*Simon si sveglia con la voglia di costruire un rapporto utile con Ibra. Lui, invece, si sveglia con la voglia di fare sesso. Così comincia le selezioni per trovare chi farà al caso suo, consapevole che sarà solo una. Sì, perché sa come mai improvvisamente gli è venuto quel desiderio dopo la prima notte in camera con Simon. Ma non è lui il problema, poiché come sempre ha le idee chiare e capisce subito cosa vuole. Il problema sarà Simon. Buona lettura. Baci Akane*
4. RISVEGLI
Simon si alzò con un pensiero fisso specifico.
Aveva deciso che avrebbe cercato davvero di sistemare le cose con Ibra per arrivare ad avere un buon rapporto.
Non doveva diventare suo amico, ma voleva riuscire a stare con lui senza quella strana tensione addosso.
“Forse è inutile, penso che appena esce di qua andrà dritto dritto dal mister e gli dirà che vuole cambiare compagno di camera. Se lo fa posso provare a sistemare le cose quanto voglio, ma sarebbe inutile.”
Non si svegliò con l’idea di sistemare le cose fra loro per impedirgli di farlo andare via di camera, non era realmente quello ciò che gli interessava.
Fino a poco prima della loro unica conversazione, non gli era mai venuto in mente di cercare di ottenere qualcosa di costruttivo, anzi. Aveva deciso che l’avrebbe ignorato, cosa in cui era il migliore.
Poi avevano parlato, ci aveva dormito su e si era svegliato con quell’idea diversa.
Non era vero che non voleva nulla da lui. Voleva, invece.
Un rapporto.
“È meglio da un punto di vista professionale, sono adulto e maturo, se cerco di costruire qualcosa di buono con lui, capirà che non serbo rancore e che sono pronto ad andare avanti. Spero sinceramente di non dovergliene parlare, ma se dovesse porre ancora resistenza dovrò scoprire le carte e dirlo chiaramente.”
Riteneva fosse comodo per entrambi fare finta di nulla, che 4 anni prima Ibra non gli avesse mai messo le mani intorno al collo e che lui alla fine non l’avesse mai chiamato arrogante.
Però sapeva che tipo era la persona di cui parlava.
Era testardo ed infantile, oltre che provocatorio.
“E provocante.”
Si trovò a pensarlo senza rendersene conto quando lo vide togliersi la maglietta con cui aveva dormito e girare mezzo nudo per la camera, come nulla fosse, appropriandosi per primo del bagno.
Simon si perse ad osservare la sua schiena possente ricoperta da una marea di tatuaggi, anche piuttosto belli, doveva ammettere. Gli piacevano, ne aveva a sua volta, non tanti come lui, ma ne aveva.
“Provocante in che senso?” si corresse poi tornando a scuotere la testa e radunando le cose che avrebbe indossato per il risveglio muscolare e la colazione successiva.
Alessio gli aveva illustrato il programma che precedeva le partite, perciò sapeva cosa avrebbero fatto; non era diverso da quello che si faceva sempre prima degli incontri.
Decidendo di concentrarsi sul creare un rapporto costruttivo con il minimo sforzo, ma disposto se necessario a fare anche il massimo dello stesso, eliminò direttamente i pensieri strani e superflui.
Aveva pensato che girare nudo per la camera fosse un atteggiamento provocante, ma sapeva che non era vero. O meglio lo poteva essere nell’unico caso in cui lo facesse per conquistare qualcuno che gli veniva dietro.
In quel caso sarebbe stato provocante, ma non era la loro situazione, non certo la sua.
Non gli piaceva Ibra, minimamente. Sapeva di doverci andare d’accordo, il che era diverso.
Quando uscì dal bagno, era ancora in boxer e completamente nudo, ma si era pettinato i capelli e se li era legato al suo tipico modo, con il nodo sulla coda non troppo alta.
Simon si morse il labbro impercettibilmente, ma si affrettò a fargli un vago cenno di sorriso per dargli una sorta di buongiorno, infine con la tuta e il necessario per il bagno, si infilò avendo cura a non guardarlo troppo.
