*Entriamo ancora una volta nel mondo del furbo Zlatan, furbo in quanto sa cosa vuole ottenere e sa come riuscirci e non ha paura di usare qualsiasi mezzo. Nel suo caso non è solo il suo corpo, dire che il suo mezzo è il suo corpo è riduttivo. Il signorino pratica taekwondo ed è risaputo e volevo usare questa bella cosa, di cui c'è anche un video per capire un po' in cosa consiste (il video non è di Ibra che lo pratica ma di come si allenano gli atleti, per far capire un po' ciò che ho descritto). Ho cercato foto sue mentre lo pratica (solo in pantaloncini, sì, lo fa solo in pantaloncini), ma non c'erano foto a fuoco così ho usato questa sua sul ring anche se i guanti da boxe non c'entrano nulla. Io non sono esperta di quell'arte marziale, mi sono informata un po' per scriverci qualcosa, perciò abbiate pietà se ho scritto strafalcioni. L'altra cosa che ci tenevo a dire è che veramente ho notato la mania di Simon di toccare tutti e in psicologia questo è solitamente un modo per tenere il controllo degli altri (eviterò la lezione approfondita). Oltre a questo denota una totale mancanza di timore nei confronti degli altri e questo va bene quando hai a che fare con persone normali, ma quando lo fai con Ibra significa che c'hai due palle tante. Ho usato la prima foto del loro contatto in gioco, la famosa volta della stretta di collo, ma per la verità siamo pieni di foto loro dove Simon gli mette una mano sulla schiena o sulla spalla (sebbene ahimè ce ne siano sempre troppo poche rispetto a quelle che vorrei!). Basta così, buona lettura. Baci Akane*

38. TAEKWONDO

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- video - 

Quello che gli era piaciuto tanto di Simon era il fatto che non aveva mai avuto paura di lui, l’aveva dimostrato in più modi, quello più efficace era stata la sua mano intorno alla vita o sulla sua schiena. 
Toccare gli altri era un atto confidenziale di controllo per influenzare la persona ed era una cosa che odiava, infatti quando qualcuno lo faceva con lui lo allontanava puntualmente. 
Simon non l’aveva toccato spesso, ma era successo, lo conosceva da molti anni e spesso si erano incontrati in campo come avversari e nelle marcature oppure al di là del gioco, un qualche confronto sia acceso che normale, la mano di Simon era capitata spesso sulla sua schiena, in particolare sulla sua vita. 
Chiunque osasse farlo, veniva sempre malamente scacciato perché era il modo in cui lo faceva e soprattutto il motivo, a farlo infuriare. La maggior parte degli avversari che lo toccavano in partita era per fargli fare qualcosa di stupido e questo a lui dava effettivamente fastidio, finiva il più delle volte per litigarci e spaccargli le mani.
Qualcosa di stupido, appunto.
Simon era sempre stato diverso, anche quella volta che avevano litigato l’aveva toccato sulla schiena e sulla vita, ma non gli aveva tolto la mano. Aveva cercato di strozzarlo, perché in quel momento ad irritarlo maggiormente era stato il suo sguardo freddo che osava sfidarlo senza scomporsi, infuriarsi ed insultarlo. Ma la mano no, non gli aveva dato fastidio. 
Quando si erano trovati al Milan e Simon aveva ripreso con quella specie di vizio, si era tutte le volte reso conto che non l’aveva mai irritato, nonostante notoriamente odiasse farsi toccare. 
Poi aveva compreso che cambiava il motivo di quel tocco, oltre che il modo. 
Simon non aveva paura, lo toccava per quello, non per controllarlo o influenzarlo, ma per fargli capire che non aveva problemi con lui e che non era spaventato né minimamente intimidito e questo significava che aveva molto coraggio, oltre che sapeva prendersi la confidenza che voleva senza farsi problemi. In pochi non avevano soggezione di lui, magari dopo un approfondimento, ma così a freddo, senza una reale conoscenza, non era forse mai capitato. 
