2. ANCORA UN PREZIOSO CONTRIBUTO

ibrante

Aveva bisogno di correre col quad e perdersi e non tornare mai più.
Aveva bisogno di finire nel dimenticatoio del mondo. 
Notando l’assenza di Rade, aveva capito che doveva essersi fermato con Zlatan in palestra, così vedendo che ancora nessuno dei due tornava, era andato via con la voglia matta di spaccare tutto e tutti. 
Poi era arrivata la richiesta d’aiuto di Theo e l’aveva raccolta ben volentieri.
Quando gli scriveva era solo per una scopata ed in quel momento era maledettamente perfetto.
Proprio quello di cui aveva bisogno. 
Così era andato a casa sua ed avevano consumato un sesso brutale, vuoto, fine a sé stesso e forse nemmeno troppo piacevole. 
Aveva capito che Theo doveva essere in crisi con chiunque avesse una relazione, non ne sapeva nulla e non gli interessava, tanto meno glielo avrebbe mai chiesto. 
Aveva solo affondato dentro di lui, quasi a freddo, come da richiesta di Theo stesso. 
L’aveva preso da dietro ed era entrato ripetutamente sempre più forte e più a fondo, sbattendo il bacino contro le sue natiche; in quella posizione a carponi davanti a lui, nel letto di casa sua, era così sensuale. 
Theo poteva farti perdere la testa, in un certo modo. 
Era bello, sexy e scopava da dio. 
Il sesso con lui era sempre meglio e quando gli venne dentro, delle meravigliose scariche elettriche lo trapassarono dalla testa ai piedi, facendogli totalmente dimenticare di Rade, per un momento. Di lui e di quanto era lui che invece desiderava, non Theo o qualcun altro. 
Dopo averlo fatto con il francese la prima volta, aveva subito capito che era Rade quello con cui voleva fare sesso e nessun altro. Ma ovviamente era di gran lunga meglio chiunque altro, Theo se poteva scegliere, finché era disponibile.
Comunque tutti erano meglio di Rade perché era off-limits. Era la persona migliore che conosceva e non lo poteva incasinare. Se fosse andato con lui, l’avrebbe non solo incasinato, come faceva con tutti quelli che gli stavano troppo vicino, ma l’avrebbe anche rovinato. 
Si concentrò su Theo, sul suo corpo atletico e tatuato, sulle sue natiche sode che lo accoglievano invitanti e quando ebbe finito lo vide stendersi sul letto; rimase a guardarlo mentre si accasciava a pancia in giù, nascondendo il viso contro il cuscino.
Stava così male? 
Si chiese se dovesse dirgli qualcosa, ma all’idea di formulare una domanda sensibile si rese conto che sarebbero state tutte stupide. 
‘Stai male?’ Era così ovvio... 
Alla fine non chiese nulla. Rimase semplicemente con lui, in silenzio, stendendosi nel letto con lui. Prese le coperte e le tirò su entrambi, spense la luce e rimase per un po’ lì. 
Per tutto il tempo non fecero e non dissero nulla, ma aveva capito il suo stato d’animo. 
Il sesso aiutava? Forse un po’, ma di sicuro non bastava. 
Voleva chiedergli come viveva lui le crisi che non riusciva a risolvere col sesso e perché lo faceva lo stesso se non erano mai sufficienti, ma pensava di sapere la risposta in qualche modo. 
“Per quei minuti che te lo sbatti e gli vieni dentro, non pensi e non senti ed hai una forte scarica di piacere. Per qualche minuto è tutto bello. Poi il casino è dopo.”
Quando lo sentì addormentarsi, Ante si alzò sgusciando via in silenzio da casa sua, si rivestì senza fare il minimo rumore e se ne andò. 


