa principesca, mentre sorseggiava il suo caffè e lo osservava divertito. 
- Eppure ieri sera non sembravi mai deciderti sul cominciare... - lo stuzzicò senza specificare cosa. Zlatan ricordando la sera precedente e la sua indecisione, fece una smorfia contrariata. 
- Pensavo che una volta che ti saresti preso quello che volevi, poi mi avresti piantato in asso come delle mutande usate. 
Simon non sembrò colpito dalla sua ammissione, che in realtà per lui era bella grande. Aveva appena detto fingendo che non fosse chissà cosa, che non voleva fare solo una scopata e basta, come aveva sbandierato per settimane, dal giorno che era arrivato a Milanello. O meglio. Il giorno dopo. 
- Le mutande le lavi e le rimetti. È più adatto dire un fazzoletto usa e getta. 
Zlatan si fermò dal bere il caffè, che aveva preso per poi appoggiarsi dietro di sé alla spalliera del letto. Lo fissò allucinato, sconvolto che gli dicesse davvero una cosa simile come niente fosse. 
- Mi stai dando del fazzoletto usato? Cioè io per te sono questo, alla fine? 
Stava per incazzarsi, ovviamente, per l’ennesima volta. Simon aveva un potere di farlo impazzire che non ricordava avessero avuto in molti. 
L’altro però scoppiò a ridere dimostrando che aveva scherzato e giocato con lui proprio per vedere se se la sarebbe presa. Ovviamente sì! 
- Sei tu che l’hai detto, mica io! Ho corretto il tuo paragone! Intendevi dire che dopo il sesso me ne sarei andato e ti avrei piantato in asso, ma non come delle mutande perché le lavi e le rimetti. Il fazzoletto, per quel che volevi dire, è più calzante. 
Zlatan assottigliò lo sguardo fissandolo male. Molto male. 
La giornata non voleva proprio saperne di proseguire bene. 
- Hai finito con la lezione di linguaggio? Mi stai facendo andare di traverso la colazione! 
Simon che intanto aveva finito di bere, posò la tazza nel vassoio e rise ancora, sembrava sempre bello e rilassato. Soprattutto bello.
- Mi sto solo divertendo, dopo stanotte sono molto più rilassato. Mi sto sciogliendo. Non era quello che mi avevi detto uno dei primi giorni? Se diventeremo amici imparerai a lasciarti andare... credo che stia succedendo... 
Zlatan lo fissò stupito, poi piegò la testa di lato poco convinto, era ancora nudo, le lenzuola lo coprivano fino alla vita, i capelli sciolti ingarbugliati, una gamba piegata su cui poggiava il braccio con la tazza di caffè ormai quasi finito. 
- Non sembrerebbe, hai sempre quell’aria tutta bella composta da principe dei ghiacci... 
Simon rise, ormai lo stava facendo sempre di più e si stava abituando troppo a quel sorriso, era splendido, ma non glielo avrebbe detto. Non perché si vergognasse, ma perché al signorino piacevano i complimenti e quindi non poteva fare qualcosa di carino per lui. 
Anche se forse, dopo la sua colazione, magari gli doveva qualcosa, effettivamente. 
- Questa è la mia aria normale. 
- Beh, non sapendo quali erano i tuoi gusti non ho preso nulla, ma se mi dici poi posso andare... 
Non voleva chiedergli quali fossero le sue intenzioni a livello personale, era arrivato per una scopata, per togliersi lo sfizio e basta. Ora che l’aveva fatto, poteva voler scappare da un momento all’altro e l’idea di essere piantato gli bruciava, ma sapeva anche di non poter chiedere nulla. Era stato lui il primo ad impostare tutto come solo una scopata, una sola. Una botta e via. Non aveva mai parlato di relazione di alcun genere e onestamente era la prima volta che stava pensando a lui in quei termini. 
- Pensavo di volerlo fare una volta sola.  - e fu così improvviso che a Zlatan andò di storto l’ultimo goccio. 

