*Ibra tanto ha fatto fino a che non è riuscito ad accendere per benino Simon, ora finalmente è il gran momento e farà l'attivo. Normalmente non servono tante cerimonie per un cambio di ruoli a letto, ma nel caso di Ibra sì! La seconda parte del capitolo passa invece ad argomenti più filosofici e meno terra terra. Ibra il saggio riuscirà ad aprire gli occhi a Simon? Sembra che la scadenza sia sempre più vicina. Buona lettura. Baci Akane*
39. LIBERTÀ
La lingua lo bruciò, possedendo prima la sua bocca, poi il suo collo ed il resto della sua pelle salata di sudore. Scese sui capezzoli che mordicchiò mentre le mani vagavano liberamente sui suoi fianchi e poi sotto i pantaloncini.
Simon si avventò sulla sua erezione abbassandosi, la prese e la fece sua con un ritmo subito acceso.
Zlatan lo lasciò fare mentre sentiva i propri vestiti venire tolti in fretta, le mani appoggiate sul ripiano dietro di sé, completamente disponibile a lui e a tutte le sue voglie.
Prima di farlo venire si alzò e lo tirò verso la panca del sollevamento pesi, lo fece sedere lì e finì di spogliarsi davanti a lui. Zlatan si leccò le labbra, i suoi occhi erano liquidi, carichi di un desiderio che non avrebbe frenato nemmeno se avesse voluto.
Quando fu nudo davanti a lui, annullò la breve distanza, gli prese la testa fra le mani e con una certa prepotenza da padrone gli mise la sua erezione in bocca.
Zlatan non si oppose e mentre lui lo gestiva tirandolo a sé e spingendo come se gli possedesse la bocca, corse a masturbarsi riprendendo il lavoro che la lingua di Simon aveva lasciato in sospeso prima.
Era eccitante vederlo così fuori controllo.
Si ricordò con soddisfazione il primo discorso amichevole che avevano fatto a Milanello.
‘Se diventeremo amici imparerai a lasciarti andare’
Eccolo lì, si disse.
Ed era splendido.
Non si infastidì nell’essere comandato e usato in quel modo, era il centro del suo piacere, non perché lo stava facendo godere, ma perché era lui il motivo per cui godeva. Zlatan non stava facendo nulla, non stava alzando un dito, si faceva solo fare qualunque cosa e Simon era sempre più eccitato e su di giri.
Non sarebbe servito muovere nemmeno un muscolo, Simon sarebbe venuto comunque come non era mai venuto in vita sua.
Quel modo di stare fermo alla sua mercede, quel lasciarsi fare passivo qualunque cosa mandò totalmente fuori di testa Simon, che si ritrovò a perdere il controllo come non mai.
Non aveva mai assaporato una sensazione così euforica e intossicante.
Era suo, si sarebbe fatto fare di tutto, gli sarebbe andato bene ogni cosa.
Si staccò prima di venire e decise di non tirarla per le lunghe.
Quella non era una scopata dolce e romantica dove si assaporava e si godeva lentamente per farla durare il più possibile.
Non era uno studio, non era un perdersi uno nell’altro.
Quella era un divorarsi. Anzi. Era lui che divorava Zlatan.
Decise così di divorarlo in fretta.
Lo fece alzare e lo baciò prendendogli il viso fra le mani, poi lo fece girare. Zlatan a quel punto mise un ginocchio sulla panca e si chinò in avanti aggrappandosi alla sbarra del bilanciere che adesso gli stava davanti.
Simon guardò i suoi glutei sodi con quei tatuaggi che sin dal primo istante l’avevano mandato fuori di testa e di nuovo alimentarono qualcosa che ormai era già in stadio avanzato.
La voglia esplose, percorse con la lingua i mandala andando verso il centro e una volta arrivato, morse senza fargli male.
I brividi percorsero tutto il corpo di Zlatan, glieli sentì sotto le dita mentre lo toccava e lo carezzava tenendolo fermo.
Lo sentì gemere, fece la stessa cosa all’altro mandala e a quel punto lo chiamò rivelando quanto era eccitato. La sua voce era roca e preda del piacere che non voleva più aspettare.
- Simo... - non chiese nulla, Simon sapeva cosa voleva e smise di concentrarsi sui suoi tatuaggi preferiti per poi passare alla sua fessura.
Usò la lingua e le dita e si perse in quell’atto che per Zlatan fu molto piacevole, soprattutto quando toccò quella parte così sensibile.
