*La festa di Jacoby è stato un successo ed una sorpresa continua, dimostrazione più che concreta dei grandi cambiamenti positivi di Jacoby. Jerry non può che esserne fiero. La loro relazione, oltretutto, sembra andare a gonfie vele, anche se pare sia ancora tempo di andarci piano. Riusciranno davvero a trattenersi? Buona lettura. Baci Akane*
101. SONO IO CHE HO BISOGNO DI TE
"Sei stato nascosto
Dai sussurri dei tuoi dubbi
Mi stai negando
Perchè continuo a raggiungere
Ma dopo tutto quello che hai passato
So che hai fatto il meglio che potevi fare
E dovevo farti sapere
Sei molto più che danneggiato
Perché non vedi quello che vedo in te
So tutto sul dolore che senti
Quello che stai passando
Il taglio della vita ti apre, ti senti come rotto
Vorrei solo che tu sapessi
Nelle tenebre sei ancora bello
Ma posso vedere le tue ferite aperte
Stanno sanguinando
So che stai svanendo
Nelle ombre della tua vita
Non spingermi via da te
Vuoi essere solo quando morirai?
Dopo tutto quello che hai passato
So che hai fatto il meglio che potevi fare"
- Non rimarrò mai a dormire in casa di Kelly! - Esclamo scandalizzato mentre lui mi toglie dalle mani i rimasugli di quello che una volta era un tavolino da salotto.
- E allora tu non sistemerai mai questo casino! - Sospiro paziente.
Se ne sono andati tutti ed io avevo solo intenzione di sistemare questo macello, mi immaginavo Kelly che al risveglio trovava il tavolino rotto e le venivano le doglie in anticipo di due mesi. Non era una bella cosa, secondo me, ma secondo Jacoby non se ne parla che sistemo.
- Dai, almeno il tavolino. Lo facciamo sparire e basta. Il resto non lo tocco! -
Jacoby in risposta mi prende il piede del tavolo e lo impugna come una mazza da baseball. Subito glielo do io in testa.
- Non farai assolutamente nulla se non rimarrai a dormire qua! - Sospiro paziente alzando gli occhi al cielo.
- Andiamo, come puoi chiedermi di dormire qua?! È casa vostra! Ma non hai una coscienza? - Dico piano ma esasperato. Lui fa il broncio infantile e arriccia il naso scuotendo il capo.
- Nemmeno un po’ in realtà! - Vedendo che non mi convince, prova con un altro sistema. - Comunque è tardi per farti un’ora di strada in macchina. Non andrai mai a casa a quest’ora! Fra l’altro fuori continua a piovere molto, potrebbe abbattersi un uragano, qua ce ne sono tanti! - Alzo gli occhi al cielo, questo è un punto convincente, poi mi rassegno e apro le braccia guardandomi.
- Sono fradicio e sporchissimo, come la mettiamo? - Lui fa un gran sorriso vittorioso e si batte il petto con la mano stile gorilla.
- Ti presto tutto io! -
- E dovrei dormire nel divano? - Scoppia a ridere.
- C’è una camera in più che sarà quella della principessa. - A questo ricordo che sarà femmina, il fatto che l’ho saputo da Kelly e non da lui mi secca, ma so che è una sorta di attenzione nei miei confronti. Evita l’argomento che potrebbe infastidirmi, questioni familiari e matrimoniali.
Anche se poi è contraddittorio perché mi riempie di discorsi sui suoi figli.
Beh, per il momento il feto è ancora parte di Kelly, il cordone non è stato tagliato. Immagino che la testolina di Jacoby funzioni così.
Alla fine mi arrendo e lui saltella vittorioso buttando all’aria il piede del tavolo che prendo al volo prima che si fracassi per terra facendo chiasso.
Scuoto la testa mentre lo vedo correre a sistemare la camera e a prendere il necessario sia per lavarmi che per cambiarmi. Nel frattempo faccio sparire il corpo del reato che Jacoby ha provveduto a fare in tanti pezzi, non è difficile mettere tutto in un sacco e buttare sul retro insieme al resto della spazzatura.
