5. ORA DI PARLARNE

percorso

Sandro si era fatto una doccia veloce e dopo aveva cercato nell’asciugatrice del suo ragazzo qualcosa che potesse andargli, aveva trovato un costume largo di D&G, nero e straordinariamente sobrio e se ne era appropriato. Non aveva mai portato alcun vestito lì da lui. 
Una volta sistemato più o meno, andò alla ricerca di Brahim in salotto. 
Pensando di trovarlo sul divano, rimase sorpreso nel vederlo che invece aveva sì dormito lì perché si vedeva un lenzuolo che si era portato, ma era al momento vuoto. 
Virò verso la cucina e lo vide mentre preparava la macchina del caffè, infilando la cialda nell’apposito spazio, una tazzina vuota indicava che ne aveva già bevuto uno e non solo. Era chiaramente lavato e cambiato anche lui. Era sveglio da quanto? 
Sandro si fermò per un momento chiedendosi se avesse dovuto fare finta di nulla e fare ancora la parte del suo ragazzo.
Sapeva di non essere bravo a mentire né a recitare. 
“Beh, siamo ancora qualcosa e lo saremo visto che continuiamo ad essere compagni di squadra. Devo cercare di ‘lasciarlo bene.’”
Sempre che fosse possibile. 
Si sforzò di sorridere e si fece notare avanzando verso di lui. 
- Buongiorno... - mormorò non più roco. 
Brahim saltò non avendolo sentito, si girò e gli sorrise vedendolo. Sulle prime fu un sorriso opaco, si vedeva lontano un miglio. Specie perché i suoi sorrisi normali erano solari e bellissimi. 
Sandro capì all’istante che Brahim aveva notato qualcosa e stranamente si sentì meglio. 
Sarebbe stato più facile, forse. Almeno non sarebbe caduto dalle nuvole facendogli il doppio del male. 
- Buongiorno. - anche Brahim gli venne incontro, si diedero un bacio leggero di routine che non trasmise niente a nessuno.
Dopo la magia della vittoria e della festa unita all’alcool, tutto tornava alla normalità. 
- Sei finito sul divano, mi dispiace... - pensò di essere stato lui a buttarlo giù, ma Brahim cercò di tornare un po’ più allegro capendo che non era il momento di fare certi discorsi visti i loro ospiti. 
- Sì, sono caduto da solo... a quel punto ho capito che non c’era posto per me e me ne sono andato! 

Brahim si pentì subito di averlo detto, nei suoi piani sarebbe dovuto essere una battuta ma gli era uscita incredibilmente male. 
Rise, ma fu grottesco. 
Sandro fu colpito e affondato, ma ormai non poteva ritirarlo. 
- Stanno dormendo? - chiese cercando di cambiare subito discorso. Sandro si strinse nelle spalle strofinandosi le mani sui capelli bagnati che gli ricadevano pettinati ai lati del viso, gli sfioravano il collo. Se li scompigliò accelerando il processo d’asciugatura naturale. 
Erano al 23 maggio, faceva caldo ma non era ancora piena estate, era una primavera che si stava infilando nell’estate. 
Brahim lo guardò in quella versione che trovava dannatamente hot e sexy.
A parte i capelli bagnati un po’ in disordine rispetto a prima, aveva anche un po’ di barba che gli stava crescendo perché non se l’era fatta di recente, non era lunghissima, ma si iniziava a vedere e gli stava davvero bene. Inoltre aveva solo il suo costume ed era scalzo: stava incredibilmente bene. 
“Perché deve piacermi così tanto? È vero che ci siamo messi insieme così, tanto per fare. Per caso, insomma. Però mi piace.” 
Poi si corresse vedendolo mentre l’aiutava a preparare la colazione, tirando fuori tazzine e cucchiaini. 