Sentendolo gemere, Simon si raddrizzò, si leccò la mano e se la passò sul suo membro per poi, poco dopo, accostarsi a lui e senza dire nulla lo afferrò per i fianchi e con una spinta entrò.
Zlatan si tese diventando un fascio di nervi che trasmise una scarica d’eccitazione ulteriore a Simon. Dovette fermarsi e aspettare che si rilassasse. Lo teneva per i fianchi e sentendo che rimaneva rigido, si chinò sulla sua schiena inarcata e gliela leccò lungo la spina dorsale, risalì fino alle scapole e a quel punto finalmente si rilassò.
Appoggiato al suo corpo lo carezzò col proprio fino a che chino su di lui iniziò a muoversi e quando i movimenti divennero più agevoli e facili, si raddrizzò di nuovo, tornò a stringerlo con le mani e aumentò i colpi che affondarono sempre più.
Il piacere aumentò a dismisura dandogli alla testa.
Niente di ciò che aveva fatto finora nella sua vita aveva paragoni con quello e non l’avrebbe mai dimenticato.
L’apice del periodo più piacevole della sua vita. Il massimo godimento. Una conclusione perfetta.
“Conclusione? E chi riesce più a smettere? Come potrei ora rinunciare a questo?”
Zlatan non veniva posseduto da molto ed in generale l’aveva fatto poco, però gli piaceva essere penetrato perché per gli uomini era bello e il più delle volte le dita non erano sufficienti.
La sua erezione era dritta e dura, in qualche modo perfetta, e con quella perfezione di forma e di movimento, in una sincronia dei corpi che fu incredibile, trovò l’orgasmo quando toccò di nuovo quel punto dentro di sé.
Sentendolo venire pieno di un piacere incontenibile, anche Simon trovò il suo colpo di grazia e gli venne dentro.
Forse era l’ultima volta, si disse mentre si sollevava col busto appoggiandosi a lui, contro il suo torace. Le braccia di Simon lo avvolsero da dietro, ora dolci e non più prepotenti e piene di desiderio come prima. L’incantesimo si era interrotto, spezzato, ma in realtà stava innescandosi un altro.
Le labbra di Simon si posarono dolcemente nel suo collo, risalendo sul suo orecchio. Lo baciarono spostandosi sulla sua guancia e con le dita gli voltarono il capo.
Zlatan lo accontentò e trovò la sua bocca pronta ad accoglierlo. Si baciarono mentre si incidevano a fuoco nella mente, nei corpi, nell’anima quella sensazione ed emozione unica, fortissima.
- È stato bellissimo. - mormorò Simon sulle sue labbra. Zlatan le incurvò in un sorriso soddisfatto, consapevole e vittorioso.
In qualche modo si sentiva sia vincitore che sconfitto.
Simon era stato suo in ogni modo possibile, si era lasciato completamente andare, aveva goduto come non mai e sicuramente non era mai stato così felice, pieno e realizzato in vita sua. Si era vissuto a pieno, esplorato, conosciuto ed era cambiato, lui lo vedeva quanto era cambiato.
Non sarebbe più stato lo stesso di prima, non sarebbe più riuscito a tornare il Simon di prima.
Ma si sentiva anche sconfitto, perché sapeva che sarebbe stata l’ultima volta o una delle ultime, il raggiungimento del culmine del loro esperimento, il massimo, l’obiettivo finale.
Stavano per ricevere il permesso per uscire di nuovo, per tornare ad allenarsi con la squadra.
A giorni sarebbe tornato a casa.
Forse quella sera stessa, per non farsi vedere di giorno ad uscire da casa sua.
Sarebbe tornato alla vita di prima, perché comunque ci avrebbe provato, magari non ci sarebbe riuscito, ma l’avrebbe fatto lo stesso.
Se ne sarebbe andato da casa sua e chissà se l’avrebbero rifatto? Se avrebbero di nuovo rivissuto qualcosa di simile?
Chissà se avrebbero avuto ancora quello che avevano conquistato in quel mese di convivenza?
La doccia se la fecero insieme, ma non fu né erotica né romantica. Semplicemente Simon era andato prima di Zlatan e lui, per nulla d’accordo di farlo comandare ancora e avendo concluso il suo piccolo progetto personale, decise di infilarsi con lui nel suo più che spazioso box doccia.
Sentendolo entrare a Simon venne un colpo.
- Non potevi aspettare? - poi gli venne il dubbio. - Vedi che non ho più forze, per oggi, eh? Se vuoi fare tu, ma io...
Zlatan gli scoccò un’occhiata di sufficienza.
- Non volevo aspettare il mio turno!
