18. DI NUOVO A CASA

percorso

Ritrovando uno spiccato entusiasmo all’idea di tornare a Milano ed in particolare a San Siro, Daniel riuscì a mettere da parte ogni insicurezza e senso di frustrazione e con una serie di allenamenti e prestazioni particolarmente convincenti, nei giorni precedenti alla trasferta a Milano, le cose sembrarono andare meglio. 
Quando il mister gli annunciò che avrebbe giocato dal primo minuto contro la sua ex squadra, Daniel non se ne stupì e non gli aveva ancora parlato delle sue perplessità sul suo metodo d’impiego. 
Era stato vicino a farlo, ma per la verità non si sentiva tanto convinto nell’andare già lì dopo qualche mese a lamentarsi che non giocava abbastanza. 
Non gli piaceva essere un giocatore che si lamentava, ma sapeva che se le cose non fossero realmente migliorate, avrebbe dovuto davvero farlo. 
Non era una questione di cacciare le palle, come diceva Theo, quanto di farsi rispettare. Solo che non era facile quando si era giovani e non si aveva praticamente esperienza alle spalle. 
Era normale non essere considerato ed era ancora più normale dover faticare per dimostrare il proprio valore, ma era andato via dal Milan proprio per quel motivo. Per avere la possibilità di dimostrarlo. Se non lo facevano giocare, non avrebbe mai potuto far vedere niente. 
Purtroppo era consapevole che nell’esatto momento in cui ci si andava a lamentare dal mister, si era segnati con una bella X sulla schiena. 
Era matematico essere presi di mira. 
Decise di lasciar passare la partita col Milan per non rischiare di giocarsi la sua unica possibilità di scendere in campo dal primo minuto. Avrebbe sfruttato l’occasione, avrebbe fatto di tutto per non far andare a vuoto la partita ed in seguito avrebbe visto il comportamento del mister. 
Theo su una cosa aveva ragione. Non poteva pretendere che le cazzate sparate su internet fossero fondate. Ognuno aveva un’opinione, soprattutto chi non capiva un cazzo, ma non significava che avesse valore. 


Theo a momenti si sarebbe messo a saltare al posto di correre, ma si limitò a fare quello che gli veniva meglio e lo fece più veloce che mai. 
Vedendo quanto e come correva la vigilia dello Spezia, Brahim lo prese in giro insieme a Rafa, i quali ormai erano praticamente culo e camicia. 
- Oh, qualcuno è contento di giocare contro lo Spezia! - esclamò Brahim. 
- Ma sarà lo Spezia o un giocatore in particolare? - replicò Rafa ridendo. 
- Eh, magari c’è qualcuno che gioca lì che gli piace... 
- Chi mai sarà? 
- Già, chi potrebbe essere? 
- Ha fatto un tempo record per i suoi canoni, per la cronaca... - la terza voce che subentrò fu quella di Simon il quale si era staccato da uno dei preparatori che li stava allenando per avvicinarsi ai tre che confabulavano. O meglio due confabulavano, l’altro cercava di ignorarli. 
- Davvero? - fece Theo aggrappandosi ben volentieri a quell’informazione utile. Si avvicinò a Simon per saperne di più e lui glielo confermò. 
- Complimenti... - fece infatti il Genitore Due paterno come sempre. 
- Beh, sono effettivamente su di giri... - ammise infatti grattandosi la nuca e ridendo nervoso come una ragazzina. A Simon per poco non venne un colpo nel vederlo in quelle vesti, mentre gli altri due si piegarono dal ridere. 
 - Ma va?! - fecero in coro abbracciandosi come due idioti. 
- Dice che il mister vuole farlo giocare dal primo minuto, finalmente! - era più contento di quello che del fatto di rivederlo, quasi. Perché sapeva quanto importante fosse per lui quell’occasione. Simon non parve sorpreso, mentre contemporaneamente mandava via con nonchalance i due scemi che lo prendevano in giro.
- Non mi sorprende, è un ex oltre che uno dei figli stessi del Milan. 
Il soprannome ricorreva spesso, ultimamente, fra quelli che lo usavano per Sandro e quelli che lo usavano per Daniel. 
Theo lo guardò affiancandolo mentre tornavano in fila dietro agli altri per riprendere gli esercizi. 
- Dici che ce la farà a conquistarsi il suo posto da titolare là? 
Simon si strinse nelle spalle rimanendo sempre pacato e composto. 
- L’importante è che continui a provare con tenacia e che si alleni sempre al massimo, deve mostrare impegno, più che doti. Quelle le ha, lo sanno tutti quelli che l’hanno guardato con una palla fra i piedi. 
Non era una considerazione di parte, se lo diceva Simon era semplicemente vero e sentirglielo dire con tanta tranquillità lo fece sentire meglio. 
Aveva una tale ansia per la sua prestazione che probabilmente lui avrebbe giocato malissimo, ma poco importava se Daniel avrebbe giocato bene. 
Più andava avanti e più si rendeva conto che a parte il mancargli lui, ci teneva davvero molto. Come non avrebbe mai pensato. 

