*Seguiamo un po' Simon e cerchiamo di capire cosa pensa di Zlatan ora che le cose si stanno facendo strane, sopratutto cosa prova, posto che potrebbe essere comunque difficile capirlo visto com'è ermetico. Zlatan però ha le idee sempre più chiare ed ormai sa benissimo cosa va fatto, ma oggi tocca a lui rimanere abbagliato dal bel danese. Buona lettura. Baci Akane*
7. UNA PROMESSA
Simon era tornato quella sera a dormire a Milanello, aveva chiamato Paolo per parlargliene e lui aveva ovviamente dato la massima disponibilità del centro, dicendo di usare a piacimento anche il bar ed il ristorante usufruito dai ragazzi della Primavera che rimanevano nella foresteria. Gli disse solo di prenotare in anticipo i pasti che intendeva fare perché il personale si preparava in base alle presenze.
Gli confermò che diversi giocatori in passato avevano usato Milanello in attesa di sistemarsi, che non era così strano e che era un posto aperto a chi aveva bisogno di qualsiasi cosa, proprio perché pensato come una casa in grado di dare vita ad una famiglia, quello era sempre stato il senso di quel centro sportivo e di quel club.
Simon rimase estasiato dai modi di Paolo, famosi e rinomati come lui, ma averci a che fare era un’altra cosa.
Perciò quando rientrò in quella che ormai era la sua camera, era sera. Aveva espletato tutti i suoi impegni e parlato con alcuni agenti immobiliari indicando un’interesse spiccato per la zona indicata da Ibra.
Non sapeva perché, ma l’aveva fatto pensando che se fosse riuscito a costruire un rapporto buono come sperava, abitare vicino a lui poteva essere positivo.
Non si era dato altre spiegazioni, così come non si spiegò la delusione nel constatare che quella sera lui non venne, come gli aveva fatto credere.
Non l’aveva detto chiaramente, ma l’aveva sottinteso.
Ibra lo faceva stare come su una montagna russa, prima sembrava astioso, poi vagamente amichevole ed infine risultava anche inquietante.
Ad ogni modo, sarebbe andato tranquillamente avanti per la sua strada senza voltarsi indietro.
Attese comunque di vedere la porta aprirsi tutta la serata ed anche di notte, consapevole che era sciocco da parte sua immaginare di vederselo arrivare dopo una certa ora.
Forse aveva scherzato nel dire che a volte ‘scappava di casa’ per bisogno di evadere. Era tipo da farlo, non aveva stentato a crederci, perché se lo immaginava come uno difficile con cui convivere e che aveva spesso bisogno di stare solo per conto proprio, ma al tempo stesso non credeva realmente che avrebbe potuto farlo. Non ora che lui era lì dentro.
“Eppure pensavo avrebbe cambiato camera, ma non ho avuto notizie in merito, oggi. Ormai che la userò per questo periodo non sarò io a muovermi di qua, ma sembrava intenzionato a rimanerci anche lui.”
Era uno che faceva girare la testa, fu l’ultimo pensiero coerente che ebbe prima di cadere addormentato e ritrovarsi a sognare proprio Ibra e quel giorno di 4 anni prima, quando gli aveva preso il collo con una mano e gli aveva avvicinato il viso al punto da toccarlo col suo. Minaccioso, arrogante, autoritario, forte.
La differenza da quella volta, fu che lo sognò a torso nudo, come l’aveva visto in palestra quel giorno.
Il mattino successivo stava facendo colazione da solo, perplesso, ricordava molto bene il sogno fatto ed aveva avuto un sonno poco riposante, si era svegliato agitato e turbato ed era sceso al bar pensando di poter approfittare del bel boschetto che c’era intorno a Milanello per correre un po’ e schiarirsi le idee in quel freddo di gennaio.
Era abituato al freddo pungente ed alla neve, gli piaceva e non aveva problemi, tuttavia non era scaldinoso come Ibra che invece sembrava spogliarsi con ogni scusa.
Si era svegliato presto dopo aver dormito male e con ancora le immagini dello svedese che gli stringeva il collo avvicinando il viso al suo più di quello che ricordava avesse fatto nella realtà, si alzò dopo la colazione dolce all’italiana e imbottendosi con un abbigliamento adeguato, uscì ad esplorare l’esterno del centro sportivo.
Una serie di sentieri si diramava dai campi, in mezzo a quel delizioso boschetto.
Il cielo era plumbeo e minacciava di far scendere giù qualcosa, ma non c’era odore di neve.
