*Come anticipato nel precedente capitolo, questa parte si colloca precisamente nel 32 di Al primo posto, fra la prova di Daniel con Theo e quella con Alexis. Il Milan era in trasferta a Roma per giocare lunedì sera contro la Lazio, non la partita migliore visto che non finisce bene. In quei giorni ho deciso che è successo di tutto ed eccoci qua. Piccola partecipazione speciale di Theo e Simon in questo capitolo. Buona lettura. Baci Akane*

3. UN DISCORSO INEVITABILE

krebic

In poche parole Zlatan era arrivato, aveva detto la sua ad entrambi e li aveva gettati in crisi per poi andarsene. 
Rade se l’era cercata, al contrario di Ante, ma di fatto dopo il colloquio con lui non aveva fatto che pensare alle sue parole, senza cavarne un ragno dal buco. 
Riusciva solo a chiedersi ininterrottamente se avesse ragione, senza osare rispondersi. 
“Ci sono rimasto male perché non ha pensato a me per andare a letto con un altro ragazzo?”
La risposta la conosceva, non per questo era in grado di pronunciarla. 
Quando rivide Ante agli allenamenti del mattino insieme agli altri, si rese conto che sarebbe stato un giorno complicato anche se non quanto quello successivo, quando sarebbero andati in trasferta per la partita fuori casa. Prima di quel momento non ci aveva pensato, ma sentendo i ragazzi parlare della partita imminente, si ricordò che avrebbe dovuto dormire con Ante come di consueto e al novanta percento sarebbe stata una camera matrimoniale. Sapeva di avere un tempo più che limitato per risolvere le proprie questioni personali con il suo migliore amico o sarebbe successo un gran casino.
Rade non aveva potuto prevederlo quando aveva deciso di sfogarsi con Zlatan, anzi, l’aveva fatto proprio pensando alla trasferta con relativa notte. Aveva previsto che sarebbe stato difficile per lui stargli vicino senza tirare fuori ciò che lo angustiava, perciò aveva pensato che passando tramite un amico avrebbe potuto trovare una sorta di filtro. 
Tuttavia non era andata come aveva pensato, visto che l’amico in questione aveva aggiunto benzina sul fuoco, gettandolo ulteriormente in crisi. 
I due si incontrarono con un animo a dir poco in subbuglio, erano entrambi nervosi e pieni di pensieri uno sull’altro; quando i loro occhi si incrociarono nell’area ristoro, in particolare al bar per la colazione di rito, una morsa ai loro stomaci gli fece passare la scarsa fame del mattino. 
Si fecero un cenno amichevole finto, entrambi capirono che erano sorrisi falsissimi e che avevano qualcosa che non andava, ma non potendone parlare per il timore che l’altro poi finisse per chiedergli di rimando qualcosa su di sé, nessuno disse poi nulla.

Si bevvero un caffè insieme a Zlatan, arrivato ad interrompere il proprio preriscaldamento solitario che eseguiva ogni giorno prima degli altri. Quando li vedeva arrivare gli piaceva fare una pausa e fare colazione con loro solo per continuare a creare gruppo; poi, sempre con loro, tornava in palestra a cominciare il risveglio muscolare seguendo il programma dello staff preparatorio del club. 
Appena si sedette al solito tavolo con loro, notò subito che c’era un’atmosfera tesa e che non ne avevano parlato. Sapeva che ognuno pensava ai propri rispettivi dialoghi con lui e sentendosi responsabile, Zlatan alzò gli occhi al cielo e prendendo le proprie cose dal tavolo, si alzò spostandosi ad un altro a caso senza dire nulla di specifico. 
Il tavolo ‘a caso’ era quello dove c’era anche Simon, ma nessuno commentò. 
Ante e Rade si guardarono meravigliati senza capire perché avesse fatto così, o meglio fingendo di non capirlo, ma ovviamente non dissero nulla se non un vago e teso: - Ma che avrà? 
Anche se tutti e due sapevano cosa avesse. 