Ripreso il telefono in mano solo una volta fuori da casa sua, vide la chiamata di Zlatan ed il successivo messaggio. 
‘Dove sei? Devo parlarti.’
Ad Ante vennero i brividi, si morse il labbro pensandoci dieci volte prima di rispondergli di sì, ma trattandosi del suo idolo ed ormai amico, decise di non fare l’idiota e con rassegnazione, gli rispose. 
‘Se vuoi arrivo a casa fra dieci minuti.’
Sapeva perfettamente di cosa doveva parlargli.
Aveva passato del tempo in privato con Rade ed ora doveva parlargli, non l’aveva mai fatto. Era ancora capace di fare 1 + 1.
Erano amici ma non di quelli che si confidavano, Zlatan non si era mai messo in mezzo nella sua vita e quella volta aveva tutta l’aria di volerlo fare.
Per questo era pieno di brividi. Erano brividi di terrore.
“Quindi Rade se ne è accorto? Perché non mi ha chiesto nulla? È andato da Zlatan pur di non venire da me? Ci è rimasto così tanto male?”
Ovviamente ci aveva messo nemmeno un minuto intero a capire alla perfezione la situazione. La sola cosa che gli mancava era il reale motivo per cui Rade ci fosse rimasto male. 
Conosceva Rade e sapeva che se era rimasto male di qualcosa, era perché aveva pensato di non essere abbastanza amico da ricevere la confidenza sulle sue preferenze sessuali direttamente da lui. 
Tutto sommato corretto anche quello, a suo modo. Solo che poi la verità profonda era un’altra e non quella che Rade aveva superficialmente pensato per comodità. 


Appena aprì la porta e lo vide, capì subito che Zlatan era arrabbiato e si sentì per un momento morire. Non dalla paura, ma dal bruciore di averlo deluso. 
Se Zlatan era arrabbiato con lui, sicuramente era anche deluso e non era una di quelle cose che voleva annoverare nella sua vita. 
- Ehi... - lo salutò sbrigativo, vergognandosi, mentre lo faceva entrare facendosi da parte. 
Aveva preso un appartamento di lusso in un’ottima zona di Milano, non vicino a quella in cui viveva Zlatan il quale aveva una casa con giardino in una località più tranquilla. 
Zlatan sfilò dentro senza salutarlo, aveva la camminata da ‘adesso ti distruggo’. 
Ante lo seguì titubante. 
Non aveva paura di lui, non l’avrebbe mai avuta di nessuno, nemmeno del diavolo in persona. 
Se necessario sapeva tenere testa a chiunque, ma cercava di evitare certi litigi che potevano portare a facili e brutali risse, perché si conosceva e sapeva di poter facilmente degenerare. 
- Ti sembrava il caso di ignorare Rade? Pensavi davvero che non se ne accorgesse? 
Andò dritto al punto, com’era nel suo stile. 
Ante decise di non perdere tempo nemmeno lui e non cercò di girarci intorno fingendo di non capire a cosa si riferiva. 
- Non mi ha detto nulla, pensavo che non l’avesse capito... non abbiamo messo i manifesti! 
- Parli di Rade, eh? Lui nota anche quanti peli hai sul culo! 
Ante si morse il labbro zittendosi. Aveva dannatamente ragione.
Rimasero in piedi in mezzo al salotto senza l’intenzione di mettersi comodi e bere qualcosa insieme da amici. Nessuno dei due avrebbe chiesto nulla, si sarebbero solo detti quello che dovevano e poi sarebbero tornati amici come prima, anche se in quel momento Zlatan aveva tutta l’aria di volerlo colpire con una testata delle sue. 
Avrebbe incassato e gliel’avrebbe ritornata, pur essendo la persona che ammirava di più in assoluto. Era il suo principio fondamentale, mai chinare il capo, mai scappare, mai ritirarsi, rispondere sempre a tono a chiunque in qualsiasi situazione.
L’aveva sempre fatto. Non si era mai tirato indietro davanti a nessuna sfida, anche quelle più sbagliate, quelle che sapeva non andavano fatte. Lui aveva sempre accettato tutto, consapevole delle pericolose conseguenze. Non si era mai ritirato. Ora non avrebbe di certo fatto eccezione. 
- Cosa sei venuto a dirmi? Ho i miei motivi se l’ho tenuto distante in questa cosa... e se lui aveva problemi con questo me ne poteva parlare, siamo amici, no? 
Ci aveva preso, Zlatan lo pensò immediatamente e lui lo capì perché non era uno che nascondeva quel che aveva in testa o che provava. 
Era un libro aperto, il suo idolo. 
Stava anche pensando che avesse le palle a parlargli così in modo tanto insolente. Ante si rese conto anche di quello, i suoi occhi lo trapassavano da parte a parte ed erano assolutamente cristallini.
Per un momento i due si guardarono in piedi uno davanti all’altro con l’impressione di volersi saltare alla gola. 

