*Vediamo Theo alle prese con un Sandro incazzato nero che lo evita e gli fa il muso, riuscirà a fargli cambiare idea e a fargli capire che anche se era iniziata come un gioco poi è finita per essere una cosa seria? Ha delle buone argomentazioni e sa come spingere gli altri a fare quel che vuole, li prende per sfinimento, ma alla fine bisogna vedere se Sandro riuscirà comunque a perdonarlo. Avevo sbagliato di segnare i capitoli, sono 3 perciò manca la terza e ultima parte che metterò fra 4/5 giorni. 
Per sapere quando la metto, seguite la mia pagina. Buona lettura. Baci Akane*

2. THEO 

santheosantheo

Sono un idiota, lo sapevo. Ma quella volta non sapevo come gestirla ed ho avuto il dubbio ogni giorno di non aver scelto la cosa giusta, poi era tardi per cambiare sistema. 
Ma quanto potrà essere grave? Insomma, abbiamo trombato che era ubriaco e non lo ricorda. Ero ubriaco anche io, non è che ho approfittato di lui, abbiamo approfittato a vicenda, solo che io lo ricordavo e lui no, pazienza. 
Per me non è così grave, ma per lui sembra esserlo. Il punto è che dobbiamo sistemare le cose, non per forza per trombare ancora, ma ci tengo a lui ed al nostro rapporto.
Voglio che sappia che era un gioco, all’inizio, solo una scopata e cose così. Ma poi mi sono preso sempre più e adesso mi piace davvero. 
Ci tengo.
Tanto non può scapparmi, per quanto gli lascio oggi per pensare, c’è sempre il domani.
Ed il domani ci vede a Milanello di buon mattino, ci hanno lasciato il giorno dopo la semifinale fallita per accusare il colpo, ma poi giovedì mattina siamo tutti qua a fare colazione per poi ricominciare da capo con un altro obiettivo da centrare, uno importantissimo.
Per la squadra è la qualifica alla Champions, per me è farmi perdonare da Sandro. 
Arriviamo più o meno allo stesso orario, ma lui ha cura di ignorarmi.
È ancora visibilmente incazzato con me e non mi guarda nemmeno.
Si isola, non sta con nessuno perché non è proprio dell’umore e tutti pensano che sia ancora a pezzi per la partita. In parte sicuramente quello non aiuta, ma io so che non è così. 
Appena finiamo la colazione e ci alziamo per andare in spogliatoio e prepararci per la sessione mattutina, lo raggiungo subito. 
- Dobbiamo parlare! - dico perentorio e deciso. 
Sandro scuote la testa.
- No, non dobbiamo. - duro e deciso aumenta il passo ed entra nella stessa porta nella quale entro io. 
- Sì che dobbiamo invece! - insisto come un martello pneumatico. 
Lui va alla sua postazione che non è vicina alla mia, ma io gli vado davanti come se lo fosse, Sandro inizia a spogliarsi e prepararsi con la divisa da mezza stagione che indosserà oggi per allenarsi, io sono ancora vestito completamente. 
Alcuni dei nostri compagni ci lanciano occhiate curiose, capendo che abbiamo litigato e suonerà strano visto che martedì eravamo andati via insieme. Dovevo consolarlo perché era a pezzi. Penseranno che ho fatto un pessimo lavoro. 
Se solo sapessero. 
- No. Adesso ci dobbiamo allenare, non parlare. - continua basso e penetrante. È falsamente calmo, quella calma che precede una tempesta, un tuono fragoroso. Si sta trattenendo per non fare una sceneggiata qua davanti a tutti, ma vuole farla. Vuole dirmene così tante che nemmeno me le immagino, ma penso sarebbe la cosa migliore per lui.
Una volta che mi dirà di tutto, potrò chiedergli scusa e cercare di farmi perdonare. 
Insomma, ho dei buoni argomenti per quello scopo. 
Il mio corpo per esempio.
Pensandoci è come un lampo che attraversa il cielo, che proviene da una direzione diversa dagli altri. 
Mi prendo il colletto della felpa che indosso e me la tiro via dalla testa. 
Lo faccio lì davanti a lui che, seduto perché si è già vestito, si sta mettendo le scarpe da ginnastica per la palestra con la quale inizieremo. 
