7. LA COSA PIÙ DIFFICILE
Conosceva bene il suo programma, sapeva quando sarebbe partito, dove sarebbe andato e quanto sarebbe stato.
Daniel aveva aspettato l’ultimo minuto utile per dirglielo, ma prima aveva dovuto parlarne con suo padre e capire se il suo progetto era fattibile.
Appurato che lo era e che sarebbe andato da qualche parte in prestito e che avrebbe trovato la squadra giusta durante l’estate, Daniel aveva voluto dirlo prima di tutti a Theo.
Insistendo per farlo prima di partire, consapevole che fosse meglio così per non rischiare di farglielo sapere attraverso i media.
Sapeva che sarebbe caduto dalle nuvole e che l’avrebbe presa male, perché era fatto così, ma poi sarebbe andato in vacanza con suo figlio e si sarebbe distratto, ci avrebbe riflettuto e avrebbe capito che aveva ragione lui.
Nonostante Daniel sapesse perfettamente cosa fare e come, ugualmente l’ansia lo attanagliò contorcendogli lo stomaco fin quasi a fargli vomitare la colazione.
Non si stavano lasciando, non era quella la sua intenzione, ma sarebbe stata comunque una cosa simile.
E poi Theo era melodrammatico, non gliel’avrebbe resa facile. Sarebbe stato in disaccordo e gliel’avrebbe fatta pesare e già non voleva separarsi da lui, ma era necessario e doveva, doveva trovare la forza di andare fino in fondo. Specie perché ormai l’aveva detto a suo padre. Non c’era scelta.
Erano andati a fare un giro ben lontano da Milano.
Una giornata intera, visto che non doveva mentire a Zoe ed inventarsi scuse plausibili dato il loro ‘accordo di coppia’. Non le diceva cosa andava a fare e quali erano i suoi affari privati, ma lei sapeva ne aveva e quando diceva che gli serviva una giornata lei non ne faceva un problema nel caso in cui fosse libera.
La giornata l’aveva voluta ed organizzata Daniel il giorno prima di partire per le vacanze, entrambi lo stesso giorno ma in posti diversi e soprattutto con compagnie diverse. Daniel con suo padre e la sua famiglia da cui poi si sarebbe staccato per trovarsi con qualche amico altrove, lui con la propria, quella nuova che si era appena fatto.
Per quel giorno, invece, Daniel aveva scelto il lago di Como ed aveva addirittura portato il pranzo al sacco, non volendo rischiare seccature nell’addentrarsi in ristoranti in una delle zone più gettonate al mondo.
Aveva fatto una ricerca per trovare un posto intorno al lago che non fosse turistico né affollato, per potersene stare soli e tranquilli.
Dopo essere arrivati, Theo aveva subito capito che doveva dirgli qualcosa che non gli sarebbe piaciuto.
L’organizzazione intera era troppo precisa, per i suoi canoni. Specie perché l’aveva voluta proprio il giorno prima di partire per le vacanze.
“Vedrai che mi vuole lasciare!” iniziò a pensare mentre seguiva le sue istruzioni per addentrarsi verso la riva sorprendentemente deserta.
“Sì e lo fa in modo romantico? Dai Theo, ti pare che organizzerebbe una giornata simile?” si rispose. Poi replicò: “Ma che ne so io? Non sono mai stato lasciato!”
Era vero, non era mai stato lasciato, aveva sempre fatto tutto lui.
Come ora che faceva e disfaceva.
Quando Daniel annunciò che erano arrivati con un certo orgoglio, Theo decise di lasciarlo fare per vedere fin dove sarebbero arrivati.
“Potrebbe sempre dirmi che mi ama, sarebbe sensato dirlo in un modo così romantico...”
Tentò di fare appello al suo lato ottimista e positivo e quando scesero dall’auto, la vista del lago da quel lato, tranquillo e deserto, lo lasciò senza parole.
C’erano case e città turistiche praticamente ovunque, ma bastava saper dove andare per trovare quelle piccole perle rare.
Una sorta di radura piena di verde e alberi che si affacciava alla riva, dove poter ammirare l’immensità spettacolare del lago e stare tranquilli e da soli.
