32. L’EFFETTO DELL’ISOLAMENTO

kjbra

La casa profumava di cibo, cibo che sembrava ben cucinato e non qualcosa di informe venuto male. Oltre al profumo, c’era la musica. 
Qualcosa che sembrava un rock più soft e con influenze country probabilmente. Non era un vero esperto del genere, ma non gli avrebbe mai assegnato quel tipo di musica. Se l’era immaginato uno a musica classica. 
Appena tornato, Zlatan sorrise istintivamente portando le borse della spesa in cucina, lì si fermò a guardarlo piegando la testa di lato e l’aria maliziosa. 
Simon aveva un canovaccio posato sulla spalla come i grandi chef e si aggirava elegante e leggiadro per la sua spaziosa cucina usata solo nel periodo dell’isolamento. Male, fra l’altro. 
Stava usando materiale di cui non sapeva nemmeno l’esistenza, pentole ed ingredienti che non aveva minimamente immaginato di avere, tutte cose che aveva usato la sua domestica che oltre a pulirgli casa, gli cucinava sempre. 
Sembrava saper perfettamente cosa stava facendo, era molto sicuro di sé mentre si muoveva fra i fornelli insaporendo, mescolando, assaggiando ed aggiungendo ingredienti.
Contemporaneamente beveva di tanto in tanto un sorso di vino rosso che aveva aperto e messo in un calice.
Il signorino si era auto servito e con stupore del padrone di casa, notò che aveva un vizio piuttosto curioso, che non avrebbe mai pensato. 
La canzone cambiò ed a quel punto Zlatan si fece notare entrando, posò le borse sul tavolo e Simon lo guardò sorridendo. 
- Sei tornato. Non ti avevo sentito... - abbassò il volume della musica usando il telefono che aveva connesso col bluetooth al sistema hi-fi da capogiro.
- Hai già capito come usare l’impianto... 
Simon sorrise avvicinandosi per guardare nelle borse senza fare un minimo cenno di saluto da fidanzati. 
Lo notò, ma non seppe come considerarlo, se apprezzarlo o meno. 
- Beh, ci ho trafficato un po’ perché io a casa ho una semplice cassa bluetooth, di quelle buone, ma insomma, molto basilare. Questo è un impianto pazzesco... 
Si riferiva alle molte componenti messe in punti strategici per poter avere un sonoro da professionisti. 
Non aveva badato a spese ed era una delle cose a cui teneva maggiormente. 
Poteva sentirlo anche in palestra, oltre che in altre zone di casa, perché aveva messo diverse casse per poter sentire quando faceva le sue attività, che solitamente si basavano sulla ginnastica e sulla playstation. 
Zlatan ne andava molto fiero. 
- In realtà non è difficile, basta che accendi e poi con il tasto bluetooth ti connetti col tuo dispositivo... 
Simon lo aiutò a prendere le cose dalle borse controllando cosa aveva comprato, questo invece era una cosa molto da coppia. 
- Sì sembrava più complicato. - ammise. Prese le confezioni di pesce vedendo che non si era sprecato. - Hai preso un sacco di pesce buonissimo! - constatò mettendolo in congelatore e tenendone fuori uno per la sera. 
- Spero che tu sappia cucinarlo perché io come ho detto sono un disastro... 
Simon sorrise annuendo, poi andò con una falcata aggraziata ai fornelli e mescolò nella pentola aggiungendoci un mestolo di qualcosa da un altra pentola. Mescolò ancora e ne mise un altro. 
- C’è un profumo incredibile... che cosa stai facendo? 
Zlatan si avvicinò guardando nella pentola e vide che era un risotto, gli spuntò da dietro e si affacciò sulla spalla con curiosità. Simon gli sorrise, prese un po’ di riso e glielo portò alla bocca soffiando. 
- Senti com’è la cottura? 
Zlatan pensò in un istante che quello era forse molto più da coppia di un saluto col bacio, ma stranamente compiaciuto assaggiò la porzione direttamente dalla sua forchetta. 
Doveva ammettere che era già molto buono così. 
- Credo manchi poco... 
