44. LA VERA BOLLA
Quel giorno il livello di nervosismo di Zlatan superò i limiti storici, facendolo litigare malamente con chiunque e maltrattare ogni essere sulla faccia della Terra.
Era andato avanti tutta la notte, la peggiore mai avuta, ed era proseguito al suo risveglio.
Un terribile risveglio.
Zlatan guardò il telefono e non vedendo messaggi, sbuffò seccato gettandolo di malavoglia, poi si alzò di scatto iniziando a prepararsi.
Era il due giugno e il giorno prima era stato tolto il divieto per i viaggiatori di spostarsi da e verso l’Italia.
Doveva essere contento, in realtà, e una parte di lui lo era perché Helena stava organizzando il suo arrivo a Milano coi ragazzi, non li abbracciava da un sacco di tempo, troppo. Svezia ed Italia erano di per loro distanti e non era facile fare una scappata nel giorno libero, nel caso in cui ci fosse, o per loro venire da lui nei weekend.
Fosse stato in Spagna, Francia o Germania sarebbe stato più facile, ma non era di certo impossibile, solo più rognoso.
Adesso che tutte le restrizioni erano state tolte, sarebbero venuti da lui poiché ora era Zlatan a non potersi muovere nonostante tecnicamente avrebbe potuto prendere il suo aereo privato e raggiungerli. Ormai le attività sportive erano riprese a pieno ritmo, il 22 giugno avrebbero giocato la prima partita, il campionato sarebbe ricominciato e dovevano recuperare moltissime giornate.
Erano oltretutto rimasti fermi per settimane e riprendere la forma ed anzi, trovarla del tutto poiché si erano interrotti in un brutto momento, non era facile.
Era prioritario, in quel momento.
Tuttavia per fortuna loro avevano più facilità di movimento, la pandemia in Svezia era andata meglio, le loro attività erano proseguite meglio rispetto all’Italia dove era stato tutto bloccato e le cose avevano funzionato in generale peggio.
Il risultato era che loro, ormai, potevano trasferirsi da lui senza conseguenze, le scuole erano finite ed andava tutto bene.
Stava per riavere la sua famiglia che gli era mancata moltissimo, apparentemente solo buone notizie, la vita tornava a scorrere nel migliore dei modi. Tornava a giocare a calcio, avrebbe rivisto i suoi, i contagi erano calati. Di cosa doveva preoccuparsi?
Dopo essersi preparato, recuperò di nuovo il telefono e notando che ancora non c’erano messaggi, ebbe l’impulso di scagliarlo contro il muro e spaccarlo, ma si trattenne e se lo mise in tasca uscendo sbattendo la porta di casa, la portiera della macchina e rischiando di investire un paio di persone per le strade.
“Quello stronzo... come osa? Come osa non farsi nemmeno vivo? Cosa gli costava darmi un cenno? Lo sa cosa penso che succederà e che farà, poteva provare a smentirmi. Sa che penso che ora che Elina è tornata lui cambierà di nuovo idea e chiuderà. Non penso che possa riuscirci per molto, ma diciamo che prima non l’aveva ancora vista. Ieri è tornata da lui coi bambini, è normale che lui torni a vacillare. Lei adesso sarà lì, prima non c’era, era facile buttarsi fra le mie braccia. Adesso sarà difficile. Non impossibile. So che il bisogno che aveva prima l’avrà ancora e non sparirà, perché non era solo lo sfizio che doveva togliersi, ma un coperchio. Se l’è tolto ed ora è sé stesso. Ma è testardo, lo stronzo. Fatica ad accettarlo. A volte ci riesce, altre proprio non se ne fa una ragione. Potevo prendermi per uno meno complicato, no?”
No.
Così Simon il giorno prima aveva riavuto sua moglie, la quale si era preparata già precedentemente al primo di giugno per poter partire subito e raggiungerlo.
Questa volta con delle valige in più dell’ultima volta, pronta a rimanere lì per un po’, fino almeno all’eventuale notizia di rinnovo contrattuale col Milan o l’avviso del suo ritorno a Siviglia. Sarebbe comunque rimasta con lui di più, quella volta, visto quanto erano dovuti stare separati e che le cose potevano tornare a precipitare da un momento all’altro e ritrovarsi nuovamente separati.