Simon non se la bevve, gli sembrò strano e pensò che magari volesse un po’ di coccole, ma quando vide che non accennava a niente di romantico e tenero, pensò che si vergognasse a prendere le iniziative.
Così semplicemente lo girò di schiena e gliela insaponò.
Zlatan storse la bocca provando ad opporsi, ma lo fece solo a parole, perché in realtà rimase fermo a farsi strofinare.
- Non serviva...
- Sì certo, ma visto che ci sono approfitta!
Simon lo disse con un sorrisino accondiscendente e ci mise più tempo di quel che era necessario.
- Che fai, mi lisci il leone? - commentò scorbutico Zlatan per mascherare l’imbarazzo per il gesto da fidanzati. Il leone era il tatuaggio che regnava sulla sua schiena ampia.
- Se vuoi ti liscio altro... - così dicendo gli lavò anche le natiche a lui così care.
Zlatan rise e si girò senza aspettare permessi, così si trovò costretto a ricambiare.
- Da’ qua, se volevi che ti lavassi bastava dirlo!
Simon alzò gli occhi al cielo pensando che fosse proprio infantile, ma gli lasciò credere che ci fosse cascato e non disse niente, accettando di buon grado le sue mani che lo lavavano sulla schiena. Simon aveva fatto ordinare a Zlatan un panno per pelli delicate poiché le normali spugne a lui davano irritazione. L’aveva ampiamente deriso per la sua pelle da bambino super delicata, ma la verità era che gli piaceva molto.
Era una bella sensazione farsi lavare da lui ed era effettivamente una cosa intima.
- Ti è piaciuto almeno un po’? - chiese poi Simon ancora dandogli le spalle, il capo dritto, la voce bassa e vellutata. - Non hai detto niente. - aggiunse giustificando la sua domanda.
- Non sono abituato a commentare il sesso. Lo faccio io perciò è ovvio che mi piaccia!
Simon ridacchiò girandosi nel sentire che aveva finito. Lo guardò senza paura, cercando di proposito il suo sguardo.
- Ma questa volta l’ho fatto io... era diverso dal solito...
Zlatan gli lanciò l’occhiata più breve di cui fu capace ed alzò le spalle.
- Non era la mia prima volta da passivo.
Simon a quel punto si stufò e perdendo la sua leggendaria pazienza, lo incalzò:
- Non ti ho chiesto un’analisi medica, solo se ti è piaciuto visto che era la prima volta che facevo io l’attivo fra noi! Non serve imbarazzarsi ad una domanda tanto normale! Io non dò mai giudizi sulle mie scopate, ma ogni tanto mi piace parlarne, non per valutarle ma...
A quel punto a zittirlo arrivarono le braccia muscolose di Zlatan che lo avvolsero e la sua bocca a baciarlo. La voce venne così soffocata e quando Zlatan si staccò, poco dopo, stava ridendo ed era di nuovo rilassato.
- È stato bello! Preferisco entrare io, ma mi piace ogni tanto cambiare i ruoli. È raro. Ma mi piace. O non ti avrei spinto così tanto per farlo.
Simon chiuse il rubinetto finendo la doccia e lo guardò stupito.
- Quand’è che mi avresti spinto tanto?
Zlatan rise e lo guardò malizioso.
- Tante volte, in realtà... - Simon arrossì capendo il doppio senso ma prese l’asciugamano e si avvolse uscendo dal box per primo, cosa che irritò il compagno che non voleva più far comandare lui.
- Ti ho provocato un sacco!
- Lo fai da quando ho messo piede a Milanello! - rispose subito Simon. La magia doveva essersi interrotta appena usciti dalla palestra.
- Certo, ma per farmi trombare da te solo da quando sei venuto qua...
Simon scosse il capo decidendo di lasciarglielo credere, ma Zlatan capendo che non era d’accordo, insistette per sapere cosa pensava davvero. Voleva evitare che si chiudesse in sé stesso.
- Non è così?
- Sei sempre stato provocante, con me. Avevi le idee chiare su cosa volevi da me da subito. Completamente. Su ogni singola cosa che poi abbiamo fatto. Non dico che avevi progettato tutto, ma volevi spingermi ad uscire di testa e ci sei riuscito. Il culmine sarebbe stato questo. Perciò ti ho chiesto se ti fosse piaciuto. Hai voluto questo da quel secondo giorno a Milanello.
Lo ricordava bene e sicuramente anche Zlatan che rimase esterrefatto ad ascoltarlo, capendo infine che aveva ragione. L’aveva deciso subito, non i dettagli di cosa e come, ma che l’avrebbe fatto uscire completamente fuori di testa.