Quella fu la sera perfetta.
I brividi che lo percorsero appena messo piede a San Siro, Daniel non li avrebbe mai dimenticati e soprattutto non se li sarebbe mai aspettati. 
Tornare a casa. Era quello alla fine casa per lui, lo era sempre stato, il posto che aveva più frequentato sin da piccolo, dove era andato a vedere tutte le partite di suo padre e poi del Milan anche successivamente alla sua chiusura di calciatore. 
San Siro, il suo stadio. Quello che sentiva casa. 
Gli spalti gremiti di tifosi, i colori rossoneri ovunque, la coreografia della curva, quel rumore assordante, gli applausi, i cori e poi il campo.
Non ci aveva realmente giocato molto, ma era comunque stato sempre emozionante metterci piede perché sin da quando era nato aveva visto quel campo da lontano, dagli spalti o dalla televisione. 
Quando vi era sceso la prima volta, si era veramente commosso e lo fece di nuovo quella sera, quando ci venne a fare il riscaldamento. La gioia era assoluta ed incontenibile, ma ancora di più l’emozione, tanto da chiedersi se sarebbe poi riuscito a giocare decentemente, con tutta quella carica addosso.
Gli era bastato vedere Theo di nascosto, poiché il mister gli aveva vietato di vedere i suoi compagni prima della partita. 
Giustamente, si era detto. 
Era un giocatore dello Spezia, quella sera. 
Era qualcosa di logico, dopotutto.
Ma lui non sapeva che se non avesse almeno abbracciato e baciato Theo, si sarebbe sognato il suo goal da ex, quello su cui chiaramente contava.
Era troppo emozionato all’idea di essere tornato a casa. 
Niente lo sarebbe mai stato, magari un giorno avrebbe cambiato definitivamente squadra, ma lui avrebbe per sempre considerato San Siro casa sua.
Sempre. 

