*Zlatan sta cercando di capire se con Simon c'è terreno fertile, ma non è facile perché è illeggibile. Tuttavia provocherà fino a che non otterrà qualcosa da lui, sebbene comunque non sarà ugualmente facile. Come ben sapete è vero che Ibra ha un bellissimo tatuaggio sulle natiche. A quanto pare anche Simon ce l'ha ma ho voluto inserirlo più in avanti. Buona lettura. Baci Akane*

8. PROVOCANTE

ibra

Simon entrò in camera dopo cena e dopo aver passato un po’ di tempo con alcuni compagni nella sala del caminetto, così chiamata una delle stanze relax dove la squadra si poteva radunare mentre non si allenava. 
C’erano diverse stanze, quella biliardo, quella della tv e quella del caminetto, un salotto dove stare per chiacchierare insieme. 
Aveva parlato con Alessio, cosa che a Simon veniva facile sin dal primo giorno, poi notando l’assenza di Ibra si era chiesto dove fosse e a far cosa.
Senza un motivo specifico era andato nelle altre stanze per vedere se fosse lì, una volta che non l’ebbe trovato si limitò ad andare in camera. Non per vedere se fosse lì, semplicemente perché ormai era in piedi a girare senza una meta ed uno scopo. 
Avrebbe letto un po’ in camera e si sarebbe addormentato presto, il giorno dopo c’era l’Udinese e voleva essere ben riposato. 
Lo scopo dei ritiri pre partita erano quelli, del resto. 
Trascurabile che fosse ancora a vivere lì a Milanello nonostante gli agenti avessero individuato qualche appartamento e volendo avrebbe già potuto scegliere ed entrarci subito. Purtroppo non erano nella zona da lui richiesta ed ormai si era fissato con quella, senza un motivo specifico se non una logica inoppugnabile. 
Se ad Ibra andava bene quel quartiere, significava che era migliore rispetto ad altri perciò non aveva senso affidarsi al caso e scegliere senza un minimo di informazione. Tanto più che un tetto dove stare per il momento lo aveva. 
Oltretutto sarebbe stato solo anche a casa perché Elina ed i bambini non lo avrebbero raggiunto per quella stagione.
Entrato in camera senza bussare, essendo anche sua era ovvio non lo facesse, impallidì nel ritrovarsi davanti una scena che non avrebbe mai minimamente pensato di assistere nemmeno fra mille anni luce. 
La schiena spaziosa e piena di tatuaggi di Ibra svettava sul suo letto, ma lui stava in realtà in piedi per terra. Oltre alla schiena, i suoi occhi azzurri puntarono le natiche sode che guizzavano ad ogni colpo in avanti su cui spiccavano due tatuaggi meravigliosi. Erano due mandala grandi quanto i suoi glutei perfetti.
Quei tatuaggi erano un crimine, non per la bellezza, ma perché erano come una calamita che diceva di guardare proprio lì. Li giudicò alla stregua di un tatuaggio sul basso ventre con delle frecce che indicavano giù.  
Fece fatica a riprendersi e realizzare che non c’erano solo i tatuaggi sulle sue natiche, ma anche una persona che gli stava davanti, a carponi sul materasso. 
Gemeva. 
Ed era un ragazzo. 
Simon rimase rigido ed immobile, strinse solo la mano sulla maniglia e dopo aver spalancato gli occhi ed essere avvampato istintivamente, aveva incrociato lo sguardo di Ibra che sentendo la porta aprirsi si era voltato verso di lui.
A quel punto si riprese e senza dire nulla uscì chiudendo la porta un po’ troppo forte. 
“Oh cazzo!” pensò nel panico, rimanendo fermo dove era, incapace di muoversi, “Ma era un ragazzo!”
Si trovò scandalizzato dal fatto che stesse facendo sesso con un altro uomo ed arenato su quel punto, rimase lì sotto shock.
Non si sarebbe di certo mai immaginato Ibra andare a letto con uno dello stesso sesso, cercò di ricordare se fosse sposato, cosa che nel panico aveva dimenticato. Poi ricordò dei figli e di conseguenza della moglie, Helena. 
“A parte questo non avrei mai detto che era gay!”
Con questo ricordò l’impressione avuta il secondo giorno, quando aveva pensato per un assurdo momento che avesse fatto qualcosa di sospetto con Samuel. 
Non più così assurdo, a quanto pareva. 
Fu lì che ebbe l’illuminazione e voltandosi istintivamente verso la porta vide che gli si apriva in faccia e il dubbio divenne certezza.
Un sorridente e sfacciatissimo Samuel gli sorrise beato alzando la mano, gli diede uno schiaffo amichevole sulla spalla e facendogli anche l’occhiolino andò oltre. 
