19. CROLLO
Quando il mondo ti crolla addosso, non ti avverte. Lo fa e basta. E di sicuro non hai premonizioni o sensazioni, prima che questo accada. Non senti nulla di speciale.
Stai facendo la tua vita come sempre, magari sei entusiasta per qualcosa, sei totalmente realizzato e mai penseresti che il mondo ti sta per crollare addosso.
Ma succede ed è improvviso. Da che va tutto bene, a che è tutto un disastro e tu non puoi fare nulla se non cercare di limitare i danni al massimo. Oppure raccogliere i cocci dopo.
Ma no, il mondo non avverte prima di crollare.
Il 16 dicembre di quell’anno, morì Sinisa Mihajlovic e per Zlatan fu un brutto colpo, superato solo grazie a Simon che gli rimase vicino concentrandosi unicamente su di lui per tutto il tempo necessario a rimetterlo in piedi.
Genitore Uno e Genitore Due si isolarono per un po’, per trovare e dare il sostegno necessario a rimettersi in piedi per l’ennesima volta.
Quando tornarono a Milanello, si resero conto tardi di quanto la squadra ne aveva risentito. Non tanto del loro allontanamento quanto della mancanza di una guida nel primo effettivo momento di difficoltà.
Proprio quando avrebbero avuto bisogno, i due padri del Milan, i capitani effettivi, le guide, non ci furono.
Non una colpa, ma un fatto.
Era stata la speranza a fregarlo, perché dopo la partita contro il Milan ci aveva sperato.
Ci aveva sperato realmente.
Di poter essere finalmente considerato dal mister, di poter giocare di più, di averlo convinto.
Invece vedendo che dopo era tornato a non essere utilizzato se non per pochi minuti finali, gli aveva dato una tale cocente delusione da non riuscire nemmeno ad esternare i propri sentimenti.
Bruciava, per la verità.
Bruciava di una tale vergogna da non poterlo dire nemmeno a Theo.
Era come averlo deluso, anche se in realtà non era colpa sua, razionalmente non lo pensava, ma in un posto dentro di sé, ben in profondità, lo pensava.
Pensava che fosse colpa sua.
Che in realtà meritasse di non essere scelto dal mister.
Che se non lo usava, allora c’era un motivo fondato e quel motivo era vero.
Iniziò a macinare, Daniel.
Lentamente, piano, come un cancro.
Al punto da chiudersi repentinamente, chiudersi come mai avrebbe pensato.
Perché invece di acquistare sicurezza, motivo per cui era andato allo Spezia, lui la stava perdendo. E nel perderla, perse lentamente sé stesso.
Era stata la speranza, a fregarlo.
La speranza di arrivare in finale dopo un mondiale così superlativo e dominante da parte della loro nazionale.
Erano convinti di essere fra i favoriti, lo sapevano perfettamente di esserlo. Ma non solo.
Erano convinti di poter vincere.
Perché chi avrebbe mai potuto battere Kylian Mbappé, Olivier Giroud che aveva fatto record di goal in un campionato nazionale, Antoine Griezmann così perfetto in ogni ruolo?
Chi mai avrebbe pensato, arrivando in una finale annunciata meritatamente e più in forma che mai, che avrebbero poi potuto perderla?
Theo non solo aveva giocato ogni partita, ma le aveva giocate tutte benissimo.
Avevano schiacciato ogni nazionale incontrata, forte o debole che fosse. Non avevano avuto pietà di nessuno.
A quel punto sì, che ci aveva sperato.
Perciò perderla contro l’Argentina, che sicuramente aveva meritato a sua volta, non era stato facile. Ma non solo.
Era stato anche atroce, per lui.
Il primo traguardo calcistico così importante giocato da protagonista, una finale mondiale, persa così.
Amaramente.
Non per un gioco pietoso o per evidente inferiorità.
Semplicemente perché il calcio era così.
A prescindere dal merito, potevi vincere o perdere, ma a volte non faceva male, non così tanto. Altre invece era atroce.
Semplicemente atroce.
Una di quelle sensazioni che sul momento non ci pensi, ma che lentamente ti agganciano al suolo e per risalire ti serve una mano.
La mano di qualcuno.