Quando lo abbracciò, lo sentì fremere. 
Theo Spalancò gli occhi shoccato nel percepire i suoi nervi talmente tesi da chiedersi se piangesse.
Si erano concordati per un incontro veloce dopo il riscaldamento, anche se poi in campo li aveva rivisti tutti e salutati perché inevitabile, sotto lo sguardo torvo del mister.
Ma più di quello no, era stato bravo dopotutto.
Però ovviamente il modo per vedersi in privato due lo trovavano se lo volevano. E lo volevano, naturalmente.
“E per fortuna che l’abbiamo fatto... come crede che segni così teso? Cazzo, non lo conosce per niente! Come pensa di farlo giocare bene e tirare fuori il suo meglio in queste condizioni? Ma quello è un allenatore o un idiota?”
Avrebbe volentieri dato una testata a quello che per il momento preferiva chiamare idiota piuttosto che allenatore, ma si concentrò sulle cose che contavano.
Daniel. 
Dopo averlo stretto forte, gli baciò l’orecchio e scivolò sulla guancia per poi trovare la bocca, febbrile e contento. 
Appena le loro labbra si incontrarono, il mondo si quietò e sfumò.
Sotto le sue labbra e le sue mani, Daniel si calmò distintamente, tornò a respirare ed ogni tensione svanì. 
Fu gioia, quel che provò Theo. Gioia non solo per averlo rivisto. La gioia che provò in quel momento fu dettata dalla netta consapevolezza di essere la cosa più importante per Daniel, ormai.
Quando gli aveva detto di volersene andare aveva dubitato del motivo per cui lo faceva, pensando che in realtà non lo amasse e semplicemente non sapesse come dirglielo, ma lì si rese conto di sbagliarsi.
“Uno lo sente l’amore dell’altro. Niente rovinerà quel che abbiamo.”
Niente l’avrebbe rovinato. Ne era sicuro, in quel momento. Sicurissimo.
- Amore, vai in campo e fagliela vedere a quel coglione che deve puntare su di te! - disse prendendogli infine il viso fra le mani e rimanendo a pochi centimetri dalla sua bocca. Daniel sorrise emozionato, gli occhi lucidi più belli che mai. Annuì. 
- Preparati, mi schiera sulla tua fascia! - rispose tornando quello di sempre. Lo disse con un sorrisino acceso e malizioso sulle labbra. Labbra che Theo tornò a baciare subito di slancio. 
- Allora ci divertiamo! 
A questo però un paio di tonfi seguiti da bussate e tossite come se qualcuno fuori stesse morendo, gli fece capire che era ora di uscire dal loro nascondiglio trovato grazie all’estrema conoscenza che Daniel aveva di San Siro, che sin da piccolo aveva frequentato più di chiunque altro lì dentro. 
Con estrema abilità aveva trovato un angolino perfetto per la loro pomiciata veloce, ma avevano chiesto una mano alla nuova coppia d’oro del Milan, Rafa e Brahim, i quali ormai sembravano sempre più sincronizzati e non solo in campo. 
Il loro segnale che non diede per niente nell’occhio li fece uscire ridendo e tenendosi per mano, una volta girato l’angolo si lasciarono e Daniel fece l’occhiolino ad entrambi, ringraziandoli. 
- Ci vediamo dopo! - promise correndo via verso il proprio spogliatoio. 
Rimasti soli i tre dell’apocalisse orfani di uno, si guardarono entrambi soddisfatti, uno anche sognante e felice. 
- Non ti chiediamo come è andata. - disse infatti Brahim per non asserire l’ovvio.
- Io sì! Avete trombato così in fretta? - Rafa naturalmente non si sarebbe smentito mai. 
Theo gli lanciò un’occhiata di sufficienza. 
- Ma dai, me lo voglio godere! Fatti tu una sveltina col nano e lasciami in pace! 
Così dicendo sfilò via anche lui, lasciando soli i due che si guardarono ridenti e allegri e allusivi, prendendo per un momento in seria considerazione l’idea di farlo sul serio. 
“Dopotutto perché no?”, sembravano dire i loro occhi complici ed identici. 
Il richiamo dagli spogliatoi per il discorso pre-partita del mister e di Simon, diede loro risposta.
Forse perché era ora di giocare. 
Qualcosa comunque solo rimandato. 

Fu assolutamente incredibile segnare proprio a casa sua, non tanto incredibile farlo al Milan.
Daniel aveva sentito suo padre e gli aveva detto che sapeva avrebbe segnato e che in quel caso sarebbe stato naturalmente contento per lui, ma che non avrebbe potuto esultare. 
Non aveva pensato a cosa fare in caso di goal effettivo, non aveva voluto crederci per scaramanzia, così quando si rese conto di essere proprio in quel fatidico momento che non aveva minimamente voluto considerare, si ritrovò a non esultare. 
Avrebbe voluto, naturalmente. 
Era il suo primo goal con lo Spezia, forse l’inizio di un nuovo ciclo, la ribalta, la dimostrazione che aveva tanto voluto dare al mister.
Meritava fiducia, lo poteva usare! 
Era andato tutto alla perfezione, ma non esultò.
Era il suo Milan quello a cui aveva segnato. 
Il suo. 
Non esultò, ma non dimenticò mai quell’emozione, quell’euforia e quella gioia, specie in quella costante lotta fra lui e Theo su quella fascia dove per tutto il tempo si erano rincorsi come matti.
Stare dietro a quel velocista nato non era di certo stato facile, ma aveva fatto un lavoro più che decente ed aveva notato molti miglioramenti, nonché delle giocate d’intesa perfetta con Sandro piuttosto che col solito Rafa. 
Erano davvero migliorati tutti, Theo in particolare. 
Sapeva perfettamente quale era la sua velocità solita e quella sera si era impegnato oltre il massimo. Sapeva che l’aveva fatto per lui.
Era stato davvero tutto perfetto. 
Proprio perfetto. 