Aveva un bel fisico, oltre che dei bei tatuaggi. Cercò di ricordare quanti anni avesse, ne aveva un po’ più di lui, forse 38, 8 meno di lui.
“Non ha mai detto di voler cambiare camera, ma era ovvio l’avrebbe fatto. Come è ovvio che non ci sopportiamo. Ma se lo farà davvero è finita, il rapporto va definitivamente a quel paese. Bisogna vedere quanto è disposto a crescere e quanto invece è irrimediabilmente infantile. Non voglio creare tensioni.”
Simon mentre si preparava sentendo il profumo usato da Ibra prima di lui, un dopobarba maschile estremamente piacevole, pensò a come comportarsi per spingerlo a dar loro una possibilità. Non voleva fare la parte del problematico, se lui avesse cambiato camera già il giorno dopo il suo arrivo, sarebbe stato come mettere un cartello al neon a caratteri cubitali.
‘Io e lui ci odiamo!’
“Ma non è vero che ci odiamo. Odiare è una parola troppo forte, non nutro mai sentimenti così forti per gli altri.”
In realtà nemmeno amava, per essere precisi. Figurarsi odiare.
Disapprovava, quello sì, ma per lo più ignorava e gli era indifferente la maggior parte della gente.
“Con Ibra è difficile... o lo ami o lo odi, non di certo può stare indifferente. Ma visto che non ho mai odiato in vita mia e che non è una cosa da me...”
Si chiese, senza dirselo esplicitamente, se per caso non fosse possibile farselo piacere.
Quando uscì dal bagno, decise di fare qualche tentativo e provò a fare come se cominciasse da capo.
- Sai, pensavo... - iniziò con una tranquillità che sorprese Ibra. Lo guardò seduto sul letto, vestito, che inforcava le scarpe. Simon continuò amichevole: - Sei l’unico che conoscevo già da prima, qua dentro. L’avranno fatto apposta a lasciarci insieme in camera?
E così, senza rifletterci molto e nemmeno esitare, andò a modo suo, con una certa eleganza e classe, dritto al punto nodale della questione.
O meglio, ad uno dei punti.
Il più grande erano le famose mani intorno al collo e il famoso ‘arrogante’.
Tuttavia se voleva dei risultati con uno come lui doveva dimostrargli di non avere problemi né timori.
Zlatan come Simon si era svegliato con un pensiero fisso specifico ma ben diverso dal suo.
Voglia di sesso,
Sesso con un altro uomo, per la precisione, quello che tendenzialmente preferiva e che trovava più soddisfacente.
L’attaccante, distratto dalla sua frase, rimase sorpreso del suo modo furbo di affrontare una delle questioni che li affliggevano.
Stare in camera insieme sicuramente non era piaciuto a nessuno, appena l’aveva visto entrare aveva immediatamente pensato che sarebbe andato dritto da qualcuno a imporgli un cambio stanza, non sapeva nemmeno chi e non gli importava. Sapeva solo che l’avrebbe fatto.
Ma per quando si era addormentato si era trovato a pensare che invece, in qualche modo, Simon gli piaceva, nonostante i trascorsi.
Forse proprio per quelli, gli piaceva. Perché stava lì davanti a lui senza fare una piega né scappare.
Ora arrivava e gli parlava del fattaccio senza citarlo direttamente.
Era evidente che avevano entrambi un problema con lo stare in camera insieme e ne parlava così come se non fosse niente di che.
“Ha le palle, io lo so che le ha. Lo ricordo.”
- Anche per me in effetti sei l’unico che conoscevo già. - disse senza aprirsi ad altre conversazioni.
Era una squadra giovane e lui mancava dal campionato italiano da moltissimi anni, perciò nel frattempo aveva avuto scarse occasioni, se non nulle, di interagire con giocatori della Serie A. Di conseguenza non conosceva nessuno se non Simon grazie ai vari scontri avuti in campo con le loro squadra cambiate negli anni.
- Tu hai già giocato al Milan... - gli fece notare Simon, infilandosi le scarpe da ginnastica.
- Sì, ma molti anni fa...
Simon annuì e si sentì strano a rispondergli con una calma e serenità che non pensava di poter avere con lui.