Daniel raggiunse Theo che ammirava il lago con le mani ai fianchi, a pochi metri l’acqua limpida.
Una brezza leggera diede sollievo per il caldo che ormai imperversava in tutta la regione. Per fortuna bastava uscire da Milano per stare meglio, oltretutto non era ancora piena estate ed era perfetto così.
Si stava bene in maniche corte all’ombra, ma anche volendo prendere un po’ di sole era più che piacevole.
- Ti piace? - Theo piegò le labbra ammirato, annuendo.
- Non sapevo che c’erano piccoli paradisi proprio sul lago di Como!
Il lago di Como era prevalentemente turistico, poi c’erano lati e posti selvaggi ma non di facile accesso, perciò bisognava conoscere quelli buoni che al tempo stesso non erano troppo gettonati.
- Devi conoscerlo, non sono tanti i posti così, ma ci sono. - rispose Daniel orgoglioso che la scelta del posto fosse stata azzeccata. Gliel’aveva fatto conoscere suo padre in una delle uscite di famiglia quando erano piccoli ed in fuga dalle folle.
Adesso veniva la parte più difficile.
Theo, come gli leggesse nel pensiero, si girò verso di lui e lo circondò con le braccia, mettendogliele intorno alla schiena e bloccandolo contro di sé.
Daniel sorrise cingendolo a sua volta, infilò le mani nelle tasche posteriori dei suoi jeans, sulla sua postazione preferita, il suo sedere.
Si guardarono negli occhi, entrambi felici ma pensierosi.
Daniel lesse che Theo era preoccupato per quella giornata voluta a tutti i costi da lui proprio prima di separarsi per le vacanze estive.
Sapeva che non era normale, sapeva che preludeva qualcosa che non sarebbe stata di facile digestione. Era questo che leggeva nei suoi occhi, anche se si tratteneva dal chiederglielo subito.
Daniel sorrise e si allungò verso di lui, baciandolo senza dirgli ancora nulla.
“Voglio che si rilassi e che sia una bella giornata, glielo dirò, ma dopo.”
Theo avrebbe sicuramente voluto saperlo subito, ma sapeva anche che con lui non c’era verso di fargli cambiare idea se si metteva in testa una cosa. Perciò non combatté quella battaglia e si arrese ad assecondarlo.
Intrecciando la lingua alla sua, sentì stringerlo di più a sé come volesse inglobarlo.
Lo percepiva eccome.
Daniel ricambiò la stretta e si abbandonò al bacio che divenne più profondo, carico di un trasporto eccessivo.
Non voleva ferirlo, ma stava solo facendo la cosa più giusta per entrambi.
“Ho bisogno di crescere per diventare più degno di lui e del suo amore, finché sto qua non ce la farò mai.”
Sapeva che allontanarsi dal Milan e da suo padre sarebbe stata la cosa giusta, ma sapeva anche che sarebbe stato male.
Suo malgrado, non si sarebbe fermato.
Theo affondò in lui premendosi sul suo corpo da dietro, con le mani si appoggiava ai lati del suo corpo, sulla coperta che avevano steso sotto un albero, poco distanti dal lago.
Una visuale perfetta nonostante gli occhi chiusi, era totalmente preso da lui mentre lo penetrava facendolo suo con quel bisogno interiore che non aveva mai avuto.
Non gli aveva ancora detto nulla, ma era stata una giornata perfetta.
Aveva portato dei panini super imbottiti, ma così semplici nella tipologia di pranzo che erano abituati a fare, che era stato bello mangiarli.
Li aveva resi due persone semplici come tante, senza problemi da personaggi famosi come il dover nascondersi e non farsi notare. Quel giorno erano diventati comuni e normali ed era stato bellissimo.
Avevano riso insieme, si erano bagnati i piedi guardando i pesciolini che si avvicinavano, avevano fatto qualche gioco stupido insieme al telefono, avevano tirato sassi sulla superficie del lago che rimbalzavano, avevano fatto a gara a chi li faceva saltare di più e poi si erano persi uno nell’altro.