Il resto degli allenamenti non andarono meglio, la tensione rimase intatta per tutto il tempo ed i due si sforzarono di parlare recitando le parti di due persone apparentemente normali, cosa che di fatto non erano. 
Più che altro di sicuro avevano qualcosa che non andava che non volevano condividere uno con l’altro. 
Rade non aveva idea di che cosa avesse Ante, forse non stava andando bene come aveva sperato con Theo, magari era preso da lui e non gli bastava solo il sesso, anche se in realtà non sapeva proprio nulla della questione in quanto lui l’aveva capito da solo, ma il diretto interessato non gliene aveva parlato. Perciò nel non sapere i dettagli, poteva solo cercare di capirli da solo. Era evidente avesse qualcosa così come che Theo non fosse preso da lui ma da qualcun altro, tuttavia non gli era dato sapere niente. 
Lui invece non faceva che pensare alle parole di Zlatan e guardando Ante negli spogliatoi dopo la sessione regolare, nudo sotto la doccia e poi dopo a rivestirsi, capì che il suo guru aveva ragione. 
Lo dedusse inevitabilmente dopo l’erezione che gli venne e che nascose per un pelo, vestendosi in fretta e furia finendo poi per scappare a gambe levate senza dire nulla.
Mentre se ne andava alla chetichella, Rade si sentì infantile come un bambino, ma non sapeva gestire quello che gli stava capitando. Era tutto così improvviso che l’aveva preso totalmente alla sprovvista. 
Il rendersi conto che Ante e Theo facevano sesso, le rivelazioni di Zlatan così schiette e purtroppo reali, ed ora quell’eccitarsi nel guardarlo.
Quante volte l’aveva visto nudo? Come aveva potuto non accorgersi mai di nulla?
Era sempre stato felice, questo sì. 
Felice come non mai di quell’amicizia che riteneva preziosa. 
Ma non era solo questo ed ora che qualcuno o qualcosa l’aveva forzato ad aprire gli occhi, era come se si fosse messo gli occhiali.
Il punto era che vedere bene ciò che prima aveva ignorato perché tanto andava bene com’era ed ora non più, non l’aiutava a risolvere nulla, anzi. Aggiungeva un sacco di problemi ai suoi già esistenti. 
Perché ora non andava più bene? Perché ora era dovuto ingelosirsi fino a capire di cosa si trattava? E perché solo ora che c’era tutto questo, lui era anche eccitato da Ante? Prima l’aveva gestita benissimo fino addirittura a non accorgersi di nulla. 
Era proprio un idiota, un enorme assurdo idiota. 


Il giorno successivo era domenica e si sarebbero spostati a Roma nel pomeriggio per sistemarsi nell’albergo che li avrebbe ospitati nella trasferta contro la Lazio del lunedì sera. 
Ante glielo leggeva in faccia. 
Rade aveva problemi con lui e fra l’altro sapeva perfettamente di cosa si trattava grazie a Zlatan, ma il fatto che continuasse a non parlargliene complicava le cose.
Da un lato ne era contento, se non lo faceva non era costretto a prendere l’iniziativa, ma dall’altro sapeva che sarebbe stato inevitabile e soprattutto che non poteva lui stesso permettere che il suo amico si riducesse in quelle condizioni per colpa sua. 
A spingerlo a prendere le cose nelle sue mani, fu la mancanza del suo sorriso. 
Rade per tutto il viaggio da Milano a Roma non sorrise mai. 
Ante avrebbe potuto fare a meno di tante cose, ma si rese conto di non poter rinunciare al suo sorriso, fu così che decise di approfittare di quella notte per spiegargli cosa era successo e di parlargli, o meglio di farlo parlare poiché apparentemente e tecnicamente era Rade ad avere dei problemi, non lui. 
“Io non ho nulla, non voglio complicare la vita della migliore persona che conosco, cioè lui. Questa è la mia decisione, ci convivo da sempre, adesso so che Rade non è solo la persona migliore che conosco, ma è anche quella che forse amo, ma non ha importanza. Lo rovinerei. Sono un casino vivente. Non per questo, però, devo smettere di essergli amico. Se sta male che faccio, non lo aiuto? Il fatto poi che so di cosa si tratta e cosa rischio facendolo parlare, è un altro discorso. So bene che mi sparo sui coglioni da solo chiedendogli cos’ha e costringendolo a vuotare il sacco. Ma non posso perderlo a prescindere dal rapporto che ci lega. Non posso spegnere il suo sorriso. Non lo farò mai, non potrei sopravvivere senza.”

Rade non si sarebbe mai spostato di camera, sapeva che sarebbe stato come sventolare un drappo rosso davanti al toro. Se voleva nascondere il proprio reale stato d’animo, doveva comportarsi normalmente.
Peccato che fosse troppo cristallino per riuscirci. 
Non sapendo come fare, si arrese all’inevitabile confronto.
Non si erano parlati nemmeno con qualche cenno, ma Rade sapeva che Ante aveva capito qualcosa e che l’avrebbe costretto ad aprirsi. Così come sapeva che non avrebbe posto resistenza, non ne sarebbe mai stato in grado, non con lui. 

