*L'ultimo giorno, l'ultima serata e per quel che sono convinti, anche l'ultima volta insieme. Ma alla fine chi avrà ragione? Zlatan che pensa ad una pausa momentanea convinto che Simon poi tornerà, o lui che vuole a tutti i costi riprendere in mano la sua vita? Cominciata come qualcosa di puramente sessuale, uno sfizio, alla fine è diventata decisamente qualcosa di più, anche se non ne vogliono parlare. Ho approfittato di una docuserie su Netflix che era uscita proprio in quel periodo su Michael Jordan e sapendo della passione di entrambi per lui, ho pensato che avrebbero potuto guardarla insieme ed ispirarli. Si parla un pochino anche di calcio, infatti di tanto in tanto ci metto questioni puramente milaniste perché soprattutto nel loro caso è una parte essenziale della loro relazione in quanto erano definiti i padri di quella squadra. Buona lettura. Baci Akane*

41. FINE DELLA BOLLA

kjbra

Zlatan non rispose e non parlò, ma quando gli tolse la felpa del tutto, Simon approfittò per scivolare giù dalle sue gambe e accucciandosi nel mezzo, glielo prese in bocca succhiando con trasporto. 
Zlatan accompagnò la sua testa nei movimenti sempre più veloci fino a che, al momento di venire, lo fermò per poi alzarlo. Simon capendo al volo cosa voleva, si abbassò i pantaloni ed i boxer, poi si girò di schiena e fece per sedersi sopra, ma esitò per permettergli di infilargli le dita che si era ricoperto di saliva. 
Lo lubrificò e lo aprì brevemente per poi prenderlo per i fianchi ed indirizzarlo sull’erezione già pronta. 
Simon si sedette su di lui facendosi penetrare, si raddrizzò e si inarcò gettando la testa all’indietro, Zlatan si alzò con la schiena e gli baciò il collo da dietro, leccandoglielo e mordicchiandoglielo. 

Simon rabbrividì coprendosi dalla testa ai piedi di un piacere immediato per quel gesto. La mano di Zlatan smise di muoverlo su e giù, lasciandolo fare a lui stesso, ma la spostò in avanti ed iniziò a masturbarlo. 
Fu come se gli leggesse nel pensiero, il piccolo morso sul collo gli aveva innescato una sorta di bisogno ulteriore e aveva capito come soddisfarlo. 
Il movimento delle dita davanti andarono in perfetta sincronia con i suoi che si spingeva da solo sollevandosi e ripetendo nel modo che gli permetteva di godere meglio, di sentirlo lì dove gli faceva sentire un piacere maggiore. Zlatan lo lasciò fare fino a che venne. 
Quando lo sentì soddisfarsi a pieno grazie allo sperma che bagnò la sua mano, lo lasciò per spingerlo ad alzarsi e a quel punto seguì quello che era ora il suo bisogno.
Simon si mise in piedi con lui sempre dentro a tenerlo serrato con le mani sui fianchi. 
Si piegò in avanti sulla scrivania, si inarcò e gli si diede meglio e lì Zlatan, alzatosi a sua volta, si mise a spingere e ad affondare usando tutta la forza e l’intensità di cui aveva bisogno per soddisfarsi. 
Lo sentì perdersi dentro di lui in un trasporto diverso dalle altre volte. Fu come se lo sentisse di più. 
“Lo fa per l’ultima volta. È questo che pensa. Che non lo faremo più...”

Per Zlatan fu così. 
Si rese conto di farlo con quella consapevolezza. 
Era convinto non avrebbe mollato, ma sapeva anche che Simon era diverso dagli altri e non gli avrebbe facilmente permesso di fare tutto ciò che voleva. 
Perciò ci sarebbe stato un momento preciso nel quale si sarebbero lasciati e avrebbero chiuso.
Per questo Zlatan si sentiva di farlo per l’ultima volta. 
Non l’avrebbe permesso, ma c’era una minuscola possibilità che alla fine la spuntasse quello stronzo re dei ghiacci. 
Affondò sempre più imprimendosi quel piacere assoluto. 
Sarebbe tornato, perché non avrebbe mai potuto fare a meno di questo. 
Zlatan sapeva anche questo. 
Andò di più e ancora di più fino a che non lo sentì eccitarsi alla ricerca di un nuovo orgasmo con la sua stessa mano. 
Zlatan sorrise vittorioso. 
“Non troverai mai questo altrove, e non potrai mai più farne a meno. Mi farai solo incazzare quando ci proverai. Ma tanto tornerai. Perché ormai sei dipendente da questo.”
Con questo, vennero insieme, Simon per la seconda volta, sconvolto più che mai. 