Lui alza un sopracciglio scettico, ma non fa altro. Nessun altro muscolo indurito del suo bel viso si muove, mi lancia un’occhiata eloquente che sembra dire ‘che cazzo osi fare?’ Ed io annuisco con un mezzo sorriso di sfida, non malizioso o sfrontato come solitamente faccio. È un sorriso risoluto e comunque è solo accennato. 
- Va bene, alleniamoci. Ma sappi che non mollerò finché non parleremo. - mi sfilo i pantaloni rimanendo in slip sportivi che mostrano bene le mie doti, al momento a riposo. - e tu sai benissimo cosa significa se dico che non mollerò. 
Non aggiungo altro, perché i suoi occhi splendidi, neri e normalmente da cucciolo, sempre espressivi mentre dicono solitamente che mi muore dietro, davanti, di lato, ovunque, adesso hanno un lampo di terrore perché capisce cosa dico. Sa che ho ragione. 
Non risponde, finisce di allacciarsi le scarpe, prende quelle per il campo che si cambierà fra la palestra e la sessione esterna, mi lancia un’occhiata perplessa e preoccupata mentre mi vesto senza fare scene particolari, ma scuote il capo come a dire ‘no non sarà niente di cui preoccuparsi’ e se ne va con gli altri. 
Rimango un istante indietro e con me si ferma Brahim che mi fissa curioso alzando il mento. Non parla, non serve. Io scuoto il capo serio e risoluto, non sto più giocando.
Il tempo dei giochi divertenti è finita, adesso inizia la sfida seria. 
Non mi ignorerà. 
Non glielo permetterò. 
- Ti spiego dopo. - dico solamente. 

In palestra ognuno fa dei macchinari per il risveglio muscolare, ci suddividiamo uno o l’altro per poi spostarci dopo un tempo predefinito e passare ad altre, tendenzialmente il genere di esercizi che svolgiamo qua dentro sono sempre gli stessi e li conosciamo, perciò non serve che qualcuno ci dica cosa fare, lo facciamo automaticamente. Se c’è qualcosa di nuovo, ci viene detto subito. 
Oggi è tutto come sempre, nessuna novità. 
Individuo Sandro che sta facendo una macchina per le gambe, io faccio attenzione a mettermi in linea d’aria davanti a lui in modo da farmi guardare, mi tolgo la maglietta perché ‘non voglio già bagnarla di sudore’ e mi metto nella macchina per gli addominali. 
Mi incastro nel sedile esteso, metto i piedi, afferro i manubri con le mani ed inizio a piegarmi in avanti per poi allungarmi, ripeto senza grossi sforzi l’esercizio senza mai staccare gli occhi da lui. 
Lo fisso insolente e diretto, cerco proprio i suoi occhi sfidandolo muto a non fare un cenno. 
Il cenno non lo fa, ma quando mi guarda soffoca con la sua saliva ed avvampa. 
Ecco perché lo amo.
Perché è spontaneo. 
Non riesce a nascondere e mascherare qualcosa che prova e pensa.
Si vede così tanto che gli piaccio da morire, per questo per me è diventato un’ossessione.
Il modo in cui piaci a Sandro non piacerai mai a nessun altro, nessuno ti farà sentire come ti fa sentire lui quando ti viene dietro. 
È qualcosa che capisci solo se lo provi. 
Non facciamo altro, comunque. 
Ci limitiamo ognuno ad un macchinario, lui si sposta scappando da me, io gli vado dietro per riprenderlo subito. 
Cominciamo con gli esercizi con gli attrezzi in mano sui tappetini, sempre gli stessi ma comunque eseguiti a tempo di un preparatore atletico, mi metto vicino perché lui scappa ed io inseguo.
E se io inseguo, prendo sempre. Lo sa che prendo sempre. 
È inutile che scappi. 
Lo vedo nel dramma, perché ormai lo conosco e so quanto vorrebbe morire piuttosto che starmi vicino perché lo provoco.
Faccio questo gioco da tutto l’anno, lo so fare meglio di chiunque altro. 
Per sua fortuna finisce la sessione interna ed andiamo verso quella esterna. 
