*Ibra e Simo si divertono molto e nella Casa del Piacere si danno alla pazza gioia tenendo vivo l'interesse con piccoli giochi volti a prendere il sopravvento uno sull'altro. Simon vuole fare l'attivo e Zlatan non ci pensa minimamente a farglielo fare, ma Simon sa come far cambiare idea agli altri in quanto eccellente manipolatore. Chi la spunterà? Ovviamente, come preannunciato, tutto il periodo di isolamento è un enorme PWP, una bella scusa per fargli fare tutto il sesso che vogliono. La posizione assunta all'inizio la mostro sotto, anche se suppongo fosse molto chiaro quale fosse. Buona lettura. Baci Akane*
36. LOTTE PER LA SUPREMAZIA
Le mani di Simon si posarono sulla vita, lo sentì aderire completamente al proprio corpo. La schiena sul torace, il sedere contro il bacino, i pantaloncini ancora a dividerli, più insopportabili che mai, che lui sapeva sarebbero presto scesi,
I propri, almeno.
Sentì le gambe aderire da dietro ed infine il suo viso vicino al proprio, le guance e le orecchie a sfiorarsi, coprendosi di brividi.
I calori dei loro corpi era intenso ed uguale, forse più caldo quello di Zlatan per il peggiore sforzo a cui si era sottoposto fino a quel momento.
La pelle imperlata, più scivolosa la sua.
- Pronto? - disse Simon. Zlatan annuì non immaginando che la cosa avrebbe preso una tale piega. Voleva ancora vendicarsi facendosi desiderare da matti e facendolo andare in bianco, ma non sapeva bene come sarebbe andata avanti da lì in poi.
Non che fosse un problema, in effetti la sensazione che in ogni caso non gli sarebbe dispiaciuto mettere da parte la vendetta era sempre più pressante.
Simon così contò con la sua voce vellutata sul suo orecchio, girando il capo verso di lui, poi glielo leccò ed infine diede il via.
Insieme, perfettamente sincronizzati, come se avessero fatto quell’esercizio in quel modo ogni giorno da sempre, si piegarono sulle gambe eseguendo i movimenti giusti e precisi.
Con la stessa identica tempistica, poi, si tirarono di nuovo su.
Le gambe di Simon erano leggermente più aperte per non impedire il piegamento di quelle di Zlatan davanti.
Una volta sollevati, fu attraversato da una scarica di adrenalina senza precedenti, per il fatto che stessero facendo quell’esercizio insieme in quel modo e che ce la stessero facendo.
Ripeterono l’operazione per qualche piegamento fino a che non sentirono i famosi pantaloncini tornare a scivolare sotto i fianchi e a quel punto Simon non li fermò. Staccò leggermente il bacino permettendogli di andare ancora più giù, oltre le curve delle natiche, poi una volta raddrizzati li sentì cadere del tutto alle caviglie. Zlatan per non inciamparsi se li levò dai piedi e nel movimento sentì Simon staccare le sue mani e trafficare. Quando tornò a mettergli le mani alla vita, le strisciò subito davanti carezzandogli gli addominali.
Zlatan sapeva che doveva fare un passo avanti per perpetrare la propria vendetta, ma le sue gambe rimasero piantate lì e quando sentì che dietro di sé, sulle proprie natiche, c’era la pelle calda di Simon senza più vestiti a sua volta, il proprio membro iniziò ad impennarsi col sangue che gli pulsava dentro dall’eccitazione ormai innescata.
Non voleva farglielo fare, ma improvvisamente l‘idea che Simon fosse attivo con lui, non lo contrariò.
Quasi l’attese, rimanendo dritto in piedi con i pesi sulle spalle e le mani occupate. Alla mercede di Simon che con una mano lo carezzava davanti, mentre con l’altra indirizzava il suo pene su di sé, sui glutei, sui tatuaggi che lo mandavano fuori di testa e poi sulla fessura.
La sua mano tornò a toccargli l’erezione come prima già bella dura.
Gli stava leccando il collo da dietro, scivolando fra le sue scapole, risalendo sui muscoli delle spalle ancora in tensione, i bicipiti che succhiò.