“Beh, mi piace, ma forse non abbastanza. E anche io gli piaccio, sicuramente, ma non abbastanza. È triste che sia finita, ma non posso dire che sia nemmeno mai iniziata sul serio. È stato più un bellissimo passatempo, ma nulla di serio. Non lo è mai stato, in realtà. Rimarremo amici, se non fa casino con Theo.”
Pensando al suo amico si rese conto che il problema non era Sandro, ma proprio lui.
“Sicuramente Sandro non ha intenzione di fare nulla con lui, non so nemmeno se se ne è accorto. Forse ha capito che non gli piaccio abbastanza e mi vuole lasciare per questo, ma non è detto che sappia di Theo. È tonto, questo stupidino qua!”
Finì ridacchiando fra sé e sé mentre gli lanciava lunghe occhiate indagatrici che Sandro notò.
- Beh? - Brahim scosse il capo. 
- Dormito bene? - ripensò a come l’aveva trovato abbarbicato su Theo mentre lo masturbava e chiamava il suo nome nel sonno e fece un’espressione maliziosa. Era più forte di lui, alla fine. Doveva trovare il lato comico della situazione. Doveva. Se non faceva così si inabissava e non era capace di nuotare. 
Per rimanere a galla l’unica era sempre distrarsi dalle cose brutte e sdrammatizzare. 
Sandro avvampò dimostrandogli di avere ragione. 
“È davvero troppo spontaneo, si farà sgamare in un attimo. Anzi, sicuro come la morte che Theo l’ha già capito, se l’ho capito io figurati lui che ha il radar per certe cose!”
- Sì... mi spiace che te ne sei andato... - la buttò lì ma entrambi sapevano che non era vero. 
Voleva chiedergli se alla fine si era accorto del lavoretto al giocattolo di Theo, ma ebbe pietà e gli consegnò la tazzina di caffè mettendone un’altra su. 
Si vedeva che Sandro voleva parlargli e sapeva di cosa, ma sarebbe stato difficile. 
Voleva aiutarlo, dopotutto gli voleva bene, non l’amava e non era così preso d’avercela per forza con lui, non lo poteva colpevolizzare. Certe cose non le comandavi, succedevano. 
Doveva farsene una ragione e basta. 
“Che poi capisco benissimo Theo che lo stuzzica, come fai a non stuzzicare uno così? È carino, tenero ed imbranato! Una combinazione terribile!”
- Ohhh... caffèèèèè... - la voce roca di Theo li raggiunse bassa e strascicata stile zombie, quando si girarono verso di lui, Sandro non fece in tempo a bersi il caffè che se lo vide rubare dalla bocca e dalla mano. 
Theo, in boxer come la sera prima, scalzo anche lui, li aveva raggiunti e dopo aver preso a Sandro il caffè, se lo bevette sedendosi su uno degli sgabelli alti posti intorno alla penisola che normalmente usavano anche come tavolo per mangiare. 
C’era ovviamente una tavola nel salotto, con tanto di sedie, ma come la maggior parte lo usava per cene e pranzi più seri o se aveva ospiti. 
Sandro avvampò e non riuscì nemmeno a guardarlo, si girò subito a fissare la macchinetta aspettando il prossimo. Non riuscì nemmeno a dire mezza parola. 
Brahim fece per scoppiare a ridere, ma si trattenne all’ultimo momento scuotendo il capo. 
“È nel dramma. Se ne è accorto eccome, non è totalmente rincoglionito come pensavo. Devo avergli dato una bella svegliata, dopotutto. Il prossimo ragazzo che avrà dovrà ringraziarmi!”

Dopo Theo, li raggiunse anche Daniel che però aveva fatto tappa in bagno usando arbitrariamente la doccia. Si palesò a loro avvolto in un accappatoio rosso che gli stava giusto giusto visto che era formato small per il nanetto proprietario di casa. 
Theo sorrise al suo ragazzo che profumava di bagnoschiuma alla frutta assomigliando così proprio a qualcosa da mangiare. Conosceva i gusti dolciastri di Brahim e associati a Daniel lo fecero ridere.