Quando arrivarono in hotel a Roma e si sistemarono nella camera, arrivò il momento più difficile. 
O per meglio cominciò. 
Di fatto era la prima volta che stavano soli, prima di quell’istante erano riusciti ad evitarlo, ma ormai sapevano che era giunto il momento. 
All’interno della loro stanza, Ante lo fissava torvo di continuo come se fosse infuriato con lui, probabilmente stava aspettando l’istante migliore per attaccare e sapeva, Rade, che l’avrebbe fatto.
Il disagio era alle stelle al punto che non riusciva a fingere nemmeno mezzo sorriso. Ormai il silenzio li inghiottiva, ma sapeva che avrebbe aspettato quella notte per parlare, perciò quella finestra di tempo che precedeva la cena dove stavano entrambi sistemando le rispettive cose mettendosi comodi, l’avrebbero passata senza un nulla di fatto. 
Rade approfittò per figurarsi la loro conversazione, con scarso successo.
“Mi chiederà cos’ho, sicuro come la morte e le tasse! ‘E cosa vuoi che abbia? Ho scoperto che te la fai con Theo e non me l’hai ancora detto... pensi che sia bello, per me, sapere che non conto nulla?’ Potrei rispondere così, metterla su questo piano. Ma non servirebbe perché mi conosce e mi direbbe qualcosa tipo ‘So che non è tutto lì. E comunque perché non me l’hai detto subito? Ho scopato con Theo da giorni, ormai!’”
Nella sua testa Rade imitava alla perfezione la voce ed il tono di Ante, ma non l’aiutava a trovare la risposta successiva. 
“E se dicessi ‘Sei tu che mi devi dire qualcosa, non io...’ Potrebbe funzionare. Gli lascerei la palla e lui sentendosi attaccare, attaccherebbe ancora più duramente e mi massacrerebbe oppure si chiuderebbe e non direbbe più nulla. È rischioso, però potrei con un po’ di fortuna evitare di parlargliene, ma a quel punto la nostra amicizia sarebbe veramente a rischio.”
Rade sapeva cosa fare per chiudere i ponti con lui, ma il punto era che non lo voleva. Non poteva dirgli che si sentiva improvvisamente attratto da lui, ma non aveva nemmeno la minima intenzione di perderlo come amico. 
“Sì, beh... come se lo volessi come amico... che casino, ragazzi! Non ho proprio idea di come gestire la cosa...”
Per sua fortuna arrivò la cena e i due, sempre in perfetto e impressionante silenzio, si unirono alla squadra nella tavolata grande preparata per loro e si separarono senza mettersi d’accordo.
Solitamente stavano appiccicati in ogni istante delle loro vite sportive, ma da quando Zlatan aveva iniziato ad insistere con la storia del ‘mescolarsi’ e fare gruppo senza fissarsi coi soliti amici da ‘confort zone’, come la chiamava lui, ogni tanto cercavano di farlo contento e si mescolavano. 
Alcuni non lo facevano e rimanevano coi propri fedeli di sempre, altri gli davano retta e passavano da un gruppetto all’altro. Fra questi c’era Simon, il quale sembrava quello più inserito fra tutti. Anche Sandro aveva preso seriamente il suo consiglio, consapevole che era importante farlo, ma non erano i soli ad eseguire alla lettera il suo ‘compito’. 
Ante si sedette vicino a Theo, ma non lo fece apposta. Fu Theo, più che altro, a sedersi vicino a lui. Mentre Rade, lanciando pessime occhiate ai due, optò per un tranquillo Alexis, il quale si unì a lui a lanciare sguardi torvi in direzione di Ante e Theo, ma per motivi che Rade ignorava totalmente, come chiunque altro. 
- Tutto bene? - chiese Simon, seduto con loro. Difficile non notare che qualcosa non andava in quei due. Rade e Alexis lo guardarono stupiti senza minimamente capire perché glielo chiedesse e Simon sorrise loro incoraggiante ed indulgente. 
- Sembrate due bambini imbronciati... è successo qualcosa? Spero niente di grave... 
Simon era una persona che sapeva come tirare fuori dagli altri quel che voleva, era un abile manipolatore, ma non in senso cattivo. Lo faceva per aiutare i suoi compagni, era una dote da capitano insita in lui, una qualità naturale. Non per niente era il capitano della nazionale danese e lì al Milan l’avevano da subito adorato tutto. 
Non era espansivo e chiassoso, ma riusciva a mettere tutti a loro agio e a legare con chiunque. 
Alexis e Rade sospirarono in perfetta sincronia, identici e abbassando gli sguardi mortificati. 
Simon per poco non scoppiò a ridere, ma si trattenne egregiamente. 
- Beh, niente che possa risolvere in questi due giorni... - ammise piano Alexis riempiendo di mistero la situazione. Simon inarcò un sopracciglio.
- Ma pensi di poterlo risolvere? - chiese dolcemente. Alexis finalmente sollevò lo sguardò timido. 
- Spero... - non andò nei dettagli e Simon lo rispettò passando subito a fissare Rade in attesa. 
Questi capendo che anche lui gli doveva dare qualcosa perché aveva l’impressione che non avrebbe mollato, rispose alzando gli occhi alla ricerca di una versione accettabile. 
- C’è una conversazione inevitabile che dovrò avere stanotte e non so se sono in grado di farla... 
Alla fine si rese conto di essere stato molto più specifico di quel che voleva e per poco non finì per raccontare anche altri dettagli. I due con lui capendo da soli più o meno di cosa si trattava, o meglio con chi ne doveva parlare, lanciarono velocemente un’occhiata ad Ante e capirono il motivo dello sguardo cupo di prima. 
- Avete discusso? - tentò logicamente Simon. Rade si strinse nelle spalle facendo un sorriso arrendevole e malinconico. 
- Non proprio. Però dobbiamo parlare di una cosa che non è facile e non so se ci riuscirò... ma so benissimo che non potrò evitarlo... 
Simon sembrò sollevarsi all’idea che in qualche modo ne avrebbe parlato comunque, così annuì sereno. 
- Vedrai che le cose verranno da sole. Non pensarci troppo. 
A Rade parve che parlasse per esperienza personale e gli sembrò di intravedere una velocissima occhiata in direzione di Zlatan, troppo breve per distinguerla, in realtà. 
Suo malgrado si sentì magicamente meglio e rincuorato. 
Del resto non aveva torto, sarebbe comunque successo e sarebbe andata in modo spontaneo. Poteva farsi tutti i piani che voleva, ma sapeva perfettamente che quando si sarebbe trovato davanti agli occhi azzurri ed inquisitori di Ante, avrebbe ammesso qualunque cosa. 


