6. LA PROPRIA STRADA
Che ci fossero problemi fra loro non era un mistero, insomma, l’aveva capito nel momento in cui aveva notato che Sandro era attratto da lui. Se le cose fossero andate a meraviglia con il suo ragazzo non avrebbe notato un altro. Non solo notato, quello era il meno. Tutti notavano qualcuno.
Il problema era quando oltre a notarlo ne eri fortemente attratto.
Gli aveva fatto piacere, non lo poteva nascondere, ma la consapevolezza che quel ragazzo che gli moriva dietro era il compagno del suo migliore amico, era stata rivelatrice.
Aveva atteso la notizia, solo non così presto.
Quando Brahim l’aveva chiamato, era appena arrivato a casa e appena risposto pensando d’aver dimenticato da lui qualcosa, probabilmente le mutande, l’aveva subito sentito sul piede di guerra, pronto a sbranarlo.
Strano, si era detto irrigidendosi e fissando sconvolto il telefono mentre il suo tono furioso lo assaliva.
Brahim non era mai stato davvero arrabbiato con lui.
- Brahim? - l’aveva chiamato convinto di aver letto male il nome, ma lì nel display c’era scritto davvero il suo nome.
‘Bro’.
Era così che l’aveva nominato sul telefono.
- Sì, sono proprio io! - aveva brontolato per poi sganciare la bomba: - Io e Sandro ci siamo lasciati!
Theo spalancò gli occhi e per poco non gli cadde il telefono giù dal terrazzo dell’ultimo piano in cui era.
- COSA? ORA?! MA SE ERAVAMO INSIEME ADESSO! AVETE TROMBATO STAMATTINA, NO?
A momenti faceva sapere vita morte e miracoli dei suoi amici a tutto l’edificio.
Theo, affacciato alla ringhiera del suo lussuoso e spazioso appartamento, gridò ai quattro venti in modo ovviamente spontaneo tutto ciò che pensava.
O quasi.
- Piantala, te ne eri accorto di sicuro!
A quel punto calò le braghe venendo candidamente allo scoperto. Con lui non riusciva a mentire e nascondere. In generale non ci riusciva mai, ma con lui meno che mai.
- Mi dispiace, l’avevo capito che stava finendo. Come stai? Vuoi che vengo? O magari vieni tu? Qua c’è tuo nipote che ti farebbe sorridere...
Da pochi mesi era nato suo figlio, la decisione di Theo e Zoe di legarsi con un bambino era venuta in seguito a quella di ritornare insieme dopo essersi lasciati un anno prima.
Si erano parlati chiaramente dicendo che non si amavano, ma che avevano bisogno uno dell’altro e così era scattato il classico accordo di coppia che molti personaggi famosi avevano.
Una facciata comoda per poter fare ognuno ciò che voleva realmente mantenendo i privilegi di coppia ufficiale, dei soldi o della notorietà di uno dei due.
Il figlio era stato solo il desiderio di entrambi di essere genitori e la consapevolezza che mentre ognuno traeva dalla loro relazione i vantaggi del caso, non c’era ragione per non realizzare un altro desiderio, quello di essere padre e madre, per l’appunto.
- No no, sto bene... farò le valige, voglio andarmene subito in vacanza e distrarmi!
Brahim era abbattuto, ma non devastato. Theo si fece attento per capire se stesse piangendo o cosa, ma a parte un po’ di tristezza, la rabbia era già scemata e non sembrava in procinto di buttarsi giù dalla finestra di casa sua.
- Sai cosa dovremmo fare? - sparò invece così come se ci avesse pensato chissà da quanto. - Le vacanze insieme! Dai! Sai quanto ci divertiamo?
Theo iniziò a spingere su quell’idea come se fosse ponderata e non buttata a caso, la sua testa al momento però era solo vuota e la stava riempiendo con le prime cose che gli venivano in mente.
- Ma è la vostra prima vacanza di famiglia... non so se è il caso...
- Embè? Tu sei mio fratello, sei della famiglia! Vieni, a Zoe non darà fastidio! Ti godrai tuo nipote, vedrai che bello! Qualche giorno, poi quando ti rompi il cazzo te ne vai dove vuoi!
Alla fine tanto fece fino a che Brahim, preso per sfinimento, accettò.
Theo si mise ad esultare come un bambino, trattenendosi dal chiedergli cosa gli avesse detto Sandro nel lasciarlo, consapevole che doveva essere stato lui a prendere l’iniziativa.
Conosceva Sandro, ormai. Era uno di quelli onesti che non faceva i guai di proposito, ma che appena se ne accorgeva correva subito ai ripari dicendo la verità.