Gli era scivolato dietro prendendo possesso della sua schiena e delle sue natiche, la maglietta alzata, i pantaloni abbassati il necessario e lui poi a ricoprirlo col suo corpo più possente e forte.
Gli era entrato subito dentro, schiacciandosi su di lui ed iniziando a spingere ed affondare sempre più forte, fino a trovare quel punto che sapeva lo faceva impazzire. Lo stesso che poi faceva impazzire lui.
Quando lo sentì tendersi tutto ed inarcarsi come un gatto preda del piacere più intenso, gli baciò l’orecchio e glielo ridisse nella speranza che fosse quello ciò che voleva dirgli quel giorno.
- Ti amo, Daniel.
Lo disse e venne. Sentì Daniel venire poco dopo in reazione, ma non rispose.
Rimasero lì ansimanti uno nell’altro, fermi, persi in un altra dimensione.
Theo strinse forte gli occhi, mentre tornava a fatica realizzando che non glielo aveva detto.
Le lacrime lì dietro agli occhi a bruciargli.
Allora non era quello che era venuto a dirgli.
Si morse il labbro e non si accorse di Daniel che gli si rigirava sotto per mettersi supino, rivolto verso di lui.
Le sue braccia sulla testa a circondargliela, le labbra sul suo orecchio, una stretta particolarmente forte e sentita.
No, si disse, non era l’atteggiamento di uno che doveva lasciarlo, ma cosa stava succedendo?
Theo pensò di impazzire per un momento, ma fu breve perché poi quando glielo disse, impazzì sul serio.
- Ho chiesto a mio padre di mandarmi in prestito ad una squadra che mi faccia giocare, per migliorare come calciatore e poter avere successo poi nel Milan, che è casa mia.
La sentiva casa sua perché lo era e lo sapevano bene entrambi. Anzi. Tutti.
Lo era per nascita, in un certo senso. Nessuno l’avrebbe mai messo in dubbio.
Le lacrime scesero, la voce non gli uscì, i muscoli abbandonarono la sua tonicità e si ritrovò totalmente appoggiato sul suo ragazzo che lo accoglieva in un dolcissimo abbraccio.
- Perché ho bisogno di diventare più sicuro e voglio che la mia carriera cominci sul serio, voglio che questa cosa vada bene, non posso rimanere in panchina al Milan per sempre. Voglio scendere in campo ed è questo il momento di pensare alla mia vita professionale. Devo iniziare.
Ma lui era rimasto su quel piccolo dettaglio quasi buttato via.
- Non sei sicuro di cosa? - Daniel trattenne il fiato. - Di me? - aggiunse con un filo di voce Theo cercando di domare il pianto che scivolava fuori spontaneo.
Daniel aumentò la presa delle braccia intorno alla sua testa. Le labbra sempre al suo orecchio.
- No, non è di te che non sono sicuro. Sei la sola cosa di cui sono sicuro. Che mi ami e sono al centro della tua vita. - con le mani iniziò lentamente a carezzargli i capelli tagliati in uno dei suoi modi che gli stavano benissimo. - Ma sono io che devo diventare sicuro. Come persona.
Ma lui se la traduceva ormai in un solo modo.
“Non è sicuro di amarmi e vuole capire cosa prova per me, così se ne va per un po’ e a questo punto o ci lasceremo o ci legheremo di più. Ma io questi giochi d’azzardo in momenti così incerti e delicati li odio, cazzo!”
Ma non esplose come voleva, perché era annullato da quel senso di sconfitta e dolore che gli stava facendo vivere quel momento nel peggiore dei modi.
- Non voglio che te ne vada. - disse sinceramente. Daniel gli sorrise dolcemente.
- Lo so, ma è la cosa migliore per me. Lo faccio anche per la mia carriera calcistica, devi aiutarmi e sostenermi. Non può andarti bene che faccia panchina al Milan.
Fu questo, più di ogni altra cosa, a fargli capire che doveva sostenerlo anche se non voleva ed aveva un terrore sacro.
Perché sul resto aveva assolutamente torto, ma su quello assolutamente ragione.