Solitamente la persona che ami, la sola persona che ami.
Ma se quella persona che ami non è in grado di aiutarti perché è schiacciata su un altro fondo, lì sì che diventa difficile.
Molto difficile.
Forse troppo.
Nel sentire le dichiarazioni negative pubbliche dell’allenatore sul suo conto, Daniel si rese conto non solo di essere lontano anni luce dal proprio obiettivo, ma di stare addirittura facendo passi indietro.
Non aveva più la lucidità di capire se avesse ragione o meno, dava per scontato di non essere compreso, ma pensava che probabilmente qualcosa di vero doveva esserci, perché i suoi compagni comunque non riuscivano a trovarsi bene con lui in campo.
Più che le dichiarazioni del mister che gli dicevano che doveva impegnarsi di più, il colpo di grazia reale venne dalle evidenti difficoltà che i suoi compagni avevano nel giocare con lui.
Fu quello a fargli realmente capire che in ogni cosa un problema lo aveva.
“Non arriverò da nessuna parte, così. Devo fare più auto critica. Non dico che Gotti abbia ragione, ma c’è qualcosa che non va in me, c’è un problema in me. C’è qualcosa che devo assolutamente capire e sistemare e devo farlo adesso o quest’anno sarà completamente inutile, buttato nel cesso. Per me è troppo importante per permetterlo. Troppo.”
Iniziò a rimuginare e a criticarsi severamente al punto di vivere di nervoso e depressione, fino a che quando si rivide con Theo, dopo il mondiale, al suo ritorno in Italia, si rese conto di non essere minimamente in grado di aiutarlo e sostenerlo. E non solo.
Se ne accorse mentre lo abbracciava nel letto, dopo aver rinunciato a fare l’amore.
Non si vedevano da diverse settimane, per via del mondiale in Qatar avvenuto in inverno con relativa pausa. Si erano mancati e sentiti regolarmente, ma entrambi si erano tenuti dentro le cose importanti, le emozioni peggiori, i pensieri più negativi e distruttivi. Per non pesare sul compagno e non influenzarlo.
Perciò quando si erano rivisti, si eran subito resi conto di questo muro che li divideva. Perché si erano accorti che entrambi avevano dei dolori, dentro di loro. Delle masse da estirpare prima di farle andare in metastasi.
Ma guardandosi, quel giorno a casa di Daniel a La Spezia, dove avevano deciso di stare qualche giorno, si resero conto che c’era un abisso, fra loro, di emozioni devastanti nascoste e soffocate.
Non ne parlarono, nessuno dei due.
Daniel non lo fece volendo aiutare Theo, Theo non lo fece perché non era mai stato abituato a sopportare una cosa simile in vita sua e aveva preferito ignorarla.
Non pensava di saperla esprimere con qualche parola, perciò capendo che anche Daniel aveva qualcosa, aveva pensato fosse più facile concentrarsi su di lui, aiutarlo e provare a farlo risalire.
Aiutando lui, avrebbe aiutato sé stesso.
Provarono a fare l’amore, ma nessuno dei due riuscì, non si eccitarono mai, non provarono niente se non nervoso e frustrazione e quando decisero di arrendersi e lasciar perdere, rimasero stesi nel letto, abbracciati.
Le mani sulle braccia di uno e sul petto dell’altro. Le labbra a baciarsi sulla fronte e sul pettorale.
Ma quanto grande era, quell’abisso?
Cosa c’era dentro?
L’avrebbero colmato?
Fu lì che Daniel se ne accorse.
“Non solo non riesco ad aiutarlo, ma penso di non esserne minimamente in grado. Sono quel tipo di ragazzo inutile ed egoista che può stare con qualcuno solo quando va tutto bene. Sono quel tipo di ragazzo inutile, che non potrà mai maturare, sostenere, aiutare. Che razza di relazione posso offrire? Sono venuto qui per migliorare come persona, per crescere, diventare più sicuro di me, ma soprattutto degno di lui, ma invece sto retrocedendo. Non arriverò mai dove voglio e forse è meglio che guardo in faccia la realtà, prima che lo affondi definitivamente.