Simon andò a colpo sicuro e durante la corsa, mano a mano che il tempo si imbruttiva buttando giù in pioggia, lui si rasserenò trovando terapeutica la fatica fisica ed una buona corsa snervante sotto un acquazzone così fitto.
Aveva sempre funzionato bene, con lui: tanto la corsa quanto la pioggia. Era un elemento che lo purificava, in qualche modo. Era come se lo pulisse da qualcosa che lo sporcava o lo turbava. Tuttavia preferiva la neve, era quello il suo elemento. Si rilassava enormemente quando c’era, specie se gli scendeva addosso.
Riuscì infatti a togliersi Ibra dalla testa e a non pensare a lui, cosa decisamente voluta.
Ultimamente ci stava pensando troppo e non gli piaceva perché non ne capiva il motivo.
Fortunatamente aveva i suoi buoni metodi per ignorare e ci riuscì fino al suo arrivo a Milanello, quando rientrato in struttura per cambiarsi, asciugarsi e prepararsi per l’allenamento mattutino con la squadra, si ritrovò proprio lui in palestra a pedalare con la cyclette, come gli aveva visto fare il primo giorno.
Probabilmente era prassi per lui arrivare presto e farne un po’, così come gli ulteriori esercizi di rinforzamento fisico che gli aveva visto fare dopo.
Si allenava molto più degli altri ed era un altro punto a suo favore, ma aveva capito subito che era un gran professionista.
Il suo problema non era quello, bensì il carattere.
Quando gli passò davanti, si fermò istintivamente per salutarlo.
Era solo e come sempre la sua musica assordante faceva da padrona, ma questa volta Ibra prese il telecomando dell’impianto che si era infilato da qualche parte nei pantaloni ed abbassò facendogli un cenno per salutarlo.
Questo fece sì che Simon si fermasse invece di tirare dritto e ricambiò sorpreso del suo continuo cambiamento di comportamento nei suoi confronti.
Non aveva idea che lui pensava la stessa cosa e che lo vedeva passare dall’indifferenza più totale alla gentilezza più disarmante.
Sembravano due schizofrenici.
- Volevi risparmiare sull’acqua per la doccia? - disse lui commentando ironico il fatto che fosse bagnato zuppo.
Simon fece un vago sorriso e rispose a tono cercando di soffocare le immagini del sogno che erano appena tornate alla mente con una certa prepotenza.
- Non sai mai quando ti servirà l’acqua, bisogna approfittarne finché c’è e la trovi!
Ibra rise mostrandogli la propria partecipazione ed apertura e buona disposizione nei suoi confronti, ma Simon non ricambiò per rimanere concentrato sul gestire i flashback del suo sogno, infatti andò dritto verso gli spogliatoi dove precedentemente aveva lasciato la sua roba per cambiarsi.
Sapendo che avrebbero fatto una parte degli allenamenti al coperto ed una parte all’esterno sotto la pioggia, Simon decise di non farsi la doccia perché consapevole che si sarebbe bagnato di nuovo.
Tuttavia essendo davvero completamente zuppo, si spogliò ed iniziò ad asciugarsi, non erano ancora arrivati gli altri anche se probabilmente l’avrebbero fatto a breve.
- No ma davvero, potevi correre sul tapis roulant, perché sei andato sotto la pioggia?
La vociona profonda e roca di Ibra gli arrivò alle spalle facendolo saltare sul posto, quando si girò verso di lui lo vide che lo squadrava soddisfatto di non capiva bene cosa.
- Ha iniziato dopo, una volta che ero in corsa non sono tornato indietro ed ho continuato. Preferisco sempre correre all’aperto. Qua intorno è bello...
- Ma adesso ti sei già raffreddato... - commentò insistendo su quello mentre col suo solito sguardo inquisitore lo fissava spudoratamente mettendolo di nuovo a disagio.
Un disagio che Simon mascherò proprio bene, come sempre.
- Mi piace la pioggia. Preferisco ancora di più la neve. Adoro la neve.
Zlatan fece un sorrisino malizioso, Simon non aveva idea che lo stava ammirando e non squadrando e che stava apprezzando la visione.
- Sei proprio tipo da neve. - rispose abbassando la voce, non stava più scherzando e i toni cambiarono improvvisamente.
Adesso stava iniziando a lanciare i suoi ami, ma aveva capito che lui era duro a cogliere qualsiasi genere di provocazione. Probabilmente non perché non le cogliesse, ma perché non voleva farlo.
Questo lo rendeva ancor più attraente e difficile.
Per non parlare del suo aspetto che era già più che sufficiente ad ispirarlo senza bisogno di aggiungerci altri particolari, come un carattere inarrivabile, tutte cose che alimentavano l’attrazione.
