12. NUOVA STAGIONE, NUOVE PROVE
Theo sospirò malinconico mettendo giù la propria valigia sul suo letto a Milanello.
La camera era la solita, si era portato diversi nuovi vestiti avendo preso l’ultimo giorno alcuni vecchi per fare un po’ di cambio.
Con lo sguardo sorvolò triste il secondo letto singolo che era stato rimesso contro il muro sempre quel famoso ultimo giorno a Milanello, prima di chiudere la stagione ufficialmente.
Non l’avevano fatto sapendo che non sarebbero tornati lì insieme, ma semplicemente perché non sarebbero rientrati per qualche settimana.
Theo rimase ad osservare quel letto che non sarebbe tornato attaccato al proprio e non si sarebbe riempito con le cose di Daniel.
Oltre a lui se n’era andato anche Samuel, era stato inevitabile e giusto, ma triste ugualmente.
Affrontare quel ritiro estivo sarebbe stato probabilmente più difficile del previsto, sicuramente più di tutti gli altri.
Gli occhi cominciarono a bruciargli, quando un’altra valigia venne malamente sbattuta sul letto che stava fissando a dir poco depresso, poi una manata gli slogò la spalla lasciandogli cinque dita con tanto di impronte digitali.
- EHILÀ SI TORNA AI VECCHI TEMPI EH?!
La voce acuta e squillante di Brahim gli parlò con un allegrissimo spagnolo, prima di poter registrare il senso delle sue parole gli aveva tirato le scarpe, una dietro l’altra.
- BRUTTO COGLIONE, VUOI UCCIDERMI?
Ma Brahim gli planò subito addosso come uno scoiattolo che aveva bevuto troppo caffè. Aveva anche agilmente schivato le sue scarpe, infatti.
Theo non ebbe scelta che girare su sé stesso con lui appeso alla schiena, le sue gambe avvinghiate alla vita, le braccia a strozzarlo intorno al collo e la sua voce che trillava non capiva bene cosa sull’essere felice di essere di nuovo compagni di stanza.
Era così ovvio che lo sarebbero stati, dopotutto.
Ognuno orfano del proprio ragazzo per motivi diversi.
Dopo il terzo giro nel disperato tentativo di toglierselo di dosso, Theo tentò il tutto per tutto buttandosi di schiena sul letto, schivò per miracolo la valigia e finalmente Brahim sciolse braccia e gambe, le allargò e stramazzò.
Per un lunghissimo e leggendario mezzo secondo non si sentì nulla. Theo respirò di sollievo tornando ad appropriarsi della propria trachea fino a che i trenta secondi vennero superati e le manine di Brahim si afferrarono stile pinze alle sue guance e tirando contemporaneamente tentò di staccargliele.
Theo poté solo ululare perché non riusciva a fare altro.
Dopo interminabili svariate torture, smise di aggredirlo per rimanergli semplicemente abbracciato dietro schiacciato dal suo dolce peso.
- Nano malefico, di cosa ti sei fatto? - grugnì Theo che non era ancora del tutto del suo solito umore, ma quanto meno era meno auto distruttivo di prima.
Brahim gli scoccò un bacio sulla guancia.
- Ci penserò io a te! Vedrai che supereremo gloriosamente un altro anno!
Theo non ne era così sicuro, ma scuotendo il capo si decise a sorridere e assecondarlo.
Dopotutto Brahim era di nuovo single e per di più giocava con il suo ex. Non era una situazione facile nemmeno per lui.
- Dovresti trovare un chiodo scaccia chiodo invece che tentare di distruggermi per non pensare a Sandro!
Appena lo disse Brahim lo lasciò spingendolo via, Theo franò per terra di faccia ma non si fece male, si issò a quattro zampe e lo fissò volutamente malefico. Ridacchiò.
- Te la sei cercata!
- Sto bene! Non sto cercando di non pensare a lui! Ci siamo già rivisti e riparlati. Sono passato a recuperare le mie cose per portarle di qua. È tutto a posto.
Theo scosse il capo alzandosi dal pavimento ed andò fintamente ad aprire gli armadi per farli arieggiare prima di riempirli.
Nel proprio c’erano ancora un po’ di vestiti, a fine stagione avevano fatto il cambio delle divise e delle tute ACMilan varie per mettere quelle nuove. In quell’occasione si erano tutti presi i cambi vecchi lasciando qualcosa che sarebbe stato ancora utilizzato. Di fatto si trattava principalmente di biancheria intima dal momento che per stare in squadra dovevano usare le cose fornite dal club con gli sponsor.