“Lui è qua con me con un peso enorme, vorrebbe solo piangere e non riesce. Vorrebbe stare meglio e non gli sto dando mezza mano, non ne sono in grado. È come con lo Spezia. Sto tanto qua a credere di essere incompreso quando invece la verità è che hanno ragione loro a criticarmi, non volermi e mettermi in parte. Perché sono io quello che non va per loro. Quello insufficiente. Lo sono anche per Theo. Lo ero quest’estate e lo sarò ancora. Non arriverò da nessuna parte se fingo che basti portare avanti una relazione a distanza.
“In questo momento non merito Theo e non sono in grado di fare nulla per lui, non sono un sostegno, non servo a nulla. Gli serve amore e non so darglielo, non perché non lo provo, ma senti qua che gelo e che silenzio.
“Sto prolungando un’agonia che comunque è inevitabile. Sono io quello che non va per loro. Io.”
Theo lo sentiva, in qualche modo, che Daniel stava macinando qualcosa di brutto. Lo sapeva da tempo, ma l’euforia del mondiale l’aveva distratto e poi il dolore per una finale persa non l’aveva aiutato a rientrare in carreggiata.
Ma l’aveva sempre saputo, dalla partita successiva giocata contro lo Spezia a Milano. Quando aveva visto che successivamente a San Siro non l’aveva schierato.
Daniel non gli aveva più detto nulla. Non si era sfogato, non si era lagnato, non si era nemmeno infuriato.
Era stato lì che aveva capito che stava iniziando a macinare il suo cancro.
Lì, steso con lui, preda di un sesso fallito e di un silenzio sempre più assordante, ebbe assoluta certezza.
“Cazzo, se non faccio subito qualcosa, è finita. Me lo sento. Se non mi rialzo e non lo trascino, sono sicuro che va in merda. Lo so perché lo conosco, non serve che mi dica cosa pensa. So perfettamente. Parla, Theo. Torna allegro, dì qualche stronzata di merda.
“Dì qualcosa. Salva la situazione. Salva la vostra relazione. Reagisci, cazzo. Reagisci come hai sempre fatto.”
Ma la sua bocca rimase sigillata. Fu quella di Daniel, infine, a parlare.
- Theo... - aveva la voce roca, quasi inaudibile. Si schiarì la gola, ma non alzò la testa per guardarlo in viso. Non subito.
Theo strinse gli occhi nel panico.
“Parla tu, precedilo, salva la situazione!”
Non ci riuscì, come se fosse in una sorta di punto di rottura che non voleva vedere e riconoscere. Un punto in cui lui aveva raggiunto i suoi limiti.
Non ce la faceva a fare sempre tutto per due, forse la verità era questa.
Forse era ora che anche Daniel facesse qualche sforzo in più per loro.
Forse, in realtà, era questo che pensava nel suo cuore pieno di delusioni cocenti.
- Dobbiamo parlare.
Infine lo disse.
Theo sospirò, ma lo lasciò alzarsi dal suo petto e tirarsi su a sedere, piegò le gambe sotto di sé e lui, ancora steso, lo guardò un istante rendendosi conto di essere ancora vuoto, inchiodato in un abisso buio da cui non sapeva risalire.
Non sapeva se ci sarebbe riuscito, né se avrebbe voluto.
Perché aveva bisogno di Daniel e Daniel non riusciva ad essere lì con lui, non c’era davvero e forse era questo che tanto lo feriva e gli impediva di lottare come sempre.
Aveva bisogno di Daniel, era lui ad averne bisogno, e lui non c’era.
Non realmente.
Ma non avrebbe mai dimenticato i suoi occhi in quel momento.
“Il maremoto.” pensò guardando quelle iridi blu scuro, cupe, tetre.
- Penso che dovremo prenderci una pausa. Mi sembra chiaro che non è il momento per pensare alla nostra relazione. Entrambi abbiamo mille cose che ci occupano, cose da risolvere e sistemare. Concentrarci tanto su di noi e su questa relazione che è sempre stata difficile ci toglie energie preziose per le cose che contano forse più di noi due. Cose che non possiamo permetterci vadano male.
Era ovvio che parlava del calcio e forse aveva ragione.