Erano seduti in riva al lago, ma non coi piedi in ammollo; entrambi le gambe piegate contro il petto, mentre si riscaldavano al sole pomeridiano che scendendo lentamente iniziava ad essere meno caldo e bruciante. Adesso era bello starvi esposti, ma anche se fosse stato fortissimo come quello di mezzogiorno, non se ne sarebbero accorti.
Gli sguardi di entrambi erano fissi nell’acqua limpida davanti a loro, osservavano le barche all’orizzonte che andavano e venivano, alcune con turisti, altre di proprietà.
Era proprio una bella giornata, difficile non approfittarne.
- Non mi daranno mai lo spazio che mi serve per emergere, talento o no.
- Ma ce l’hai! - sbottò Theo come una molla, guai a sostenere il contrario.
Daniel sorrise addolcito e gratificato. Sapeva che ci teneva a lui.
- Lo dirà il tempo, però se c’è lo devo tirare fuori e dalla panchina non ci riuscirò mai. Ho bisogno di scendere in campo, non posso stare lì inattivo, non mi bastano gli allenamenti come fanno gli altri che aspettano il loro momento. Io devo prendermelo, il mio momento.
Sapeva di sembrare impaziente e prepotente, e in effetti lo era, ma su una cosa almeno aveva le idee chiare. Il proprio percorso calcistico. Voleva sfondare, ma non semplicemente a calcio. Voleva avere successo nel Milan. Era un desiderio molto specifico.
Sapeva che Theo lo capiva infatti annuì, dopo essersi calmato aveva visto la situazione con uno sguardo esterno ed onesto.
- E noi? - chiese poi senza mettere in discussione che da un punto di vista professionale fosse la scelta che tutti avrebbero fatto. Tutti quelli veramente ambiziosi.
Daniel si strinse nelle spalle cercando di sembrare molto sereno su quell’argomento, anche se non lo era affatto.
- Continueremo a fare come ci va.
Theo si voltò di scatto, indispettito. Glielo lesse in faccia che lo era, non sapeva nascondere i suoi stati d’animo, aveva anche il broncio ed era aggrottato, stringeva le sue ginocchia fra le mani come se dovesse tritarle.
- E come ci andrà? Io ho bisogno di qualche certezza! Non mi basta il ‘improvvisiamo e vediamo’! Anzi no, cosa siamo, ora?
Alla fine la domanda fatidica gliel’aveva fatta. Daniel se l’era aspettata, ma per rispondere avrebbe pensato solo al suo bene e non al proprio. Almeno in quello non poteva essere egoista. Non lo sarebbe più stato.
Daniel prese un respiro profondo e nonostante in qui giorni ci avesse pensato mille volte, si ritrovò a non sapere bene cosa dire. Lo guardò smarrito e si mordicchiò incerto il labbro esprimendo in quel piccolo semplice gesto tutta la sua insicurezza. Fu rivelatore, per Theo, il quale ebbe un guizzo indispettito e corrucciato. Ecco, sembrava dire. Aveva appena capito cosa si celava dietro quel suo pensare al calcio.
- Stiamo insieme? - chiese Daniel.
Non voleva uscisse come una domanda, aveva sperato di sembrare più sicuro, ma non ce l’aveva fatta perché la verità era che aveva bisogno anche lui di schiarirsi le idee e continuando in quel modo improvvisato non sarebbe mai arrivato da nessuna parte.
- Non lo sai? - chiese di rimando Theo cominciando a mostrare insofferenza evidente, si strofinava di continuo la bocca distraendolo,: per Theo era un gesto di nervoso, per Daniel era erotico.
Daniel si sforzò di continuare a guardarlo piuttosto che distogliere per rimanere concentrato. Puntò agli occhi accusatori.
- Non ne abbiamo mai parlato, in realtà...
- Perché sei tu che non hai mai voluto, io ti ho detto da subito che avevo le idee chiare e sapevo cosa volevo, tu invece eri convinto di ‘vedere come andava senza impegno’. Quando arriverà questo impegno? Da parte mia c’è da sempre!
