*Inizia seriamente la loro convivenza e al lato pratico sono molto diversi, con stili di vita totalmente opposti. Aggiungiamo poi il malumore di Ibra perché non gli sta bene che Simon decida da solo anche per lui certe cose ed abbiamo un inizio complicato. Fin dove arriveranno? Ha ragione Simon a dire che tanto non dureranno molto o si sbaglia e hanno qualche possibilità? In realtà non ho la minima idea di come sono questi due nel privato perciò ho totalmente inventato, ma me li vedevo così come ho scritto. Noterete poi che anche nelle parti di Simon adesso Ibra è 'Zlatan', questo è voluto perché a questo punto della storia loro sono entrati in confidenza e adesso non mette le distanze, ma si è avvicinato davvero a lui. Per sapere quando pubblico, seguite la mia pagina su FB, avendo molte fic da pubblicare per questa serie (Milan on fire) cerco di accelerare la pubblicazione di questa, perciò rimanete sintonizzati! Buona lettura. Baci Akane*
31. INCOMPATIBILI
Simon aveva spalancato la finestra della camera di Zlatan per far arieggiare ed aveva attaccato le lenzuola, completamente intenzionato a cambiarle com’era abitudine fare dopo averle sporcate.
Le macchie c’erano ed erano inequivocabili.
Fu a quel punto, con quelle in mano a tirarle da un angolo, che Zlatan uscì dal bagno ancora bagnato e con un asciugamano alla vita.
Al freddo proveniente dalla finestra aperta, si fermò spalancando gli occhi come un gatto a cui hanno pestato la coda. Fissò la finestra, fissò Simon e con uno spontaneo: - Sei impazzito? - andò a chiuderla seccato.
- C’era puzza di sesso... e anche queste lenzuola puzzano di sesso... e sono sporche... dove le tieni quelle pulite?
A quel punto Zlatan si fermò e lo guardò ancor più sconcertato, estremamente espressivo.
- Tu... tu cosa cazzo stai facendo?
Simon si strinse nelle spalle con fare ovvio, continuando a tirare via le lenzuola, lasciando stare il piumino leggero.
- Te l’ho detto, arieggio e cambio le lenzuola...
Zlatan chiuse gli occhi, scosse il capo scacciando la voglia di dargli una testata e con un respiro profondo, tornò a chiedere con un tono particolarmente marcato:
- No... che stai facendo realmente...
Simon si perse ad osservarlo come se fosse rimbecillito, cosa che mandò ai matti l’altro.
Lo guardò e assottigliò gli occhi cercando di capire.
- Non è casa tua! Non ti stai trasferendo sul serio, starai qua qualche giorno, il tempo di usarmi come un fazzoletto di merda, che cazzo stai facendo? Perché fai come se fosse casa tua? Chi te l’ha chiesto?
Al suo scoppio, avvenuto per inciso dopo che aveva cercato di calmarsi, Simon rimase esterrefatto, incredulo che gli dicesse davvero una cosa simile.
Normalmente si diceva il contrario per far sentire l’ospite a suo agio e gli si permetteva un po’ tutto.
- Ti secca se do una mano? - chiese cercando di controllarsi. In reazione al suo scoppio vulcanico, lui si fece freddo, ovviamente.
Zlatan sbuffò scuotendo il capo seccato e si tolse secco l’asciugamano.
- No, mi secca che fai come se fossimo una coppia! Non è questo che vuoi, sei stato tu a dirlo! Sii coerente!
Era ancora furioso e lo faceva vedere, ma doveva essersi svegliato con la luna storta.
In un secondo momento Simon, che nel frattempo aveva piantato i suoi occhi sul suo corpo prorompente e terribilmente nudo, nonché pure bagnato, si rese conto del significato reale delle sue parole.
Per fortuna mantenne una calma leggendaria, la solita che riusciva a mantenere.
Lasciò le lenzuola che ormai aveva tolto, trattandosi comunque solo di quelle sotto poiché il sopra consisteva nel piumino e non intendeva esagerare e cambiare anche quello.