Quando torno Jacoby mi chiama con un gesto del capo tutto contento, brilla di luce propria e così sospirando ancora perché mi sembra una di quelle pessime idee, vado su per le scale facendo il più silenzioso possibile.
Quando si chiude in camera con me vedo una stanza rosa e piena di fiori e fate e mi fermo allibito.
- Ed io dovrei dormire qua? - Jacoby annuisce felice allargando le braccia.
- Non è bella? - è davvero convinto che lo sia, ma il mio entusiasmo è pari a quello di un condannato a morte.
- Penso che le verranno gli incubi anche a lei quando ci dormirà. Sei pazzo tutto questo rosa? E se prende da te e viene su un maschiaccio demoniaco? - Lui fa il broncio e si aggrotta tutto come se avessi bestemmiato, così scoppio a ridere.
- No, non succederà mai! Lei sarà la mia principessa ed io il suo principe! - Si mette le mani ai fianchi per convincermi, ma ci rinuncio proprio. Sventolo le mie e mi arrendo.
- Va bene, sbrodolerà rosa! - Così lui fa il sì con la testa e finalmente è contento.
Vedendo i vestiti che mi ha preparato, prendo l’asciugamano e vado in bagno per farmi una doccia, non ci faccio subito caso, ma quando noto che non sono solo mi giro e lo vedo che si spoglia dietro di me, così io con la maglia tolta a metà mi fermo perplesso.
- Seriamente? Lo vuoi fare qua? Ora? Tu per un anno e forse più non trombi con me e decidi di rifarlo ora proprio in casa di tua moglie con lei che dorme accanto? - Jacoby scoppia a ridere e continua a spogliarsi senza problemi.
- Chi ti dice che voglio trombare? - Lo guardo perplesso vedendo che si denuda del tutto.
- E che dovremmo fare scusa? -
Lui mi guarda come se fossi scemo seriamente ed apre il rubinetto caldo dell’acqua della doccia.
- Ah... lavarci? Siamo pieni di merda addosso? - Scuoto la testa convinto che mi salterà addosso e che faremo sesso così in modo squallido, dubito mi possa venire duro con l’idea di Kelly di là.
Vedendo che latito, si avventa su di me e mi apre la cintura dei jeans con il suo sorrisino divertito.
Ok, forse non sarà un problema che mi venga duro.
- Jacoby, se non intendi fare sesso stanotte così non dovresti spogliarmi. - Lui continua a ridacchiare, io lo uccido davvero.
Le sue mani prendono ben presto il mio posto nei miei vestiti, le mie abbandonate lungo i fianchi, i miei occhi sul suo viso, presto mi perdo il modo esperto e sicuro con cui mi spoglia. Presto sono in fissa con la sua bocca.
Magari non faremo sesso, ma penso proprio che degli orgasmi non ce li tolga nessuno.
- Sai, non mi hai mica dato il regalo di compleanno... - Mormora col suo tono basso e suadente che mi fa impazzire.
Ridacchio e me ne ricordo.
- Vorresti il mio corpo come regalo? Pensavo che volessi fare l’amore nel momento giusto... - Quando sono nudo, mi spinge deciso indietro fino ad infilarci sotto la doccia della cameretta della principessa, chiudiamo il vetro smerigliato del box e sempre senza staccarci gli occhi uno dall’altro, vicini da svenire, l’acqua calda scivola su di noi avvolgente iniziando a lavare questo schifo di dosso.
È un sollievo doppio. L’acqua accompagnata dalle sue mani che strisciano sul mio petto, salgono sulle spalle, il collo, poi dietro sulla nuca. Le dita accompagnano il getto che toglie presto ogni traccia di schifo di dosso.
Poi le sue labbra sulle mie mentre le mie mani scivolano sulla sua vita e poi sulla schiena attirandolo a me.
Le lingua sono fuse insieme, come le bocche. Il resto non conta più.
Stare in casa con Kelly che dorme, noi in camera di sua figlia, una notte di compleanno storica per tutto quel che è successo e mille domande che vorrei fargli, ma non ora.
