33. LA CASA DEL PIACERE

ibraibra

Dopo pranzo e dopo una digestione all’insegna della playstation e di qualche strana confidenza, avevano deciso di fare palestra. 
O meglio Zlatan l’aveva imposto con il suo tipico: - Io ora vado ad allenarmi, tu fa quel che vuoi! 
Simon non era un fanatico della palestra, la faceva sempre all’interno del programma d’allenamento di calcio, non amava venire in anticipo od andare via dopo se non per esercizi extra prestabiliti, solitamente da lui stesso. 
Tuttavia la sessione di palestra di Zlatan non se la sarebbe persa per nessuna ragione al mondo. 
Giornalmente andava a correre, ma lì non poteva per non rischiare di essere beccato, di conseguenza gli stava anche bene fare qualche macchina. 
La musica l’aveva scelta Zlatan, non solo perché era il padrone della palestra, ma anche perché gli serviva un certo genere per caricarsi nel fare gli esercizi. Simon acconsentì anche a quello con una certa dose di rassegnazione. Ogni tanto doveva cedere, altrimenti sarebbe tornato a scoppiare. 
Fu così che tornò a mettere su quella robaccia terribile che aveva sentito per settimane a Milanello. 
Ormai c’era anche abituato, quasi iniziava a piacergli se non fosse che ad un certo punto sistematicamente gli faceva partire il mal di testa.
In quell’occasione, però, il mal di testa non ebbe modo di innescarsi grazie allo spettacolo offerto da Zlatan dopo il riscaldamento,
Uno alla cyclette e l’altro alla corda, la prima parte passò indolore. 
La seconda fu diversa. Molto diversa. 
Simon non era tipo da fare pesi, perciò notando un attrezzo per il rinforzo delle spalle da usare allargandolo e stringendolo, si sedette sulla panca dei pesi, gambe aperte, schiena eretta, ed iniziò ad usarlo inizialmente concentrato. 
Concentrazione che però venne subito a meno quando vide Zlatan togliersi la maglietta e dirigersi al sacco da boxe. 
Simon si perse dopo i primi numeri, accigliato lo fissò senza capire cosa stesse combinando. 
Non glielo chiese, si limitò a guardarlo in silenzio.
In silenzio lo vide mettersi a testa in giù davanti al sacco da boxe, agganciare le gambe intorno ad esso, nella parte superiore, e poi sollevarsi col busto; le braccia incrociate sul petto che quando si piegava apriva per darsi forza, poi tornava ad incrociarle quando si estendeva a testa in giù,.
Definire quelli semplici addominali era riduttivo. 
Simon si perse la mascella per strada, ma se la richiuse e tornando apparentemente padrone di sé, prese il telefono ed iniziò a filmare per puro uso personale. 
Quell’uomo era pazzo. 
Un pazzo dannatamente forte e sexy al tempo stesso. 
Quell’esercizio, se tale si poteva chiamare, era un’autentica tortura, anche se non era chiaro per chi fosse tale, in effetti, viste le condizioni in cui le faceva.
Sicuramente era difficile, ma sicuramente non era necessario per il risultato che voleva ottenere. Ovvero la tartaruga che fra l’altro era già perfetta così. Insomma, c’erano addominali anche meno complicati!
Lo sapeva che lo faceva apposta per mettersi in mostra e fargli venire l’acquolina in bocca, ed in effetti ci stava riuscendo. L’acquolina l’aveva eccome. Insieme alla voglia di arrivargli davanti ed iniziare a leccare tutti i suoi cuscinetti guizzanti che aveva. Sembrava una statua, in quel momento. Sudata, lucida, sexy e forte. 
- Sai che se ti sfugge la presa dei piedi cadi di schiena, se non anche di testa, e ti fai un male cane? - gli disse così come niente fosse, come se la possibilità di farsi male fosse ciò che attirava di più l’attenzione di quella visione. 