Si avvicinò mentre lo vedeva cercare furiosamente nei cassetti dei boxer puliti ed altri cambi. Prese a gettare all’aria biancheria a casaccio nel tentativo di trovare quel che voleva.
Afferrò un paio ma quando si raddrizzò per infilarseli, si fermò di colpo ritrovandoselo davanti, fermo e silenzioso col suo solito muro illeggibile.
Gli saltò ancora il sangue al cervello, Simon se ne accorse bene. Era così facile capire cosa gli prendeva.
- Perché non dici anche tu cosa vuoi, invece di ascoltare solo quello che voglio io e fingere che ti vada bene?
Zlatan si ritirò indietreggiando, si sentì improvvisamente soffocare.
- Non siamo una coppia, non dobbiamo fare discorsi di questo tipo.
Simon non sembrò turbarsi, si avvicinò ancora e gli mise le mani ai fianchi. Era ancora nudo, ormai l’acqua della doccia si era asciugata e teneva i boxer in mano, stretti a pugno. Aveva una gran voglia sia di stringerlo a sé che di mandarlo via.
- Però stiamo facendo una cosa insieme. Se qualcosa non ti va bene, la devi dire. Cosa vuoi?
Zlatan scosse il capo con un’aria insofferente, eludendo il suo sguardo insistente e sempre più ravvicinato.
- Nulla, non lo so cosa voglio, te l’ho detto. Piantala.
Non lo stava respingendo, in realtà. Se voleva poteva, ma gli piaceva che Simon si appoggiasse a lui e che le sue mani dalla vita scendessero sui fianchi languide. Il suo sguardo era morbido, invitante.
- Ma ti dà fastidio qualcosa che ho detto.
Sapeva cosa, perché voleva farglielo dire? No, cazzo, non l’avrebbe detto.
- Lasciami che mi vesto.
Non era una priorità, ma non voleva parlarne. Lo obbligava a fare anche quello?
Simon passò con una mano davanti, mentre l’altra lo teneva fermo. Iniziò a carezzargli l’inguine e Zlatan rimase impassibile anche se con estrema difficoltà.
Avvicinò il viso al suo, le labbra lo sfiorarono; prima di baciarlo, sussurrò guardandolo seducente negli occhi:
- Avevamo detto che era solo sesso, una scopata e basta.
- Ma sei ancora qua. - sibilò mentre cercava di non apprezzare cosa gli faceva con la mano. Con scarsi risultati, visto che iniziava a reagire.
Simon gli leccò il labbro ritirandosi subito.
- Vuoi che me ne vada? - aumentò il ritmo dei movimenti mentre tornò a leccarlo e ritirarsi di nuovo. Zlatan istintivamente fece per afferrargli la lingua fra le labbra, ma non ci riuscì.
Simon fece un mezzo sorriso malizioso, accendendosi.
La mano andò più veloce, con il suo membro che ormai diventava duro e si eccitava, lo sguardo fisso nel suo al disperato tentativo di non lasciarsi troppo andare e non dargli soddisfazioni.
- No, voglio poter decidere anche io quando e come finirà questa cosa.
Solo quando lo disse si rese conto d’averlo fatto e che non voleva, ma ormai il suo pene gli aveva disattivato il cervello e imprecando, vicino al culmine del piacere che stava per raggiungere già per colpa sua, gli prese le natiche e lo attirò violentemente a sé, baciandolo con una passione improvvisa.
Fuoco allo stato puro.
Simon si ritrovò con i pantaloni abbassati e la mano tolta. Al suo posto, Zlatan usò il proprio corpo e si strofinò su di lui con una forza incredibile, passione allo stato puro.
Una voglia incontenibile.
Prorompente.
Simon alzò le braccia e gliele mise intorno al collo succhiandogli le labbra e la lingua, mentre giocavano con un bacio così erotico da far girare la testa.
Vennero presto entrambi e Simon, questa volta, si sporcò anche i vestiti inevitabilmente.