Ormai c’erano.
Erano arrivati al punto tanto atteso e al tempo stesso così terrorizzante.
A marzo avrebbe fatto la firma per ritrovarsi isolato con Elina ed i figli, sarebbe stato perfetto. Lei sicuramente avrebbe funzionato come un freno riportandolo a quella che sapeva essere la via giusta, la sua vita normale.
Quella che gli avrebbe impedito di fare le cazzate che poi aveva fatto buttandosi su Zlatan.
Togliersi lo sfizio per essere pronto a tornare alla routine di prima. Come gli era venuto in mente? Come aveva pensato che avrebbe potuto funzionare?
Era davvero così ingenuo?
Forse più che ingenuo era ottuso.
Adesso lei era lì e sarebbe rimasta, non sapevano se poi sarebbero tutti tornati a Siviglia a fine stagione o se sarebbero rimasti lì insieme. Era un’altra incognita, ma se non l’avessero riscattato forse sarebbe stato meglio. Sarebbe tornato a Siviglia e si sarebbe fisicamente allontanato da Zlatan e tutto sarebbe davvero tornato come prima, anche non volendolo più.
Perché ormai non lo voleva più.
Aveva provato troppo la vita che voleva, ciò che desiderava, chi era realmente.
Si era liberato ed ora ne avrebbe dovuto sopportare le conseguenze.
Non uno sfizio, ma molto di più.
Era complicato, adesso. Contava sul fatto che tornando a Siviglia le cose migliorassero, tuttavia sapeva che c’era la possibilità di essere riscattato, dopotutto aveva giocato poco ed ora dipendeva tutto dalle partite di giugno e luglio. Poco tempo per stabilire se puntare su di lui o meno.
Magari motivo d’ansia, eppure Simon sapeva, dentro di sé, che sarebbe rimasto lì a Milano e che le cose si sarebbero complicate di nuovo. Anzi. Non di nuovo. Che sarebbero rimaste complicate esattamente così come erano ora.
Aveva fatto violenza su sé stesso per non scrivere a Zlatan, costringendosi a stare con Elina, anche se poi alla fine era stato più coi bambini.
Ma di notte, quando si erano addormentati, non aveva di certo potuto negarle quello.
Non stavano insieme da mesi, lei era sua moglie, la loro vita sessuale era sempre stata normale, né troppo intensa, né particolarmente fredda, anche se confrontata a quella con Zlatan era lontana anni luce e sembravano due iceberg.
Adesso, dopo di lui, vedeva ogni cosa diversamente, anche se in realtà niente era mutato. Non lei, non il loro rapporto.
Però lui sì, lui sì che era cambiato ed era stato così difficile da aver miseramente fallito la prima notte insieme dopo tanto tempo.
Lei era venuta, era riuscita a farle avere l’orgasmo, ma non grazie alla penetrazione. Quella parte di sé non aveva proprio funzionato in alcun modo, mai.
Si era innervosito e aveva lasciato perdere, lei era stata dolcemente delicata nel tranquillizzarlo dicendogli che spesso l’ansia da prestazione portata dall’assenza prolungata di una certa cosa, faceva brutti scherzi.
L’aveva vista così, come una cosa che voleva troppo e che per questo non era andata a buon fine.
Per gli uomini era diverso, se si innescavano certi meccanismi stressanti, l’organo non funzionava ed era normale non riuscire a farcela.
Non ne fece un dramma, ma non ne rise, lo tranquillizzò e rimasero insieme a farsi dolci coccole tutta la notte.
Mentre la mente di Simon era totalmente concentrata su Zlatan e sul fatto che lo stava ignorando così tanto che sicuramente era infuriato come una bestia e che il giorno dopo avrebbero litigato di brutto.
Avrebbe avuto ragione, ma stava provando a fare tutto quel che poteva per far andare bene le cose con Elina.
Ci teneva che non sospettasse nulla e non soffrisse.
Non era arrivato ad una conclusione, di fatto non aveva mai capito come avrebbe dovuto fare con lei, aveva solo avuto una certezza.
Non sarebbe mai riuscito a stare lontano da Zlatan e da quello che aveva con lui, totalmente libero, spontaneo e primordiale.
Finché avrebbero voluto, finché si sarebbero sentiti così, non si sarebbero interrotti. Però sapeva cosa stava pensando lui.