Quando aprì le ante di Daniel, ora di Brahim, si fece di nuovo malinconico.
Erano vuote.
- È passato a svuotarlo. - constatò più a sé stesso che a Brahim. Il compagno però si alzò e gli diede un’altra manata senza dire nulla, questa volta sull’altra scapola ma meno forte di prima.
Andò poi ad aprire la porta finestra che dava nel terrazzo comune di tutte le camere al primo piano di quel lato, uscì e si affacciò coi gomiti.
Theo lo guardò perplesso decidendo di lasciar perdere gli spazi vuoti di Daniel, forse concentrarsi sugli amici che fingevano di stare bene ma che in realtà stavano male, era meglio.
Lo raggiunse straordinariamente silenzioso e si mise accanto a lui nella stessa posizione. Lo sguardo sorvolò sul centro sportivo che per loro era come una seconda casa, forse anche prima in certi casi.
- Come stai, sul serio? - gli chiese poi dopo un po’ di straordinario silenzio.
Brahim non lo guardò ma rispose prontamente: - E tu?
Theo ridacchiò e sbottò sinceramente: - Di merda!
Brahim si unì a lui nella risatina nervosa.
- Io mi dico che dovrei stare peggio di come sto, ma in realtà è più il rimpianto per come doveva andare. Non è tanto la mancanza di quel che avevo con lui o cose simili... non so se ha senso.
Per Theo non l’aveva, ma un bravo amico non glielo avrebbe mai detto.
- Basta che l’abbia per te. Nessuno può dire come ci si deve sentire.
- È che... credo avessimo proprio ragione quando ce lo siamo detti...
Theo gli lanciò un’occhiata incuriosita e lui aggiunse ricambiandolo straordinariamente serio: - Che non era amore. Solo affetto ed intesa sessuale che poi si è persa. Se fosse stato amore sarei devastato.
- Se era amore non vi sareste lasciati. - sentenziò logico stile Daniel. Brahim sogghignò.
- Parli come il tuo ragazzo!
A questo Theo si illuminò e sospirò sentimentalmente tornando a sentire la sua enorme mancanza, sprofondò con il viso fra le braccia incrociate sul parapetto e miagolò qualcosa. Brahim, ridendo, gli circondò le spalle con un braccio posandogli un affettuoso bacio lì dove prima gli aveva lasciato le sue cinque dita.
- Dai, ce la faremo.
- Non abbiamo scelta.
Aveva pensato a tutto suo padre, anche se per l’occasione aveva seguito l’operazione anche sua madre, in particolare lei si era occupata delle cose più pratiche che riguardavano l’appartamento e tutto ciò che gli sarebbe servito per vivere là.
Daniel le aveva detto che se la sarebbe potuto cavare da solo per pulire e cucinare, ma lei aveva insistito per trovare tramite un’agenzia una persona che se ne occupasse spaventata dall’idea che finisse sommerso dalla sporcizia e che mangiasse cibo spazzatura.
- Mamma, non sono un bambino.... Dovrei iniziare a cavarmela da solo...
- Beh, pagherai tutto tu, tesoro...
- Sì, con addebito automatico nel mio conto corrente... praticamente nemmeno saprò di pagare! - brontolò Daniel col broncio.
Adriana l'abbracciò forte assicurandosi che ci fosse tutto quello che poteva servirgli.
In realtà non aveva dimenticato nulla, anzi, aveva anche pensato al superfluo, tuttavia l’aveva lasciata fare permettendole anche di dormire lì qualche giorno per aiutarlo a sistemare bene tutta la casa e a comprare quel che serviva.
Aveva trovato un appartamento in centro, in una zona piuttosto bella di La Spezia, perfetto per una persona, già arredato ma senza determinati accessori e alcuni elettrodomestici.
Così lei ovviamente aveva fatto tutte le spese del caso con lui.
Era la prima volta che lui andava via di casa sul serio ed anche l’ultimo di famiglia a farlo.
Era stata più dura per lei che per tutti gli altri, nemmeno per lui forse lo era allo stesso modo.
Suo padre non si era trattenuto così tanto, li aveva accompagnati ed era tornato a riprendere sua moglie per portarla a casa dopo qualche giorno.