Ansimanti, abbracciati e le fronti appoggiate una all’altra, rimasero a riattivare le loro funzioni cerebrali.
Aveva appena usato il sesso per vincere un battibecco con Zlatan? O forse per calmarlo?
Comunque contava il risultato, ora lo sentiva calmo e rilassato sotto di sé e quando i respiri furono tornati normali, sempre rimanendo in quella posizione, Simon disse calmo:
- Ti dà fastidio che ho le idee chiare e che comando?
Zlatan annuì sincero.
- Da morire. Non che hai le idee chiare. Non credo che le hai chiare, sei sempre quello che pensa troppo prima di fare qualcosa. - Simon ridacchiò, il suo viso si illuminò e Zlatan si rilassò ulteriormente agganciando le braccia dietro la sua schiena.
- Però non vuoi che decido e comando.
A quel punto annuì.
- Sono abituato a decidere io tutto. Sempre. Su ogni cosa. Soprattutto quando una storia finisce. Anche se sono solo scopate. Anche se non è niente. Io devo decidere. Devo avere voce in capitolo. Non esiste che accetto passivamente la scelta di qualcun altro, se non mi sta bene.
Simon sembrò cogliere subito il sottinteso.
- Come fai a dire che poi la mia decisione non ti andrà bene comunque?
La logica era sempre il suo forte, chiaramente non per Zlatan il quale fece una smorfia e alzò le spalle.
- Lo saprò in quel momento, ma non puoi pretendere di decidere anche al mio posto. Devi avere un margine per me.
A quel punto lo guardò staccando la testa sorpreso, piegò il capo di lato incuriosito.
- Un margine per te?
- Devi capire che tu deciderai quello che vuoi, ma metti in conto che io potrei non essere d’accordo.
Simon lo fissò ancora meravigliato di quel che gli stava dicendo, non era accettabile, per lui, un discorso così.
Senza staccarsi fisicamente da lui, continuò a chiedere calmo.
- E se non lo sarai?
L’altro alzò le spalle ovvio e sicuro.
- Si farà quello che dico io, ovvio no?
Ma poi la luce nei suoi occhi divenne ironica e la buttò su un sorriso sadico che gli fece capire che stava alleggerendo una situazione strana e pesante.
Forse non lo diceva sul serio o forse sì, ma in ogni cosa rimaneva un’incognita. Cosa che non aveva considerato prima di quel momento.
- Se io decido che basterà, non puoi costringermi a non chiudere. Sono una persona senziente. Non puoi obbligarmi... - rispose sempre padrone di sé e per nulla agitato, ma sicuramente più freddo di qualche istante prima, quando gli era venuto addosso.
- Nemmeno tu. E solitamente si fa quel che dico io.
Continuava a dirlo con un sorriso da schiaffi, fingendo di scherzare, ma sapeva che c’era un fondo di verità.
Sapeva che era abituato a decidere lui per sé stesso e per gli altri, in ogni settore: lavorativo, privato, sentimentale. E sapeva anche che non era abituato a ricevere dinieghi e pareri contrari.
Nessuno doveva mai averlo contrastato realmente, ma a quel punto capì che ci sarebbe stato un problema.
Anche Simon era abituato a decidere sempre, a gestire, comandare.
“Non potremmo mai avere una vera storia. Finché si tratta di un po’ di sesso è un conto, ma finiremmo per ammazzarci. È impossibile che questa cosa diventi più di questo. Ci divertiremo qualche giorno, sfrutteremo questa pandemia assurda e poi ognuno per la propria strada. Sarà lui il primo a stufarsi perché già lo sto facendo diventare matto con la mia mania di decidere e comandare. Non c’è proprio futuro per noi, non deve preoccuparsi di non essere d’accordo con lo stop che imporrò quando deciderò di essere soddisfatto. Forse anzi mi caccerà prima!”
Decise di non dirglielo perché tanto sarebbe stato inutile. Probabilmente sarebbe stato contrario per partito preso, pur pensandola uguale.