Simon nonostante il suo sguardo insistente ed impudente, si spogliò completamente poiché si era bagnato anche i boxer nel correre e per fortuna la pioggia aveva scrosciato giù per bene senza risparmiare un centimetro di pelle. Fissò così la sua pallida e liscia, sul davanti un po’ di peluria bionda non fastidiosa e soprattutto non esagerata, la vera sorpresa però l'ebbe quando si girò di schiena e gli rivelò il resto dei tatuaggi che normalmente si vedevano solo sulle braccia. Lì dietro, infatti, era pieno. Zlatan si ritrovò a trattenere il fiato nel guardarlo, specie perché era ben lontano dal sembrare un tipo da schiena totalmente tatuata in quella maniera. A lui, però, che amava particolarmente le schiene ricoperte di inchiostro in quella maniera, proprio come l'aveva anche lui, iniziò ad eccitarsi. Come se già non lo fosse di suo. Un piacevole contrasto.
“Tralasciando di come parla il suo culo. Non l’ha mai preso, è vergine lì dietro, si vede. Ma presto rimedierò!”
Zlatan lo immaginava simile ad una statua di ghiaccio scolpita dalle fattezze delicate sul viso e perfetto nel resto del corpo e si immaginava a leccare quel ghiaccio e renderlo incandescente.
Sarebbe partito dal collo.
Quando Simon si voltò verso di lui per infilarsi la biancheria asciutta, notò che era rimasto lì e lo stava ancora fissando e non in modo trascurabile. Del resto Zlatan non era tipo da osservare chiunque, non così. Non gli interessavano tutti.
- In che senso sono tipo da neve?
Era intercorso in realtà poco più di qualche secondo, ma a Zlatan era sembrata un’infinità. Sicuramente l’aveva beccato a fissargli il culo, ma non sembrava turbato. O se lo era, non lo dava minimamente a vedere.
“Ma riuscirò a scomporlo e a fargli mostrare ben tutto il suo turbamento.”
Non lo pensava in senso negativo, non lo voleva torturare per fargli male, voleva fargli avere reazioni calde, emozioni, sensazioni, espressioni. Farlo gridare di piacere affinché gli chiedesse, anzi, gli implorasse di farlo suo con più forza.
Perché era questo che gli piaceva quando aveva qualcuno, ma ancor di più stava trovando stimolante arrivare a quello stato con uno che era evidentemente abituato a mantenersi sempre freddo e composto.
“Non lo immagino a scopare, ma me lo scoperò per scoprire com’è quando viene fottuto.”
Anche lì, naturalmente, nessun senso negativo.
- Sembri una persona fredda, ti associo alla neve. Ma non so come sei fatto in realtà. - rispose sinceramente senza mezzi termini affrettandosi a specificare che non voleva dire che fosse realmente fatto così. Si poteva offendere ed era l’ultima cosa che voleva.
Simon si rivestì con un’altra tuta d’allenamento in fretta e non rispose non sapendo cosa dire, Zlatan cercava di capire se potesse essere imbarazzato, ma non ne poteva essere sicuro.
Quando lo vide venire verso di lui, all’uscita dello spogliatoio, lo indicò col mento rimanendo con le braccia conserte ed una spalla allo stipite, un piede incrociato sulla caviglia, comodo.
- I capelli? Non li asciughi?
Simon trattenne il fiato di fronte a lui e fu come se si ricordasse solo ora dei capelli, non ricordava di averli bagnati e spettinati, se li toccò e tornò alla sua postazione riprendendo un asciugamano e passandoselo in testa. Questo lo spettinò ulteriormente e sotto lo sguardo insistente che assorbiva e memorizzava ogni suo gesto, si pettinò.
- È inutile asciugarli, fra un po’ ci alleniamo...
Zlatan annuì uscendo poco prima di lui, facendogli strada verso la sala mensa.
- Hai già fatto colazione? - gli chiese come per dirgli di farla insieme. Simon si strinse nelle spalle esitando nell’uscire dietro, indeciso.
- In realtà sì...
- Io no, fammi compagnia.
Non era una richiesta.
Simon lo seguì con un risolino appena accennato, difficile da distinguere, ma decisamente presente secondo Zlatan.
Mentre i due si avviavano insieme all’area ristoro dove sapevano avrebbero incontrato gli altri che venivano a fare colazione lì per poi iniziare la sessione mattutina, Zlatan pensò: “La farò ben una doccia con te.”
Quasi una minaccia. In realtà una promessa.