Daniel senza rendersi minimamente conto di sembrare un frutto, si sedette vicino a lui ma proprio mentre accompagnava i suoi movimenti sullo sgabello appoggiandovi un piede sopra, notò in piedi dietro di lui un teso ed imbarazzato Sandro che non riusciva nemmeno a guardarlo in faccia. A quel punto la testa si distrasse di nuovo con la stessa sua tipica facilità.
“Allora. Ovvietà numero uno: sa che gli piaccio. Non è inconscio. È decisamente conscio!” 
Non pensò a Brahim in quel momento. L’avrebbe fatto dopo. Dopo cosa non sapeva, ma dopo. 
Sandro prese la tazzina e la porse a Daniel da bravo vice padrone di casa. 
Daniel lo ringraziò e la prese mentre Brahim ne metteva su un altro. 
“Ovvietà numero due: se è così imbarazzato senza sapere che mi ha fatto una sega mentre dormiva, cosa farebbe se glielo dicessi?”
Ma si immaginò poi Daniel non gradire l’informazione, così decise di tenerla per sé.
Sarebbe rimasto il suo segreto. 
“No beh che c’entra, un giorno glielo dirò. Figurati se lo terrò per me per sempre!”
Si conosceva troppo bene, non ne sarebbe mai stato capace. 
- Da quanto siete svegli? - chiese Daniel dopo aver realizzato che entrambi erano lavati e cambiati. 
Theo lo osservò meglio. 
Sandro stava bene in quelle vesti. 
Stava emergendo proprio bene, il figlio del Milan, come lo chiamavano tutti per il suo tifo sfegatato sin da piccolo per la squadra in cui giocava. 
- Io sono caduto dal letto e sono andato sul divano, ma come ben sapete... era più comodo il letto! - rispose con un finto broncio e tirando una chiara stoccata. 
Theo gli rise in faccia facendogli la linguaccia mentre Daniel guardava il suo ragazzo con aria di compatimento. 
- Chi va a Roma perde poltrona! 
- IO NON SONO ANDATO A ROMA, MI AVETE CACCIATO DA MILANO!
- Chi va alla Roma? - Sandro, totalmente perso in un altro pianeta, non aveva ascoltato nemmeno mezza parola del discorso, perciò quando aveva sentito le urla del suo ancora per poco ragazzo, era caduto dalle nuvole facendo scoppiare tutti a ridere. 
Brahim l’abbracciò carezzandogli la testa come a rassicurarlo, stile padrone col suo cucciolo. 
- Nessuno, nessuno, tranquillo. Toh, bevi anche tu il caffè o svieni! 
Finalmente anche Sandro poté ottenere il suo caffè e sedersi vicino a Daniel. 
Theo gli ammiccò veloce mentre nessuno vedeva e per poco non si rovesciò il caffè addosso. 
Non che gli servissero conferme, ma comunque la trovò. 

Superare quella mattinata e quella giornata in generale, fu la cosa più difficile in cui si imbatté mai Sandro. 
Pieno di mille impressioni, una peggiore dell’altra, si rese conto di essere in mezzo al fuoco incrociato con il piccolo ma non trascurabile dettaglio che probabilmente l’attacco più pericoloso da cui doveva guardarsi, non si era ancora svegliato. 
Sandro aveva intuito senza grosse difficoltà che Theo aveva capito qualcosa e che anche Brahim, probabilmente, anche se non sapeva bene cosa dovesse sapere, perché poteva anche essere che semplicemente aveva capito che fra loro era finita. 
Daniel, però, non aveva ancora capito nulla e di questo ne era sicuro perché lui se l’avesse anche solo vagamente sospettato, gliene avrebbe subito parlato per chiedere delucidazioni. 
Da un lato ne era sollevato, dall’altro la consapevolezza che Theo se ne fosse accorto era una cosa molto pericolosa perché lui non sapeva tenere la bocca chiusa. Sarebbe sicuramente finito per dirglielo e non era tipo da sperare che due suoi amici si lasciassero solo per lasciargli campo libero o facilitargli l’esistenza. 