Tuttavia era importante che quella situazione fra loro progredisse in modo spontaneo, senza contaminazioni di menti infantili quale poteva essere quella di Zlatan.
Anche senza deciderlo, sarebbe finita comunque, ma prima voleva prendere tutto quel che poteva, per poter non pensarci più una volta uscito da quella casa.
La casa del peccato e del piacere.
- Allora, cosa mangi, cosa ti pia - la voce di Zlatan gli morì in gola quando lo vide chino sulla sua lavatrice ad infilare biancheria dentro. In mutande.
Simon saltò dalla sorpresa perdendo l’equilibrio e ritrovandosi col sedere a terra.
- Che diavolo fai in mutande? E poi la pianti di farmi le pulizie? - sbottò Zlatan vestito e pronto per uscire.
Simon rimase a terra appoggiato sulle mani dietro di sé, le gambe nude piegate e l’aria comoda. Dal basso lo guardò e rispose tranquillo come niente fosse.
- Ho bisogno di fare una lavatrice, mi sono portato pochi vestiti per non destare sospetti nel caso in cui mi avessero fermato... come giustificavo una valigia? E poi non sapevo quanto mi sarei fermato...
Simon spiegò per benino le motivazioni che l’avevano portato lì con pochi cambi. Cosa che a Zlatan fregava ovviamente poco.
Sospirò seccato, alzò gli occhi al cielo e scrollò le spalle.
- Va bene. - lo fermò prima di un sermone sul perché non doveva essere beccato con una valigia in mano o sul genere di macchia che aveva sporcato i suoi pantaloni proprio dieci minuti prima. - Vado a fare la spesa, cosa ti prendo? Che gusti hai?
Simon piegò le labbra all’ingiù e alzò le spalle rimanendo per terra.
- Quello che mangi tu, io mi adatto...
Zlatan alzò ancora gli occhi al cielo esasperato.
- Non credo, io mangio tanta carne, più di quello che la gente normale sopporta!
Simon alzò un sopracciglio scettico a quella sparata, sempre da terra.
- Oh, - fece allora come a dire che c’era un problema. - Io invece mangio pochissima carne... vado per lo più di pesce, verdure e legumi...
Zlatan scoppiò a ridere ancora guardando in alto, le mani ai fianchi.
- Lo sapevo!
Simon però dal basso rise anche lui capendo l’ironia della loro assurda unione, confermando un’idea di cui Zlatan era all’oscuro, ma che l’aveva illuminato precedentemente.
Ovvero che erano così incompatibili che non sarebbe comunque durata mai, fra loro.
- Beh, fa niente, prenderò pesce e legumi, carne e verdura c’è già.
- Carne bianca, possibilmente... - aggiunse prima di farlo voltare.
- Ovviamente. - rispose divertito il compagno. Lui preferiva quella rossa.
Stava per uscire dal bagno, ma si fermò di nuovo pensando ad una cosa. Si voltò e lo guardò a terra dubbioso e contrariato.
- Tu ora farai le pulizie, scommetto...
- Lo dici come se fosse una cosa brutta...
- Lo è! È casa mia, sei mio ospite, non il mio convivente! Fatti sta maledetta lavatrice e poi piantala!
Lo ammonì alzando addirittura il dito indice dall’alto della sua postura in piedi.
Simon fece un broncio per nulla d’accordo.
- E che faccio mentre ti aspetto?
- Gioca alla play, fai palestra, gioca a palla!
- E che sono, tuo figlio?
La risposta pronta fece ridere Zlatan che gettando la testa all’indietro alzò le spalle ed uscì dal bagno.
- Cucina! Ti piace cucinare?
Simon a quello si alzò di corsa e lo rincorse per la casa spaziosa.
- Sì, mi piace! - rispose contento d’aver trovato qualcosa che gli andasse bene. - A te no?
- No, io lo odio e non ne sono capace! Cucina, quando torno pranziamo insieme!