Quello successivo alla partenza definitiva di sua madre, Daniel avrebbe iniziato il suo ritiro estivo con la sua nuova squadra, lo Spezia Calcio.
La città era relativamente vicina a Milano anche se non poi così tanto.
Poco meno di 3 ore di macchina.
La città era decisamente bella, mentre a livello calcistico secondo Paolo gli poteva andare bene. Non voleva una squadra con chissà quali aspettative e ambizioni, gli bastava giocare e lì Paolo aveva valutato che Daniel avrebbe avuto buone possibilità di farlo.
Aveva controllato e valutato ogni aspetto, prima di scegliere quel club, ma alla fine la certezza non c’era mai nello sport.
- Mi giuri che non hai chiesto al presidente di farmi giocare? O che non hai contattato Gotti? - chiese inquisitorio Daniel prima di far andare via suo padre, venuto a recuperare Adriana.
- Non ho contattato Gotti! - Daniel impallidì spalancando gli occhi.
- Ma hai chiesto al presidente di farmi giocare? - l’ansia salì subito a livelli cosmici.
- Che trattativa era se non gli dicevo chiaramente le nostre esigenze? Tu cerchi un club dove poter giocare un anno e crescere professionalmente, per poter tirare fuori il tuo talento. Non puoi fare una trattativa senza mettere sul piatto le tue richieste.
Daniel si batté la mano in faccia disperato.
- Sono finito ancora prima di iniziare! - disse melodrammatico gettandosi di schianto sul divano di tessuto grigio scuro.
- Ma tu come credi si facciano le trattative a calcio? - chiese Paolo con le braccia conserte e l’aria tanto indispettita quanto seccata dall’atteggiamento impertinente del figlio.
Aveva sempre avuto più problemi col piccolo, a partire dalla scelta del suo ruolo.
Come aveva potuto tradirlo e scegliere di fare l’attaccante?
- Non lo so, non certo dicendo che tuo figlio vuole giocare!
Paolo sospirò mentre Adriana se ne teneva saggiamente fuori, in questioni di calcio non si metteva in mezzo.
L’uomo si sedette nella coda dell’angolo del divano per poterlo guardare in viso. Aveva ancora un tenero broncio infantile che rivelava tutta la sua giovane età.
A quel punto Paolo si esibì in un sermone su come funzionavano le trattative, tutto per fargli capire che se non si spiegava chiaramente le proprie esigenze in una trattativa, era totalmente inutile.
Daniel smise di polemizzare solo per farlo smettere, consapevole che tanto non l’avrebbe spuntata.
“Ormai sono finito. Vedrai che merda di anno che sarà! Già sono il figlio di Palo Maldini, se poi fa così per farmi giocare è finita. Vedrai come mi guarderanno! Lui non capisce cosa significa essere suo figlio, io ho avuto la fortuna di essere sempre in un ambiente protetto, ma adesso che ne esco sono consapevole che non sarà facile. Lui no. Lui continua a fare ‘mio padre’! È un disastro ancora prima di partire!”
Paolo sapeva cosa stava pensando anche se non lo esprimeva a parole, era comunque convinto esagerasse.
Alla fine gli diede svariate altre raccomandazioni e consigli non richiesti, assicurandogli che comunque sarebbe andato l’anno, sarebbe tornato a casa e poi avrebbero trovato eventualmente un nuovo piano di battaglia.
- Ma sono sicuro andrà bene!
Cose che si dovevano dire, pensò ancora tragicamente Daniel arrendendosi al suo abbraccio.
Sapeva che aveva torto.
Non poteva andare bene al primo colpo.
“Devo trovare un altro agente, non è possibile che il mio sia lo stesso del Milan! Non si è mai vista una cosa simile! Chi mai mi prenderà sul serio?”
Oltre alla questione calcio si aggiungeva il fatto che per Daniel era la prima volta lontano da casa e dal Milan ed era a dir poco traumatico.
In altre parole, c’aveva una fifa nera.
Nonostante apparentemente sembrasse molto calmo e sereno, dentro di sé moriva.
Tenne sveglio gran parte della notte Theo con le sue paranoie ed anche il mattino successivo lo tempestò di messaggi uno sempre più in contrasto con l’altro.
Passava dal dire ‘non vedo l’ora’ al ‘non ce la faccio’ per poi aggiungere smile che piangevano.