Theo era partito ed aveva finito per rimettere i piedi in acqua non per rinfrescarseli, bensì come gesto di stizza. Si stava incendiando. Daniel rimase calmo accanto a lui, non voleva litigare e non voleva istigarlo, anche perché in quel caso aveva totalmente ragione lui.
“Ti amo anche io, ma non mi sento pronto a dirtelo.”
Non glielo disse, anche se sarebbe stato tutto più semplice e sicuramente avrebbe cambiato molto le cose.
Con una calma sorprendente, Daniel rispose guardandolo negli occhi, il cuore galoppava folle nel petto.
- Adesso che senso ha parlare di impegno se me ne vado minimo per un anno?
Proprio quello.
Nell’esatto istante in cui lo disse, Theo capì precisamente il suo piano. Il reale motivo per cui aveva scelto di puntare alla sua carriera calcistica proprio ora.
- Ecco perché vuoi andartene adesso. Ecco perché improvvisamente è tanto importante vedere di lanciare la tua carriera!
Theo non esplose subito nel suo stile, parlò basso e penetrante come se stesse tendendo un arco e prendendo la mira con la freccia in cocca.
Adesso aveva le mani strette sull’erba i piedi ancora dentro l’acqua, ma lui era rigido. Strappò dei ciuffi d’erba, Daniel si morse il labbro.
- Sono cose che semplicemente coincidono, non puoi negare che sia questo il momento di lanciarla, che se aspetto un altra stagione potrei perdere un treno importante. Vuoi negare che sia questo il momento giusto per pensarci? Ho vent’anni, tu a venti eri al Real Madrid!
Fortunatamente era vero. Ci aveva pensato tanto che aveva assimilato quel punto di vista analizzandolo in lungo ed in largo e al momento giusto gli stavano venendo le risposte.
Erano tutte cose vere e Theo parve calmarsi, riflettendoci. Non poteva negarlo, ma era anche vero che aveva dato il via a quel ‘lancio di carriera’ proprio per l’insicurezza dei propri sentimenti verso Theo. O meglio, non di quelli.
“Non so se lo renderò davvero mai felice come merita, non in queste condizioni. Non finché ogni volta che parlerà con mio padre io mi sentirò impazzire!”
Theo sospirò calmandosi.
- Va bene, hai ragione su questo. Le due cose coincidono. È vero che è il momento di pensare a come lanciare la tua carriera di calciatore.
A vent’anni dovevi darti una mossa se lo volevi fare sul serio e con grandi ambizioni.
Theo aveva ancora lo sguardo corrucciato fisso sull’acqua, si intravedevano i pesciolini che però non osavano avvicinarsi ai suoi piedi, come se percepissero il suo subbuglio.
Tolse i piedi e indietreggiò col sedere sull’erba per permettergli di asciugarsi visto che a momenti se ne sarebbero andati.
Tornò ad abbracciarsi le ginocchia piegate in una posizione chiusa e difensiva, ma non più aggressiva.
Daniel si mise meglio e si voltò piegando le gambe di lato, esitò prima di arrivare con la mano alla sua per cercare un contatto che avrebbe potuto calmarlo definitivamente.
Si sentiva meschino.
- Però è anche vero che ho delle insicurezze personali da affrontare e superare. Non sembra dall’esterno perché ho una bella faccia tosta, ma dentro di me io... - la voce gli tremò ed esito. Theo girò finalmente lo sguardo su di lui e fu come se lo investisse con un’ondata di fuoco, ma non era bruciante. Era rassicurante. Infatti trovò le parole per proseguire senza piangere in modo infantile.
- Io devo superare lo scoglio di mio padre. - alla fine lo disse. Era Theo e lo amava, doveva dargli qualcosa di più per fargli capire cosa gli stava succedendo, perché sapeva che per non perderlo glielo doveva.
A Theo si aprì quella sorta di rivelazione che finalmente gli fece capire e leggere candidamente in Daniel.
Solo in quel momento si rese conto di non aver mai visto un lato suo tanto intimo, privato ed importante. Un lato che gli aveva testardamente nascosto per tutto quel tempo.