Per Zlatan era il paradiso e stava andando a fuoco, ma si ricordò di doversi vendicare.
Già, doveva proprio o non avrebbe capito la lezione: non si usava il sesso per rincoglionirlo, proprio come stava facendo di nuovo ora.
“Maledetto bastardo, non so come diavolo fa, è un dono naturale!”
Alla fine si sfilò il bilanciere e lo posò a terra, piegandosi in avanti invece di agganciarlo nell’apposito sostegno davanti a sé.
Ovviamente fu una scelta ben ponderata.
Per quella scelta Simon lo ringraziò, infatti lo prese per i fianchi e con le dita bagnate di saliva si infilò dentro di lui.
Zlatan rimase chino nella tipica posa di chi si appresta a sollevare il bilanciere da terra, schiena dritta, ginocchia e bacino piegati, natiche in splendida esposizione. Una posa perfetta per certe cose erotiche, specie se nudo.
Per la verità era in totale combutta con sé stesso.
Una parte, quella vendicativa, gli diceva che era il momento perfetto per mandarlo a cagare, l’altra, quella animalesca che aveva perso la testa per lui e per quei suoi modi da comandante dei ghiacci, voleva farglielo fare.
Esitò sentendo un innegabile scarica di piacere partire da quella penetrazione con le dita, chiuse gli occhi e trattenne il fiato.
Era dannatamente bello e sì, voleva che lo facesse.
Lo sentì trafficare con l’altra mano che non lo teneva più, probabilmente la stava usando per lubrificarsi, stava per entrare, lo sapeva.
Lo stava già sentendo.
Non voleva muoversi, non poteva. Però alla fine, proprio quando sentì la sua punta appoggiarsi fra le sue natiche, trovò in qualche modo la forza di spostarsi in avanti, si raddrizzò e si staccò.
Poi si voltò e lo guardò vittorioso.
E se ne pentì.
Simon ci avrebbe scommesso che alla fine si sarebbe spostato, doveva vendicarsi e per di più dubitava volesse farsi prendere da lui.
Così non si turbò molto, si infastidì, ma ancora eccitato e pieno di voglie, si masturbò da solo guardando Zlatan negli occhi, scivolando presto sul suo corpo che ora ammirava meglio. In particolare sulla sua erezione, grande e dura e piena di voglia di essere soddisfatta.
La mano di Zlatan corse a fare la stessa cosa, ma non andò da lui, non lo piegò e non lo penetrò.
Si masturbarono insieme, uno davanti all’altro, guardandosi. E vennero insieme.
Tuttavia rimasero con un fondo di insoddisfazione.
Le loro mani di sicuro non erano la stessa cosa della bocca o dei buchi altrui.
“Tanto lo sai che alla fine ti prenderò anche io. E lo vuoi. Adesso lo vedo che lo vuoi e che ti sei pentito d’avermi fermato. Tu non sei in grado di nascondere quel che provi. Io sono bravo in questo, non tu.”
Con una certa soddisfazione, Simon si tirò su i vestiti che si era abbassato, poi prese un asciugamano e pulì le macchie che avevano schizzato per terra. Infine gli scoccò uno sguardo pura superbia, poi senza aggiungere nulla uscì dalla palestra.
Per lui la sessione poteva dirsi conclusa.
Ovviamente Zlatan si era pentito di non esserselo fatto mettere dentro, ma doveva almeno provare a disciplinarlo. Se gli faceva fare tutto ciò che voleva avrebbe poi pensato che aveva totale potere su di lui e non esisteva una cosa simile.
Era lui che comandava e decideva, sempre. Anche se Simon aveva doti di leadership naturali.
Era comunque lui a decidere ed eventualmente, se alla fine gli avrebbe permesso di essere attivo, sarebbe successo solo perché era lui a stabilirlo e consentirlo, non perché Simon se lo prendeva da solo.
Peccato che Simon fosse già perfettamente consapevole che alla fine l’avrebbe spuntata e sapeva che sarebbe stato lui a prenderselo, non l’altro a darglielo. Differenza sostanziale.