Zlatan lo guardò e gli sembrò di vedere un coltello fra i denti di Ante. Lui che l’aveva sempre adorato dal primo momento dichiarando che era il suo idolo da sempre, ora se necessario l’avrebbe attaccato e accoltellato. Figurativamente, ovviamente. 
Forse. 
Così sospirò. Sicuramente Ante era una persona molto diversa da chiunque avesse mai incontrato e molto ma molto più simile a lui di quanto avesse già capito da un anno. 
Alzò le mani in segno di pace e si sedette sulla poltrona, arbitrariamente, intenzionato a rimanere lì per il necessario, fino ad ottenere ciò che voleva. 
- Mi offri una birra? - chiese senza farsi problemi.
Ante si calmò subito. Anche se era venuto lì per ficcanasare e litigare, non avrebbe tirato fuori nulla di utile e costruttivo in quella maniera, così aveva deciso di cambiare metodo. 

Ante accettò di buon grado di sotterrare l’ascia di guerra; andò in cucina a prendere due birre, svitò i tappi e gliene diede una sedendosi sul divano, in attesa della sua prossima mossa.
Non voleva rovinare nulla con lui, ci teneva davvero moltissimo, ma non poteva transigere su certe cose. 
- Posso chiedere perché non gliene hai parlato? 
Il fatto che glielo chiedesse e non gli imponesse l’informazione, fece sì che Ante alla fine gli rispondesse, seppure riluttante. 
Tuttavia era Zlatan, come poteva fare finta di nulla? 
- Non posso coinvolgerlo in questo. 
Non che quella fosse una risposta. 
- Ci è rimasto male, pensa che non siete amici come pensava... la sta vivendo molto male e non ha il coraggio di parlartene... probabilmente perché pensa scoppierebbe a piangere... 
Ante spalancò gli occhi protendendosi verso di lui. 
- Piangeva? 
Zlatan alzò le spalle.
- Quasi. - poi aggiunse. - comunque sono affari tuoi, ma mi ha chiesto aiuto, stava male e sto solo cercando di fare l’amico. 
Ante si riappoggiò fissando la propria bottiglia fredda fra le mani, la birra brevemente sorseggiata mentre fuori ormai era sera inoltrata e l’ora di cena bella che passata e saltata. 
- E tu che gli hai detto? 

A quel punto Zlatan, senza peli sulla lingua, rispose sincero come aveva fatto con Rade. 
- Quello che penso realmente. Ovvero che lui in realtà ci è rimasto tanto male perché tu non sei andato a letto con lui preferendo invece Theo. E gli ho detto che comunque doveva parlartene perché sei uno che al massimo omette, ma non menti. 
Ante lo fissò di scatto spalancando gli occhi azzurri che colpirono Zlatan. Ormai aveva un certo debole per quel colore, sebbene avesse passato gran parte della sua vita ad odiarli. Tutta colpa di Simon, se ora gli piacevano. 
- Cos’è che gli hai detto? - chiese convinto lo prendesse in giro. Zlatan, totalmente serio, alzò le spalle e ripeté calmo. 
- Non ci è rimasto male perché non ti sei confidato con lui, ma perché non sei andato a letto con lui. Avevi voglia di scopare con un ragazzo ed hai scelto un altro. È questo che è. 
Come sempre senza filtri. 
Ante, totalmente in contropiede e respirando anche piuttosto male, lo fissò sempre convinto si fosse bevuto il cervello. 
- E... e lui? 
Zlatan alzò una spalla e riprese a bere la sua birra in totale tranquillità, ormai non più arrabbiato. 
- L’ho lasciato là a pensarci. Gli ho detto di affrontare la realtà che ignorarla non la cancellava. 
Ante a quel punto chiuse gli occhi e scosse il capo mettendosi una mano sulla fronte, imprecando nella lingua che stavano parlando e che usavano sempre insieme, il serbocroato. 
Appoggiò la testa all’indietro e rimase fermo e zitto per diversi istanti, la mano che teneva la birra era bianca da tanto che stringeva e Zlatan pensò che l’avrebbe rotta, perciò gliela tolse appena in tempo. 
- Che c’è? Si può sapere che diavolo ti prende? Da quando hai deciso di scopare con Theo sei strano... e a proposito, non avrei mai detto che eri di quel ‘gioco’. 