Ante l’aveva visto parlare con Simon e Alexis e aveva finito per ignorare totalmente Theo e le sue parole stile vortice infinito. 
Era completamente concentrato su come sembrava che Simon avesse dato sollievo e rischiarato un teso e depresso Rade. 
“Ah, con lui sì ed io no, eh? Con lui ci parli e ti fai aiutare e me invece mi eviti, te ne stai zitto... bene, meno male che ero io il tuo migliore amico! Ma dovrai dirmelo se hai problemi con me. Che so che ci sono grazie a Zlatan è un altro discorso, ma lui non sa che io so!”
Nella sua testa aveva molto senso e quando Theo tornò a chiedergli qualcosa, non avendo minimamente sentito cosa, lo fissò a dir poco male come volesse ucciderlo. Theo, finalmente, si zittì. 
- Ehi, se mi fissi così non ci vengo più a letto con te, eh? Ora ho capito perché Samu diceva che avrei rischiato la pelle a provarci con te... non capivo, dicevo ‘ma sì, cosa vuoi che sia? Se dice di no me ne faccio una ragione, che me ne frega? È solo una scopata!’ Ma in realtà lui sosteneva che mi avresti fatto saltare i denti. Io comunque credevo di poter parare i colpi, non sono mica debole, però adesso capisco meglio. Se mi fissi con quell’aria da serial killer non mi viene proprio voglia di farmi scopare da te... non che te l’avrei chiesto, ieri sera è stato perfetto e non voglio rovinare per ora il ricordo con... - a quel punto, FINALMENTE, si zittì ricordandosi che non poteva dire il nome del suo misterioso amante e quando si morse la lingua, Ante sospirò di sollievo e roteando gli occhi al cielo si alzò di scatto lasciando la cena a metà. 
- Non ti avrei mai detto di sì, stasera! 
Con questa poco gentile sentenza, se ne andò lanciando un’ultima occhiata omicida a Rade, il quale inghiottì a vuoto. 
- Sei l’antisesso quando parli così tanto, lo sai Theo? - il commento di Samuel al suo amico arrivò ad Ante mentre si allontanava dal tavolo facendolo assentire. Su quello aveva ragione. 