Simon si raddrizzò appoggiandosi a lui con la schiena, Zlatan lo avvolse fra le sue braccia forti, ancora vestito. Si era solo abbassato i pantaloni, mentre lui gli era praticamente tutto nudo addosso. 
Un’immagine sensuale che si sarebbe tenuto nella sua mente.
Lentamente si girò con aria vittoriosa. Aveva di nuovo ottenuto ciò che voleva col sesso, si sentiva sporco, ma anche potente al tempo stesso. 
Riusciva a gestire uno come Zlatan che non si faceva manovrare da nessuno ed era un’eccitazione mentale unica. 
“Chissà quante altre cose potrei ottenere e scoprire stando ancora con lui... chissà fin dove potremmo arrivare, quanto bello potrebbe essere... molto più di così...”
Gli mise le braccia intorno al collo, mentre le mani di Zlatan finivano nei suoi glutei stringendolo a sé, si guardarono un istante con espressioni consapevoli e sornioni, come se entrambi fossero convinti d’aver vinto qualcosa, molto diverso da com’era partita prima. 
Quando si baciarono entrambi si chiesero chi aveva vinto, su chi e che cosa. 
“L’ho davvero manovrato o è lui che ha manovrato me?” 
Non trovò risposta. 
“Dovevo farlo parlare per capire cosa avesse, cosa pensasse di noi... e alla fine il mezzo che dovevo usare per ottenere da lui una confessione, è diventato il suo per non parlarne.”
Sorrise approfondendo il bacio e stringendosi maggiormente a lui, sentendosi assurdamente bene nonostante le cose non fossero andate come voleva e quindi non avesse realmente ‘vinto’ qualcosa. 
“Tuttavia non sono mai stato bene come con lui. Mi fa sentire libero e felice. Se dovessi scegliere cosa voglio è questo per sempre. Questo che ho ora con lui. Ma sappiamo che non è una scelta che posso fare.”
Una sola cosa però era certa e lui ne era consapevole. 
Non avrebbe mai trovato altrove quello che aveva lì con Zlatan, nessuno l’avrebbe mai più fatto sentire in quel modo. 