Ora siamo solo io e lui e le nostre bocche, l’acqua che ci avvolge e ci lava ed i nostri corpi che premono e si strofinano uno sull’altro.
Potrei stare ore così abbracciato a lui a baciarlo, l’erezioni giocano insieme eccitandosi facilmente, poi Jacoby decide di dare una bella spinta e quando smette di divorarmi la bocca prende la boccetta del doccia-shampoo e spreme sulle nostre teste e sui nostri corpi completamente a caso facendolo sembrare anche altro ad un certo punto.
Oh, sei un maledetto bastardo. Non glielo dico ma i miei occhi ubriachi di lui e di voglia lo dicono chiaramente e lui ride erotico.
Inizia ad insaponarmi la testa, cosa che faccio di riflesso anche io con lui, ridiamo di questo, poi le mani scendono sul collo, grattiamo i rimasugli di fango solidificato, scendiamo carezzandoci febbrili a vicenda sui corpi, uno sull’altro, via giù, sempre più giù, fino alle nostre erezioni.
Lui le prende insieme, le unisce una davanti all’altra e strofina lavandole contemporaneamente. La schiuma le ricopre mentre il bastardo spinge il bacino avanti ed indietro come se mi dovesse penetrare.
Fanculo, ora come ora vorrei fosse lui a farlo.
È la prima volta che sento un violento bisogno di essere preso da lui e non il contrario.
Come se fossi io bisognoso della sua forza, della sua vita, del suo amore, della sua sicurezza.
Come se l’uomo che sta diventando non abbia più bisogno di essere aiutato e sostenuto ma sia pronto a sostenere, come se abbia tutto quello che ora manca a me e che vorrei.
Sconvolto per quello che sento e per la potenza di questo bisogno, gli prendo il viso fra le mani e sulla sua bocca, febbrile e voglioso, glielo chiedo.
- Ti prego, devi prendermi tu ora. - Lui si eccita molto, non si aspettava questo. Scivolo con la bocca sul suo orecchio, gli occhi chiusi a contenere questo enorme bisogno, sono così vicino all’orgasmo e le sue mani non smettono di toccarci. - Prendimi tu ti prego... ho bisogno che tu mi prenda... mi sembra di impazzire... -
Lui sorride.
- Meno male che eri tu che non volevi scopare con Kelly qua. - Nemmeno il suo nome mi ferma. In risposta mi giro fra le sue braccia, mi appoggio alle piastrelle bagnate davanti a noi, il getto torna a ricoprirci e lava via la schiuma dai nostri corpi scivolosi. Mi sporgo verso di lui e giro la testa che appoggia la guancia sulle piastrelle.
- Dai Jacoby... non ce la faccio più. -
Ma lui poi mi avvolge con le braccia, si appoggia a me, la sua erezione dura e alta strofina contro la mia fessura, nella mia curva, come se mi stesse entrando, ma non lo fa. La mano si infila davanti, va nel mio inguine, mi prende il mio membro duro ed inizia a muoversi in sincronia con il suo bacino.
Sento che è quasi entrato, ma non lo fa. Sento la forma dura e alta contro le mie natiche, sento la sua mano che stringe e muove veloce, sempre più veloce sul mio altrettanto duro ed eccitato, la bocca all’orecchio. Quando si mette a gemere, quando geme con quella sua voce incredibile che mi fa impazzire, non resisto oltre e vengo.
Ansimo e tremo tutto, sconvolto di quel che è successo e di quel che mi ha fatto provare, della voglia pazzesca di averlo dentro.
Siamo cambiati, stiamo cambiando ancora. Le cose fra noi sono diverse, non credo siano peggiorate, sono solo diverse. I ruoli stanno mutando.
E non lo so, ma credo che... sì, credo che mi piaccia...
Poco dopo di questo, sono ancora stordito, ma mi gira e si allontana di mezzo passo, quello che può, sventolando la propria erezione insoddisfatta, mi guarda con aria di sfida, quasi me lo ordinasse. E mi eccita, ovviamente.
È decisamente diverso, ma questo cambiamento gli ha giovato maledettamente.