Effettivamente due opposti... ma non poi così tanto!
Non ne avrebbero mai parlato apertamente, Simon era un maestro nel non dire le cose, specie se personali, mentre a Zlatan non serviva parlare perché era già molto espressivo di suo e faceva capire alla perfezione, senza usare la voce, ciò che albergava nelle sue intenzioni.
Da quel giorno le cose divennero strane, particolari.
Se fino ad allora era stato come camminare in un sentiero ghiacciato in attesa che diventasse agibile e sicuro, ora sembrava che quel sentiero si fosse scongelato e fosse finalmente percorribile.
Non c’era quasi più l’attenzione nel conoscersi meglio, scoprirsi, capirsi.
Era quasi come se ormai si fossero già capiti o meglio, era come se fossero arrivati al punto che riuscivano a comprendersi e che non ci fossero misteri tali da impedire di proseguire nella loro relazione.
Adesso la priorità era diventata un’altra.
Fare sesso fino ad essere entrambi completamente soddisfatti e prendersi tutto ciò che volevano uno dall’altro e da quella situazione.
Ma proprio tutto.
Zlatan capì che doveva approfittare di Simon, non per farselo il più possibile, ma per farsi fare da lui tutto ciò che non permetteva agli altri di fargli.
Per lui il discorso sesso era particolare, era sempre stato assolutamente attivo, salvo in certe circostanze dove si era dato, ma circostanze molto rare dove era stato comunque un atto d’amore.
Gli era piaciuto, ma preferiva essere attivo.
Tuttavia aveva capito, dopo molta esperienza in quel campo, che dipendeva dal partner con cui aveva a che fare.
C’erano certi ragazzi con cui potevi fare solo una cosa e ricoprire esclusivamente solo quel ruolo. Perché l’attitudine del compagno era quella, perché non gli ispirava minimamente altro, per una serie di motivi.
Ma c’erano altri, ed erano una rarità, Zlatan non ne ricordava molti se non forse uno o due, che gli facevano proprio venire voglia di essere preso. Non sempre, gli piaceva comunque fare l’attivo, ma erano in grado di tirargli fuori delle voglie primordiali, quasi.
Simon era uno di quelli.
L’aveva capito in quei giorni insieme ed il gioco era diventato una necessità.
Si faceva ormai desiderare al punto da spingerlo di nuovo a volergli saltare addosso e con saltare addosso non intendeva piegarsi per lui a novanta, ma piegare lui a novanta.
Non era una cosa di cui si poteva parlare, non si poteva concordare. Doveva venire spontanea ed essere voluta da entrambi, ma non solo. Servivano delle circostanze che favorivano quello.
Simon andava innescato e lui era un maestro nell’innescare, nel provocare gli altri.
Giorno dopo giorno cominciò così quel piccolo gioco erotico dove Zlatan si faceva desiderare e poi si ritirava all’ultimo, istigandolo senza permettergli di andare fino in fondo.
Questo non perché non volesse, ma perché voleva che Simon arrivasse al punto di sovrastarlo e fargli tutto ciò che voleva, che poi era la sua versione che l’aveva mandato così fuori di sé tanto da desiderare di sentirlo dentro,
Non c’erano solo quei momenti, quando provocava e poi lo frenava sempre più a stento.
C’erano anche le volte, come quelle, nelle quali gli saliva il sangue al cervello e non poteva proprio resistere dal saltargli lui addosso.
In particolare gli piaceva vederlo trafficare in cucina mentre preparava qualcosa per lui con quei modi eleganti e composti.
In quei casi adorava andare dietro di lui, piegarlo prepotentemente in avanti e appoggiarlo al tavolo.
Lo mandava fuori di testa abbassagli i pantaloni, abbassare i propri, leccarsi la mano e lubrificarsi velocemente. Succhiarsi le dita e infilargliele dentro per poi prendergli il collo da dietro, tenerlo fermo con prepotenza e penetrarlo.
E lo vedeva sempre, come lo vedeva ora, che si inarcava e che gli piaceva essere preso in quel modo.