Finalmente eccolo lì. Lì fra le sue braccia, senza remore. 
Lì con le mani che stringevano i suoi fianchi e il suo bacino che spingeva prepotentemente e forte, crescendo d’intensità di volta in volta.
Sempre più facile, sempre più bello, coi brividi che si espandevano come una macchia d’olio sul vetro. 
Daniel si mordeva il braccio su cui appoggiava al muro davanti a sé, tutto piegato in avanti.
Cercava disperatamente di non gemere, ma lui voleva sentirlo. Avrebbe dato tutto per sentirlo, ma avevano deciso di farne una veloce lì a San Siro, a ‘casa’ di Daniel. 
Poi più tardi ne avrebbero fatta un’altra sparendo strategicamente in una camera d’albergo per una lunga, lunghissima e splendida notte.
Ma lì, senza nemmeno essersi lavati, si erano di nuovo nascosti per i preliminari.
Preliminari dove uno stava piegato in avanti e l’altro lo penetrava da dietro eccitato da matti. 
Stava per gridare, ma evitò piegandosi in avanti e mordendogli la spalla. Questo lo fece venire subito e sentendolo mentre si tendeva tutto inarcandosi, staccandosi dalla parete e mordendosi il labbro disperato, lo imitò poco dopo. 
Fu liberatorio e meraviglioso. 
- Dio, non ne potevo più! - esclamò contro il suo collo, baciandoglielo e risalendo. 
Daniel sorrise girando la testa verso di lui. 
- Non dirlo a me. 
Si baciarono mentre Theo l’abbracciava da dietro attirandolo contro di sé, i pantaloncini e gli slip sportivi leggermente abbassati il necessario dell’amplesso. Ancora accaldati e sudati, pieni di stanchezza per la partita, ma assolutamente realizzati. I cuori di entrambi ancora a mille. 
- Sei stato bravissimo amore. Vedrai che da oggi cambierà tutto! 
Lo pensava davvero. Anzi, lo pensavano entrambi. Lo speravano e ci credevano sul serio. 


Alexis piangeva come una fontana, da casa. Ancora, nonostante la partita fosse finita da un po’, lui si rivedeva il goal di Olivier e la dedica che gli aveva fatto alla fine. 
La A. 
Poi rivedeva l’intervista dove aveva apertamente detto di averlo dedicato a lui perché gli mancava. 
Era infortunato e di conseguenza era a casa da un paio di settimane, sicuramente si sarebbe aspettato di tutto tranne che quello. Una dedica così aperta e meravigliosa.
“Oddio, ma allora mi ama... mi ama davvero... non sto sognando...” 
Avrebbe pianto fino all’arrivo di Olivier a casa sua, fino all’abbraccio con lui e al ‘ti amo’ a voce. 
A quel punto avrebbe singhiozzato, oltre che pianto, e non si sarebbe ripreso più per molto, dando conferma ad Olivier che nessuno al mondo avrebbe potuto amarlo e ricambiarlo a quel modo. 