Simon si era da subito differenziato dagli altri per quello ed ora, mentre rifletteva su di lui e sul motivo per cui gli era piaciuto da subito e sempre di più, capiva che era stato quella la cosa principale.
Poi magari i suoi modi freddi gli avevano fatto venire una gran voglia di surriscaldarlo e farlo reagire, il suo controllo perenne aveva scatenato in lui il desiderio profondo di farglielo perdere, ma questo perché lui era un bambinone. Era infantile e gli piaceva giocare con gli altri, stuzzicarli. 
Oltre a questo doveva dire che c’era stata anche la sua bellezza. Simon era proprio bello, non era questione di gusti o di tipi. Lui era bello, era difficile non apprezzare il suo aspetto. 
Tuttavia con lui si era innescato quella specie di gioco di controllo, facevano a gara a chi comandava di più, ma se i primi tempi avevano discusso tanto e creato molti momenti di tensione, ora avevano trovato un equilibrio dove a volte mollava uno, a volte l’altro e grazie a questo erano finiti per stare molto bene insieme. 
Quelli erano verosimilmente ormai gli ultimi giorni, erano ai primi di Maggio, la primavera era esplosa e c’era una gran voglia di uscire di casa per non tornarci mai più, fare cose, correre all’aperto, giocare ancora a calcio, andare in montagna in mezzo alla natura. 
Sempre più i decreti che uscivano annunciavano meno restrizioni lasciando chiaramente ad intendere che presto anche le attività sportive sarebbero potute riprendere. In quel momento quella loro parentesi sarebbe finita. Proprio ora che stavano finalmente davvero bene insieme. 
La consapevolezza che stesse tutto per concludersi, spingeva Zlatan in uno stato di nervoso alternato ad un contraddittorio desiderio di provocare Simon fino in fondo, per spremerlo ancora di più prima che se ne andasse. 
Non sapeva come sarebbe proseguita fuori da casa sua, ma trattandosi di lui c’era il rischio che davvero non si toccassero più. Ovvio che non l’avrebbe permesso, ma doveva ammettere che Simon era riuscito in imprese in cui nessuno aveva avuto successo. A volte, in effetti, riusciva a gestirlo, non comandarlo, ma forse in qualche modo manovrarlo. O, magari, a convincerlo. In ogni caso lo contrastava sempre senza paura, che era rimasta la sua qualità migliore, quella che continuava a piacergli da matti e forse proprio per questo non era in grado di andargli più troppo contro. Non si piegava, ma a volte lo faceva vincere. Era diverso. 
E dal momento che i tempi erano agli sgoccioli e che mancava ancora una cosa per dirsi soddisfatto, Zlatan cercò un modo per dargli il famoso colpo di grazia. 
Non poteva semplicemente dirgli ‘oggi mi scopi tu!’, perché non funzionavano così quelle cose. 
Dovevano succedere, uno dei due doveva prendere l’altro e basta, non concordarlo. 
La risposta la trovò grazie a Simon, quando in palestra per il consueto allenamento giornaliero, gli chiese: 
- Ma come mai hai il sacco da boxe se non lo usi mai? Ti appendi come un salame e basta? 
Fu così che Zlatan capì come spingerlo a superare il suo limite e a lasciarsi andare ancora di più. 

Simon non avrebbe mai immaginato che da quella domanda curiosa, fatta così del tutto senza alcuna intenzione specifica, sarebbe riuscito a realizzare il suo massimo desiderio di quel periodo a casa di Zlatan. 
Si era dato una sorta di obiettivo, nel suo esperimento che reputava comunque fallito in qualche modo, dal momento che non era stato fatto per esplorare sé stesso, ma per togliersi ogni sfizio per poi smettere e chiudere con quella strada. 