Ci era riuscito davvero.
- Volevo solo liberarti. Adesso lo sei. - disse senza riflettere, spontaneo e sincero, iniziando ad asciugarsi.
Simon si fermò dal fare la stessa cosa, colpito, e lo guardò.
- Lo sono davvero? - ma non era una domanda a lui.
- Siamo ciò che vogliamo, te l’ho già detto. Gli impedimenti che vediamo, ce li mettiamo da soli perché se lo desideriamo davvero, ci sono soluzioni ad ogni problema. Sono sempre scelte che spettano a noi.
Zlatan non sembrava voler mollare. Si diresse alla camera con l’asciugamano alla vita, ancora tutto bagnato, i capelli tamponati da uno più piccolo che stava intorno al collo, non ancora pettinato, ma in disordine.
Simon lo seguì già asciutto, ancora nudo. Con un telo più piccolo si stava asciugando i capelli che ormai erano più lunghi del suo solito, come quelli di chiunque altro dal momento che il lockdown aveva chiuso anche le attività dei parrucchieri.
Per essere conforme al taglio che aveva in testa, Simon si stava facendo crescere di più anche la barba. L’avrebbe tagliata quando avrebbe concluso l’isolamento.
Era in realtà perplesso per quella che sembrava una missione per Zlatan, come lo era la ripresa del Milan. In qualche modo voleva liberarlo da qualcosa, ma da cosa? Le convenzioni sociali? Le regole del vivere insieme a qualcuno? La morale e l’etica dell’avere una famiglia?
- Ma alcune di queste scelte comportano conseguenze pesanti e brutte. - rispose con logica inoppugnabile. Non poteva dire che la gente non cercava di semplificarsi la vita con le proprie scelte. Chi mai avrebbe scelto di proposito qualcosa che gliel’avrebbe complicata?
Zlatan si era già infilato i boxer ed ora si stava pettinando guardandosi allo specchio sull’armadio a parete.
- Anche se lo sono, si possono affrontare e risolvere.
Simon storse il naso senza capire la sua mentalità ed il suo ragionamento che pareva totalmente illogico ed insensato da un certo punto di vista.
- Perché dovremmo voler fare qualcosa che ci complica tanto la vita?
Zlatan a quel punto lo guardò stupito che gli facesse davvero quella domanda e con aria totalmente ovvia e scontata, rispose col pettine a denti larghi sospeso in mano.
- Perché ci rende più felici, è ovvio! Perché lo vogliamo, in realtà. È più difficile e complicato, ma comunque è quello che desideriamo realmente, che ci fa sentire vivi, felici. I problemi si risolvono, la felicità non la ritrovi sempre!
Simon si sentì schiaffeggiato a quella risposta, si irrigidì e con le spalle dritte e tese lo guardò spaesato. Sembrava semplice e scontato, ma era vero? Era come diceva lui?
Esisteva solo una cosa che rendeva felici ed anche se portava a conseguenze disastrose, la si doveva seguire comunque e dannarsi per risolvere tutto, pur di farlo?
C’era solo quel modo per essere felici? Fare ciò che si vuole a tutti i costi?
Lui aveva scelto di vivere secondo una morale e dei principi, per quello doveva seguire delle regole. Ma era quello che l’avrebbe reso felice?
- Devi rispondere a questa domanda, Simon. - fece a quel punto Zlatan dopo essersi pettinato e aver pulito il pettine dai capelli rimasti impigliati.
Lo guardò negli occhi e serio e penetrante, disse: - Sei felice in questo momento della tua vita? In base a questo devi fare le tue scelte.
Simon rimase basito, forse aveva ragione, era così semplice. Ma dubitava che lo fosse. La vita non era mai semplice.
Eppure Zlatan sosteneva che poteva esserlo, dipendeva da sé stessi il semplificarla o meno. Forse era una filosofia, uno stile di vita. C’era chi viveva con semplicità seguendo i propri desideri andando dritti per la propria strada a costo di calpestare tutto e tutti, e c’era chi viveva complicandosela, perché non si accontentava della propria felicità, voleva che anche gli altri lo fossero e spesso per accontentarli, si finiva per sacrificare sé stessi.
Simon probabilmente faceva parte della seconda categoria, mentre Zlatan sicuramente della prima.
“Ma voglio far parte della sua categoria o voglio rimanere in questa?”
Felicità, libertà, volontà... erano tutti concetti molto astratti eppure che muovevano Zlatan e forse erano ciò che lo rendeva tanto affascinante e intrigante. Lui viveva per sé stesso?