Quando poi Theo diceva ‘torna da me ti aspetto a braccia aperte parlo io con tuo padre’, si riprendeva subito e gli mandava il dito medio ed un paio di offese e minacce.
- Non osare dirgli mezza parola! Lui pensa che vada tutto bene! Tutti pensano che vada tutto bene! Sei l’unico al mondo a sapere che mi sto cagando addosso, perciò tienitelo per te o non ti dico più niente!
Questo era stato un audio a cui Theo aveva prontamente risposto ridendo sguaiato.
Grazie a questo Daniel era approdato al centro sportivo con un netto sollievo a suo carico.
Aveva subito incontrato Mattia Caldara e l’altro compagno che iniziava con loro, Ekdal, entrambi lì per cominciare insieme subito dopo le visite, lieto di poter iniziare quella nuova avventura con qualcun altro e non essere lì solo.
Con Mattia aveva in comune più cose, come l’italiano ed il fatto che quando uno se ne era andato dal Milan, l’altro era passato in prima squadra. Non erano molto vicini d’età ma nemmeno troppo distanti.
Oltre a questo c’era la cosa più importante. Erano entrambi dei prestiti dal Milan. Di fatto ancora sotto la stessa proprietà.
Albin invece era svedese ma parlava abbastanza bene l’italiano essendo lì da molti anni a giocare in vari club italiani, ma era parecchio più grande di lui.
Insieme andarono a cambiarsi recuperando divise nuove, tute e materiale del club, infine si unirono al gruppo già in campo e riunito in ritiro da qualche giorno, essendo ormai a fine luglio.
Daniel si rese presto conto di come fosse strano passare da quello che aiutava gli altri ad inserirsi, ad essere quello che doveva essere aiutato ad inserirsi.
Sospirò rendendosi conto che nonostante avesse avuto aspettative tragiche e terribili, la realtà sembrava ancora più dura!
- Non saprei, sono tanti stranieri e come età non capisco bene...
Theo gli aveva suggerito di individuare quelli giovani e vicini a lui d’età e quelli magari italiani, che quando si passava in squadre nuove si cercavano connessioni o per età o per lingua parlata.
- Non ne conosci nessuno? - gli chiese Theo dall’altro lato del telefono.
Era steso nel letto che gli avevano assegnato una volta rientrati in albergo, quello usato dal club per il ritro estivo, fuori nel terrazzo c’era Mattia che parlava anche lui al telefono.
- Più o meno uno, Salvatore Esposito, che ha fatto qualche partita con me in una nazionale under, ma non ci conosciamo gran che...
A Theo parve essere sufficiente, infatti rispose entusiasta: - Bene! E sei con lui in camera?
Daniel sorrise vedendo come ci teneva che stesse bene nonostante gli avesse detto fino ad un momento prima di tornare da lui.
- No, con Mattia, perché siamo arrivati insieme al club e quindi gli altri erano già sistemati...
- Beh ha senso, comunque va bene anche lui, è quello che diceva tuo padre, no? Che avevi quasi incrociato al Milan?
Daniel annuì.
- Sì, sì, è lui.
Si girò supino realizzando che mano a mano che Theo parlava, lui si sentiva meglio.
Non perché i suoi tentativi di farlo stare meglio andassero a buon fine, era più perché semplicemente parlavano insieme.
- E che impressione ti ha fatto? Ti trovi?
Daniel spalancò gli occhi cercando con lo sguardo il suo compagno che trovò ancora intento in una conversazione fuori dalla camera. Piegò le labbra e alzò le spalle come se per lui fosse abbastanza indifferente.
- Per ora è ok, non ci ho parlato molto ma sì, direi va bene.
- Va bene, è il primo giorno, adesso unisciti agli altri e fai vita comune con loro, fai quel che fanno loro, non importa cosa. Anche se ti fa cagare, tu falla! E cerca di capire la loro lingua!
- Ma sai quante ne parlano?
- Non importa, fa vedere che ti importa! Vedrai che legherai! È impossibile che tu non piaccia! E hanno detto qualcosa del fatto che sei figlio di Paolo?
Daniel scattò subito su a sedere come una molla, impallidendo e spalancando gli occhi inorridito: - No per carità! Per fortuna nessuno ha detto nulla! È proprio quello di cui ho terrore!
Theo rise e Daniel si sentì di nuovo meglio, così fece un sospiro e ammosciò le spalle mentre si sentiva comunque abbattuto, solo e perso.