Forse dopotutto poteva tollerarlo, poteva provare a starci in camera insieme.
“Beh, ieri sera gli volevi carezzare il collo, caro Ibra. E hai apprezzato il fatto che non è uno stupido che cade nelle trappole degli altri provocatori. Sa gestirsi molto bene. Forse troppo.” concluse scoprendo velocemente le proprie carte fra sé e sé, facilmente connesse con la voglia di sesso con cui si era svegliato.
Ci aveva messo poco a capire la natura degli impulsi che lo stavano spingendo verso il compagno. Non si fece grossi problemi in merito, non se ne era mai fatto, non avrebbe certo iniziato ora.
“È un genere diverso da quello a cui sono abituato... ma mi piace sperimentare novità.”
Simon era una novità, non un tipo dolce, tenero, timido e carino oppure esuberante, socievole e sfacciato.
Era ben diverso, se ne rendeva conto. Era forse uno abituato a gestire, controllare e manovrare, come lui.
“Per questo non funzionerà mai. Ma non è che devo farci chissà cosa, me lo devo solo sbattere. Ammesso che si faccia sbattere. Mi sa che non è pane morbido e facile da mangiare.”
- Però conosci bene Milano, giusto?
Simon, uscendo con lui dalla camera, continuò a parlargli iniziando ad intavolare un dialogo del tutto normale, come se non avessero mai avuto problemi in passato, come se appena il giorno prima non avessero fatto a gara ad ignorarsi.
I due arrivarono dagli altri in palestra per iniziare il risveglio muscolare, una serie di esercizi volti ad attivare dolcemente, ma in modo mirato, il proprio corpo.
Il programma prevedeva che questo venisse svolto prima della colazione, dopo la quale si sarebbe tenuta la riunione tattica.
Zlatan si sentì strano ad arrivare con Simon e parlare con lui come niente fosse, parlò delle sue precedenti esperienze in Italia, ammettendo che effettivamente conosceva Milano piuttosto bene avendo militato in entrambi i club milanesi.
Vennero poi interrotti dal preparatore atletico che iniziò il lavoro con la squadra, successivamente persero il filo del discorso e Zlatan lasciò morire lì la cosa ed unitisi al gruppo, vennero separati e distratti.
- Come è andata la prima notte a Milanello? - chiese un cordiale Alessio.
- Oh, molto bene. Sto piuttosto bene con Ibra, è l’unico che conoscevo già, fra l’altro. Nemmeno farlo apposta, guarda...
Zlatan lo sentì parlare mentre si mettevano in tavoli diversi a fare colazione e fece un espressione perplessa.
Dire che si era trovato bene con lui era un tantino azzardato, però effettivamente doveva essersi svegliato bene visto com’era ben disposto nei suoi confronti, quel mattino.
Pensandolo, decise che non avrebbe cambiato camera, né si sarebbe lamentato.
“È chiaro che ha in mente qualcosa, ha cambiato troppo drasticamente atteggiamento nei miei confronti. Ieri avevo un muro di ghiaccio davanti a me, oggi è amichevole come non mai. Gli darò spago e vediamo dove vuole arrivare.”
Peccato che la voglia di sesso non accennò minimamente a diminuire, ma sapendo di non poter semplicemente saltare addosso a Simon così come voleva, cominciò a passare ai raggi X gli altri della squadra, alla ricerca dell’individuo giusto.
Ce n’era sempre almeno uno in tutti i gruppi.
Quello che veniva volgarmente chiamato ‘la puttana’, il gay che andava tranquillamente con chi gli capitava e che voleva solo del sano e piacevole sesso, nulla di più.
Quel genere di persona c’era sempre ovunque e lui era anche piuttosto bravo ad individuarli. Erano persone facili con cui approcciarsi, con cui non dovevi sforzarti per ottenere ciò che volevi, ovvero un buco, uno sfogo sessuale, una toccata e fuga, insomma.
Non servivano corteggiamenti, né chiacchiere. Bastavano un paio di sguardi, poi un gesto esplicito ed infine un incontro proficuo in un bagno, o una camera.
Poi amici come prima, come niente fosse successo, o magari un’altra toccata e fuga se ce n’era ancora bisogno e se si voleva, ma sempre senza impegni.