Sapeva che non avrebbe potuto farlo, perciò definiva il suo esperimento fallito, tuttavia era ancora in svolgimento e dopo i primi giorni aveva deciso subito l’obiettivo finale raggiunto il quale avrebbe potuto definire conclusa l’esperienza. 
Voleva fare l’attivo con Zlatan.
Sapeva che non era una cosa facile e che non glielo avrebbe semplicemente permesso, ma doveva conquistarselo e l’idea gli piaceva, la vedeva come una sorta di crescita personale, in qualche modo. 
Tuttavia nonostante avesse capito che a Zlatan piaceva l’idea, era anche chiaro che voleva spingerlo provocandolo a raggiungere una certa condizione e superare i suoi limiti fino a lasciarsi andare a costo di diventare matto.
“Anzi, credo proprio che il suo scopo sia quello, in realtà. Farmi diventare matto!”
Ci sarebbe riuscito. 
- Lo uso per allenarmi al taekwondo. - rispose posando la corda che aveva usato per scaldarsi. Simon ancora seduto sulla cyclette, smise di pedalare e con le braccia incrociate al petto, lo guardò incuriosito. 
- Fai taekwondo? 
Zlatan rise.
- Lo sa tutto il mondo che lo faccio! 
Simon alzò velocemente un sopracciglio voltando il capo per non farsi vedere mentre si sentiva un idiota fuori da quel famoso mondo. 
Non gli piaceva non sapere qualcosa risaputa da tutti. 
- Davvero non lo sapevi? - chiese Zlatan fissandolo stupito. Simon arrossì e alzò le spalle. 
- Forse l’ho sentito ma non ci ho fatto caso... prima di venire al Milan ti reputavo un presuntuoso, lo sai! 
Zlatan rise ancora senza prendersela e così lo vide andare a prendere dell’attrezzatura per mostrargliela. 
Gli fece vedere due specie di racchette piccole imbottite a forma di goccia ed un cuscino curvo imbottito che supponeva non si chiamassero così. 
- Sono colpitori. Questi sono i colpitori doppi, questo qui invece è un colpitore curvo. Si usano per allenarsi con un partner. Se vuoi ti faccio vedere... 
Simon prese in mano quelli più piccoli che supponeva venissero impugnati dallo sparring partner dalla parte sottile rivolgendo la racchetta imbottita verso l’allenato. 
- E il sacco? 
- Quando sono solo e non ho nessuno che mi aiuta. Solitamente per allenamenti più impegnativi vado in una palestra di fiducia, ma ora è da una vita che non vado e comunque ora penso non apriranno presto... 
- Non conosco il taekwondo. È un’arte marziale? 
Simon iniziava ad interessarsi all’argomento anche se non gli erano mai piaciute particolarmente, ma nemmeno il contrario. Gli erano piuttosto sempre state indifferenti. 
- Si basa principalmente sui calci. 
A quel punto Zlatan si prese la maglietta dal collo e se la tolse facendo alzare un sopracciglio scettico a Simon che rimase ancora un attimo fermo. 
Lo vide andare al sacco ed iniziare a saltellare leggero, Simon si ritrovò a respirare piano e concentrarsi su di lui, guardò come le sue mani non erano serrate a pugno in procinto di colpire il sacco e si chiese che tecnica fosse quella usata dal taekwondo. Dire basata sui calci era generico. 
Comprese quando dopo qualche saltello leggero, Zlatan ne fece un altro più grande e più veloce che mai, fece volare un calcio contro il sacco. L’apertura fu ampia ed il sacco volò nella direzione opposta, ma non riuscì a tornargli addosso perché Zlatan ne fece subito un altro. 
In un attimo iniziò a colpire l’attrezzo con una serie di calci volanti che mostravano un’apertura di gambe incredibilmente elevata, notò come la punta superiore del piede arrivava ad una gran altezza superando addirittura il sacco che in certi casi veniva schivato in una girata sempre a gamba aperta. 