Zlatan sembrava tranquillo, aveva preso bene ogni informazione anche se prima era stato piuttosto furioso, ma adesso era Ante ad avere problemi a ritrovare la calma.
Si sentiva montare su dalla sua vecchia caratteristica rabbia, ma non poteva avercela con lui. Tuttavia penava non si sarebbe dovuto mettere in mezzo, ma sapeva che non era stata colpa sua. 
- Proprio da te doveva venire Rade? Poteva venire da me, no? Me lo sarei rigirato in qualche modo sistemando le cose come dovevano stare! Ora che gli hai aperto gli occhi chissà che cazzo fa... 
- E non dovrebbe farlo? Pensi che vada bene fingere di essere solo amici quando non è così? A che cazzo serve? 
- Senti, tu non sai niente! Io ti adoro e ti stimo, ma non sai sempre tutto e non hai sempre ragione. 

Lì, proprio in quel momento, Zlatan pensò che avesse proprio le palle, quel tipo, a dirgli una cosa del genere guardandolo negli occhi. E si guadagnò ancor di più il suo rispetto. 
Zlatan piegò la testa e spalancò gli occhi incredulo per poi prendere un forte respiro, bevve un gran sorso e sospirando rispose di nuovo calmo. 
- Te la faccio passare solo perché sei tu. 
Ante capì che non scherzava, ma nemmeno lui. 
- Zlatan, veramente... io semplicemente non posso con lui... 
- Ma non perché non vuoi... - specificò Zlatan basso e paziente in attesa che lo guardasse. Quando finalmente Ante lo fece, gli lesse tutta la verità nei suoi occhi azzurri e capì che non ce la faceva più a tenersela dentro. 
- Io ho una sola regola. Non incasinerò mai la vita della persona migliore che conosco. 
Silenzio. 
Questo fu sufficiente per Zlatan, per capire. 
Si vide di nuovo in lui, com’era successo prima quando erano stati in procinto di attaccarsi alla gola. 
Se lo figurò con un pugnale sotto il cuscino su cui sedeva e cercò di aiutarlo come prima aveva fatto con Rade. Ovviamente a modo suo. 
- Se vuoi tanto qualcuno, le pallide imitazioni, per quanto ben fatte, non ti basteranno mai. Lo dico per esperienza e fidati che siamo più simili di quel che sembra, io e te. Arriverà il momento in cui né Theo né nessun altro ti basterà, ma vorrai solo Rade. E non potrai evitarlo in alcun modo. Perciò il mio consiglio è di pensarci e affrontarlo subito e far pace con questa tua stupida regola. Anche perché credo tu non abbia scelta, dopo che ho forzatamente aperto gli occhi a Rade. 