Non era in grado di cucinare, ma quanto meno di assaggiare e stabilire se una cosa era buona o pronta, quello sì che poteva farlo. 
Simon assaggiò a sua volta dalla stessa posata e annuì concordando. 
- Finisci di mettere via la spesa ed apparecchia... io inizierò a mantecarlo... 
Per Zlatan era arabo, ma non si oppose per partito preso perché quella era casa sua e non lo poteva comandare. Sebbene lo pensò. 
Dopotutto gli aveva detto lui di cucinare, non poteva certo rompere le palle per tutto. 
Senza dire nulla, finì di mettere via la spesa che aveva preso, mostrandogli il lievito che aveva preso. 
- Vanno tutti matti per il pane fatto in casa, pensavo che magari volessi provare... 
Con quello, mise via anche il pacco di farina. 
Simon fece un sorrisino che non seppe interpretare, ma annuì.
- Me la cavo anche con quello. 
Zlatan ridacchiò divertito. 
- Ma non mi dire! 
- Che c’è, invidioso che sono un uomo di casa migliore di te?
Zlatan fece una smorfia mentre apparecchiava. 
- Io so fare il necessario e solo se proprio serve. - disse intendendo le pulizie. 

Simon ovviamente aveva notato che l’ordine non era il suo forte e che le pulizie erano fatte giusto per non morire nella sporcizia, ma non così tanto bene. Tuttavia aveva notato ed apprezzato lo sforzo, consapevole che non era una dote per tutti. 
Perciò non glielo avrebbe mai detto nemmeno per scherzarci su, consapevole che ognuno aveva i propri limiti, ma lui si stava impegnando per superare i suoi. 
- E come non sei ancora morto di fame? - rispose quindi Simon ridacchiando divertito. 
- Ho detto che non so cucinare e non mi piace, non che non lo faccio. 
- Eh, vedo che sei ancora vivo perciò sicuramente hai trovato un sistema per sopravvivere... ma quello non significa essere un bravo uomo di casa!
Zlatan, visibilmente seccato per le sue provocazioni, finì di apparecchiare mentre lui non smise di mantecare il risotto. 
- Il necessario se proprio serve significa che qualcosa la so fare! 
Simon scoppiò a ridere. 
- Bistecche ed insalata ogni giorno pranzo e cena? 
- Ci sono anche i cibi a domicilio e quelli precotti! 
Simon prese i piatti e ridendo ancora iniziò a mettere le porzioni. 
- Sopravvivere, appunto!
- E poi cosa significa essere un bravo uomo di casa? Pulire e cucinare perfettamente? A me interessano altre cose nelle quali sono sicuramente più bravo di te! - chiuse il discorso seccato, sedendosi a tavola infastidito; Simon gli mise il piatto davanti e con esso gli consegnò anche un segno di pace che gli posò sulle labbra. 
Zlatan, sorpreso di quel bacio, si spense subito e ringraziò per il pranzo. 
- So bene che non ha importanza essere un bravo uomo di casa, volevo solo stuzzicarti perché sono più bravo di te in qualcosa... - spiegò con calma, placando gli animi definitivamente con un tono un po’ indulgente. 
Zlatan fece mezza smorfia e alzò le spalle come a dire che non gli importava veramente come aveva fatto credere. 
- A nessuno piacciono i primi della classe. - suo malgrado, decise di concludere alla sua maniera e nel dirlo gli scoccò un’occhiata fintamente cattiva. Simon rise e scuotendo il capo iniziò a mangiare. Poi, quando anche Zlatan aveva il boccone in bocca, aggiunse malizioso: 
- Comunque mi piacerebbe sapere quali sono le altre cose in cui sei più bravo!
E con questo lo fece soffocare. Per poco Zlatan non finì all’altro mondo per l’allusione poco velata, bevve a volontà e poi quando si fu ripreso, con un sorriso malizioso gli rispose come se dalla sua frase alla propria non fosse intercorsa la sua quasi morte: 
- Te le farò provare! 
Simon sorrise soddisfatto, era esattamente quello che sperava. Che gli facesse provare le cose in cui era ‘più bravo’.