- Non devi mica vergognarti di essere suo figlio... io farei la firma!
Daniel alzò gli occhi al cielo e scosse il capo.
- Lascia stare. Non distrarmi facendomi innervosire che poi è peggio!
Theo rise ancora continuando a scacciare quel suo senso di oppressione e abbattimento che tendeva ancora a mangiarlo.
- Comunque va con gli altri, vedrai che legherai presto con tutti. Sai chi è il capitano?
Di solito il capitano doveva essere una figura di riferimento per tutti, specie i nuovi ed i giovani.
- Sì, Emmanuel Gyasi, un ghanese. Sembra simpatico e alla mano...
Non sapeva dire altro perché in effetti non aveva parlato molto con nessuno, ma ogni cosa che diceva per Theo era buona e positiva e ben presto, nonostante continuasse a sentirsi negativo, solo e perso, riuscì comunque ad alzarsi dal letto e ad avere voglia di provare a legare con gli altri davvero.
Quando Mattia tornò in camera, Daniel lo guardò grattandosi la nuca e stiracchiandosi.
- Che dici, cerchiamo gli altri per fare due chiacchiere e conoscerli?
A quella inaspettata proposta, Mattia annuì e senza chiedergli nulla sulla persona con cui aveva parlato a lungo, uscirono insieme.
Non lo faceva perché lo voleva davvero né perché ne sentisse il bisogno.
Lo faceva solo per far felice Theo.
Non che aspettasse le sue chiamate od i suoi messaggi, ma girava con l’auricolare wireless sempre all’orecchio e non si staccava mai dal telefono, quando non era impegnato a calcio o con qualche allenamento.
Tanto che Brahim iniziò a pensare di poterlo mandare seriamente a cagare.
- È a questo che devo prepararmi? - fece la sera del primo giorno di ritiro di Daniel.
Theo lo guardò senza capire staccando gli occhi dal telefono su cui stava scrivendo.
- A cosa? - non capiva proprio cosa intendesse.
Brahim alzò gli occhi al cielo esasperato e mandandolo a cagare con un gestaccio della mano, o meglio del dito, disse infastidito: - Saluta Dani da parte mia!
Dopo di che aprì la porta ed uscì come una piccola furia alla disperata ricerca di qualche compagno con cui passare un po’ la serata.
Theo, rimasto solo, guardò l’uscio aperto dove era sparito Brahim, infine senza capire minimamente cosa avesse alzò le spalle piegando contemporaneamente le labbra, poi con un’idea demenziale delle sue, totalmente impulsive e per nulla ponderate, si mise la mano negli shorts, si afferrò l’erezione, se la tirò fuori e si masturbò brevemente per farselo venire duro.
A quel punto si fotografò e spedì la foto a Daniel con un cuoricino ed un ‘a tuo uso e consumo, affinché anche tu stia su!’
Proprio in quel momento passò Sandro che senza volerlo lanciò un’occhiata dentro la camera aperta e vedendo Theo con il gioiello in mano ben duro, mise male il piede e per poco non cadde a terra.
Per fortuna, essendo di amianto, non si fece male.
Il mondo ce l’aveva con lui, ormai ne era disperatamente convinto.
“Non sopravviverò!”
Note: sono andata a cercare qualche dettaglio di quando Daniel è passato allo Spezia e l'ho inserito (come gli altri giocatori che nomino del club) mentre ho totalmente inventato i particolari sull'appartamento e sul ritiro della squadra, so che di norma in estate tutte lo fanno ma dipende da quanti soldi dispongono, qualcuno va a fare ritiri in giro, qualcun altro resta 'in casa', comunque in linea di massima funziona così. Paolo è davvero così ossessivo con i figli (su sua stessa ammissione), ma cerca di lasciargli i loro spazi sebbene vorrebbe riempirli sempre di consigli e pareri, perciò mi immaginavo quell'occasione così come l'ho scritta. Spero si capisca quanto Theo è importante per Daniel e quanto in realtà Daniel è giovane nonostante sembri più grande e 'navigato'. Di fatto era la sua prima esperienza fuori casa (tutte le case che possiamo considerare sue) e sapendo quanto disastrosa è stata poi, ho deciso di sfruttare la cosa e rigirarmela in questo modo. Fra l'altro quando Daniel ha firmato per lo Spezia era davvero tinto di biondo 'stile Theo'. Curiose coincidenze! Alla prossima. Baci Akane