Il resto della giornata era stata sorprendentemente buona, Simon aveva fatto di nuovo il pane che avevano mangiato caldo con olio di qualità ed il sale, poi avevano fatto un torneo a due di Fifa 2020 a cui ormai il danese era diventato esperto ed infine si erano allenati con la palla, all’interno della palestra che era piuttosto spaziosa e si prestava a qualche esercizio semplice di palleggio. 
Non avevano fatto nulla di serio, nessuno dei due aveva avuto voglia. Il giardino di Zlatan era grande e con una porta però sebbene fosse sufficientemente coperto nel perimetro, Simon non si era mia fidato ad uscire di giorno e Zlatan non aveva insistito. 
Era stato bello, la cena l’avevano preparata insieme, Simon che era un perfetto uomo di casa aveva insegnato a Zlatan a farsi una frittata, triplicando per lui la dose delle uova, ci aveva messo anche delle patate ed alcuni ingredienti che il proprietario di casa aveva preso al supermercato senza minimamente sapere cosa fossero. 
Era venuta una buona frittata e Zlatan aveva scoperto che era incredibilmente facile farla, così aveva trovato qualcosa di sano e normale che sarebbe stato in grado di cucinarsi da solo, nel tempo che avrebbero permesso ai collaboratori domestici privati di tornare in servizio. 
Non aveva ancora idea di quanto ci sarebbe voluto, non aveva nemmeno seguito il corso dei vari decreti né aveva approfondito quell’ultimo. Si era fatto spiegare da Simon quello che poteva o non poteva fare, ma solo perché aveva insistito per illustrarglielo, perché fosse stato per lui avrebbe semplicemente ripreso a fare quel cavolo che voleva. 
Tanto per cambiare. 
Ma Simon gli aveva giustamente fatto notare che non poteva andare in giro così come gli pareva essendo un personaggio così pubblico. Doveva d’are l’esempio in un momento di estrema tensione, dove la gente non ne poteva più dei divieti e degli obblighi e non vedeva l’ora di infrangere la legge. 
L’avrebbero preso ad esempio se l’avesse fatto anche lui, quel punto su cui l’aveva fatto riflettere era stato troppo sensato per ribattere e così aveva memorizzato cosa poteva o non poteva fare. 
Dopo cena si erano messi sul divano insieme a guardare l’ultimo episodio della docuserie The last dance, il documentario su Michael Jordan. L’avevano guardato insieme ed era stata una delle poche cose che li aveva messi d’accordo, appassionandosi da subito. Proprio quel giorno era uscito l’ultimo episodio, quasi fosse un segno del destino che indicava loro la fine di qualcosa che li vedeva accomunati. 
Non si erano messi appoggiati uno all’altro, si erano solo messi sotto la stessa coperta, tutto lì. Vicini e basta. 
Niente di che.
Era come se Zlatan non fosse più in grado di cercarlo anche se l’aveva spesso fatto, mentre Simon era già in fase di distacco, nonostante qualche ora insieme ancora. 
Non dovevano lasciarsi, non era scritto da nessuna parte, ma il progetto era stato quello sin dall’inizio e Simon voleva provarci prima di pensare a qualcosa di alternativo. Zlatan lo sapeva, non ne avevano parlato e non l’avrebbero fatto, ma lo sapeva. 
Perciò la fase del distacco, sia pure momentaneo, era già iniziata ed entrambi già si mancavano. 
- È ispirante questo documentario... - disse Simon assorbito dalla visione della storia che stava concludendosi. 
- Avranno fatto i compiti i ragazzi? 
Zlatan e Simon avevano creato un gruppo su whatsapp con la squadra al completo ed avevano spesso parlato tutti insieme, qualche volta avevano fatto una videochiamata di gruppo alquanto delirante, specie perché loro due avevano cercato di non farsi vedere insieme nella stessa casa. Nessuno conosceva le loro, perciò era bastato stare in stanze diverse e fare attenzione a non creare rimbombi sonori. 
In una di queste occasioni avevano detto loro di guardare ‘The last dance’ anche chi non aveva passione per il basket e per Michael Jordan, perché era didattico da un certo punto di vista. 
Simon aveva cercato di spiegare il motivo dicendo che era d’ispirazione e faceva capire qual era l’atteggiamento giusto e lo stato mentale per fare sport ad alti livelli, quel che poi volevano inculcare loro ai compagni.
Zlatan si era limitato ad obbligarli, dicendo che li avrebbe interrogati una volta tornati a Milanello! 