Posto che poteva essere bravo nelle stesse anche lui, non stava già più nella pelle. 

Simon non considerava poi così male la sua prima volta con un uomo da passivo, ma nemmeno la migliore della sua vita. Tuttavia non glielo avrebbe detto chiaramente, era più un’analisi personale del proprio esperimento.  
Sapeva che il sesso fra uomini era estremamente piacevole, ma era una questione di tecnica e di frequenza. 
Nel proprio caso doveva adattarsi al suo non piccolo pene che penetrava il proprio posteriore, cosa non tanto facile viste le dimensioni, ma sapeva che più l’avrebbero fatto e meglio sarebbe andata in tal senso. Era universale, funzionava così in ogni genere di sesso, tanto quello omosessuale, quanto quello eterosessuale. Le penetrazioni anali, oltretutto, necessitavano di un po’ più di tempo e costanza. 
Oltre alla frequenza e all’abitudine, era comunque molto importante il modo in cui lo si faceva. Se il partner che faceva l’attivo era bravo e soprattutto non egoista, poteva in ogni caso, anche le prime volte, fargli provare un enorme piacere, che sarebbe aumentato di volta in volta. 
Non necessariamente la prima penetrazione anale doveva essere un trauma. Nel loro caso, nonostante Zlatan fosse molto dotato, era stato eccezionale considerato anche che Simon non aveva mai preso niente da dietro. 
Ripensò a come si era preoccupato di farlo venire prima per non rovinargli un orgasmo che avrebbe rischiato di non venire nell’amplesso, oltre al fatto che l’aveva preparato molto bene. 
Riteneva interessante, infine, il modo in cui aveva usato la famosa pace dei sensi dove, appena dopo essere venuto, eri preda degli ormoni impazziti e non percepivi il tuo corpo. Zlatan era entrato in quel momento, quando sapeva che Simon era come strafatto di piacere. Il trauma era stato minore, poi si era ripreso in fretta, ma almeno gli aveva impedito di provare un unico completo dolore. 
“Come prima volta non male, però voglio riuscire a scopare con lui senza espedienti di alcun tipo. Voglio provare un piacere totale inimmaginabile e lo voglio sentire proprio quando ce l’ho dentro! Voglio avere un orgasmo mentre mi penetra e mi fa suo in quel modo...” poi aggiunse a sé stesso, con un sorrisino malizioso: “E poi voglio anche farmelo io! So che si opporrà fino alla morte, ma non me ne andrò da qua prima di averlo penetrato.”
Anche perché quando se ne sarebbe andato, sarebbe stato perché era completamente soddisfatto e pronto a chiudere quella parentesi senza più riaprirla e tornare alla sua vita normale. 

Zlatan era totalmente ignaro delle elucubrazioni mentali di Simon ed ormai via via che passava il tempo con lui, si sentiva sempre meglio. 
Appena arrivato si era sentito come allucinato senza un buon motivo, incapace di sopportare anche le più piccole sciocchezze. 
Adesso invece, dopo un po’ di tempo passato con lui, non avevano trovato alcun equilibrio e le cose che l’avevano fatto scattare precedentemente o che aveva vissuto come fossero un’autentica tragedia tanto da rigirargli l’umore dal giorno alla notte, erano sempre lì intatte. Ma si rendeva conto che non gli facevano lo stesso effetto tragico di prima e che ora, anzi, le trovava divertenti.
Guardò Simon riordinare la cucina e riempire la lavastoviglie che lui a malapena aveva imparato ad usare e solo perché di fatto non era difficile. 
Non si propose di aiutarlo, si limitò a fare il caffè, ma non gli diede fastidio di vederlo ripulire la cucina come se fosse sua e quando andò a mettere il carico della lavatrice in asciugatrice, non si oppose e non gli mandò il sangue al cervello. Tanto meno quando poi, passando davanti alla camera, aveva visto che aveva pure rifatto il letto. 
Finì infatti per ridacchiare divertito, quasi quasi iniziava a piacergli averlo intorno ad invadere i suoi spazi. 