Era ovvio che stesse facendo fatica, non poteva essere diversamente visto l’esercizio insano da scoppiato nel cervello, ma aveva anche una smorfia sulla faccia che non mutò alla sua frase. Non gli rispose, rimase concentrato a respirare e a muoversi su e giù fino a che si allungò con le braccia sopra la testa, il busto si distese e si rilassò qualche istante, poi, poco prima di sganciare le gambe e finire nella verticale e ritornare dritto, disse: - Fottiti! - in risposta alla sua frase che non gli era di certo sfuggita. 
Simon rise per l’insulto a scoppio ritardato. 
- Allora mi sentivi! Mi hai ignorato così bene che pensavo non mi avessi nemmeno percepito!

Zlatan si avvicinò a Simon, ancora seduto nella panca per il sollevamento pesi, l’attrezzo per le braccia totalmente dimenticato, non sembrava intenzionato a fare gran ché, quel giorno in palestra, ma probabilmente era perché l’aveva distratto. 
- Dovresti approfittare che hai una palestra, per quanto ci siano macchinari limitati è meglio del nulla che avevi in casa... 
Simon alzò le spalle tornando al suo controllo che sperava avesse perso prima mentre faceva il suo spettacolo. 
- Andavo a correre regolarmente, quello è consentito. 
- Vuoi provare tu? 
Ovviamente aveva cercato di provocarlo, tanto per cambiare, ma non notava reazioni. Si era aspettato gli saltasse addosso, cosa che non era successa, tuttavia non aveva notato che l’aveva ripreso, troppo concentrato a non prendere effettivamente la zuccata che aveva pronosticato. 
Simon rise allargando le gambe e sistemandosi in punta nella panca per il bilanciere su cui era. 
- Nemmeno morto! Non so perché ti devi torturare così per fare degli addominali... 
Zlatan ridacchiò e si fece agganciare col dito nell’elastico degli shorts aderenti che attirò a sé costringendolo ad annullare la distanza fra loro. 
- Hai praticamente fatto solo la cyclette. Ti sei impigrito un sacco! - continuò a provocarlo, ma Simon in tutta risposta, per nulla offeso, lo prese per i fianchi sistemandoselo fra le propria gambe aperte, poi coi pollici si accentrò sui suoi addominali e li vagliò come se li dovesse esaminare per dargli un voto. 
Il proprietario fece un sorrisino lasciando le braccia lungo i fianchi, guardandolo dall’alto. 
- Non sono mai stato un fanatico della palestra, preferisco correre all’aria aperta... magari pulita, possibilmente. - aggiunse con una frecciata all’aria poco sana di Milano. Fortunatamente Milanello non era in pieno centro, ma in una bella zona verde ai limiti della città, perciò si stava bene quando ci si allenava. 
Con le dita risalì cuscinetto per cuscinetto concentrandosi sulle linee marcate che gli stava mostrando di proposito. 
- Che ne dici? 
Simon fece un sorrisino capendo subito di cosa parlava e in risposta sostituì le dita con la lingua e proseguì l’esame. La passò su ognuno dei suoi muscoli addominali, su tutte le linee, scendendo poi in quelle marcate delle anche, che proseguivano sulla V dell’inguine, nel suo caso molto evidenti. 
Le dita si erano infilate di nuovo nell’elastico degli shorts, ma questa volta per abbassarglieli fino ad arrivare al limite del suo membro quasi scoperto. 
Iniziava a vedere la base e la sua lingua proseguì il percorso sempre più in basso, fino a che, arrivato proprio all’inizio del suo inguine, Zlatan gli mise una delle sue mani gigantesche sulla fronte e lo spinse indietro. 
Simon rimase con la lingua fuori pronto a passarla sulla sua asta che stava giusto giusto per scoprire, ma rimase male nel non poterlo fare e gli lanciò un’occhiata gelida dal basso. 