Simon rimase fermo rigido e zitto, levigato nel ghiaccio che aveva già ripreso un colorito normale. 
Fortunatamente aveva riagguantato il controllo in tempo, anche se prima per un momento l’aveva completamente perso. 
“Allora era vero, si fa Samuel... quella sera stavano facendo questo... ed io che mi ero fatto problemi ad aver avuto pensieri sconvenienti!”
La porta tornò ad aprirsi, questa volta si presentò Ibra di circa cinque centimetri più alto, non poi così tanto tutto sommato, ma il necessario per fargli sollevare lo sguardo. 
I suoi occhi azzurri si puntarono immediatamente sui suoi, simili a due braci incandescenti. 
Rimase assolutamente zitto e fermo, non mosse mezzo muscolo sebbene dentro di sé si sentisse morire e bruciare e non ne sapeva minimamente il motivo, forse perché nella mente erano incise a fuoco quei due tatuaggi sui glutei sodi e tondi come i mandala.
Si era messo solo i boxer, per fortuna almeno quelli li aveva indossati, per il resto aveva i capelli sciolti sulle spalle ed era a torso nudo, senza pantaloni e scalzo. 
Gli avrebbe voluto chiedere di nuovo come faceva a non avere freddo, ma in quel momento aveva molto caldo anche lui. 
Così decise per un normale: - Scusa, non volevo interrompere, ma non sapevo cosa stessi facendo. 
Poi lo superò ed entrò toccandolo col braccio sul petto per farsi spazio e poter passare. Quel contatto fu deleterio, lo mandò a fuoco come non mai, ma rimase impassibile e freddamente, aggiunse: - La prossima volta che stai facendo certe cose in camera nostra, scrivimi o chiuditi a chiave!
Ibra lo seguì dentro richiudendo la porta, non sembrava arrabbiato o l’avrebbe sbattuta, ma al momento di guardarlo di nuovo per capire che tipo di sentimento lo muovesse, Simon se ne pentì.
Sorrideva malizioso. 
- Scopando. - disse infatti con lo stesso tono. 
- Prego? - chiese scostante e composto inarcando le sopracciglia, rimaneva in piedi in mezzo alla stanza senza ricordare più nemmeno che cosa fosse venuto a fare in camera. 
- ‘Certe cose’. È scopare. Dillo per quello che è: ‘quando vieni in camera a scopare avvisami’. 
Simon iniziò a sentirsi male, ma rimase fermo infilandosi le mani nelle tasche della tuta. Alzò le spalle fingendo indifferenza. Fingeva benissimo. 
- Ok, Scopare. Quando lo vuoi fare avvertimi così non ti interrompo. 
Ibra annuì continuando a fissarlo malizioso, i suoi occhi lo penetravano alla ricerca di qualcosa, era come se lo stesse provocando a fare o dire e lui fece violenza su sé stesso per non dargli quella soddisfazione. 
- Ti ho turbato? - chiese allora sfacciato, senza peli sulla lingua.
Era ovvio che se voleva sapere qualcosa semplicemente glielo chiedeva e basta. 
Doveva imparare da lui. 
Simon a quel punto distolse lo sguardo ed andò a letto posando il suo telefono e la propria chiave sul comodino, poi si aprì la cerniera della felpa iniziando a spogliarsi per prepararsi per la notte. 
Davanti a lui che aveva appena fatto sesso con un altro ragazzo. E che gli stava ancora nudo davanti. 
Le immagini della sua schiena, dei suoi muscoli guizzanti, delle sue natiche ben formate con quei dannati tatuaggi incisi a fuoco nella mente.
Un corpo esplosivo, possente, fatto proprio per fare sesso, per possedere qualcuno. 
- Perché avresti dovuto? Sono affari tuoi con chi fai cosa, solo mi hai colto impreparato. 
Cercò disperatamente di innalzare diecimila muri di ghiaccio spessi venti metri, ma Ibra non sembrò perdersi d’animo e sedendosi nel letto, lo guardò ancora diretto e curioso, inquisitore, provocatore. 
Oltre che provocante.
“Uno che si tatua il sedere in quel modo è provocante per forza!”
Simon sapeva perfettamente la differenza fra provocatore e provocante e sapeva perché non era normale pensare che un altro ragazzo lo fosse. 
Non se eri eterosessuale. 
Il provocatore col suo comportamento spinge alla violenza, il provocante suscitava desiderio erotico. 
Ibra era decisamente provocante, nella sua testa era il termine che prevaleva per lo più, ma sapeva che non andava bene pensarlo. Conosceva la differenza, per quello non poteva essere un errore della propria mente fuori controllo. Che poi in effetti lo fosse era indubbio, ma non era un errore. 