“È convinto che ci ho ripensato, ma non è così. Non ci ho ripensato, sto solo cercando di capire come diavolo devo fare ora nella mia vita privata, quella di prima che adesso non voglio. O meglio. Vorrei i miei figli, ma per il resto potrebbe non esistere più nulla. So che potrei serenamente dirle che non la amo più e magari che l’ho tradita così da lasciarci. So che ci riuscirei senza battere ciglio e questa consapevolezza che ho mentre immagino molti scenari in cui lo faccio, mi spaventa. Com’è possibile che io sia davvero così orribile ed insensibile? Aveva ragione Camilla? Non sono in grado di amare, di provare sentimenti ed emozioni?
“Anche con Zlatan in realtà non ce ne sono, stiamo bene insieme ed è bellissimo, ma sono perfettamente consapevole che non c’è amore, affetto né altro. E forse è perfetto proprio per questo. È il mio ambiente, rispecchia chi sono realmente. E cosa sono? Una macchina fredda insensibile? Sono un blocco di ghiaccio?”
Eppure solo il pensiero dei suoi due figli, lo frenava. Milas e Viggo non meritavano quello, che i loro genitori si separassero.
Meritavano una vita felice e lui voleva vivere con loro per sempre, crescerli, stargli vicino, non condividerli nel tempo che gli spettava.
Non era accettabile, perciò passava dall’immaginare di lasciarla allo scartarlo.
“Eppure se non trovo una soluzione, qua non sarà più una mia scelta, lei lo capirà che c’è qualcosa di strano in me, di diverso. Non è scema. Devo capire come fare. Deve esserci un modo per conciliare le cose. Deve.”
Per sua fortuna arrivò il momento di andare a Milanello ad allenarsi e questo fu un enorme sollievo per lui, come una sorta di promessa di libertà, il raggiungimento della sua oasi dove poter stare bene.
La loro bolla era finita per sempre e non sarebbe più potuta tornare, eppure mentre guidava di corsa per andare a Milanello a rivedere Zlatan, si chiedeva se forse non fosse un posto ed una situazione precisa, l’oasi in questione, ma bensì una persona.
“Credo che in realtà sia lui, la mia bolla magica di benessere psicofisico.”
Zlatan al momento non stava pensando a oasi, bolle, magie e cose positive. Stava solo pensando che appena l’avrebbe visto, l’avrebbe asfaltato.
Come osava non farsi più vivo così?
Non stavano insieme, ma avevano qualcosa. Dannazione.
Guardò infastidito l’ora, signor mister puntualità che non arrivava né un minuto prima né un minuto dopo, fece il suo ingresso a Milanello come da lui preventivato, alla sua solita ora.
Zlatan, prevedendolo, era uscito dalla palestra per andare a controllare dalle grandi finestre dell’area relax, le uniche da cui si vedeva il parcheggio.
Annuì fra sé e sé e decise di andargli incontro. Adesso ci avrebbe litigato subito e senza aspettare che fosse lui a degnarsi.
Era stufo di aspettare i suoi tempi ed i suoi modi solo per fingere a sé stesso che non gli importasse realmente.
Gli importava, ovviamente.
Simon aveva appena superato il consueto ‘posto di blocco’ dove si era fatto misurare la temperatura dal custode, una volta constatato che era bassa lo fece andare oltre, ma non andò tanto lontano.
Per poco non gli andò addosso.
Aveva solo una felpa a maniche lunghe, non aveva giacche né nulla, il solito borsone in spalla, la mascherina ancora su naso e bocca e gli occhiali da sole.
Quel giorno splendeva molto forte e caldo.
“Maledetto, è più bello del solito!”
Simon si fermò a qualche metro da lui notandolo in piedi con le braccia conserte, l’aria cupa di chi voleva litigare. Si tolse gli occhiali e contemporaneamente si abbasso la mascherina.
Zlatan inarcò le sopracciglia indicando con un gesto secco ed eloquente le scale che li avrebbero portati alle camere.
Simon guardò l’ora in un chiaro segno di controllare che avessero tempo.
- Oh, il tempo lo trovi! Salteremo la colazione!
Così dicendo lo precedette su per le scale e non disse altro, non lo fece passare per primo, ma sentiva la sua presenza silenziosa dietro di sé.