Forse non aveva torto, perché Theo non voleva di certo provare di nuovo quell’angoscia bruciante dovuta alla sconfitta in una finale mondiale. Non voleva riprovarlo di nuovo, per nulla al mondo. Forse una delle cose peggiori mai vissute.
La peggiore?
Quando si fece quella domanda e lo guardò in viso e vide che stava nascondendo un pianto che si ostinava a non rivelare, Theo capì e fu come una rivelazione che lo colpì con la forza di un tornato potente. Di quelli che fa sollevare tutta l’acqua quando l’attraversa.
Theo si alzò di scatto e per poco non gli diede una testata nel movimento. Daniel lo evitò per un soffio indietreggiando nel letto.
Stringeva forsennato le mani nelle lenzuola sotto di sé, le nocche erano bianche e respirava a fatica. Cercava di dominarsi, ma non per non urlare, bensì per non colpirlo e prenderlo a pugni.
Quando Daniel lo capì, non ebbe paura, capì che Theo era tornato.
“Ma non mollerò, sono io che l’ho ridotto in questo stato e non l’ho mai visto così. Non intendo più farlo soffrire in questo modo.”
- Non dire cazzate! - ruggì basso e penetrante. Fu come un latrato.
Daniel rabbrividì. Sarebbe stato molto difficile rimanere saldo specie perché Theo tendeva a spuntarla.
- Sai che ho ragione. - rispose cercando di essere freddo come sarebbe stato Simon. Si immaginò un litigio fra lui e Zlatan e pensò che sarebbe potuto essere pressapoco così.
- No invece, perché nella nostra vita non esiste solo il calcio!
Daniel si alzò dal letto ed iniziò a vestirsi, recuperò i boxer e se li rimise lanciandogli i suoi, poi prese i pantaloni.
- Siamo calciatori e vogliamo essere di quelli bravi, che fanno la storia e vincono e conquistano il mondo a suon di trofei e soddisfazioni! Non ci basta fare qualche partita da serie B o C! Noi vogliamo la cima, siamo ambiziosi. Per arrivare lì non possiamo perdere tempo ed energie preziose in una relazione che è sempre stata difficile e sempre lo sarà!
Non lo pensava davvero. Forse un po’, ma non pensava che non ne valesse la pena, perché solo lui sapeva quanto era stato prezioso Theo in quei mesi e sapeva quanto dura sarebbe stata da solo, ma sicuramente la cosa giusta per lui. Per entrambi.
“Devo crescere, devo crescere una volta per tutte e se mi appoggio sempre a qualcuno non lo farò mai. Prima mio padre ed il Milan, ora lui. No cazzo. Cresci tu da solo, altrimenti non ce la farai mai!”
Tremò mentre si metteva i pantaloni ma per fortuna nel muoversi non si notò, infine tirò i vestiti a Theo, ancora fermo seduto in mezzo al letto. A momenti Theo avrebbe strappato le lenzuola, però prese gli abiti che gli aveva tirato e li pestò per terra saltando giù.
Daniel uscì dalla camera con il compagno a seguito. Una furia umana.
“Rimani saldo, sai che è la cosa migliore per entrambi. Sii uomo per una volta.”
- Piantala di scappare! Scappi sempre quando le cose sono complicate! - tuonò Theo inseguendolo in cucina. Daniel fece fatica a non scoppiare a piangere, fece appello a tutte le rappresentazioni mentali di Simon, la persona più fredda e distaccata che conoscesse, e sperò di potersi trasformare in lui.
Si fermò davanti al tavolo della cucina, braccia conserte, ancora a torso nudo, il viso livido, serio.
Poi, con voce piatta, replicò fermo.
- Ti è piaciuto, oggi? No perché a me no. Sarà sempre così, perché stiamo entrambi male per il calcio e vorremmo aiutarci perché ci amiamo, ma non ci riusciamo perché stiamo troppo male. Adesso siamo calciatori, Theo. Noi in questo momento siamo calciatori! Concentriamoci su quello e piantiamola con questa inutile lotta per qualcosa che non andrà mai come vorremmo!
Non lo pensava, mentre lo diceva freddo e distaccato, sapeva che non lo pensava.