C’era sempre quel genere di persona ed il Milan non faceva eccezione.
Visionò i vari tavoli da 4 o da 6 dell’area ristoro, in quel caso erano al bar poiché il ristorante era usato solo per i pasti regolari.
Zlatan lasciò perdere la gente al tavolo con Simon, erano italiani e tutti difensori, facevano gruppo fra loro, ma era del tutto normale.
Alessio era molto carino, oltre che il capitano. Era romano e solitamente i romani erano persone molto passionali e aperte in tanti sensi, ma il suo era un caso diverso, perché era una persona più calma e tranquilla, oltretutto tendeva ad essere chiuso e timido, anche se rispetto a qualche anno prima, quando aveva osservato la gestione del Milan del suo amico Sinisa, lo vedeva molto più spigliato e socievole.
Qualunque cosa gli avesse fatto, aveva avuto successo.
Con lui c’era un altro pupillo del suo amico, il portiere Gigio Donnarumma. Era napoletano, giovane e poco attraente. Oltretutto non rispondeva al suo genere, quello che cercava nella fattispecie.
Il genere ‘puttana’.
Con loro c’era Davide Calabria, terzino molto giovane ma sufficientemente in gamba. Non sapeva da che parte dell’Italia venisse e non gli interessava, non rispondeva al profilo che cercava.
Al loro tavolo c’era anche Mateo Musacchio, argentino, non poi così male, ma non molto aperto. Ad occhio capì subito che non faceva al caso suo, li identificava subito quelli ben disposti perché avevano un atteggiamento ed un modo di posturare particolare.
Sorvolò su un altro tavolo, quello degli spagnoli o affini.
E lì si fermò di più.
Gli spagnoli ed i latini in generale avevano un indole molto aperta, passionale e caliente. Era molto facile trovare ciò che cercava in uno spagnolo e difatti non sbagliò.
Guardò per primo Theo Hernandez, il difensore arrivato quell’estate. Era francese ma aveva origini spagnole, ci aveva parlato appena arrivato e l’aveva inquadrato subito. Era bello, allegro, aperto e disponibile, ma con una fissa evidente grande come una casa per Paolo e non sembrava disposto ad uscire dall’idolatria che lo muoveva.
Con lui c’erano Suso e Samuel Castillejo,
Il suo radar si era già attivato su Samu, ma non aveva mai approfondito perché non aveva mai avuto quel bisogno specifico impellente, quello con cui si era svegliato quel mattino.
Suso lo scartò a priori, se ne stava per andare e non avrebbe avuto tempo, oltretutto voleva uno con cui rifarlo al bisogno.
Gli altri non li vide proprio.
Samu era perfetto.
Lo guardò tornando a percepire le medesime impressioni avute la prima volta che l’aveva conosciuto.
Era spagnolo, allegro, socievole, aperto e, soprattutto, chiaramente gay.
Di quel chiaramente che non lasciava spazio alle interpretazioni.
E nella fattispecie era quel genere lì.
Il genere puttana.
“Perfetto! L’ho trovato!” pensò subito allegramente Zlatan, al tavolo di Ante Rebic e Rade Krunic, affinità di zone. Se doveva scegliere con chi stare, solitamente erano loro due.
Probabilmente perché uno era croato come sua madre, l’altro era bosniaco come suo padre, perciò riuscivano anche a parlare nella loro lingua.
Di sicuro, però, nessuno di loro due era del genere che cercava, per il fatto che uno, Ante, era troppo mascolino e virile, stile serial killer, troppo simile a sé stesso. L’altro invece, Rade, era molto dolce e tenero, ma non sembrava aver minimamente capito quali erano i suoi reali istinti e non sarebbe certo stato lui ad istruirlo solo per uno sfogo del momento.
Aveva bisogno di uno che già sapeva tutto di sé e che praticava da un bel po’.
Samu aveva appena vinto quel premio.
Non era particolarmente bello, ma nemmeno brutto. Tuttavia l’aspetto passava in secondo piano, all’idea di ciò che gli serviva di lui.
Il corpo. O meglio, una sua parte specifica.