Gli piaceva farsi sbattere volgarmente e senza romanticismo da dietro, sentire le cosce che andavano contro le sue.
Piaceva da matti ad entrambi, non si ribellava, quasi aspettava quel momento. L’istante in cui si sarebbe innescato e l’avrebbe spinto e penetrato così bruscamente.
Perché ormai era così piacevole che quasi i suoi glutei lo chiamavano e lo aspettavano in una sorta di dose quotidiana.
L’aveva definita la casa del piacere ed era diventato questo. Una dose di piacere costante che di volta in volta sembrava non bastare più, come che necessitasse di aumentare per avere più effetto, per via dell’assuefazione che faceva.
Simon si sentiva assuefatto da Zlatan, dalla sua erezione grande e dura che lo penetrava e che lo faceva suo facendolo impazzire fino a provare sensazioni fisiche inesplorate, mai provate prima.
Più lo faceva, più sapeva che dopo di questo non avrebbe mai più ritrovato una cosa simile da nessuna parte, mai più.
Avevano raggiunto un’intesa sessuale che non era scontata, si capivano, sapevano cosa piaceva all’altro, sapevano i tempi di godimento, sapevano come far aumentare il piacere al massimo.
Gridavano insieme, persi in gemiti così forti che non c’erano paragoni.
C’erano le volte anche dolci, soffici, dove lo facevano in modo più classico, stesi nel letto, la notte, uno sopra l’altro, coi loro occhi che si dovevano guardare, quasi con un bisogno particolare. Quello di vedere l’espressione di godimento del compagno. Perché poi era appagante anche a livello mentale vederlo abbandonarsi, sentirlo gemere e vedere il suo volto sciogliersi nel piacere più intenso.
Sapeva che non avrebbe mai più avuto una cosa simile, ma mano a mano che i giorni passavano, lui era consapevole che la scadenza si avvicinava.
Quando avrebbero sciolto gli isolamenti, Simon sarebbe tornato a casa sua, sua moglie ed i bambini sarebbero venuti da lui e tutto sarebbe finito.
Quel momento era vicino e non desiderava altro che quel tempo si bloccasse lì e loro potessero vivere insieme in quel modo per sempre.
Chiusi nella loro bolla, isolati dal resto del mondo e da una realtà che non era come la volevano.
Ad entrambi mancavano i loro figli, il calcio, gli amici, le persone, il mondo, le cene, gli obiettivi da raggiungere, l’aria aperta, il cielo, la natura, la città, i negozi, il caos, le urla, la folla, ma stavano anche bene lì.
Lì così, uno dentro l’altro, stretti in quell’orgasmo continuo.
- Più ne fai, più ne faresti... - disse Simon stendendosi su Zlatan, fra le sue braccia.
Lui l’avvolse e lo strinse a sé baciandogli il collo.
- È una droga...
Simon non poteva che essere d’accordo, mentre il tempo scorreva e sapeva che stava per scadere. Avevano provato tutto, o quasi. Forse mancava una cosa che lo ossessionava, che ossessionava entrambi, e che sapevano sarebbe avvenuta.
Come una sorta di premio finale o di ricordo supremo.
Come se quello dovesse essere il gran finale, ma non perché era stato prestabilito e deciso, perché era spontaneo.
Perché era così e basta.
Zlatan aveva le stesse sensazioni e consapevolezze, sapeva che l’avrebbero fatto, ma sapeva anche di doverlo innescare e sapeva come fare. Lo stava facendo da quel giorno.
Lo provocava fino a spingerlo ad una perdita di controllo tale da prendere il sopravvento. Non vedeva l’ora di vederlo in quei panni, in quelle condizioni.
Simon che perdeva totalmente la testa. Una cosa da non perdersi per nulla al mondo.
Lo girò su un fianco e lo avvolse da dietro, cingendolo con le braccia e appoggiandosi al suo corpo come un guanto protettivo.
Simon si lasciò fare e si rilassò subito, mentre il sonno invadeva le loro menti nei corpi allacciati.
Era tutto troppo bello.