“Ti prego, ti prego Theo, molla. Ti sto solo facendo male. Tu hai bisogno di qualcuno che ti aiuti ed è chiaro che io non so farlo, sono troppo immaturo, troppo insufficiente. Lo sono per te, per il calcio, per gli amici, per la famiglia. Sono insufficiente per tutto. Perciò molla, lasciami. Non potrai mai stare meglio con me. Ti porto in basso.”
Voleva piangere, gridare, abbracciarlo ed implorarlo, ma rimase fermo lì in piedi, appoggiato al tavolo senza il quale sarebbe caduto,
Tremava da dentro, ma riusciva a nascondere le mani strette a pugno nelle braccia conserte.
Theo lo fissò invaso da un inferno di fuoco, ogni parte di sé bruciava e non ricordava minimamente come mai prima fosse stato così fermo, zitto e vuoto al punto da permettergli quell’esternazione maledetta, ma sapeva che se fosse stato il solito Theo, non sarebbe successo.
“Non posso sempre essere il solito Theo. Una volta nella vita sono anche quello che sta male ed ha bisogno di essere sostenuto, ma non significa che io mollo. Non mollo mai. Non lo farò ora.”
- Io non voglio. - disse a denti stretti. Daniel non rispose e così Theo si avvicinò a lui dando una manata al tavolo lì davanti che tremò.
- IO NON LO ACCETTO! - gridò furioso come non lo era mai stato.
Daniel rimase immobile e nella foga della rabbia più vulcanica che mai lo vide cresciuto.
Lo era così tanto che nemmeno se ne rendeva conto da solo. Dove voleva arrivare, da solo?
Voleva distanziarlo così tanto?
- Non me ne importa, è ora che fai la tua strada e pensi al tuo bene. Ci facciamo solo male a vicenda, ci distraiamo, ci affondiamo, non siamo minimamente in grado di aiutarci.
Sembrava sicuro di quel che diceva, ma Theo scosse il capo forsennato mentre la ribellione dentro di sé lo stava facendo letteralmente impazzire.
Non voleva, sapeva solo che non voleva lasciarlo. Non glielo avrebbe mai permesso, mai.
Così la sua bocca parlò da sola, come tendeva a fare praticamente sempre.
- Dici solo cazzate, perché so benissimo che se andassi ora con qualcun altro, non lo accetteresti, ci staresti solo più male!
- Invece fallo. Devi farlo. È giusto tu lo faccia. A prescindere da quello che proverei io. Va con qualcun altro, volta pagina, Theo. È meglio per entrambi e comunque per te di sicuro!
Theo si prese il viso fra le mani e strofinò fino a scivolare sui capelli, li afferrò e per poco non se li strappò.
- Sai che Sandro è cotto di me?
Non sapeva perché l’aveva detto, era solo successo. Nella disperazione più nera, aveva tentato l’ultima carta.
Daniel ebbe un guizzo, finalmente. Il mare in tempesta di prima, trasformato ora in un lago ghiacciato, aveva appena avuto delle crepe.
Vide la linea del collo guizzare e tendersi e capì di essere nella strada giusta.
- Non ne avevo idea. - rispose piatto o per lo meno cercando di esserlo. Ma lui lo conosceva. Era profondamente colpito da questa informazione e lo sapeva, perché.
“Anche lui mi conosce bene. Così come io conosco lui. E sa che Sandro sarebbe la mia seconda scelta, che mi potrebbe piacerebbe, che se stessimo insieme mi innamorerei anche di lui, che faremmo una bella coppia. Lui lo sa. Con Ante non era così, per questo non era geloso. Ma Sandro è diverso.”
Non ebbe tempo di pensare altro. Proseguì come un treno, com’era nel suo stile.
- Sono sicuro che non ti piacerebbe se mi buttassi su di lui e non ti aiuterebbe a stare bene e a giocare meglio. Non risolveresti i tuoi cazzo di problemi!
Daniel prese un respiro, ma tremava e lo vide nettamente. Suo malgrado proseguì lo stesso cercando di non deragliare dalla sua decisione solenne di lasciarlo.