- Pensavo l’avessi superato, mi sembrava che fra noi andasse abbastanza bene anche se a volte mi sembra di fare passi indietro. Però credevo che...
L’aveva preso totalmente alla sprovvista e non sapeva trovare bene le parole, Daniel gli sorrise cercando di farsi forza, si avvicinò a lui e questa volta gli prese la mano; Theo gliela strinse di rimando.
- Ti voglio bene, Theo. Anzi, penso di provare qualcosa di più forte di questo. Però ho questo passo da fare che non riesco finché sono qua e provo certe cose.
Theo si aggrottò provando a leggergli negli occhi azzurri appannati. Sembravano due cieli annuvolati. Così uguali a quelli di suo padre, sebbene diversi al tempo stesso.
- Qua con me o qua con lui?
A quel punto le lacrime salirono sulla soglia delle iridi di Daniel che divennero due cieli carichi di pioggia. Pioggia che scese sulle sue guance e Theo, colpito nel profondo e con dolore da quel suo stato che non aveva minimamente percepito e che ora vedeva completamente, si voltò verso di lui sciogliendo le gambe per metterlo in mezzo e abbracciarlo contro di sé.
Gli mise il viso nel proprio petto, le mani sui capelli a tenerlo stretto.
Lo sentì rigido sulle prime per poi ammorbidirsi e abbandonarsi.
Piangeva e non insistette per trovare una risposta. Non aveva minimamente sospettato che si sentisse in quel modo in relazione a suo padre e nonostante ora lo vedesse, non poteva comprendere realmente come si sentiva, cosa provava, cos’era a farlo sentire in quel modo disperato.
Daniel gli pianse addosso, coccolato da lui con una dolcezza infinita e mentre lo faceva, si rendeva conto che non c’era niente di cui preoccuparsi, dal punto di vista personale.
La loro relazione avrebbe resistito perché lui era la sua oasi, non quello da cui scappava.
“Scappa da suo padre.”
Senza bisogno che lo dicesse, ne ebbe certezza assoluta.
A quel punto, con un sollievo infinito, gli baciò l’orecchio e sussurrò piano: - Vai, Dani. Sarà sicuramente la cosa migliore per te. Noi tutti ti aspetteremo qua, a casa tua, nel posto destinato a te per nascita. IO ti aspetterò qua. E nel frattempo niente cambierà fra di noi, ci vedremo tutte le volte che potremo, ci sentiremo ogni giorno ed un anno passerà in fretta. Tornerai come un eroe pronto a salvare il suo popolo.
Ingigantì tutto ponendolo in modo meno tragico per alleggerire la situazione.
Infine gli prese il viso fra le mani e lo sollevò dal proprio petto. Daniel era ancora stravolto di lacrime, ma sorrise grottesco eppure bello a modo suo.
Gli asciugò le lacrime coi pollici e appoggiò la fronte alla sua trasmettendogli serenità e risolutezza.
- Quando vuoi me ne parlerai, io so che tornerai vincitore.
Non gliene parlò lì, ma l’avrebbe fatto con calma un altra volta.
Lì fra le sue braccia, davanti al suo sorriso sicuro, Daniel trovò la forza per fare quel che era giusto e percorrere un sentiero forse più difficile, ma doveroso verso sé stesso.
Totalmente ignaro del reale motivo per cui sentiva il bisogno di andarsene, nel realizzarlo in quel modo improvviso grazie a Theo, si sconvolse sentendosi destrutturato e devastato. Ma proprio grazie a questo, con le idee chiare su cosa dovesse fare e perché, decise che non avrebbe mollato prima di farcela.
“Non lo posso deludere. Anzi. Non LI posso deludere.”
Note: non sono mai stata sul Lago di Como né so se ci sono posticini simili dove stare in santa pace ad amoreggiare, essendo molto grande penso di sì, basta conoscerli, perciò mi auguro che quel che ho scritto sia fattibile. Scusate il ritardo ma ho avuto un po' di giorni di ferie che ho riempito facendo un sacco di cose che non mi hanno permesso di correggere e pubblicare, ma adesso sono tornata al solito ritmo. Alla prossima. Baci Akane