Dopo pranzo si misero un po’ sul divano a giocare alla playstation, cosa alla quale ormai Simon iniziava ad essere bravo e gli piaceva. 
Stavano facendo una partita di FIFA 2020 ed erano presi da una lotta più che soddisfacente, considerando che l’aveva iniziato al gioco lui a gennaio e che ora era Aprile. 
Non stavano parlando né facendo discorsi di alcun tipo, tanto meno allusivi, ma ad un certo punto, come invece ne avessero parlato precedentemente e Simon stesse semplicemente riprendendo il discorso cominciato, parlò leggero, come niente fosse. 
- Ho sentito un programma interessante, l’altro giorno. Parlava di come questo isolamento forzato cambi a livello interiore e profondo le persone. Come scavi pur senza che ce ne accorgiamo. 
Zlatan non ci fece molto caso, continuando a giocare concentrato. 
- Ah sì? - ma era un ‘ah si’ totalmente disinteressato. 
- Non ce ne accorgiamo consciamente, ma questa pandemia, in particolare questi isolamenti forzati, ci stanno cambiando. 
Zlatan ancora non afferrò, a stento lo ascoltava, preso più dalla partita che stavano facendo. Simon però parve non perdersi d’animo e sempre con una calma sconcertanti, proseguì:
- Perciò non preoccuparti, se ti senti strano e non sai perché e nemmeno bene come, è una condizione normale di questo periodo che stiamo vivendo. Passerà appena torneremo alla normalità. - poi aggiunse. - Se mai ci sarà ancora. 
Zlatan a quel punto portò la sua attenzione sul compagno seduto accanto nel divano, in pose uguali, protese in avanti, i gomiti sulle ginocchia. 
Tralasciò l’ultima frase negativa che però tutto sommato, vedendo come stava proseguendo la vita in generale, poteva anche avere ragione. 
Il mondo era ormai già cambiato troppo e non sarebbe potuto tornare come prima, la normalità intesa come prima se la potevano scordare ed ormai era chiaro. 
Continuò a giocare, ma questa volta focalizzato sul discorso di Simon. 
- Ti sono sembrato diverso e strano? 
La sera prima o quella mattina stessa, avrebbe reagito male dicendo che non doveva insinuare una cosa simile e se lo vedeva strano forse doveva chiedersi perché. invece che provare a scaricare la colpa su di lui e sull’isolamento! Che forse era anche colpa sua!
Ma in quel momento si sentiva meglio, più lucido di qualche ora prima, e capì che forse poteva avere ragione. Quel che lo colpiva era come Simon se ne fosse accorto. Non avevano mai avuto rapporti così profondi da potersi conoscere bene. 
Erano sempre stati superficiali o circoscritti al calcio o magari alla sfera sessuale. 
Simon non distolse lo sguardo e non mise in pausa, continuò a giocare con la sua calma e compostezza. 
- Eri nervoso. Troppo nervoso. Con sbalzi repentini d’umore. Sembravi incinta! 
L’aggiunta finale la fece con un risolino ironico, Zlatan ne fece uno simile accogliendo l’insinuazione con buon umore, a conferma che ora stava meglio e che probabilmente ne aveva voluto parlare per quello. 
- Non me ne sono accorto. Però è vero, ero nervoso. 
Non intendeva approfondire oltre il suo nervoso e se Simon glielo avesse chiesto, probabilmente gli avrebbe detto di farsi i cazzi suoi, tuttavia per fortuna evitò. Del resto Simon era Simon. L’Iceman per eccellenza. 
Forse non gli importava realmente di lui, voleva solo andare fino in fondo nel suo esperimento, ma alla fine avrebbe comunque dovuto fare i conti con lui.
Prima se ne sarebbe andato irascibile sbattendo tutto, ora la vedeva con una tranquillità unica. 
Simon poteva pensare di fare quel che voleva, ma alla fine avrebbe avuto lui l’ultima parola. Come sempre. 
Se non sarebbe stato d’accordo con la sua decisione, non gliel’avrebbe mai fatta prendere ed era inutile dannarsi prima. 
- Adesso quel che ti aveva fatto innervosire l’hai risolto? 