- Sei impazzito? 
Zlatan a quello rise indietreggiando, senza per altro pensare di tirarsi di nuovo su gli shorts abbassati fin quasi sotto natiche e inguine di cui scopriva la gran parte. 
Si alzò le braccia e si sciolse i capelli per rifarsi la coda, il tutto mentre Simon lo fissava stralunato anche se in realtà appariva solo come un principe oltraggiato. 
Un principe dei ghiacci, ovviamente. 
- Per me l’allenamento è sacro, ho appena iniziato! Per di più senza gli allenamenti di calcio è un attimo perdere la forma! 
Il compagno inarcò un sopracciglio sempre scocciato, ma si alzò e si tolse subito la maglietta con cui aveva iniziato l’allenamento con scarsa voglia. 
- Per me la tua forma è ancora perfetta! 
Così dicendo, tornò ad avvicinarsi, ma Zlatan ridendo si voltò e gli sfuggì svelto, andando ad un altra macchina per riprendere gli esercizi.

Simon rimase esterrefatto a guardarlo. 
Come diavolo osava far di tutto per farsi saltare addosso e poi fermarlo?
Che gioco perverso era? 
Non aveva nemmeno mai guardato un uomo tanto come aveva fatto con lui, tanto meno l’aveva apprezzato a quei livelli. 
Più guardava Zlatan ed il suo fisico perfetto ed invitante, più si ritrovava a desiderarlo. Era come dare il via a qualcosa che avevi bloccato per troppo tempo. finché non lo facevi, non capivi quanto poteva piacerti, l’avevi sempre ignorato, ma poi eccolo lì ed improvvisamente non potevi più farne a meno.
Era come una droga. 
Lo guardò sedersi su un macchinario per le gambe dopo averlo regolato e quando cominciò ad aprirle e chiuderle, lo fissò ancora un attimo con sguardo sottile raggelante e prima di prenderlo a sberle, capì che probabilmente lo stava solo provocando. 
Così decise di accontentarlo, visto che doveva per forza fare il bambino. 
Lo faceva da quando era arrivato a Milanello, non c’era stato un giorno in cui non l’avesse fatto. 
A quel punto si leccò le labbra notando come i muscoli delle cosce guizzavano mentre apriva e chiudeva usando forza. 
Ipnotizzante quasi quanto i suoi addominali prima mentre era rimasto appeso come un gorilla sexy. 
Si avvicinò sinuoso senza maglietta e si mise su di lui a cavalcioni. 
- Tu fai pure i tuoi esercizi... io mi prendo ciò che mi interessa... 
Come a dire che tanto non era lui a comandare. Insomma era il loro gioco che proseguiva da un sacco di tempo. 
Zlatan lo guardò con mezzo sorriso soddisfatto e malizioso. 
Probabilmente aveva proprio sperato in quella sua iniziativa, gli piaceva essere rincorso, lo sapeva, ma per quella volta l’avrebbe accontentato. 
Infatti lo prese per la vita mentre appoggiava le braccia sulle sue spalle possenti strofinando il bacino. Era eccitato ed in poco iniziò a sentire anche Zlatan avere la sua medesima reazione, senza mai staccargli gli occhi di dosso.
Si guardavano a quella distanza che non era eccessiva, ma nemmeno troppo sopportabile. Lo sentiva continuare ad aprire e chiudere le gambe, provando a continuare gli esercizi, ma quando si chinò in avanti a leccargli il collo, assaporando il sale della sua pelle per il sudore che lo imperlava, lo svedese chiuse gli occhi e smise di muoversi. 
Lo carezzò dalla vita alla schiena per poi scendere sui glutei ben evidenziati per la posizione. Con la lingua scese sulla clavicola e la percorse raggiungendo la fossetta in mezzo alle due, poi risalì e si occupò della sua bocca, leccandogliela prima di prenderla ed intrecciarsi a lui. 