Come andasse ad un funerale, Rade seguì Ante in camera poco dopo. 
Era evidente che non potevano continuare in quel modo. 
Pensò che in caso di litigi seri e di rotture, avrebbe chiesto asilo a Simon o Alexis, gli unici due che avevano sentito dei suoi problemi e a cui non avrebbe dovuto inventare patetiche scuse. 
Non si sentiva particolarmente positivo. 
Quando lo raggiunse in camera, Ante era in boxer e si stava buttando sul letto così com’era, per nulla intenzionato a mettersi un pigiama, un paio di pantaloni o per lo meno una maglia. 
Sapeva che dormiva in boxer e Rade improvvisamente si chiese come aveva fatto a sopportarlo serenamente senza mai accorgersi di nulla.
“Sono proprio un completo ritardato!” si disse severo e disperato insieme. 
Con un sospiro profondo mise giù il proprio telefono e la chiave magnetica della camera, si tolse le scarpe ed iniziò a spogliarsi imbarazzato e teso senza dirgli mezza parola. 
Ante lo lasciò fare e lo guardò mettersi in fretta il pigiama, solo quando si fu messo nel letto accanto a lui, ovviamente matrimoniale, scoppiò. 
- Si può sapere che cazzo c’hai? Ti ho fatto qualcosa senza saperlo? Ti sembra normale ignorarmi come se ti avessi fatto un torto senza che io te l’abbia fatto? 
Sentendo quelle parole a Rade vennero in mente quelle di Simon. 
“Aveva ragione, verrà tutto da solo!”
Infatti, girandosi verso Ante seduto vicino con le spalle contro la testiera e le gambe piegate avanti a sé, lo fissò torvo e sbottò: 
- Sei serio? Davvero pensi di non aver fatto nulla? 
Ed eccolo lì, il famoso drappo rosso sventolato davanti al toro. 
Rade vide gli occhi azzurri di Ante farsi come due fessure simili a lame di coltello. 
Gli occhi di qualcuno che poteva tranquillamente uccidere veloce e letale. 
Rade non aveva mai avuto paura di lui e nemmeno ora l’aveva, ma pensò che era vero quel che dicevano di lui. Non l’aveva mai condiviso, ma ora sì. Ora capiva. 
Se voleva poteva uccidere, ne aveva la certezza, in quell’istante. 
Però anche lui si rese conto di poterlo fare e fu un attimo molto breve, ma realizzare che Ante osava essere infuriato con lui quando sapeva benissimo che non aveva ragione, lo bruciò in un istante. 
- Cos’avrei fatto, io? - chiese Ante sibilando a denti stretti, il tono teso pronto ad attaccare alla gola. 
Rade si girò col corpo verso di lui per poter guardarlo dritto in viso e con un’ira che non aveva mai provato in vita sua, sentendosi addirittura tremare fisicamente per quanto furiosa scorreva l’adrenalina dalla rabbia, disse: - Ti sei scopato Theo e non me l’hai detto! Ti sembra che questo sia NIENTE? 

Ante si sentì come sconnesso, per un momento. Sbalzato fuori dal corpo e poi rientrato. Tale fu la sensazione nel vederlo per la prima volta da quando lo conosceva così furioso. 
Avrebbe scommesso la sua vita sul fatto che il buono, gentile e carino Rade non potesse arrabbiarsi, che non fosse proprio nel suo DNA, ma si rese conto che probabilmente sarebbe stato meglio non innescarlo mai. 
“Troppo tardi. Adesso spegnilo se ci riesci...”
Suo malgrado tornò presto in sé e disinserendo il cervello come nella maggior parte delle volte, rispose duro, molto più duro di come avrebbe voluto. 
- Non pensavo di doverti dire per forza tutto. 
“No dannazione, non doveva andare così! Dovevamo parlare del fatto che lui è attratto da me e che è geloso, perché è questo che lo ferisce e lo fa star male. Che cazzo sto facendo?”
Ma la sua testa non voleva saperne di collegarsi alla bocca. 
- Che cosa?! - sussurrò sempre teso Rade, in procinto di esplodere.
- Hai capito bene, siamo mica a bambini che ti devo dire per forza tutto? Abbiamo firmato un contratto? 
Le parole uscivano fuori dal suo controllo, in puro istinto, solo per proteggersi. Una modalità che scattava in automatico in certe occasioni. 
Non doveva, non voleva reagire così, non voleva rispondere in quel modo, ma  sapeva che era per questo che aveva la sua regola e aveva sempre cercato di rispettarla a tutti i costi.
Proprio perché finiva per ferire chi aveva accanto, non voleva farlo con la persona migliore che conosceva. Rade ormai era appena diventato la sua ennesima vittima. 
Aveva cercato con tutto sé stesso di evitarlo, ma aveva sbagliato a diventargli amico e stargli così vicino. Era quello che avrebbe dovuto evitare.