Sentendo Brahim arrabbiato, all’inizio, aveva pensato gli avesse parlato di lui, ma poi si era trattenuto, così Theo lo imitò.
“Se andiamo in vacanza insieme avremo modo di parlarne. Credo sia meglio farlo, ma con calma e per bene, non per telefono. Non voglio che le cose si rovinino fra noi, ci tengo troppo a Brahim.”
Pensando a questo, gli diede qualche istruzione per la partenza.
- Non mi chiedi perché ci siamo lasciati e come è andata la cosa? - fece poi Brahim alla fine, dopo averlo fatto parlare. Theo trattenne il fiato ma fu lesto a rispondere.
- Avremo tempo di parlarne al mare in vacanza con un bel cocktail in mano ed il sole in faccia!
Sicuramente un modo migliore per parlare di certe cose.
Brahim non aveva insistito, ma Theo aveva subito capito che Sandro gliene aveva parlato, non poteva che essere altrimenti. E se non l’aveva fatto, comunque Brahim l’aveva capito da solo.
Una volta messo giù il telefono, Theo sospirò e si strofinò gli angoli interni degli occhi, scuotendo il capo.
“Ti prego, fa che non ce l’abbia con me!”
Ma Brahim non era con lui che ce l’aveva. In realtà cercava un capro espiatorio, ma non trovandolo non riusciva a stare meglio.
Due giorni dopo, Zlatan si operò al ginocchio ed in qualche modo fu lui a dare la spinta a Daniel.
Un’operazione doverosa che l’avrebbe portato a stare fermo per sei o sette mesi, con il programma però di poter giocare ancora qualche mese.
Tutti sapevano che stava solo prolungando l’inevitabile, ma nessuno ne avrebbe mai parlato.
Nemmeno Simon lo faceva, si limitava ad ascoltarlo e a chiedergli che piani avesse, cercando di capire e leggere bene, per dargli il sostegno che gli serviva.
Daniel il giorno stesso dell’operazione andò a trovarlo in ospedale scegliendo di proposito un orario tranquillo, fuori visita.
Usò la carta VIP unita a quella ‘figlio di Paolo Maldini’ e lo fecero passare senza grossi problemi.
Spinto da una conversazione con suo padre, il quale ogni tanto condivideva certe cose della squadra senza nemmeno rifletterci molto, aveva iniziato a pensare.
Nessuno si sarebbe aspettato un’operazione simile da parte sua in quel momento, erano tutti pronti alla grande inevitabile notizia, ovvero il suo addio al calcio. Quando invece arrivò quella dell’operazione, la domanda era sorta spontanea: ‘Ma quali sono le intenzioni di Zlatan?’
Suo padre, preso in contropiede, gli aveva risposto onestamente.
‘Non lo sa ancora, gli ho detto che finché non è assolutamente certo, di non prendere decisioni. Può stare quanto vuole.’
Daniel non era rimasto colpito dalla sua risposta, se l’era aspettata. Era rimasto colpito dall’indecisione di Zlatan.
‘Davvero non sa se è ora di smettere?’
Per lui era ovvio lo fosse, suo padre a quel punto aveva risposto con uno sguardo malinconico, di chi comprendeva perfettamente il loro amico.
‘Non è facile iniziare, ma nemmeno smettere.’
Non era stata la seconda parte, che in realtà era ovvia. Si sapeva che smettere non era facile e per certi era peggio che per altri. Ricordava con un certo trauma l’addio di suo padre al calcio.
Era stata la prima parte.
‘Non è facile iniziare?’ Aveva infatti chiesto.
Paolo gli aveva sorriso paterno, Daniel si era sentito come aperto in due e letto con una facilità mai vista.
Denudato.
Odiava quando lo faceva ma era uno dei tanti talenti di suo padre ed uno dei motivi per cui era tanto bravo a fare tutto ciò che faceva.
‘Non basta essere in un club, nemmeno nel migliore in circolazione o quello dei tuoi sogni. Inizi davvero quando hai reali soddisfazioni facendo ciò che ami, in questo caso il calcio. Non è facile, ma una volta che ci riesci non finiresti più ed anche se prima o poi arriva quel momento, è davvero difficile.’
Daniel aveva capito che quel discorso era anche per lui, glielo aveva fatto in maniera indiretta e delicatamente, ma era arrivato dritto al punto, oltre che al cuore.
Perciò poi mentre si era avviato da solo da Zlatan, studiandosi bene l’orario per non rischiare di trovare nessuno, aveva come saputo che gli avrebbe fatto fare la parte del famoso Genitore Uno tanto decantato.
Perché suo padre era eccezionale, ma c’era una cosa che non gli avrebbe probabilmente mai detto, anche se sperava un giorno di riuscirci.