Gli infilò le mani nei pantaloni e Simon sorrise soddisfatto, aveva vinto. 
Giocò con le sua lingua per un po’ sentendo le dita di Zlatan entrargli dentro,  ma sentendo un notevole fastidio per i vestiti che indossava, sia pure irrisori, scivolò giù con enorme fastidio dell’altro che lo guardò a dir poco male. Lo stava per insultare, quando lo vide accucciarsi fra le sue gambe.

Adorava quando lo faceva. Gli faceva perdere la testa. Era una cosa banale, ma avere Simon accucciato davanti a sé mentre si occupava della propria erezione, era un piacere tanto fisico quanto mentale. 
Gli abbassò gli shorts e glielo tirò fuori iniziando a leccarlo, riprendendo da dove prima si era interrotto. 
Questa volta non lo fermò, lo lasciò fare fino a farglielo prendere in bocca e succhiarlo. 
Era ironico come avesse avuto problemi a cominciare, ma dopo la prima volta era come diventato la sua ossessione ed adorava esserlo. 
Sua in particolare. 
Simon era particolare: scostante, freddo, uno che usava la gentilezza e la disponibilità per mantenere tutti a distanza, ma con lui andava sempre più fuori di testa, perdeva proprio il controllo. 
Stava già per raggiungere il piacere, quando gli mise di nuovo la mano sulla fronte come prima per tirarlo via, Simon gli lanciò un’altra occhiata raggelante ma lo accontentò smettendo di succhiare. Si alzò in piedi e si tolse i pantaloni così come niente fosse. 
Zlatan alzò un sopracciglio. 
- Ah lo facciamo così senza parlarne nemmeno?
Il difensore rise tornando a cavalcioni su di lui, questa volta senza i vestiti a dar fastidio e lui lo prese per la vita accompagnandoselo addosso. Appena fu sopra iniziò a strofinarsi, questa volta con sensazioni più intossicanti per via della mancanza dei vestiti.
I brividi bruciarono la sua pelle, partendo dalle parti intime che si sfregavano indurendosi sempre più.
Ne aveva bisogno, aveva bisogno di entrargli dentro e farlo suo.
- Simo... - sussurrò sulla sua pelle liscia, mentre lo carezzava a piene mani attirandoselo a sé con un bisogno impellente di sentirlo di più. - Voglio scoparti... - mormorò. 
- Ed io voglio che tu mi scopi finché non sarò soddisfatto... - rispose al suo orecchio, tirandolo coi denti per poi leccarlo. 
I brividi crebbero ancora, la sua erezione era ormai incontenibile. 
- Così ti faccio solo male... devo prepararti... 
Una piccola parte del suo cervello funzionava ancora, quella che non voleva fargli male per il proprio unico piacere impellente. 
Simon continuò a strofinarsi indirizzandogli l’erezione sempre più dura e grande verso la sua fessura. Gli aveva infilato le dita e l’aveva stuzzicato, ma doveva lubrificare, non poteva entrare a crudo. 
Lo sentì che cercava di metterselo dentro, ma lo fermò e con decisione se lo tirò giù, a quel punto si alzò e lo girò manovrandolo con prepotenza, come aveva fatto Ante su quel tavolo da biliardo quella sera. 
Ripensandoci si eccitò di nuovo. 
Lo sistemò contro la poltrona dove era prima lui, lo fece appoggiare con un ginocchio e le mani sullo schienale obbligandolo a piegarsi in avanti, lo prese dietro al collo proprio come Ante quella volta. 
Forte, deciso e senza discussioni. 
Simon ormai pronto ed eccitato si abbandonò in attesa del piacere promesso. 
Zlatan andò fuori di testa, ma riuscì a concentrarsi su quel che doveva fare, cosa molto difficile visto quanto era erotico in quella posizione, soprattutto perché ce l’aveva messo lui. 