- Hai trovato casa? - gli chiese Ibra seduto al tavolo dove al momento erano solo loro due. Ante e Rade che solitamente si univano a lui ai vari pasti, colazioni comprese, non erano ancora arrivati. Ma altri erano già lì, li guardarono e rimasero stupiti nel sentirli parlare così tanto ed in svedese. Curiosi anche di sapere cosa si dicessero.
Sembravano già in ottimi rapporti dopo appena tre giorni.
- No, gli ho spiegato le mie preferenze. Gli servono dei giorni. Per il momento dormirò qua.
- Che zona hai chiesto?
- La tua.
Ibra fece un sorrisino chiaramente contento. Sfacciato. Ma non commentò la cosa né Simon gli spiegò la ragione della sua richiesta. Tanto non gli avrebbe di certo risposto sinceramente e lui probabilmente si era già fatto qualche film. Se così non fosse stato non aveva importanza.
A Simon aveva dato inizialmente fastidio il suo fissarlo come se si aspettasse qualcosa o come se volesse provocarlo, ma poi si era abituato.
Non conoscendolo, aveva capito che doveva essere fatto così: se ti odiava, lo dimostrava senza troppi giri, ma se gli andavi a genio o magari gli piacevi, diventava insistente in quella maniera.
Aveva l’impressione che lo studiasse e di per sé non era strano, ma c’era dell’altro nel suo modo di guardarlo sempre. Era quello a metterlo a disagio.
Aveva anche pensato che avrebbero dovuto parlare di quel fatto di 4 anni prima, ma vedendo che aveva improvvisamente cambiato modi nei suoi confronti, aveva deciso che se non ce ne fosse stato realmente bisogno, avrebbe semplicemente fatto finta di nulla.
Dopotutto era Ibra ad aver sbagliato a prenderlo per il collo, se a lui stava bene non chiarire, non dovevano esserci problemi e finché lui si comportava in modo apparentemente amichevole, anche se con un che di inquietante, gli andava a genio.
Continuò a pensare al sogno per il resto del giorno ed evitò di ritrovarsi con lui negli spogliatoi al momento della fine della sessione. Notando che andava come al solito a fare altra palestra, sempre trascinandosi qualche giovane che secondo lui doveva migliorare dal punto di vista fisico, approfittò per lavarsi subito ed evaporare con la scusa di incontrare l’agente immobiliare.
Non aveva veramente fretta di trovare casa, dopotutto non stava male lì da solo, ma non voleva rivederlo di nuovo nudo.
Già il giorno dopo l’avrebbe sicuramente visto poiché poi sarebbero rimasti a dormire a Milanello per la partita in casa del giorno successivo contro l’Udinese. Scaldinoso com’era avrebbe dormito mezzo nudo, oltretutto era sicuro avrebbe giocato la partita e in quel caso non avrebbe potuto evitare di guardarlo.
“Beh per evitare di guardare qualcuno basta girare lo sguardo, non mi è difficile farlo. A quanto pare con lui non mi riesce benissimo e questo mi dà molto fastidio. Non so poi perché mi ha colpito vederlo a torso nudo tanto da sognarlo e pensarci tutto il tempo, ma devo frenare subito la cosa, qualunque essa sia. È fastidiosa, ecco cos’è. Non è normale pensare tanto al torace di un altro uomo.”
Non gli era mai capitato e la cosa iniziava a creargli disturbo, suo malgrado sapeva ancora tenere tutto ben a bada.
Si illudeva che qualunque cosa fosse stata sarebbe svanita nel nulla così com’era arrivata. Non se ne preoccupava molto, era convinto solo di doversi abituare a lui, alla sua prorompente fisicità ed ai suoi modi strani.
“Probabilmente è che mi fissa tanto. Questo mi mette a disagio, non mi piace essere guardato.”
Non poteva immaginare che in quanto a sguardo, Zlatan era altrettanto turbato dal suo. O meglio, dai suoi occhi. E comunque non turbato, ma indispettito.
Aveva una lunga e complicata storia con chi aveva gli occhi azzurri, visto che per colpa loro da bambino e da ragazzo era stato pesantemente discriminato in Svezia. Per questo aveva nutrito da sempre un odio spropositato per gli occhi azzurri e forse contro Simon aveva sempre reagito male proprio per quello. Per via dei suoi occhi.
Non sapeva che 4 anni prima aveva faticato a non mettergli due dita lì per accecarlo invece che prenderlo per il collo.
Alto, biondo ed occhi azzurri, Simon incarnava ciò che gli era sempre stato sulle palle nella sua infanzia.
Ironico che ora fosse diventato ciò che invece desiderava,