Quella cosa che per fortuna poteva dire a Zlatan.
Stava giocando sul cellulare, quando arrivò. Vedendolo arrivare lo mise giù sorpreso.
- Ehi, non aspettavo visite a quest’ora... - poi guardò dietro di lui per controllare chi altri c’era. - Sei solo? - chiese infatti stupito di non vedere Theo o qualcun altro dei suoi fedeli.
Daniel sorrise annuendo, ma si rese conto di essere opaco.
- Sì, sono venuto solo... - ammise come se fosse l’inizio della confessione.
Si prese del tempo, si sedette, gli chiese come andava, com’era il ginocchio e che aveva detto il medico, anche se sapeva già tutto grazie a suo padre.
Zlatan sembrava meravigliato di ritrovarselo lì, ma aveva capito subito che era per altro e aspettava paziente quel ‘altro’.
Tentennò un po’, quando esaurirono il discorso ginocchio ed operazione, così poi dopo un po’ di imbarazzante silenzio, Daniel si fece coraggio e tormentandosi le dita, seduto nella sedia accanto al letto, disse: - Zlatan, come si capisce cosa devi cambiare e come cambiarlo quando sai che ne hai bisogno?
Zlatan lo guardò sorpreso ma fino ad un certo punto, rimase dritto nella sua posizione semi stesa, la gamba era ingessata ed alzata su un impalcatura che gliela teneva immobile.
Non fece una piega nel sentirgli fare quella domanda, perché in qualche modo probabilmente l’aveva annusata.
- Senti che hai bisogno di cambiare qualcosa ma non sai cosa e come? - riassunse per essere sicuro di aver capito bene. Era ovviamente così. Daniel, serio più che mai e tanto piccolo quanto adulto in quel momento, annuì..
Zlatan non distolse mai lo sguardo dal suo, rimase sempre a guardarlo diretto. Quando lo faceva metteva soggezione a tutti, ma in quel caso non successe.
- Se chiedi a me ti dico che non importa cosa, basta che inizi da qualche parte. E comunque più che il cosa, è il perché che devi cercare. - a Daniel salì il cuore in gola mentre si ritrovava davanti le risposte che aveva sempre cercato. Si sentiva una sorta di emozione demolirlo da dentro ed iniziò a dondolare il piede nervoso mentre con la mano si tormentava il bordo della maglietta.
- Perché voglio cambiare, dici? - ma quello lo sapeva. Fece un sorrisino da colpito ed affondato e tornò a guardare Zlatan sempre fermo nella stessa posizione di sempre.
- Sai perché vuoi cambiare?
Daniel annuì col capo riabbassando imbarazzato gli occhi, si sentì piccolo davanti a lui. quasi come un vero figlio
Zlatan da quando era arrivato e lui era entrato nella squadra maggiore, era stato un punto di riferimento in campo fino a diventarlo in generale.
Era andata così e basta.
- Io credo di amare Theo e voglio far funzionare questa storia con lui, non per me stesso, ma perché lui se lo merita. Solo che non riesco a lasciarmi andare, c’è sempre una cosa che mi frena e mi rendo conto che lo sto solo facendo soffrire. Sto rovinando tutto con lui e non lo merita. E comunque non voglio che si rovini, non voglio che finisca. Però non so come fare per... per superare quella cosa...
Suo padre.
Si vergognava come un matto a dirgli di cosa si trattava. Finora l’aveva detto a Theo, ad Alexis e a Sandro. Recentemente ne aveva messo a parte anche Rafa. Di riflesso lo sapevano anche Samu e Brahim, ma per il resto non era risaputo.
- Simon ti direbbe di non fare niente prima di capire precisamente tutto. Ti direbbe di prenderti tempo per analizzare ogni cosa, per capirti bene, andare a fondo e solo dopo, agire. Ma io non sono così. Io ti dico che non importa capire tutto subito, basta sapere che hai bisogno di cambiare. Allora inizia dalla cosa più importante, quella che sai con certezza vuoi che sia il centro della tua esistenza per la maggior parte della tua vita.
Daniel capì immediatamente cosa intendeva e sempre col cuore in gola ma al tempo stesso una realizzazione lampante, rispose: - Il calcio!
Zlatan sorrise fiero che lo capisse al volo.
- Sei un calciatore, Daniel. O meglio, vuoi esserlo. Non sei un ragazzo come gli altri che cerca la sua strada e non sa bene cosa vuole fare da adulto. Tu lo sai già cosa vuoi fare. E non sei un ragazzo normale, sei un calciatore e vuoi fare il calciatore. È questa la cosa più importante della tua vita da qui e per moltissimo tempo. Il centro della tua esistenza per un bel po’. Se lo vuoi fare seriamente, devi concentrarti su quello ed iniziare da lì, a cambiare qualcosa di te.