Si leccò la mano e se la strofinò sul proprio membro ripetendo l’operazione fino a bagnarsi abbondantemente. 
Contemporaneamente si succhiò le dita dell’altra mano per poi infilargliele dentro, alternandole alla lingua. 
Si perse in quella preparazione senza pensare a farlo venire prima, come la sera prima.
A stento riusciva a capire di non poter semplicemente entrare e basta. Per poco l’aveva fatto, ma gli avrebbe fatto solo male. 
Una volta che ritenne sufficiente la preparazione, con un roco: - Entro. - si raddrizzò dietro di lui, tornò a prendergli il collo con una mano in una fantasia che diventava sempre più insistente, con l’altra lo prese per il fianco e con una spinta decisa, entrò. 

Simon si estraniò per un momento, il dolore fu più intenso della sera prima e più forte, ma si abituò presto. 
Lo sentì scivolare agevolmente dentro, si fermò in attesa che si rilassasse e quando lo fece, iniziò a muoversi. 
Le prima volta furono più dolorose che altro, ma poi, mano a mano che ad ogni spinta riusciva ad affondare di più, il piacere si mescolava al dolore, arrivando lentamente sempre più nitido, fino a che, una volta che andò completamente in profondità, tutto mutò. 
L’eccitazione era pronta ad esplodere, insoddisfatta fino a quel momento, colpita da alti e bassi in una montagna russa di emozioni e sensazioni sconvolgenti ed opposte fra loro. 
Il suo corpo si muoveva contro il proprio, la sua erezione dura e gonfia dentro affondava sempre più, arrivando a toccare probabilmente il proprio punto di piacere e una volta lì sembrò capire, infatti iniziò ad insistere colpendo più forte e più in fretta, come sapesse che era quello, che era lì.
Il piacere subentrò totalmente al dolore iniziale e tutto divenne una massa informe davanti a sé, ma poi si rese che non vedeva niente perché stringeva gli occhi e dietro le palpebre vedeva energia pura sprigionata dai loro corpi uniti in quell’esplosione sessuale incredibile. 
Si sentì gemere e chiamarlo e chiedergli di non fermarsi e quando iniziò a percepire il culmine, lo implorò di continuare così. 
Zlatan non accennò a fermarsi, né a rallentare. Continuò a muoversi proprio in quel modo, quello giusto per l’orgasmo che arrivò non appena la sua mano cercò febbrile il membro duro e, una volta strofinato, gli diede il colpo di grazia. 
Simon venne sconvolgendosi per quanto diverso dalla sera precedente fosse. 
Si perse totalmente in un ovattarsi di sensi che si confusero fra loro, sciogliendosi. 
Poi lo sentì poco dopo venire a sua volta e solo a quel punto capì che non si era fermato, ma aveva continuato a muoversi e farlo suo fino a raggiungere l’orgasmo anche lui.
Lo sentì dentro, caldo e bollente come lava incandescente. 
Lo tenne a sé sollevandosi col busto, si inarcò e gli si appoggiò contro sollevando un braccio per agganciarlo intorno alla testa. Cercò la sua bocca che aperta ed ansimante attese alla stessa maniera. Gliela succhiò rimanendo così, abbracciati, una la mano di Simon afferrata ai capelli, l’altra stretta sulle sue braccia avvinghiate intorno alla vita. 
Lo stringeva forte per non cadere mentre l’orgasmo lo rigenerava e lo lasciò ancora dentro di sé, a respirarsi e percepirsi a vicenda in un modo diverso da tutti gli altri. 
Non si dissero assolutamente nulla, rimasero abbracciato in piedi, un ginocchio di sul sedile della poltrona, loro stretti, la nuca sulla spalla di Zlatan, il viso verso il suo. 
“Sempre più bello.” pensò Simon, in una pace ancor più totale dei sensi. 

“Non riuscirai più a farne a meno, ormai...” pensò sicuro Zlatan.