“Anche se si lasciassero, è sempre il suo ex e Daniel resta un mio amico. Non dovrei fare come Rafa che per quanto dissoluto e testa matta sia, ha una regola ed è proprio non andare con gli ex dei suoi amici? Per non parlare con gli attuali ragazzi?!”
Sandro non si era mai minimamente interrogato su quel genere di questioni perché non aveva mai considerato di essere gay prima dell’anno precedente, quando si erano accesi i suoi istinti omosessuali prima per Simon, poi per Brahim col quale aveva fatto coppia per un anno. 
Ed ora Theo. 
Sandro si morse il labbro a sangue aiutando Brahim a sistemare casa senza troppa convinzione, con la consapevolezza che era ora di parlarne.
Prima era, meglio sarebbe stato. 
Specie perché adesso ci sarebbero state le vacanze estive e non era il caso di farle insieme e rovinarle. Era meglio dirglielo subito così avrebbe avuto modo di riprendersi. 
Ci stava pensando come un matto, scuro in viso, mentre raccoglieva i bicchieri e i vari cadaveri consumati una volta arrivati a casa. Avevano per lo più mangiato; Brahim e Theo avevano bevuto ancora un ‘ammazza-festa’ come l’avevano chiamato, lui e Dani erano andati solo di acqua. 
Mise in ordine anche il lenzuolo usato da Brahim mentre lui tirava via quelle dal letto sporche di fin troppi ‘piaceri’.
Sandro sospirò per l’ennesima volta grattandosi la nuca, poi scosse il capo, si diede degli schiaffi sulle guance e si decise ad andare.
Passo deciso, grinta e palle. 
Quelle che tirava fuori quando serviva. Ora serviva. 
Si affacciò alla sua camera e lo vide che aveva arrotolato le lenzuola dal letto e gettate per terra in un angolo. Aveva recuperato altre pulite e girandosi con l’intenzione di chiamarlo ad aiutarlo a gran voce, lo vide sulla porta arrivato proprio in quel momento. L’urlo gli morì in gola e gli sorrise indicando il letto. 
- Mi aiuti? Solitamente faccio fare alla domestica, ma quando ci sono queste tracce mi vergogno! - disse riferendosi allo sperma sulle lenzuola. 
Sandro ridacchiò ed annuì. 
Avrebbe potuto farle fare il letto lo stesso perché l’importante era far sparire quelle sporche, ma non commentò.
Capì che era una scusa per fare qualcosa insieme e parlare, così si avvicinò e prendendo il lenzuolo con gli angoli, lo aprì. 
Sapeva ancora come si faceva un letto, sua madre l’aveva cresciuto come una persona normale e lo era ancora, sebbene vivesse solo ed avesse una persona che veniva a pulirgli casa due volte a settimana. Per il resto si faceva ancora tutto lui, compresa la spesa e le faccende giornaliere come lavastoviglie, cucinare e lavatrice. 
Una volta che entrambi ebbero preso un angolo tirandolo per infilarlo nel rispettivo pezzo di materasso, Sandro cominciò facendosi forza e tirando fuori le famose palle che in realtà aveva eccome. 
Il fatto di essere gentile ed ingenuo non lo esimeva dall’essere forte e sicuro. Una volta che si schiariva le idee e che capiva cosa voleva con tutto sé stesso e realmente, lottava per ottenerlo e non aveva paura di nulla. Dipendeva da quanto importante fosse per lui quel che desiderava. Nel caso del Milan, per esempio, era stato così importante andare lì che si era fatto abbassare l’ingaggio pur di entrarci. Era il club dei suoi sogni. 
Avrebbe fatto sempre ogni sacrificio per rimanere lì, se ne aveva l’occasione.
- Senti Brahim... dobbiamo parlare. - nessuna incertezza. 