Ante rimase colpito dalle cose che gli aveva detto. 
- Davvero credi che siamo simili? 
- Io non credo. Io so. 
Ante piegò il capo e lo sfidò a convincerlo, non dovette dire nulla a parole, ma Zlatan cominciò con la sua tipica calma e sicurezza che celava un istinto d’attacco pronto in ogni istante. 
- Non vuoi incasinare la persona a cui tieni di più perché finisci per mettere nei guai chi ti sta intorno, li fai soffrire ed alla fine li costringi a scappare, vero? 
Lì capì che non erano parole dette tanto per dire, ma erano proprio vere. Erano esperienze personali. 
Zlatan proseguì. 
- Da ragazzo ti mettevi continuamente nei guai ed hai finito per fare cose sempre peggiori, seguendo le compagnie sbagliate. E quando qualche buon amico ha cercato di aiutarti, tu l’hai fatto finire involontariamente nei guai al tuo posto ed ora non ti parla più, magari ha la fedina penale sporca per colpa tua, mentre lui era innocente, no? 
Ante spalancò la bocca, dimenticando di trattenere la sua mimica facciale nell’acciaio in cui era stata scalfita. 
Sentendosi squarciare e aprire, realizzò che solo uno che era davvero identico a lui e che ci era realmente passato, poteva capirlo. 
- Come... 
Zlatan sorrise consapevole, vittorioso. 
- Te l’ho detto, siamo simili. Ci sono passato. Saltavo alla gola a tutti, per la gran parte della mia gioventù. Poi ad un certo punto ho capito che sprecavo il mio tempo... 
Ante emozionato nel sentire quelle confidenze dal suo idolo, ma al tempo stesso bisognoso di saperne di più per potersi aiutare con la speranza di stare meglio, continuò a chiedere piano, preso dalle rivelazioni. 
- E come l’hai capito? 
Zlatan pensandoci si strinse nelle spalle. 
- Poco alla volta, incontrando le persone giuste che sono riuscite ad aiutarmi e che mi dicevano proprio le cose che io sto dicendo a te. È uno spreco di tempo, cercare di allontanare gli altri per proteggerli da te. Hai fatto tanti errori e non sei perfetto, hai fatto soffrire persone che non meritavano, ma sei cresciuto, adesso la tua vita è diversa. E comunque non potrai evitare per sempre di far avvicinare le persone a te. Prima o poi ci sarà qualcuno che lo farà lo stesso e a quel punto ti arrenderai e capirai che non puoi farci nulla. C’è sempre almeno una persona pronta a rischiare. Poi voglio dirti una cosa, prima di andarmene e farmi i cazzi miei. 
Ante si mise in punta sul divano, in attesa di sentire il resto, molto coinvolto dalla sua confidenza. Zlatan finì la birra e la posò sul tavolino, si mise in avanti appoggiando i gomiti sulle ginocchia e lo guardò sempre calmo e penetrante. 
- Certe persone sono molto più forti di quel che sembrano e sanno proteggersi da sole. Non sono così fragili come sembrano. 
Ante capì di nuovo che parlava di qualcuno di particolare, ma lesse una specie di tristezza di fondo e dedusse che alla fine non dovesse essere comunque finita benissimo. Dopotutto le cose finivano ugualmente. 
Non glielo chiese e non approfondì oltre, perché capì che se parlava così lo stesso, era evidente che c’era un motivo per credere in ogni caso che valesse la pena lasciar avvicinare qualcuno e rischiare anche la loro felicità. 
In qualche modo, doveva valerne lo stesso la pena. O forse rimaneva inevitabile lo stesso. 
- Certe lotte sono inutili e ti tolgono solo energie. 
Così dicendo Zlatan si alzò, gli fece un cenno col capo e con mezzo sorriso gli diede appuntamento agli allenamenti del giorno dopo.
Dopo di questo se ne andò. 
Forse aveva ragione, pensò Ante. Anzi. Aveva tutta l’aria di sapere bene ciò che diceva e se era così, valeva la pena crederci. Zlatan non era uno di quelli che parlavano a vanvera e se si prendevano la briga di mettersi in mezzo, valeva la pena dargli retta. 
“Devo parlare a Rade ed essere onesto?”
Per tutta la notte si fece quella domanda, senza trovare una risposta. 


Note Finali: Questo capitolo si colloca nella parte finale di ‘Al primo posto’, ma anche non avendola letta si capisce tutto bene tenendo in considerazione il riassunto fatto all’inizio. Per chi invece ha letto la fic, questa scena si riferisce all’ultima volta che Ante e Theo fanno sesso, poiché è quando Theo stava male per via di Daniel verso il finale, ma in seguito a questo i due si mettono insieme e di conseguenza Theo ed Ante chiudono la relazione sessuale. La storia sui guai d’adolescente di Ante sono totalmente inventati, nessun amico finisce con la fedina penale sporca per colpa sua (che io sappia), tuttavia è vero che Ante ha la passione del quad (non so dove l’ho letto, ma mi era piaciuta come passione, è così da lui!). È anche vero che Ibra è l’idolo calcistico di Ante, l’ha dichiarato quando è arrivato al Milan. Quando parlo di ‘coltello fra i denti’ e istinti omicidi vari è sempre tutto figurato, ma credo si capisca. Ho sempre immaginato Ante così, con un coltello fra i denti (o sotto al cuscino dove siede o dorme), pronto ad attaccare in modo letale chiunque in ogni circostanza. Altra cosa vera: Ibra ha parlato del suo odio (da bambino e adolescente ovviamente) verso chi aveva gli occhi azzurri poiché veniva discriminato proprio per il fatto che lui non era biondo con occhi azzurri. Adesso basta, la smetto di sproloquiare. Grazie dell’attenzione. Baci Akane