Daniel tremò insieme alla voce e gli vennero le lacrime agli occhi.
- Dovrei cambiare squadra? - fu un mormorio indistinto che gli uscì, ma chiaro. Zlatan non si mosse, non gli prese la mano e non lo confortò, ma si affrettò con estrema calma a precisare.
- Non cambiarla definitivamente, solo momentaneamente. Hai bisogno di giocare per acquisire sicurezza e migliorare in campo, ma qua non ci riuscirai mai. Sei un calciatore ma per diventarlo sul serio devi diventare titolare ed ottenere soddisfazioni nel giocare. Se vuoi un consiglio da me, chiedi a Paolo di andare in prestito in una squadra che ti possa garantire minuti e gioco. Il talento ce l’hai, si vede e non perché sei figlio di Paolo Maldini e nipote di Cesare Maldini. Ce l’hai. Però devi riuscire a tirarlo fuori ed esprimerlo e c’è solo un modo, giocare. Ma qua in questo momento non c’è spazio per questo genere di necessità. Non possono permetterselo.
Fu chiaro e diretto, non indorò la pillola e Daniel la inghiottì così, amara, esattamente come gliela porgeva.
Lo fece, la mandò giù cercando con tutto sé stesso di essere adulto anche se in realtà non lo era. Era ancora un ragazzo, per la verità, ma si asciugò le lacrime apprezzando l’onestà dell’uomo seduto davanti a sé. Capiva che aveva ragione, ma ugualmente la voragine che si era aperta a quella realizzazione gli stava facendo un gran male perché lui era felice lì e voleva rimanere lì. Ma aveva ragione. Lo sapeva.
- E... e questo credi che mi aiuterà con Theo?
Zlatan si strinse nelle spalle inarcando le sopracciglia.
- Nella mia esperienza è sempre cominciato tutto con la soddisfazione calcistica. Il resto è arrivato in conseguenza. Essere soddisfatto nel fare ciò che vuoi fare per la vita, ti aiuterà a trovare la sicurezza in te stesso che ti manca nella relazione con Theo. Qualunque sia la cosa che ti blocca con lui.
Zlatan non sembrava intenzionato a saperlo a tutti i costi e Daniel se ne vergognava a dirglielo, però annuì capendo che se fosse diventato una persona più sicura di sé in generale, sicuramente sarebbe stato in grado di superare quello che lo bloccava con Theo. Cioè la sua adorazione per suo padre.
L’adorava perché era il suo idolo e prima di lui ne era stato anche innamorato, probabilmente, ma ora amava lui. Lo sapeva che l’amava. Si sentiva amato.
Però doveva sentirsi anche degno del suo amore. Essere alla sua altezza.
Doveva migliorare sotto tutti i punti di vista, ma come diceva Zlatan sicuramente cominciare dalla cosa più importante della sua vita, era un buon punto di partenza
- Sarà dura. - lo avvertì Zlatan. Daniel annuì sforzandosi di non piangere, sorrise più libero per la scelta che ormai aveva preso. Consapevole.
- Lo so. Ma è la cosa da fare. Hai ragione.
Dopo di questo si alzò e lo abbracciò spontaneo affondando la guancia nel suo ampio torace coperto dalla camicia da notte ospedaliera. Una casacca di cotone bianco aperta dietro ad eccezione per dei lacci.
Zlatan lo accolse con calore dandogli delle leggere pacche sulla schiena.
- Andrai benissimo, sei destinato. Vedrai.
Daniel non l’aveva mai pensato, ma sperato sì.
- Grazie papà! - disse con un sorrisino forzato.
- Non era Genitore Uno? - fece Zlatan scherzando. Daniel rise stemperando la tensione.
- Non dirlo a Theo!
- Non lo dirò a Simon. - precisò fintamente serio. - Significa che lui è la mamma?
Insieme risero di gusto, più sereni, infine si fecero un in bocca a lupo a vicenda e si salutarono, ognuno andando verso il proprio nuovo cammino.
Per Zlatan un percorso verso una scelta dolorosa che passava per una convalescenza complicata.
Per Daniel, una nuova strada per poter tornare a quella principale.
Note: è arrivato il momento di incrociare le cose successe nella realtà con la mia storia. In quei giorni Zlatan si è davvero operato al ginocchio rimanendo fuori 6 mesi proprio quando tutti si aspettavano il suo ritiro. Durante l'estate poi Daniel ha chiesto di andare in prestito in un'altra squadra per poter giocare di più. In quelle vacanze, inoltre, Theo e Brahim hanno passato dei giorni insieme partecipando ad un evento musicale. Alla prossima. Baci Akane