Alzò gli occhi su di lui, erano seri e decisi, ma dispiaciuti.

Sandro parlava con gli occhi, l’aveva sempre fatto ed era uno dei motivi per cui gli piaceva tanto. 
Poteva cercare di nascondere qualcosa, ma i suoi occhi lo tradivano sempre. 
In quel momento lui gli disse già tutto con quei pezzi di carbone ardente. Sapeva bene di che colore erano i suoi occhi, quel castano scuro che se non guardi bene sembra addirittura nero, ma in realtà aveva quel riflesso bruno intenso e quando si infiammava o si commuoveva brillavano fino ad ardere. Sembravano quasi rossi, a volte. 
Brahim annuì sospirando, come a dirgli che sì, lo sapeva già. 
Non gli piaceva, ma era giusto ed inevitabile. Più che altro era ora. 
Anche lui era espressivo, sempre. Cercava di nascondere la pesantezza d’animo, la tristezza, il dispiacere, ma non ci riusciva sempre, non con tutti.
Non riuscì a sorridere per alleggerire qualcosa che non voleva l’abbattesse. 
Presero l’altro angolo infilando ai piedi del letto, ognuno dalla propria parte. 
- So già tutto. - disse cercando di farlo in fretta. Prima era e meglio era. 
Sandro lo guardò colpito cercando di capire cosa di preciso sapesse. 
- Siamo stati bene, però... - aggiunse per cominciare dalla parte più facile. Stava per cercare un modo per dirgli che sapeva della sua passione per Theo quando si fermò chiedendosi se glielo avrebbe detto. Sandro era la persona più onesta e spontanea mai conosciuta, nessuno al suo posto l’avrebbe fatto, nemmeno lui. Ma Sandro probabilmente sì.
“Ma non voglio che ci siano segreti e voglio che continuiamo ad essere in buoni rapporti. Non ci saremo mai amati, ma siamo stati bene insieme. Ci siamo voluti bene e gliene voglio ancora. Siamo stati intimi, dopotutto.”
Sandro prese il lenzuolo da sopra ed iniziò ad aprirlo impacciato e nervoso, ci bisticciò a lungo mordendosi il labbro e fissandolo come se fosse un nemico. Solo quando Brahim ebbe pietà di lui e fece il giro del letto per raggiungerlo e prenderglielo di mano, si calmò. 
Sospirò e sorrise opaco e dispiaciuto. 
- Va tutto bene. - disse incoraggiante e dolcemente. Sandro riprese a respirare e finalmente alzò gli occhi sui suoi, poi scosse il capo e li alzò al cielo come a maledire qualcuno o sé stesso. 
Si sedette ritrovandosi senza forze e lui lo imitò sedendoglisi accanto sul letto dove avevano spesso consumato gioie e piaceri, l’ultima quella mattina prima che fosse contaminato non tanto da Theo e Daniel, quanto da quel che aveva fatto Sandro a Theo dormendo. 
Decise di non dirglielo per non turbarlo ulteriormente, non l’avrebbe mai fatto da sveglio e non poteva fargli una colpa se desiderava tanto un altro, non erano cose che si decidevano. 
- Non credo vada bene, non ho fatto niente di male, ma mi sento in colpa lo stesso... non so cos’è che non è andata, all’inizio mi facevi stare così bene, mi rilassavi, mi facevi ridere. Eri tutto ciò che avevo sempre voluto. Mi scioglievi. E poi... non lo so... forse non si è mai evoluto da lì. 
Brahim capiva, era quello che aveva pensato anche lui.
- Era un buon punto di partenza, ma da lì dovevamo evolverci come coppia; non è mai successo. La relazione è rimasta ferma lì, ma non basta per rimanere insieme. Per voler rimanerci. 
Sandro si girò di scatto spaventato che travisasse la questione. 
- Ma non è che io non voglio... 
Brahim sorridendo con gli occhi lucidi carico di dispiacere e tristezza che non riusciva proprio più a nascondere, annuì prendendogli le mani e stringendole. 