Simon rise lasciandolo riprendersi, quando ebbe finito di tossire e fu tornato ad un colorito normale, riprese rimanendo steso su un fianco, appoggiato al gomito, una gamba piegata. 
- Poi l’ho fatto ed ho pensato che ancora non mi bastava. 
A quel punto, davanti a tanta sincerità, finalmente Zlatan sorrise sornione e vittorioso, piantando il suo sguardo di brace totalmente soddisfatto sul suo. Simon fece un sorrisino imbarazzato e distolse fissando le tazze vuote sul vassoio, messo in parte. 
- Non so quanto voglio stare e cosa voglio ancora fare, ma se sei ancora disponibile per il mio esperimento, voglio rimanere finché non mi sentirò soddisfatto. 
Ci fu un po’ di silenzio fra loro, a quel punto. 
Silenzio strano, pungente, quasi. Poi finalmente Simon tornò ad alzare lo sguardo su Zlatan. 
Solo a quel punto gli fece la sua domanda: - E dopo? 
Quella domanda da un milione di dollari.
Per tutto il tempo Simon aveva sperato non gliela facesse, che non gli importasse molto. Erano rimasti che volevano entrambi solo una volta, fino in fondo e come si doveva. 
Per Zlatan era una partita, no? Riuscire a portarselo a letto. 
Ora che l’aveva fatto, aveva vinto. A lui non importava davvero chi vinceva, per lui non era una stupida partita. 
Eppure ora sembrava tenerci, ma magari aveva capito male.
“Difficile capire male, è un libro aperto di solito... si capisce subito quando vuole o non vuole qualcosa...”
- E dopo tornerò alla mia vita normale. - lo disse perché era vero, era così che aveva pensato quel mattino, quando si era svegliato per primo. 
Ma mentre glielo diceva, mentre vedeva la sua espressione farsi sottile e  strana, capì di aver fatto male, non se lo spiegò, ma fu proprio sicuro di aver sbagliato qualcosa. Non si mosse, rimase a fissarlo attento, respirava piano. 
- Mi userai finché ti andrà e poi mi scaricherai? 
Simon davvero voleva capire meglio cosa provava, ma era chiaro che qualcosa non gli piaceva e stava cercando di dargli il meno possibile, di sé, improvvisamente.
Si capiva che non gli piaceva, ma perché? Cosa provava? Cosa voleva lui realmente? 
- Non era una scopata e via anche per te? - chiese per precisare. 
Zlatan però alzò le spalle fingendo menefreghismo. 
- Non mi faccio piani. Improvviso tutto, lo sai. Faccio quello che mi va sul momento. 
Simon si tirò su sentendo il braccio fargli male per la posizione, tirò le gambe piegate contro di sé e roteò le spalle ed il collo per riprendere sensibilità, poi senza dire nulla, si allungò verso di lui a carponi e arrivando alla sua bocca che rimase ferma come il resto di lui, lo osservò da vicino, prima di baciarlo. 
- Ti ferisce che ti uso per soddisfarmi fino in fondo? 
Simon capì che gli stava nascondendo i suoi reali sentimenti, quel che pensava, che provava e voleva. Ma non lo forzò, lui stesso non gli avrebbe mai detto quel che voleva realmente, se non avesse voluto. 
- No se contemporaneamente soddisfi anche me! 
A questa risposta, le labbra di Simon si piegarono in un sorriso sornione e lo baciò. Zlatan ricambiò schiudendo subito la bocca e venendogli incontro con la lingua. 
Sapevano di caffè e nutella e quel sapore, da ora, l’avrebbero sempre associato al loro bacio. 

L’acqua scorreva sul suo corpo per togliersi l’odore di sesso, i capelli legati in un nodo alto per non bagnarseli, intenzionato poi a fare palestra. 
Sentiva d’averne proprio bisogno, ma contemporaneamente non poteva tenersi quell’odore addosso.
Quello di Simon.
L’odore del suo sperma, del suo sudore, il suo corpo, il suo piacere, il suo sesso. 
Ma forse, ciò che stava lavando via, era il senso di fastidio e quella piccola ferita che non voleva si infettasse diventando un cratere. 