Mi inginocchio subito davanti a lui e glielo prendo in bocca, in un momento torna a spingere col bacino sempre più veloce, come se mi scopasse davvero, ma non da dietro.
Torno ad impazzire e quando viene non importa che mi colpisca, l’acqua lava via tutto subito, anche se sono ancora scosso e se non fossi appena venuto, avrei un orgasmo proprio ora.
Mi ritrovo poi fra le sue braccia, appoggiato con la schiena alle piastrelle e l’acqua continua a fare da protagonista nelle nostre vite.
- Buon compleanno, Jacoby. - Mormoro sulla sua bocca presa dalla sua.
- Grazie. - Risponde soddisfatto con gli angoli della bocca incurvati verso l’alto.
Si stende con me sotto le coperte del letto da una piazza e mezza, in quanto letto di futura principessa deve essere piuttosto grande. In un angolo la culla, è praticamente già tutto pronto.
Quando spegne la luce, gli ricordo che dovrebbe andare a dormire con Kelly, lui mi assicura che non si addormenterà ma vuole le fottute coccole, al che mi fa ridere perché è sempre il solito.
Si accoccola sul mio petto come un orsacchiotto ed io gli carezzo la nuca e la schiena guardando il soffitto pieno di nuvole che sembrano notturne per via della luce spenta.
Che strano essere qua, così vicino a sua moglie.
Che strano profumare dello stesso bagnoschiuma.
Che strano aver superato una serata così sconvolgente.
- Stiamo cambiando, te ne sei accorto? - Annuisce. - Penso che quando te la sentirai di andare fino in fondo anche i nostri ruoli saranno diversi. Perché noi saremo completamente diversi. -
- Credo sia normale, dopo quello che stiamo passando. Entrambi stiamo lavorando duramente su noi stessi. Quando il percorso sarà finito vedremo chi saremo e agiremo come ci sentiremo. -
- È normale cambiare ed evolversi, è una cosa bella. - Concordo alla fine.
Torna un po’ di silenzio che interrompo poco dopo.
- Come è andata con tuo padre? - Lui si stringe nelle spalle.
- Ci ho parlato poco, eravamo entrambi imbarazzati. Mi ha chiesto come vanno le cose, gli ho detto della principessa in arrivo. Mi ha chiesto anche come va con il tour e cose così. Non serve dire che non mi ha mai chiesto niente, nemmeno quando andavo a scuola se ero promosso o bocciato. -
Parla molto piano e la sua voce è calda, roca e avvolgente. Le dita sulla sua nuca, sui suoi cappelli tutti abbassati per la doccia fatta.
- Sei rimasto contento? Vi rivedrete? - Chiedo calmo. Lui alza la spalla.
- Penso di sì. Stiamo andando piano, non pretendiamo nulla, non ci aspettiamo la svolta della vita. Forse non saremo mai più di questo. Due che si incontrano due volte l’anno e si chiedono come stanno, si aggiornano sulle cose importanti... però è bello che mi abbia chiesto lui di quello che sa è importante per me. Cioè ci ha azzeccato. Figli, musica, band... - Sorrido dolcemente.
- Piano piano riuscirete anche ad avere discorsi più articolati. Non è facile, non penso che farete mai conversazioni su quando le cose andavano male fra voi e perché poi è finita e cosa avete passato in quei lunghi anni separati... - lui concorda subito.
- No no, non penso nemmeno io, non me lo aspetto e non penso di volerlo. Dio, non lo so. Forse lo voglio invece. Però non me lo aspetta. Che mi abbia cercato dall’altra parte del mondo e mi abbia detto tutto quel giorno è stato molto più di quel che avevo osato sperare in tutta la mia vita... perciò ora mi aspetto di tutto, anche se non so bene cosa. - Sorrido ancora mentre la sua mano gioca col mio petto, le dita coi miei capezzoli, i piedi intrecciati insieme.
- Suppongo che lo vedrai. Fai bene a non darti limiti. -
- Più che altro ho bisogno io di dirgli delle cose, ma sono difficili. Non so se ci riuscirò mai. - Mi aggrotto.