Simon si ritrovò così a bocca aperta ad osservarlo mentre esercitava quella serie di calci veloci e potenti. Calci doppi, a giro, di rovescio. Di ogni tipo. Veloci, sempre più veloci.
Ed il suo corpo, prevalentemente scoperto poiché indossava solo i soliti pantaloncini, mostrava i suoi muscoli che durante i movimenti sapevano andare in tensione ma poi venir subito rilasciati per poter poi tornare ad andare in rilievo.
Ipnotico. 
Sarebbe rimasto tutto il giorno a guardarlo, ma quando si interruppe sbatté gli occhi riprendendosi da quella specie di incanto, riprese anche a respirare e sorpreso lo guardò facendogli i complimenti.
- Wow... sei molto bravo, per quel che me ne intendo... 
- Sono arrugginito... 
- Da quando sono qua non lo hai mai fatto... potevi, se era per non escludermi non avresti dovuto, è molto bello da guardare. 
Non era una gentilezza finta volta ad allontanare gli altri, era reale e sperò che Zlatan lo capisse. Fece un cenno col capo accompagnato da un sorriso sornione soddisfatto. 
- No, non era per quello... ero concentrato su altro... 
Simon arrossì velocemente e per nasconderlo gli venne vicino toccando il sacco che ancora dondolava. 
- E comunque lo faccio più per sfogarmi, solitamente. Adesso stavo bene. 
A questo sorrise con una dolcezza spontanea.
- Adesso ho capito il genere di movimenti che fai, se vuoi posso farti da sparring, dimmi solo come devo muovermi, cosa vuoi che faccia? 
Simon ebbe l’impressione che in quel breve lasso di tempo, gli occhi di Zlatan brillassero, ma fu troppo breve e quando gli porse le racchette, quelli che aveva definito colpitori doppi, glieli mise in mano per poi avvolgere intorno al polso il laccio per evitare di farglieli schizzare via. 
- Cercherò di non colpire forte, ma tu tienili stretti. - spiegò mentre glieli fissava trasmettendogli una strana ed insolita scarica elettrica. 
- Tienili larghi, ad altezze diverse, resta sempre ben piantato coi piedi ma muoviti avanti ed indietro e sposta anche i colpitori. Io mi adatterò ai tuoi movimenti e ti verrò dietro. L’arte del taekwondo è anche questa, riuscire contro un avversario senza sapere minimamente cosa farà, sostenere l’imprevedibile. 
Simon pensò che non dovesse essere facile, un conto era se i movimenti erano prestabiliti, ma se doveva seguire un’improvvisazione doveva essere difficile. 
Suo malgrado annuì curioso di vedere realmente quanto bravo fosse. Lo vide andare al telefono posizionato in un ripiano vicino ad asciugamano e acqua e scelse una playlist particolarmente ritmata e forte, alzò il volume delle casse e gli andò davanti, pronto ad iniziare.
Quando Zlatan fece un cenno, Simon piegò leggermente le gambe ed abbassò il baricentro per essere pronto a muoversi agevolmente. Zlatan iniziò invece a saltellare e quando alzò le mani che stringevano i colpitori, cominciò a prenderlo a calci.
L’adrenalina fluì subito nel suo corpo che si sentì eccitare mentre faceva quell’allenamento con lui e seguendo il ritmo della musica, seguita a sua volta da Zlatan, iniziò a muoversi sempre più veloce, avanzando od indietreggiando e dettando non solo ritmo e tempi, ma anche movimenti.
Manovrando i colpitori, stabiliva che calci doveva dare Zlatan, il quale li eseguiva alla sua maniera, alcuni saltando, altri rimanendo col piede d’appoggio. A volte girava su sé stesso ed i calci che dava erano sempre diversi, ma tutti veloci. La forza aumentava mano a mano che lo sentiva più sicuro e che lo vedeva spostarsi fluidamente. 