- Penso che li hai spaventati abbastanza... e poi comunque che mai avranno avuto da fare in tutte queste settimane? Avranno guardato di sicuro... 
Simon voleva essere positivo e non al covid, naturalmente. 
- È questo che devono capire. Questo atteggiamento, lo spirito, la condizione mentale... - Zlatan indicava lo schermo mentre le immagini scorrevano nella loro splendida conclusione, Simon si strinse nelle spalle mentre si lasciava prendere da una sorta di visione. 
- Beh, più che imparare da Michael per diventare come lui, hanno bisogno di un Michael in squadra che faccia per loro quel che Michael ha fatto ai Chicago Bulls... 
Zlatan si girò a guardarlo senza capire che diceva, Simon gli sorrise: era gentile e non affettuoso. Quel tipo di Simon che era stato con lui in quel periodo lì si era già ritirato. Che potere di mutamento aveva? 
Irritato decise di concentrarsi sulle sue parole, da sempre erano stati d’accordo solo su una cosa, in realtà. Il calcio. 
- Che intendi? 
- Michael Jordan è stato grande ed ha portato la squadra a numerose vittorie di titoli a discapito di un’atmosfera distesa e rilassante. Spesso era odioso, voglio dire. Perché era esigente, severo e aveva standard impossibili. Grazie a questo, però, è riuscito a ottenere tutto quel successo. A questo gruppo serve qualcuno così, che li obblighi, più che spronarli. Li obblighi a stare in riga, a crederci, ad assumere l’atteggiamento giusto vincente. Serve un Michael che sia odioso, se necessario, ma che gli tiri fuori tutto ciò che serve per vincere. Qualunque cosa sia. 
Zlatan ascoltò con attenzione le sue parole che spiegava con calma e non disse nulla, tornando a guardare le scene finali dell’ultimo episodio. 
Rimasero in silenzio a guardarlo fino in fondo, poi con i titoli di coda che passavano Zlatan bloccò lo schermo e rimase a fissarlo come se ancora ci fosse qualcosa. 
Ripensò alle parole di Simon. 
Aveva ragione. 
- Dovrei caricarmi la squadra sulle spalle e trascinarla in cima alla montagna? 
Era tornato al Milan per finire la sua carriera nel posto che aveva preferito e dove voleva rimanere anche dopo. 
Come ogni cosa che faceva, era venuto per vincere. Chiudere la carriera vincendo era il sogni di chiunque, specie il suo. 
Sapeva delle condizioni pietose del Milan, ma aveva anche visto la nuova gestione e sapeva quanto in gamba era Paolo. Dirigere era diverso che giocare, ma aveva le idee chiare su come intendeva arrivare a restituire al suo Milan i fasti che meritava. 
Tuttavia, quel che l’aveva convinto a tornare era il fatto che Paolo fosse il tifoso numero uno del Milan, nessuno sulla faccia della Terra lo era più di lui, nessuno ci teneva a quel club quanto lui.
Per questo Zlatan si era fidato, ma non aveva di fatto pensato al proprio ruolo al suo interno. Paolo gli aveva detto che voleva fosse da esempio con la sua professionalità e questo gli era piaciuto, sapeva che non sarebbe stato un grande sforzo, lui aveva sempre fatto calcio alla stessa maniera, allenandosi più degli altri e prendendolo con estrema serietà, sapeva che farlo lì o altrove non era un problema e se facendolo lì poteva essere da esempio ad altri e aiutarli ad emergere, tanto meglio. 
Successivamente aveva capito che per avere successo come voleva, doveva lavorare sul resto della squadra, non bastava fare il suo e mostrarlo a tutti. 
Doveva fare di più e così aveva iniziato a pensarci e a fare qualcosa, come creare più gruppo per compattarli, ma le sue idee poi erano state fermate da quel lockdown maledetto. 
Ora che si stava sbloccando poteva riprendere, ma le parole di Simon avevano fatto breccia nel suo animo.
Era già stato convinto di dover fare di più che dare semplicemente il suo esempio agli altri ed ispirarli, ma ora finalmente la vedeva con una chiarezza ancora maggiore. 
Doveva caricarseli in groppa e trascinarli obbligandoli in tutti i modi, a costo di essere odioso ed insopportabile ed usare le maniere forti, se necessario. 
- I tempi del dare l’esempio sono finiti, ormai. Bisogna fare come Michael Jordan, estremizzare diventando anche fanatici se necessario. Puntando in particolare su quelli con più talento inespresso. 
- Il talento da solo non basta, deve essere coltivato o non verrà mai espresso. 
- E vanno aiutati in questo. 