Zlatan era consapevole che sapeva la risposta e che gli aveva fatto quella domanda per metterlo alla prova.
- No per nulla. - non perse tempo a negare, era inutile. Tanto meno nascondere. Il compagno sorrise e lui lo percepì senza vederlo chiaramente per non perdere un movimento alla play. 
- Ma non ti fa uscire di testa come prima, vero? 
Zlatan scosse il capo alzando contemporaneamente le spalle, rimanendo calmo. 
- Direi di no. 
- L’isolamento forzato e prolungato ha effetti assurdi di cui non ci rendiamo conto. Reagiamo in modo diverso e spesso esagerato alle stesse cose, cose sciocche, magari, che non sono nulla di che. Ci sembrano delle tragedie anche se non lo sono. È questo l’effetto di cui parlavano. Su qualcuno scava di meno che su altri, ma non dovremo fare solo i conti con la paura di questa malattia che potrebbe anche ucciderci nonostante siamo forti ed in salute e stiamo attenti. Dovremo, anzi, dobbiamo, fare i conti con una condizione di vita nuova. L’isolamento. Siamo soli, in questo momento. 
Zlatan lo lasciò parlare e lo ascoltò. In parte gli piaceva il suono vellutato della sua voce, dall’altro parlava in modo così assorto da averlo ipnotizzato. Quasi non si rendeva conto di ciò che faceva con le dita sul controller. 
Aveva ragione? 
L’isolamento stava cambiando tutti portando a reazioni eccessive? 
- Questo isolamento porterà a galla delle paure che non immaginavamo di avere e ci cambierà inevitabilmente. 
Sembrava una profezia, Zlatan rabbrividì, respirava anche più piano per non interromperlo, rendendosi infine conto che non era un modo per consolarlo o farlo sentire meglio dopo essersi accorto del suo stato di nervosismo inconsulto, ma più che altro sembrava uno sfogo personale. 
Era lui quello che aveva bisogno di esprimere tale riflessione e tramite esso, le sue paure. Anche se non l’avrebbe mai ammesso in modo normale, Simon aveva paura. 
Non lo toccò, non gli prese la mano e non gli mise il braccio intorno alle spalle baciandolo. Fece finta che fosse una questione su di sé e tramite questo, provò ad aiutarlo. 
- Ma adesso che non sono più solo mi sento meglio. Prima appena arrivato mi hai colto alla sprovvista, non ero pronto, non pensavo di avere certi problemi... - non andò nei dettagli, non voleva fare terapia di coppia. - Però poi mi sono abituato a te, alla tua presenza ed anche se certe cose non mi stanno bene, le vivo bene. Perché non sono più isolato, sono con te e sto di nuovo meglio. 
Forse alla fine era suonata più romantica di quello che aveva voluto che fosse. Nella sua testa era risultata meno sentimentale, ma a parole era finita per essere diversa. 
Si morse il labbro ed evitò di guardarlo ancora nonostante volesse capire come l’avesse presa. Non voleva che pensasse che si stava prendendo. 
Non era così. 
Però era vero che stava meglio, ora, lì con lui. Il suo umore si era stabilizzato e l’elettricità che l’aveva colto dalla sera prima, era finalmente stata spazzata via. 
Simon sorrise e si appoggiò con il braccio al suo, non fece altro, nessun gesto romantico, ma quello fu più sentimentale di qualunque altro. 
Zlatan fece altrettanto sentendosi fra l’altro un grande idiota, ma contento d’averlo aiutato. 
- Anche io sto meglio qua con te piuttosto che solo a casa. 
Zlatan non era sicuro, non l’aveva visto vacillare od innervosirsi, gli era sembrato sempre identico al solito e forse anche quello l’aveva fatto infuriare. Per lui era davvero solo un test. Possibile non provasse nulla se non forse piaceri fisici? 
Tuttavia decise di non inoltrarsi in quel discorso. Capire Simon era sempre stato difficile e non aveva senso tentare, dal momento che in ogni caso, al massimo che avrebbero potuto avere era unicamente una relazione sessuale e basta. E per quello non serviva capirsi e leggersi dentro.