Ben presto si ritrovò con le mani e le braccia che gli tremavano per la forza dei colpi che incassava, tuttavia era consapevole che Zlatan si stava trattenendo. Non era tutta lì la sua forza. Sarebbe potuto andarci molto più forte, ma si stava limitando per lui, così iniziò ad incitarlo dicendo di andare più forte, cominciò a caricarlo e senza accorgersene divenne una sorta di allenatore più che uno sparring partner. 
Non aveva alba di quel che stava facendo, non l’aveva mai fatto e non solo gli stava piacendo, ma gli stava venendo bene.
E gli piaceva. 
Si stava totalmente facendo trasportare dalla corrente elettrica trasmessa dai calci di Zlatan il quale iniziò a seguirlo istintivamente, senza rifletterci minimamente. 
Quando Simon si accorse che lo stava guidando, comandando e controllando, si eccitò da matti e la voglia di possederlo, far sua quella forza prorompente e leggera al tempo stesso, divenne pressante al punto che anche quando si fermarono perché stremati e senza fiato, ormai lui era innescato. 
Innescato come non mai. 
E di fatto non si fermò realmente. 

Zlatan andò a prendere la bottiglietta d’acqua che si rovesciò addosso. Era stato un allenamento breve ma intenso, era da molto che non tirava calci in quel modo e Simon ad un certo punto aveva di gran lunga superato le sue aspettative, alzando il livello dell’allenamento. 
Non se ne era accorto, era andato ad istinto e si era lasciato trasportare e lui stesso non era stato capace di contenerlo, l’aveva seguito ciecamente senza pensarci un solo secondo. 
Ora gli sembrava che il cuore dovesse scoppiargli in gola, la pelle era bollente e le gambe gli tremavano, ma era eccitato per quanto successo, per il modo in cui Simon aveva preso il sopravvento e l’aveva comandato: come se sapesse esattamente cosa fargli fare. 
“Ci sono riuscito?” Si chiese tornando allo scopo principale di quell’allenamento suicida. 
Pensandoci, si girò verso di lui per guardarlo e lo vide che lo fissava famelico, lo sguardo non più un ghiaccio, ma pura acqua impetuosa. 
Coi denti si stava aprendo il secondo laccio intorno al polso, essendosi già tolto l’altro. Si liberò così del colpitore che lasciò in parte, Zlatan con ancora la bottiglietta in mano sospesa davanti alla bocca, lo guardò avvicinarsi e togliersi contemporaneamente la maglietta. 
Non ebbe tempo di pensare e capire, fu veloce, fu un lampo, quasi. 
Gli arrivò davanti, gli prese l’acqua di mano e se la rovesciò da solo in viso facendola colare sul petto, poi il resto la fece cadere ancora su Zlatan ripetendo quanto lui stesso aveva fatto poco prima. 
Scie trasparenti correvano sui loro visi e sui loro toraci, ma venne presto dimenticata perché fece volare la bottiglia vuota alle spalle, gli mise le mani sui pettorali e lo spinse contro il ripiano dove avevano appoggiato le loro cose. 
Veloce con una mano scovolò sulla nuca, lo prese, l’attirò prepotentemente a sé e lo baciò. 
“Wow, è andata molto meglio di quel che pensavo... credevo di dovergli proporre di tirare lui al sacco per scioglierlo ancora, invece è già bello libero...”
Fu l’ultimo pensiero coerente. 
Poi Simon prese totalmente il sopravvento, di nuovo, e lui questa volta non lo fermò e non giocò. 
Si abbandonò a quella versione così esuberante per i suoi canoni, così sciolta, così nuova.
Così sensuale. 


Note finali: un altro disegno di loro due tratto dal capitolo 26, Ancora di più, quando Simon prima di decidere cosa fare con Zlatan, fa qualche prova... non sono brava, ma per me disegnare è divertimento e lo faccio comunque, lo metto solo per dare l'idea di una scena. 

ibra e simo ancora di piĆ¹

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