Parlarono del calcio, del Milan, di Michael, di sport, di atteggiamenti e mentalità e di ideali sportivi fino a notte inoltrata. 
Quando Simon, sbadigliando, guardò l’ora sospirando con una tristezza che per poco non espresse. Riuscì a nasconderla in tempo, ma non escluse che Zlatan se ne fosse accorto. 
- Dovrei andare... 
Zlatan guardò l’ora e fece una smorfia, sembrava tranquillo anche se dubitava che la stesse vivendo davvero così bene. 
Quel mattino per poco non avevano litigato. 
- Sicuro così tardi? Magari ti accompagno? 
Simon rise divertito, sentendosi strano a farlo ora che cercava di riprendere la sua figura algida e tutta d’un pezzo. 
- Sono un uomo adulto, ce la farò a proteggermi da solo... e poi i criminali in questo momento danno più nell’occhio, non gli conviene infrangere le regole adesso, sarebbero troppo esposti. 
Non poteva fare a meno di ragionare su tutto. 
Zlatan scosse il capo alzando gli occhi al cielo con un’aria di malsopportazione per quel suo lato. 
- Fa come vuoi... 
Così dicendo si appoggiò all’indietro scivolando col sedere in avanti, allungò le gambe ed i piedi spuntarono da sotto la coperta. Simon si alzò piano e gliela sistemò meglio addosso, lui alzò le braccia dietro la nuca rilassando il corpo ora tutto lungo. I capelli sciolti sparsi sullo schienale, un po’ spettinati. 
Simon li guardò e glieli sistemò insieme alla coperta, poi prima di dire qualcosa andò a recuperare in silenzio le sue cose, si mise le scarpe, la giacca, prese la mascherina e se la mise addosso senza tirarsela su, la borsa a tracolla già in spalla. 
Tornò in salotto da Zlatan, esattamente dove l’aveva lasciato. 
Si mise la mani in tasca e rimase fermo a guardarlo, ricambiato. 
Sperava di non stare esprimendo niente di particolare, in quel momento. Doveva provarci, almeno. 
Piegò la testa e si rese conto solo troppo tardi che quello indicava che gli dispiaceva, così decise di essere sincero per l’ultima volta. 
- Se solo avessi più coraggio, cambierei la mia vita. Sono stato così bene, qua con te in questo mese e mezzo... 
Zlatan lo guardò meravigliato della sua ammissione, ma non si mosse. Si torse un po’ verso di lui, abbassò le braccia e le rimise sotto le coperte. 
Non aveva realmente freddo, probabilmente, visto che ormai erano in primavera e che Zlatan era sempre stato scaldinoso. Doveva essere qualcos’altro, quel freddo. Non fisico, ma interiore. 
Non glielo chiese. 
- Non si tratta di coraggio, mi sei piaciuto da subito proprio perché hai palle da vendere e me l’hai sempre dimostrato. Non hai mai avuto paura di me. 
Simon rimase colpito che glielo dicesse, l’aveva già fatto e anche l’altra volta l’aveva penetrato. 
- E di cosa si tratta, allora? 
Zlatan alzò le spalle piegando le labbra all’ingiù in un’espressione pensierosa, abbassò lo sguardo riflettendoci poi tornò a puntarlo su di lui ancora in piedi accanto al divano. 
- Sei solo troppo rigido e poco elastico. Devi buttare giù i muri di ghiaccio che innalzi da solo per abitudine, nemmeno sai perché lo fai e da cosa ti difendi, lo fai e basta. Ma in realtà non c’è niente da cui proteggersi. Sei troppo forte per farti scalfire e ferire. 
Simon si ritrovò con gli occhi che bruciavano dall’emozione e li chiuse un paio di volte ringraziando la penombra della casa in quel momento. 
Fece un sorriso dolce spontaneo, un po’ malinconico. Non sapeva se aveva ragione, ma per il momento avrebbe provato a tornare al suo piano originale. Ci doveva almeno provare. 
Non lo lasciò, non disse nulla. Lo guardò negli occhi in silenzio per qualche istante, consapevole che lui già sapeva tutto, per questo quel mattino era stato così furioso. Non ne avevano parlato, ma si era calmato ed ora lo vedeva molto sereno e sicuro. Doveva aver fatto pace con sé stesso, in qualche modo. Non aveva idea a quale conclusione fosse arrivato e non glielo chiese. 
Non dissero niente. 
Solo una cosa. 
Simon si chinò su di lui e gli baciò le labbra, quelle di Zlatan erano morbide e rilassate. Poi si sollevò di pochi centimetri e lo guardò da vicino, in quella posizione dove niente di loro si toccava più, ma le loro anime probabilmente erano ancora agganciate. 
- Sono stato benissimo. Grazie di tutto. Se avessi avuto qualche potere avrei reso eterna la nostra splendida bolla. 
Zlatan sorrise. 
- Quando vuoi questa bolla sarà sempre qua. 

Non ne parlarono. Non dissero che chiudevano, che provavano per lo meno a farlo. 
Non servì perché lo sapevano e fu come se in ogni cosa lo esprimessero comunque. 
Simon sorrise, si alzò, sospirò e poi si alzò il cappuccio e la mascherina imitando il suo stile nell’uscire di casa. 
Zlatan sorrise guardandolo, era impossibile scambiarlo per lui, ma rimase a fissarlo finché non varcò l’uscio e solo quando rimase solo in casa si ammosciò nel posto e sospirò liberando un’espressione scontenta e ferita. 
- Dovevi per forza dirlo, eh? Potevi andartene con qualche frase odiosa che mi avrebbe fatto incazzare? Maledetto Simo! 
Sapeva che sarebbe tornato e avrebbero ripreso, ma questo non lo rendeva meno doloroso. 
“Non doveva andare così.”