Ibra era provocante, ma non sarebbe dovuto esserlo, non per lui. 
- Ti sei imbarazzato? - insistette continuando a scrutarlo. Simon sospirò infastidito di quel terzo grado come del suo sguardo, ma si tolse anche i pantaloni e si infilò il pigiama sentendosi andare a fuoco. Ebbe cura di mantenersi di spalle rispetto a lui, ma sapeva che lo fissava, eccome se lo faceva. 
- No. - rispose piatto. 
- Davvero? - continuò come un martello pneumatico. Simon così dovette voltarsi dopo essersi tirato su i pantaloni larghi e neri. Gli lanciò una breve occhiata dove sperò di essere riuscito a mantenere uno sguardo impenetrabile ed indifferente. 
- Davvero. 
Sperava di esserci riuscito. 
Quando si mise anche la maglia, si sentì meglio ed Ibra si stese sul letto tirando su i piedi, piegò le gambe e incrociò le braccia dietro la nuca, rimanendo con la schiena sollevata contro la spalliera. 
Sempre coi boxer e basta, senza nemmeno tirarsi su le coperte. 
Tutto quel caldo, aveva? Davvero?
Possibile?
- E cosa pensi di quello che hai visto? 
Non avrebbe mollato e non capiva perché insisteva, ma era chiaro che finché non avrebbe soddisfatto la sua curiosità non l’avrebbe lasciato in pace e lui voleva smettere di parlarne per sempre. 
“Forse vuole essere sicuro di potersi fidare di me, dopotutto tradisce sua moglie e non con un’altra donna, cosa quasi normale tutto sommato, anche se scorretto. Scorretto per loro, non per gli altri a cui non dovrebbe importare nulla di chi tradisce chi. Ma era con un altro ragazzo. Uno come lui può essere messo in croce per una cosa simile. Non siamo degli sconosciuti, siamo sotto un microscopio, ci vivisezionano per il gusto di lapidarci, per sfogare le loro frustrazioni. È comprensibile che voglia che rimanga segreto la sua piccola debolezza.”
Era un eufemismo, ma se gli piacevano i ragazzi, non doveva essere una colpa. E se tradiva sua moglie erano comunque affari suoi.
Simon razionalizzò in un attimo, grazie a questa sua capacità innata gestì alla perfezione la situazione. 
- Non penso niente, ma se vuoi sapere se puoi stare tranquillo ora che so il tuo segreto, non sono problemi. Non lo sbandiererò in giro. Sono affari tuoi i tuoi gusti sessuali, tantomeno se tradisci tua moglie. Non ha importanza. 
Ibra non disse nulla e per capire come l’avesse presa e se fosse soddisfatto, lo guardò sedendosi sul letto, una volta pronto per la notte. 
Lo stava ancora fissando, ma questa volta era serio e non faceva alcun sorrisino strano, tuttavia era sempre inquietante. 
- Non pensi niente davvero? 
“Perché vuole tanto sapere cosa penso di lui che si fa un altro uomo?”
Simon non capiva e non voleva accontentarlo, non sapeva perché ma non voleva proprio parlarne. 
- Non ha importanza. - rispose calmo coprendosi con il piumone, evadendo di nuovo il suo sguardo che continuava a puntare su di lui. 
- Per me lo ha. 
- Perché? - a quel punto tornò a guardarlo stanco di quella conversazione che sembrava non avere fine. Non sapeva come soddisfarlo per farlo smettere. Cosa voleva da lui? 
- Perché voglio sapere cosa pensi. 
- Sono affari tuoi, non ho diritto di pensare niente su di te, non dovrebbe importarti cosa pensano gli altri, cosa penso io. Non credevo che ti sarebbe importato... 
Ibra alzò le spalle piegando la testa con aria riflessiva. 
- Infatti non mi importa cosa pensano gli altri di me, mi interessa quello che pensi tu di me. 

Simon non poteva certo sapere che Zlatan l’aveva fatto apposta solo per provocare delle reazioni e capire quanto potesse interessarlo.
Era illeggibile e sempre iper controllato, prima di buttarsi apertamente su di lui voleva capire se c’era terreno fertile, non era un suicida che ci provava a destra e sinistra anche con chi non ci sarebbe mai stato. 
Era impossibile capirlo da solo, come faceva con gli altri facilmente, ma doveva riuscirci. Perciò provocava reazioni per potergli leggere dentro. 
Inutilmente, visto che teneva tutto ben serrato e non mostrava assolutamente nulla e questo lo irritava molto. Suo malgrado non avrebbe mollato. 
Era stato estremamente soddisfacente vedere la sua faccia shoccata, prima, appena entrato. 