Lì arrivano Paolo e Frederic, c’è il classico momento del discorso post trauma, tutti ascoltiamo Paolo in religioso silenzio, capi chini, mortificati, ma poi veniamo caricati per il prossimo obiettivo.
Ci viene detto di non considerare la stagione fallita perché anche se abbiamo dei problemi evidenti in certi tipi di scontri, abbiamo fatto molto più di quello che avevano pianificato tre anni fa.
È una cosa che ci fa piacere, perché significa che stiamo comunque superando le loro aspettative. Non puntiamo i riflettori sul fatto che non aveva alte speranze su di noi, perché sa come parlarci. Paolo ha sempre saputo parlare, non per niente è il capitano di sempre. 
Non perché eravamo scarsi, bensì perché eravamo giovani e appena messi insieme e siamo in costante fase di formazione e stiamo crescendo e componendoci, perciò nessuno pretendeva miracoli, ma dal loro punto di vista i miracoli li abbiamo già fatti in questi tre anni. Perciò di non abbattersi, ma continuare così, cercando di migliorarsi e di raggiungere sempre un obiettivo. 
Il discorso mi aiuta non solo per il calcio, ma anche a livello personale. 
Si può sbagliare, ma l’importante è rialzarsi e rimediare. O tentare di farlo. 
Ma io non tenterò, io rimedierò. Non mollerò, proprio come ha detto Paolo.
Non si molla per un cazzo.
Un cazzo l’ho aggiunto io, lui ha solo detto ‘non si molla’. 

Per tutta la sessione esterna lo inseguo e lo provoco, al gioco della marcatura mi incollo a lui come una mosca, mi spalmo su di lui facendolo morire, lo sento mentre appiccico il mio pacco contro la sua coscia cercando di prendergli la palla. La palla nemmeno la cago ma lui finisce per perderla comunque. 
Insofferente mi lancia un’occhiata esasperata che sembra dire che non vale, ma si mangia la frase e scuote la testa andando in coda per ripeterlo. 
Ovviamente faccio attenzione ai compagni in modo da finire di nuovo con lui e ripeto l’esecuzione, solo che questa volta è lui che marca me e noto che non ha molta intenzione di farlo seriamente, quasi mi lascia andare di proposito, al che io rallento apposta e mi faccio raggiungere. 
Sandro mi sbatte contro pensando che andassi alla mia velocità solita, ovvero un treno, invece si scontra e la palla finisce per i fatti suoi, il mister ci dice di non montarci ma di guardare la palla. 
Non montarci, eh? 
Lancio un’occhiata maliziosa a Sandro. 
- Qualcuno ha la testa da un’altra parte oggi... o SU un’altra parte... 
Il mister non ci caga mentre torniamo dagli altri e Sandro mi lancia un’occhiataccia di fuoco. 
- Tu invece sei sugli esercizi, no? 
- Basta che parliamo e tutto questo finirà! 
Sandro poi fa in modo di finire con un altro, ma tanto l’esercizio successivo torno ad appiccicarmi a lui e qualunque cosa facciamo oggi, trovo il modo di rigirarla in mio favore. Anche una cosa totalmente semplice e normale, riesco ad usarla ‘contro di lui’.
Alla fine della sessione mattutina, Sandro è particolarmente sconvolto, stanco e sfinito. Io sono ancora pieno di energie perché so che il peggio deve ancora venire. 
E lo sa anche lui.
Infatti il peggio arriva.
La doccia. 
Puntavo tutto su quello quando Sandro viene richiamato da un preparatore per una sessione di messaggi. 
Gli dice che avendo tirato troppo in partita e avendolo visto tirare troppo anche oggi in allenamento, non vuole che rischi un infortunio muscolare così lo vuole massaggiare. 
Ce ne sono altri nella sala massaggi proprio per motivi simili, io non vengo richiamato, ma vengo lo stesso chiedendo qualche manovra perché mi sento particolarmente stanco anche io. 
Sandro mi guarda male, mentre mi tolgo i pantaloncini e rimango in mutande stendendomi sul lettino accanto al suo, quasi corro per accaparrarmelo. 