La verità era che non gli piaceva essere lui quello scaricato ed alla fine di tutto quel bell’esperimento di Simon, lui sarebbe lo stato. 
“Esperimento. Sono l’esperimento di Simon. E sarò scaricato io, alla fine, quando sarà soddisfatto. Io che non vengo mai scaricato, che sono io quello a scaricare, andandomene solitamente. Ma anche se rimango sono io comunque quello che chiude. Sempre. Non è mai successo che fosse qualcun altro a chiudere. 
“Perché questo mettere in chiaro che sarà lui a mollarmi e chiudere con me quando sarà soddisfatto mi dà tanto fastidio? E soprattutto serviva chiarirlo? Certo, serviva... perché lui è chiaro, non nel far capire quel che prova, nemmeno nel dimostrarlo. Per questo se vuole che non lo fraintendano, deve dirlo apertamente. Perciò l’ha fatto subito. Per evitare equivoci. 
“Ma con chi crede di parlare? Glielo avevo detto subito che era solo una botta e via. Non c’erano impegni, con me. Odio gli impegni. Io scappo dagli impegni. Ed ora che lui è d’accordo mi scoccia. Ecco cosa. 
“Non può fare l’Ibra della situazione! Sono io Zlatan Ibrahimovic! Non lui! Come osa trattarmi come faccio io, con la sola differenza che lui è gentile e me lo annuncia con largo anticipo? So che mi mollerà ma non so quando.”
Zlatan non la stava prendendo bene, non se ne rendeva conto pienamente, sapeva solo che non gli era piaciuto quel suo specificare ogni cosa. 
Sapere d’avere una scadenza prossima era orribile ed improvvisamente capì cosa avevano provato gli altri suoi partner. 
Helena aveva la certezza del matrimonio e dei figli, oltre che la sua parola. E quando la dava, non la tirava mai indietro. 
Però era diverso quello che aveva sempre avuto con lei da quello avuto con gli altri. 
Aveva avuto relazioni belle, passionali ed aveva anche amato qualcuno, lo sapeva. 
Pensò ad Alex e sospirò. 
Però alla fine era finita. Era sempre finita. E l’aveva fatta finire lui andandosene e sparendo lentamente, facendo soffrire così tanto il compagno da spingerlo a scappare ancor più lontano pur di smettere di star così male. 
Adesso era lui dall’altra parte. 
Come ci era finito?
“Quando cazzo sono finito dal volermelo scopare una volta per vincere una stupida partita al non voler più smettere?”
Non sapeva nemmeno se era quello.
Chiuse l’acqua e si avvolse con movimenti secchi l’asciugamano alla vita, poi sbuffando notò d’aver dimenticato i vestiti di ricambio.
Voleva fare la spesa e poi buttarsi in palestra e sfogarsi prima di mettersi a spaccare qualcosa o qualcuno. 
Non capiva che in realtà non era una questione di volere una cosa piuttosto che un’altra, ma la possibilità eventuale di ottenerla. 
La scelta.
Era quello che lo mandava fuori di testa.
L’impossibilità di scegliere quel che lui voleva fare. 
Non sapeva cosa voleva, in realtà. Non aveva ancora deciso. Aveva cambiato idea, non voleva scopare una volta sola con lui, ma cosa volesse non gli era chiaro perché non aveva ancora deciso.
Ma il punto era che tanto non avrebbe scelto lui.
Avrebbe deciso Simon, perché era lui ad aver ceduto concedendogli quella splendida scopata ed ora altre che sarebbero venute fino a che gli sarebbe stato bene.
“Dico tanto che mi sta bene essere un oggetto sessuale, all’inizio mi eccitava esserlo, ma adesso mi rendo conto che è una merda.”
Però non era nemmeno quello e dentro di sé lo sapeva.
Lui voleva la scelta. 
Quella che Simon sembrava non volergli dare ma che lui, ovviamente, alla fine, si sarebbe preso per il semplice fatto che comunque si prendeva sempre ciò che voleva, se lo voleva.