- Lo so, tranquillo. Va tutto bene, ti dico. Non è una scelta, se una relazione non funziona più e non decolla, non è una colpa. Succede. 
“E poi se ti prendi da un altro c’è poco da fare per noi....” non lo disse ad alta voce. Lo guardò incoraggiante aspettando che se la sentisse, ma rimase ben zitto. 
Capiva che non voleva farlo sentire peggio, già si stavano lasciando, dirgli che era preso dal suo migliore amico sarebbe stato troppo e non era ancora certo che se ne fosse accorto, perciò era lecito stare zitto. 
“Tanto prima o poi gli uscirà perché è troppo spontaneo. Prima o poi, anzi, succederà qualcosa che creerà un gran casino colossale. Ma non sarà più mia competenza. Da questo momento in poi dovrà farcela da solo. Io non faccio più parte della sua vita. A me non importerà più.” 
Pensandolo, gli lasciò la mano che Sandro gli stringeva. Quando lo fece ad entrambi caddero delle piccole lacrime traditrici. 
- Siamo stati bene insieme... - ripeté Sandro amareggiato, abbassando gli occhi ed asciugandosi la lacrima dalla guancia. Brahim sorrise tristemente, annuendo. 
- Sì, bene. 
Lui non si asciugò le lacrime. Le lasciò uscire. 
- Ti voglio bene, anche se non siamo mai arrivati all’amore. - disse ancora. Sandro annuì concordando. 
- Non era amore, ma ti vorrò sempre bene. - poi con ansia, tornando a guardarlo di nuovo ma avendo cura di non toccarlo: - rimarremo amici? 
Brahim voleva dirgli di no, ma non voleva rovinare quella bella famiglia che si era creata lì al Milan. Annuì ricambiando lo sguardo. 
- Certo. Siamo figli degli stessi Genitori, no? - cercò di tornare allo scherzo per alleggerire. Per riuscire ad uscire da quella fossa in cui era finito. 
Sandro sorrise fra le lacrime che cristallizzavano le sue ciglia nere. Come faceva ad avercela con lui? Era così sinceramente distrutto da quel che pensava di avergli fatto, mentre si sentiva tutte le colpe addosso. 
- Eravamo incestuosi... non poteva funzionare... - rispose cercando disperatamente un modo per aiutarlo ad alleggerire il momento. Brahim scoppiò a ridere liberatorio, apprezzando il tentativo e la battuta. Gettò la testa all’indietro e annuì. 
- Già, eravamo destinati... meglio rimanere solo fratelli! 
Sandro annuì, non rideva come lui e anche lui smise di farlo. Un ultimo sguardo, un ultimo sorriso tirato, triste, con le lacrime agli occhi. 
- Meglio. - concordò Sandro. - Starai bene? - aggiunse alla fine. Brahim annuì. 
- Vai, finisco da solo. Adesso me ne andrò in vacanza e mi distrarrò. Non c’è niente di meglio che una bella vacanza per uscire dalla fine di una storia. 
Sandro sorrise anche lui alla stessa maniera. Triste. Distrutto. Stanco. 
Annuì di nuovo avendo ormai poche parole. 
- Vieni da me per qualunque cosa, ci sarò sempre per te. 
- Anche tu. - quando lo disse, ci mise forza ed intenzione sperando capisse a cosa si riferiva e che lo facesse. Voleva cercare di evitare un disastro fra i suoi amici. - Per qualunque cosa. 
Sandro sorrise, gli diede un ultimo bacio sulla guancia e se ne andò. 
Una volta solo, Brahim si lasciò cadere all’indietro sul letto, si girò sul fianco in posizione fetale raggomitolando le ginocchia sul petto e si mise a piangere. 
Non era amore, ma era qualcosa di bello che non era andata come aveva sperato e voluto davvero. 
Non era colpa di nessuno, era solo andata così, ma faceva comunque male.