Entrambi con la maglietta, ma in mutande, veniamo fatti stendere supini e cominciano con i massaggi e le manovre sulle gambe, lui geme involontariamente perché evidentemente ha stressato davvero tanto i suoi muscoli, mentre i miei stanno come sempre alla grande, non emetto nemmeno un suono, ma lo fisso insistente lasciando che il piacere dei massaggi, come di consueto, mi metta in tiro l’amico fra le gambe che grazie agli slip sportivi si vede bene. 
Non è strano succeda, anzi, è molto consueto. Però oggi non mi è capitato per le mani del massaggiatore sulle mie cosce, bensì per l’espressione di sforzo e sofferenza di Sandro, perché me lo immagino così a trombare. 
Purtroppo quella notte era buio e non so che espressione abbia fatto, oltretutto mi fotteva lui, ma sicuramente farebbe una faccia simile e mentre mi immagino a salirgli sopra, sedermi sul suo cazzo che sta tirando come il mio, mi parte davvero molto al punto che faccio finire prima e bruscamente la sessione, ringraziandolo con un cenno del capo e della mano. 
- Grazie, sono a posto. 
Il preparatore che mi manipolava si era accorto del mio stato e senza dire nulla smette passando ad altri compagni. Quando capitano cose simili, che ci si eccita troppo, si pone fine al trattamento e si va oltre senza fare alcun commento. 
Sono cose normali. 
Mi alzo a sedere e fisso sfacciato come mio solito Sandro. 
Non mi muovo, non dico nulla, sto qua e lo guardo mentre il suo cazzo è duro quanto il mio. 
Alla fine sospirando annuisce e lancia un’occhiata di scuse al suo preparatore. 
- Grazie, per oggi va bene così... 
Normalmente non sono i giocatori a decidere se non in certi casi. Casi come questi. 
Nessuno vuole ritrovarsi le mutande piene di sperma durante un massaggio. 
Adesso entrambi eravamo troppo ‘alzati’ da altro che non c’entrava con il bel massaggio alle cosce e all’inguine. 
Era una battaglia persa in partenza. 
Sandro si ricompone prendendo un pezzo di carta dal lettino su cui si è steso e se lo strofina sulla faccia prima di alzarsi a sedere verso di me. 
Le gambe di entrambi pendono giù, io lo fisso fermo immobile, le mani a stringere il bordo in attesa di un suo cenno. Cenno che questa volta non potrà negarmi. Perché sa cosa c’è ora. 
- Non mollerai finché non parleremo, vero? - lo dice senza guardarmi, si è asciugato il viso perché ha sudato più nel massaggio che negli allenamenti. Ha mantenuto lo sguardo basso, ma mi ha parlato penetrante, rassegnato, insofferente. 
- C’è la doccia, ora. - gli faccio notare apparentemente normale.
Sa che farò di nuovo di tutto per farla con lui, attaccarmi al suo sguardo e fare l’osceno pur di farmi calcolare. 
Sandro se la immagina, infatti mi fissa stralunato ed implorante e mi fa pena perché davvero sto giocando tutte le mie carte peggiori. 
A me lui piace davvero, non voglio torturarlo, per me non è più divertimento, ma lo vedo che è preso male. Non riesce a nascondere il suo stato. 
- E va bene! Andiamo da qualche parte a parlare! - esclama alla fine arrendendosi! 
Io, vittorioso, faccio un sorrisino esplicito mentre gli occhi mi si illuminano di gioia. 
Sapevo che la spuntavo. 
- Se vuoi prima ci laviamo... - propongo fintamente innocente e ragionevole. 
Sandro scende dal lettino e mi lancia un’occhiata eloquente di ‘non prendermi per il culo’. Io ridacchio divertito ed alzo le mani in segno di resa. 
- Io sono un bravo ragazzo, non guardarmi come se fossi un orco! 
- Ti sembra l’espressione riservata ad un orco? - risponde mentre mi precede fuori dalla sala massaggi dove ci sono ancora alcuni compagni. 
Alzo le spalle. 
- Mi sembra l’espressione di un condannato a morte... - ribatto schietto. Sandro mi dà le spalle ma lo sento che ride. 
Lo sento, anche se non emette alcun suono. Le sue spalle hanno un fremito e la sua testa si scuote come a dire che non cambierò mai. 
Gli piaccio proprio per questo. 
So che pensa questo. 