Non disse nulla fino a che non furono dentro la camera.
Simon lasciò il borsone giù insieme alla mascherina e agli occhiali, si tolse anche il telefono e li posò in parte insieme.
Poi finalmente lo guardò.
Zlatan era in procinto di esplodere, tanto per cambiare. Ed era stufo di sentirsi in quel modo con lui così spesso. Come osava avere tanta influenza sul suo umore?
Per essere ‘nessuno’ era davvero troppo presente nella sua vita!
- Hai già cambiato idea? Di nuovo? Guarda che non ci sto, eh? Sono davvero stufo, Simo!
Appena al sicuro era partito subito, non potendone più di trattenere, cosa in cui non era mai stato bravo.
Simon provò alzando le mani a prendere la parola e sembrava sempre calmo come al solito. Come osava esserlo?
Zlatan si inalberò ancora di più, alzando la voce, sempre più furioso.
- No, stammi a sentire! Non stiamo insieme, ma non siamo nemmeno estranei! Abbiamo qualcosa e mi piace quello che abbiamo e abbiamo deciso di continuarlo in ogni caso! Cosa credevi, che solo perché avevi capito di volerlo sarebbe poi stato facile e fattibile? I problemi che vedevi prima ci sono ancora, non li hai risolti perché non li puoi cancellare, ma lascia che ti ripeta cosa ti ho detto tempo fa. Gli ostacoli che vedi davanti a te, te li metti tu da solo!
Simon provò di nuovo a dire qualcosa facendosi avanti, sempre cauto, ma non lo lasciò ancora parlare e sempre più impetuoso ed infuocato, sbottò:
- Sarebbe la strada più facile chiudere con me, ma hai visto che non ci riesci perché non vuoi. E allora, visto che siamo ancora ‘qualcosa’ vedi di essere coerente. Non osare cancellarmi come se non esistessi! Non ignorarmi o giuro che ti sotterro, Simon!
Era quello che odiava più di tutti. Essere ignorato. Da lui, in particolare.
Simon scosse il capo e spalancò gli occhi e solo a quel punto riuscì a toccargli le braccia per zittirlo e, finalmente, a parlare.
- Di che diavolo parli? Non ti avrei mai ignorato, sono appena arrivato, quando ti ho dato l’idea di...
Zlatan gli prese di nuovo il collo con una mano con uno scatto di rabbia, senza stringere troppo, ma in quello che ormai era il loro gesto speciale. Simon rabbrividì di piacere e non si scostò, non provò a fermarlo ma gli mise le mani sulla vita ad indicare che non aveva paura e che gli stava bene.
- È da ieri che te ne sei andato da qua che non mi caghi! Sapevo che la rivedevi, potevi dirmi che eri ancora vivo, che era un inferno ma che ci stavi provando, che non eri riuscito a trombarla perché pensavi a me!
Le parole uscirono dalla sua bocca come un fiume in piena e colpirono Simon perché era esattamente quel che gli era successo e non sapeva come lo conoscesse così bene.
Lui contemporaneamente si rese conto d’aver detto qualcosa di troppo, così le mani di Simon dalla vita risalirono al suo viso, prendendoglielo con calma e sicurezza. Questo lo placò e smise di stringergli il collo.
Abbassò la mano.
- Non ti stavo ignorando, mi stavo concentrando su di lei. E stavo pensando già abbastanza a te, se ti scrivevo pure era finita. Io... io sono nella merda, perché non so come far funzionare tutto questo... e non basta volerlo, il problema è che farlo è davvero allucinante...
Zlatan spalancò gli occhi come una bestia ferita in procinto di attaccare e sbranare, ma Simon aumentò la presa salda sul suo viso e si allungò sui piedi per raggiungere il suo volto. Appoggiò la fronte alla sua chinandogli la testa verso di sé.
- Come fai tu con Helena? Come ci riesci? Sta arrivando, non sei agitato all’idea? Io non capisco come fare. Non voglio smettere con te, non ci riuscirei, ma non voglio lasciarla né dirle nulla, la ferirei e basta e voglio che i miei figli stiano bene, e voglio esserci sempre nelle loro vite...
Immediatamente lo sentì rilassarsi sotto le sue mani e capì d’avergli staccato la spina giusta.