Ormai conosceva a memoria la sua schiena, ma era sempre bella da ammirare e soprattutto era rilassante. 
- Cosa ti ha detto tuo padre? - chiese Theo, a sua volta nella pace dei sensi. 
A pancia in giù nel letto matrimoniale dell’albergo dove si erano infilati per la loro notte insieme, godevano del giorno libero di entrambi dell’indomani. Giorno che avrebbero passato rigorosamente insieme ad eccezione del pranzo che avevano garantito alle rispettive famiglie. 
Il dito di Daniel disegnava i tatuaggi sulla sua ampia schiena muscolosa, al momento in rilassamento. 
I brividi lo percorrevano, li percepiva mentre passava il polpastrello sulla sua pelle liscia, ma non si fermava. Sorrideva appoggiato all’altro gomito, il viso pigramente sulla mano, gli occhi incollati nella parte di Theo che preferiva dopo il suo sorriso. 
- Era molto fiero di me, di continuare così che piano piano avrei dimostrato il mio valore. 
- Anche io ne sono convinto. - rispose il suo ragazzo, il viso sul cuscino, le braccia abbandonate di lato. 
- Speriamo. - disse con un sospiro liberatorio carico di speranza. 
- Non ha idea di tutti i problemi e le paranoie che stai avendo, eh? - Theo non glielo stava chiedendo. Daniel ridacchiò, lo conosceva bene. 
- Non penso che serva dirglielo e comunque non correrò a piangere e lagnarmi da mio padre. Darei conferma di quel che pensano tutti di me. 
Lo sentì sbuffare, mosse la testa girandola in modo da appoggiare il mento e non la guancia. 
- Piantala di martirizzarti! Non è vero che lo pensano tutti! 
Daniel sorrise. Era carino da parte sua difenderlo a spada tratta, ma non era un idiota. 
- Devo farci il callo e accettare la realtà. Finché non tirerò fuori quel che so fare e non li convincerò tutti, sarà così. 
A questo però Theo si girò e si mise supino per guardarlo in viso, piegò un braccio dietro la nuca e lo guardò torvo ed indispettito. Daniel si riappoggiò a lui com’era prima, solo che invece di tracciare i tatuaggi sulla schiena, lo fece coi suoi capezzoli. 
Colpo basso. 
- Sei il primo a pensarlo! Che sei un privilegiato perché sei figlio di Paolo Maldini ma che senza questo cognome non saresti da nessuna parte. Forse in C o al massimo in B. 
Era vero, pensava che la Serie B fosse il suo posto, come pensavano anche tutti in rete. Ma non glielo disse, sapeva che tanto sarebbe stato inutile e che avrebbero litigato. 
- Non cambia che devo dimostrare ancora tutto. 
Theo fece un piccolo broncio infantile e delizioso, voleva dirgli di tutto e forse dargli anche una testata, ma Daniel ridacchiando si chinò sul suo petto ed iniziò a baciargli i capezzoli che si stava rigirando fra indice e pollice. 
- Stronzo... - brontolò il suo ragazzo. Daniel rise più forte sulla sua pelle, facendolo rabbrividire. 
- Diciamo che oggi ho segnato un bel punto a mio vantaggio. Però è solo l’inizio. 
Gli diede un po’ di soddisfazione e lo sentì pronto a ribattere, ma quando alle labbra sostituì i denti e la lingua, Theo sospirò finendo poi per accompagnarlo con le mani sulla nuca, a spettinargli i capelli. 
A volte per convincere Theo sul fatto che stesse bene e che fosse sereno, quasi finiva per convincere anche sé stesso. 
Quasi. 

Se le cose fossero andate diversamente e davvero il mister avrebbe cambiato idea su Daniel utilizzandolo in modo normale, come loro speravano in quel momento, senza riempirlo di frustrazione ed insicurezze, allora sì che tutto sarebbe andato molto ma molto diversamente. 
Ma non fu così, perché il mister dello Spezia non cambiò minimamente idea su Daniel e non lo usò di più. Anzi, spesso nemmeno lo usò per nulla.


Note: Le cose che riguardano il calcio sono vere, ovviamente il resto no (per quel che ne sappiamo). Daniel ha avuto un sacco di problemi con il suo primo mister allo Spezia che l'ha davvero schierato solo contro il Milan e nonostante lui abbia segnato, poi non l'ha considerato più ugualmente. Ho immaginato un Daniel giovane, inesperto, insicuro e pieno di dubbi perché è più verosimile che a quel tempo fosse così nonostante il carattere forte che ora sta dimostrando. Un carattere che ha tirato fuori piano piano e con tenacia, ma non subito. Adesso si può capire che è così, ma all'inizio delle sue esperienze calcistiche extra Milan non deve essere stato facile ed è vero che è sempre stato accusato di essere in Serie A solo perché figlio di Paolo, di questo sicuramente ne ha sofferto. 
Altra cosa vera è la dedica di Olivier ad Alexis, ho voluto inserirla per far vedere che anche loro evolvono in una relazione vera. Avrei voluto scriverci qualcosa a parte, ma poi alla fine ho deciso di fare questi inserimenti qua e là. 
Alla prossima. 
Baci Akane