- Che ne sai? Mettimi alla prova! Ti piace Sandro? Stareste bene insieme, è un ragazzo d’oro ed è molto carino. Sicuramente ti farai delle gloriose scopate con lui, l’ho visto nudo negli spogliatoi ed è super dotato, ha un cazzo bello grande e Brahim gli avrà insegnato ad usarlo bene, sarai fortunato! Ci starà e ti farà sentire amato e ti darà tutto quello che io non ti ho mai dato e non ti darò mai.
A quel punto Theo però bruciò definitivamente, si ridusse letteralmente in cenere e deciso a dimostrargli a fatti quanto era in torto, sibilò a denti stretti, avvicinando il viso al suo fino a sfiorarlo. Dritto col corpo, rigido, i muscoli tesi.
- Va bene. - disse infatti, i pugni stretti lungo i fianchi, ancora tutto nudo.
Daniel non respirò, ma spalancò gli occhi che gli divennero lucidi.
- Ti dimostrerò che dici solo cazzate e mi implorerai di rimettere le cose a posto! Lo vedrai!
Daniel non si mosse, lo guardò girarsi, tornare in camera e vestirsi.
Non si staccò da dove era. Non disse nulla.
Non si mosse.
Non respirò quasi.
Si mordeva la lingua per non far vedere nemmeno mezzo muscolo facciale con qualche espressione particolare.
Fece appello a tutta la sua concentrazione.
Poi Theo, vestito e pronto per uscire, si fermò davanti a lui col mento alzato e una furia mai vista negli occhi:
- Verrai strisciando e mi implorerai di tornare con te. Vedrai.
Daniel non rispose.
Theo si girò, uscì e sbatté la porta che fece tremare le finestre.
Poi il silenzio più infernale lo accolse, ma non se ne rese conto, perché Daniel a quel punto si era accasciato per terra e prendendosi il viso fra le mani, stringendo i capelli fra le dita, pianse.
Note: in quel periodo le cose andarono male per entrambi, Theo dopo aver giocato un mondiale grandioso ed essere arrivato in finale con la Francia, perse e quando tornò a Milano per un bel po’ si vedeva che stava male, sembrava depresso, l’ombra di sé e tutti se ne accorsero, Pioli stesso lo giustificò dicendo che a certe sconfitte ognuno reagiva in modo diverso (anche Olivier era tornato sconfitto vivendo la stessa esperienza, ma lui si era rimesso subito in piedi riprendendo a giocare con grandi prestazioni). Legittimo pensare che oltre alla delusione calcistica potesse esserci dietro anche qualcosa di personale, ma non ci è dato saperlo. Nello stesso momento Daniel patì un bel po’ allo Spezia perché dopo la partita col Milan effettivamente Gotti non lo usò più fino a dichiarare apertamente che Daniel non gli piaceva per l’atteggiamento che aveva. La spaccatura era evidente e Daniel era comunque un ragazzo giovane alle prime armi che cercava di farsi le ossa fuori casa, è plausibile pensare che invece di prendere le cose di petto per risolverle le vivesse male, anche perché è risaputo che la sua esperienza allo Spezia è stata disastrosa.
Ho cercato di mostrare le parti di entrambi in modo da poter capire entrambi. Daniel è un giovane insicuro che vive un’esperienza difficile, che vuole crescere ma che fondamentalmente tende a chiudersi per non dare l’idea di debolezza, è una reazione assolutamente normale specie nei ragazzi che non sono estroversi. Theo è un vulcano, totalmente istintivo, non pensa mai prima di agire ed è tipico delle persone così stare assolutamente male e poi rialzarsi in un attimo o prendere fuoco e dire e fare cose di cui poi si pente. Come porteranno avanti questa situazione incasinata?
Oltretutto, ultimo ma non ultimo, è vero che a dicembre 2022 morì Sinisa e che Ibra era molto legato a lui, in quel periodo ricordo che sia lui che Simon sparirono un po’ dalla circolazione, probabilmente ognuno per motivi diversi (sicuramente c’erano di mezzo anche infortuni), ma ho voluto usare la cosa perché ricordo che mi colpì come la squadra effettivamente senza di loro fisicamente presenti andò allo catafascio, è uno dei vari periodi down del Milan e guarda caso coincise con l’assenza di Ibra e Simon dalla circolazione.
Con questo vi saluto. Alla prossima. Baci Akane