Ma non sa quanto mi piace lui, invece. E non perché mi adora. Mi piace perché è splendidamente pulito e genuino. 
È la persona più bella che io abbia mai incontrato e devo farglielo capire o per me questa stagione sarà un totale fallimento, ma non per il calcio. 

Sandro mi conduce incerto verso l’infermeria dentro cui si affaccia per vedere se c’è qualcuno. 
Dal momento che è vuota, come sperava, si infila e chiude a chiave la porta dopo che passo anche io. 
Mi stupisce che abbia scelto un posto così discreto e privato, poteva piazzarsi in corridoio od uscire in giardino, in certi posti non mi dai modo di saltarti addosso ma qua è come se mi dessi il permesso. 
Beh, non mi ha portato in camera su di sopra... 
Si ferma dopo aver chiuso a chiave, incrocia le braccia al petto e si mette a battere il piede per terra impaziente. 
- Avanti, ti ascolto. Facciamola finita che non ne posso più! 
Faccio un sorrisino divertito avvicinandomi. 
- Perché non ce la fai? Che succede di così complicato? 
Sandro alza gli occhi al cielo esasperato. 
- Non ci provare, lo sai! 
Mi fermo davanti a lui, le mani lungo i fianchi pronte ad andare all’attacco sul suo corpo. 
- No, non lo so proprio, oggi mi sono solo allenato, cosa c’è che non ce la fai più? 
Voglio che me lo dica perché così non può più scappare. 
Sandro assottiglia gli occhi e la furia lo assale, si vede bene che è nero come la pece, a momenti mi dà un pugno, altro che il cazzo! 
- Lo sai che mi piaci ancora, che ti desidero e che non è cambiato niente da prima, solo che adesso sono incazzato come una bestia, perciò non ti voglio dare retta! Piantala di provocarmi, l’hai fatto per tutto l’anno! Vuoi dire che non è sempre stato solo un gioco, così come non lo è ora? 
Finalmente quello che aspettavo. Smetto di fare sorrisini vittoriosi e provocatori e facendomi serio, gli prendo i fianchi con le mani, lui sussulta e scioglie le braccia dal petto per togliermele con un gesto secco dei suoi polsi, così non lo tocco di nuovo, ma le alzo in segno di calma: 
- Non era un gioco. O meglio, all’inizio sì. Ammetto che è cominciata perché mi stuzzicava che ti piacessi. Mi piaceva piacerti e volevo tenere vivo il tuo interesse... volevo ripetere quella notte... ma poi... - cerco velocemente nella mia mente le parole giuste che non trovo, abbasso lo sguardo per non farmi distrarre dal suo furioso e bellissimo, infine sospiro scuotendo il capo sconfitto. 
- Ma poi mi sono preso sul serio da te. Ed è diventata una lotta per averti e conquistarti e non per portarti a letto e farti impazzire. 
Sandro non commenta il mio comportamento di oggi perché sa che l’ha voluto lui, se mi parlava subito non avrei fatto tutto questo solo per potergli spiegare. Ho usato i miei mezzi. 
Mi piace anche perché è assolutamente acuto ed intelligente, non trovi tante qualità nella stessa persona. Senza contare che è davvero un bel ragazzo!
Si morde il labbro e aggrotta la fronte turbato, ancora arrabbiato, indispettito. 
Non me ne andrò finché non avremo risolto. Ne sono assolutamente certo. Non ho mai voluto tanto qualcosa come questa adesso, perciò apri bene le orecchie perché te lo dirò chiaro e tondo e senza paura. 
Mi avvicino di mezzo passo fino a sfiorare il corpo col suo, Sandro indietreggia istintivamente appoggiandosi alla porta dietro di sé, io avanzo ancora, gli metto una mano sul viso cercando di essere delicato e sicuro al tempo stesso. Lui si tende, sussulta, spalanca gli occhi e si perde in questo contatto, nel mio sguardo intenso, sicuro, ravvicinato. 
- Perdonami per come ho gestito di merda quella storia. - la nostra notte insieme dimenticata. - Ma ci tengo davvero a te, ormai, e non posso perderti. Non posso proprio. Perciò non mollerò finché non mi accetterai nella tua vita. Perché so che anche tu tieni a me, anche se sei arrabbiato.