Avendo fatto colazione tardi, non avevano ancora fame, di conseguenza un pranzo tardivo sarebbe stato perfetto.
Simon continuò a seguire Zlatan per la casa solo con la maglia, i boxer, i calzetti e le ciabatte enormi prestate da lui.
Arrivato alla porta, si mise la giacca, prese le chiavi di casa ed il portafoglio dal cassetto, se lo mise nella tasca interna della giacca e ignorando il fatto che Simon continuava a seguirlo fissandolo in modo inquietante, si fermò prima di varcare la soglia.
- Vuoi che ti vedano sulla porta di casa mia in mutande? - chiese scettico e incredulo, conscio che non avrebbe di certo voluto quello.
Simon sembrò ricordarsene e scosse il capo, ma lo puntò col dito e gli fece notare con fare da maestrino:
- Ti manca qualcosa!
Zlatan si guardò senza capire. Chiavi di casa, chiavi della macchina, cellulare, i soldi in tasca... che altro doveva mancargli?
- Ho tutto!
- La mascherina! E il gel mani! - poi se ne rese conto. - Hai il gel mani, vero?
La mascherina gliel’aveva vista quando era venuto da lui, perciò almeno una da qualche parte doveva averla.
Zlatan cercò in tasca ignorando la questione del gel mani, reputandola una sciocchezza, ma realizzando di non avere la mascherina in tasca dove pensava d’averla lasciata, alzò le spalle e indicò la macchina.
- Sarà in auto...
- La mascherina o il gel?
- Il gel non ce l’ho ma in ogni angolo ce n’è uno! La mascherina è in macchina! Senti Simo mi stai facendo girare i coglioni, sai?
Glielo disse chiaro e tondo, Simon non si offese, ma nemmeno mollò l’osso.
Si mise le mani ai fianchi e piegando la testa di lato, continuando ad insistere.
- Vedi che se ti prendi il covid poi non possiamo trombare come ricci per tutta la casa, sai? E poi magari finisci pure con l’ossigeno! Bello saresti! Il grande Zlatan Ibrahimovic che non riesce più a sollevare nemmeno un peso! Figurarsi per quanto dovresti scordarti il sesso, poi...
Iniziò ad esagerare le conseguenze di un’ipotetica malattia, cosa che in realtà per quel che ne sapevano non era ingigantita. Infatti gli effetti del covid potevano essere molteplici e gli scenari illustrati dal collega potevano essere più che probabili, se non peggiori.
- Non lo prenderò! - disse solo con aria semplicistica, per sminuire la questione. Si voltò e aprì la porta di casa.
Simon istintivamente si nascose dentro per evitare di essere visto per caso, ma continuò a rispondergli.
- E come fai a dirlo? Lo prendono tutti! Il tasso di contagio è alle stelle... - puntualizzò.
- Perché io sono Zlatan, nessuno oserebbe attaccarmi, solo tu attacchi la mia pazienza, ma il covid scappa sicuramente!
Così dicendo chiuse la porta sentendo la sua risata su un ‘scherza scherza...’ Che finì in un probabile ‘che poi se lo prendi rido io!’
Conoscendolo avrebbe anche potuto ridere.
Una volta in macchina, aprì il cancello automatico del giardino azionandolo col telecomando all’interno dell’auto, poi controllò d’avere realmente la mascherina, che era appesa al cambio.
Partì uscendo dal giardino e richiuse con lo stesso tasto, ma mentre andava via sorrideva come un idiota.
Dopotutto non era per niente male, vivere con lui. Avrebbero litigato per tutto il tempo per via dei loro stili di vita totalmente opposti e gli avrebbe fracassato le palle di continuo, ma si sarebbe anche divertito al tempo stesso.
Magari da quella situazione di merda poteva uscire qualcosa di bello, oltre che utile.
“Beh, utile per lui, ma io non mi lamento di certo. Intanto ho qualche bell’orgasmo, poi il signorino avrà solo da provare a scaricarmi senza il mio benestare!”
Dopotutto, in un certo senso, solo un’altra sfida.