Era avvampato, la sua pelle bianchissima era diventata bordeaux ed aveva spalancato quei suoi bellissimi e dannatissimi occhi azzurri. Occhi che ora lo combattevano.
Aveva sempre odiato gli occhi azzurri, ora gli piacevano e non sembrava darsi pace per quello. Tuttavia lo voleva comunque. 
- Perché ti interessa il mio parere? Pensavo di non piacerti. Ti ho chiamato arrogante quando mi hai preso per il collo, sono sicuro che non te lo sei dimenticato, per questo il primo giorno mi odiavi apertamente. Credevo il giorno dopo avresti subito cambiato camera, invece eccoti qua. Addirittura ti interessa quel che penso di te? 
Simon aveva deciso di dargli corda alla sua maniera ed aveva tirato fuori delle carte nascoste da entrambi.
Zlatan, ammirato per la sua forza mentale e per le palle che continuava ad avere con lui, si voltò di più e continuò a fissarlo. Il compagno si rassegnò a girarsi per ricambiarlo come si doveva senza lanciargli brevi occhiate subito spostate. 
I loro occhi si agganciarono e non si mollarono. 
Quelli di Zlatan lo gettavano nello stesso caos che facevano i suoi? 
Non lo capiva e questo lo mandava in bestia. 
Era allucinante non capire qualcuno in quella maniera. 
- Non eravamo compagni, quella volta. Adesso lo siamo e dobbiamo andare d’accordo, perciò ho deciso di sotterrare l’ascia di guerra. In campo sul calore del momento si fanno tante cose di cui poi ci si pente. 
Simon alzò un sopracciglio incuriosito. 
- Ti sei pentito d’avermi preso per il collo? 
“Cazzo, no, lo rifarei ma in modo diverso perché io voglio accarezzartelo, ora, quel collo.”
- No, in quel momento ti volevo uccidere e non mi pento mai di quel che faccio. Adesso però è diverso, siamo compagni di squadra, dobbiamo andare d’accordo. - ripeté serio e deciso, contrasse la mascella, l’altro lo notò ma accennò ad un sorrisino molto vago per l’ammissione. 
- Sono fortunato ad essere vivo? 
- Sei stato bravo a non reagire alla mia maniera. Sei rimasto padrone di te. Non hai peggiorato la situazione. L’hai gestita bene. 
Simon accentuò il suo sorriso e Zlatan ne rimase colpito, oltre che contento. 
Gli piacevano i complimenti? A chi non piacevano in effetti...
- È impossibile che io perda la testa. - disse solamente. Zlatan si eccitò e si notò.
Era molto dotato di norma, perciò se si eccitava era subito evidente attraverso qualunque abito indossasse. Ora aveva solo dei boxer e le gambe larghe, una piegata di lato, l’altra verso l’alto su cui appoggiava un braccio. 
Non cercò di nasconderlo, attese che gli occhi di Simon scivolassero lì per vederlo, 
- Capiterà anche a te. 
Simon scosse il capo.
- Non è mai successo. 
Ci credeva, ma voleva trovare un modo per fargliela perdere.
- A me invece succede sempre. - rispose ironico, Simon ridacchiò, il suo viso si illuminò e tutto divenne più bello e più caldo. 
Il suo inguine, per esempio.
A quel punto fu impossibile per Simon non guardarlo. I suoi occhi scivolarono lì e videro l’inequivocabile rigonfiamento e si sgranarono.
Vide l’azzurro delle sue iridi farsi più grande ed intenso, poi tornò velocemente in sé, ma le sue guance bianche si colorarono di rosa.
“Vittoria!” 
Questo gli bastò come risposta.
Non gli era indifferente. 
Questo però non significava che ci sarebbe stato, uno così controllato che non aveva mai perso la testa era difficile che ci stesse pur volendolo. Se pensava che non poteva o non doveva, non ci sarebbe stato verso. 
- Me lo ricordo bene, che ti succede sempre. 
Con questo Simon si raddrizzò nel letto e scivolò verso il basso per stendersi meglio, rimase con la testa alta contro la spalliera, il cuscino un po’ sollevato per stare comodo. 
- Siamo molto diversi. - asserì Zlatan pensando a come fare per fargli capire che poteva lasciarsi andare ai suoi istinti.
Non gli era indifferente, era evidente ormai. Ma fra quello e l’accettarlo c’era un abisso e lui era apparentemente la persona più difficile che gli fosse mai capitata. 
- L’importante è trovare un punto d’incontro ed andare d’accordo. 
Simon chiuse la luce grande preparandosi per dormire, ma Zlatan aprì la propria piccola per impedirgli di porre fine a quella conversazione. Era un’occasione unica, non poteva sprecarla. 
Aveva ottenuto la sua reazione, doveva usarla fino in fondo.