- Pensavo che gli avessi già urlato tutto quella volta... - Stringe le labbra che sfiorano il mio collo, mi fa rabbrividire ma sto attento a tutto quel che dice, so che sono cose importanti.
- Di cosa si tratta? - Silenzio, dopo un po’ risponde ma è in difficoltà.
- Penso di aver bisogno di perdonarlo. Per liberarmi completamente di questo peso enorme. Prima era rivederlo, poi era riuscire a spezzare il mio silenzio e buttare fuori davanti a lui tutto il mio dolore. Ora... - Sospende, ci pensa, giro gli occhi ma non lo vedo per come è messo. Il cuore accelera. - Ora non è più solo rivederlo senza scoppiare tutte le volte o parlarci in modo pseudo normale. Voglio dire, passo dopo passo si arriva ad un livello sempre più superiore, è vero. Arriveremo a tutto, prima o poi, e sto pensando che il vero ultimo passo di questo percorso con lui deve essere il perdono. -
È una cosa enorme, è la più grossa che potevo sentirgli dire. Per un momento mi viene un colpo e dal fatto che sto zitto capisce che mi ha ucciso, solleva la testa, si gira a pancia in giù ed appoggia il gomito di lato per guardarmi meglio, la sua bocca incurvata.
Sorrido con gli occhi lucidi e lui mi carezza la guancia dolcemente capendo che sono fiero di lui e che mi ha appena demolito.
- So che è una cosa enorme e non so quanto mi ci vorrà, ma penso di aver bisogno di farlo, alla fine. Perché lui era un uomo rotto come lo sono stato io. Ci siamo spezzati tutti e due, per motivi diversi, ci siamo distrutti, abbiamo sofferto e fatto soffrire. E quindi ora come ora, se guardo indietro la mia vita, non vedo una persona migliore di lui. Sono solo riuscito a fermarmi e rialzarmi prima, per cui se è vero che in questo sono migliore di lui, devo riuscire a perdonarlo perché alla fine ero come lui. Lui che odiavo ed amavo allo stesso tempo. Cosa amavo di lui? Come potevo amarlo? Penso che amassi il fatto stesso che fosse mio padre. È l’istinto amare i tuoi genitori. Li odi quando ti distruggono, ma dentro di te rimarrà sempre questo legame profondo. Dentro di te, per quanto li vuoi odiare, qualcosa li amerà comunque. Lo capisci perché non smetterai mai di sperare che cambino e smettano di ferirti, non smetterai mai di sperare che si mettano ad amarti come vorresti. È lì che capisci che in realtà li ami. Penso di dover smettere di sforzarmi di odiarlo. L’ho odiato, mi ha distrutto, mi ha spezzato. Ma era spezzato e distrutto anche lui. Voglio andare oltre. Chiudere. Perdonare e dimenticare e voltare pagina. Sul serio. Voglio riuscire a guardarlo e parlare di tutto come avrei dovuto fare sin da piccolo. Voglio riuscire a fare questo, un giorno. Non so quanto ci vorrà. - Cerco di non piangere, ma quando dice cose del genere è proprio difficile. Non si rende conto di quello che dice e che fa, lui è spontaneo. Mi sconvolge sul serio, ogni giorno, ogni ora non smette di sconvolgermi.
- Sono così fiero di te che dirti che ti amo non rende quel che provo. Vorrei essere bravo come te e scrivere un testo su quanto io sia felice di quel che stai diventando e di quello che significhi per me, di come mi hai aiutato e mi aiuti, di quello che fai per me senza accorgertene, di quanto tu sia importante per me. Io so, io so precisamente che non riesco a rendere quel che provo, però spero che tu, come hai sempre fatto, lo capisca. -
Sorride colpito dalle mie parole e da come mi sono sforzato di metterle insieme nonostante la forte emozione, poi mi bacia con una dolcezza che mi risponde senza bisogno di usare mezza parola.
Certo che lo capisce, certo che lo sa.
Perché lui è e sarà sempre il solo a capirmi fin nel profondo.
Cazzo, come ho bisogno di lui.