*Una nuova fase è iniziata per Jacoby e Jerry ha paura che questo lo porterà ad allontanarsi da lui. Ma se Jacoby quando ha dubbi non riesce a non parlarne, Jerry quando ne ha ricade nei vecchi tranelli e si chiude. Quanto ci metterà Jacoby a capire cosa sta succedendo al suo compagno? Buona lettura. Baci Akane*
102. LIMBO
"Penso che mi serva aiuto
Perchè sto annegando
Sto affondando, non posso fingere di
aver passato l’inferno
Penso che mi serva aiuto
Mi sto annegando
Stanno depredando la mia debolezza
Credici
Penso tra me e me: “No, non ancora!” e
E non continuerò ad ascoltare
Quando le tentazioni si insinuano
Se voglio farcela un altro giorno
Ho così tanto bisogno di dire
(Avrei così tanto bisogno di dire)
Penso che mi serva aiuto"
La vita riprende a scorrere regolare, per il resto dei giorni di pausa non ci vediamo, ma ci sentiamo, Jacoby mi aggiorna su tutto.
Prima evitava le cose serie mentre mi riempiva di cazzate, ora non smette di parlare di tutto quello che gli gira per la testa.
Che ha parlato con sua madre, che quasi non riconosceva il suo ex marito, che è quasi pronto ad una conversazione seria ed adulta con lui dove entrambi parleranno del loro passato.
Parla anche di discorsi e considerazioni che gli derivano dai dialoghi con Jason, cose sulla fede, sul male.
Da quello che capisco sembra che Jacoby sia alla ricerca di un colpevole per quello che gli è capitato.
Prima accusava suo padre, ora accusa la guerra che lui ha combattuto e che gli ha fottuto il cervello. Ce l’ha a morte con la guerra. Non che io non ce l’abbia a morte con la guerra, lo capisco. Mio padre era un militare, è tornato ed è stato alcolizzato per un periodo... per colpa di questo mia madre si è allontanata e lo ha tradito. Insomma, non è che la guerra piaccia nemmeno a me, ma Jacoby è come se deve avere un capro espiatorio per i suoi drammi.
Quando ci ritroviamo, il tour riprende qua in America e stiamo di più con le nostre famiglie che vengono a trovarci più facilmente, specie i suoi fratelli ed i suoi figli, più che Kelly che è fortemente incinta.
Jessica viene, ma non voglio che venga Amelia, non è un ambiente adatto ad una bambina. Jacoby porta Jagger però lui adora questo mondo, vuole fare musica, quindi ci sta che glielo faccia vedere e partecipare.
Quando sono loro con noi Jacoby è molto allegro e felice, sta tanto con loro, come è giusto che sia, ma un po’ sono geloso.
Quando torniamo io e lui abbiamo i nostri momenti di calma, dove siamo seduti insieme su un divano, io ho la chitarra anti stress e lui il quaderno, sempre anti stress.
Si alza in piedi e si mette la mano nei pantaloni, si sistema le proprie parti intime davanti ai miei occhi, poi torna a sedersi come niente fosse. Io ridacchio e scuoto la testa tornando appoggiato con la schiena in una posizione comoda ma non composta, le dita corrono sulle corde casualmente e lui scribacchia idee, pensieri, teorie e solo lui sa cosa.
- Ti sei mai chiesto da dove derivi il male della natura umana? - Fa improvvisamente, come se si parlasse di questo.
Oggi si è svegliato con l’aria riflessiva, infatti quasi non sapevamo d’averlo. È uno dei Jacoby più interessanti.
- Ne parli con Jason? - Ogni volta che tira fuori discorsi religiosi li liquido così, ma poi lui ovviamente mi rigira la frittata abile.
- Sì, certo, ma lui mi dice dal diavolo. Il diavolo è un angelo caduto, è come dire che Dio, che è la fonte del bene, ha dato vita al male. Da lì c’è la mia filosofia che in tutti ci sono due parti uguali e contrarie, tutti siamo doppi. Ma tu non credi in Dio, molti non credono in Dio. Come spieghi la natura del male? Non nasciamo tutti innocenti e puri? -
Che discorsi complessi.
Strimpello lentamente delle note mentre ci penso, gli altri sono in giro a fare qualcos’altro, non so onestamente dove siano, ma è quasi la regola che io e Jacoby ci ritroviamo insieme a fare qualcosa. Che sia stare in albergo, in bus, in appartamento, in camerino oppure in giro da qualche parte... è comunque normale per noi farlo insieme.
- Non me lo sono chiesto, so che in tutti c’è una parte buona ed una cattiva e come dici sempre tu in certi prevale una, in certi l’altra. Immagino che in altri non ci sia una netta supremazia, ma più una convivenza equilibrata, le sfumature, i grigi... non so da dove nasce tutto questo. Penso sia così e basta. - Jacoby sospira poco convinto di questa spiegazione semplicistica, ma non sono uno che va troppo a fondo di certe cose perché sono davvero complesse e probabilmente non si arriverà mai ad una verità. Ognuno ha la sua.
- Sì, ma voglio dire. Anche se la vedi nell’ambito della fede. Il male si infila dentro di te e ti fa fare cose cattive. È facile attribuire la colpa del male che fai tu ad altri, no? Cerchiamo di continuo cause per le nostre brutte azioni. Il dolore che proviamo per determinati vissuti, il più delle volte, è quella causa. Ma sarà così? Il male viene sempre da fuori? -
Mi aggrotto e lo guardo senza capire.
- Ti stai contraddicendo... dici sempre che in noi c’è sia bene che male... -
Piega la testa guardando in avanti e poi si gira guardando me pensieroso e tormentato.
- Sì, ma nasciamo nudi e vuoti, poi la vita ci riempie di bene e di male. - Penso che sia un po’ confuso, infatti ha bisogno di parlare e sviscerare questi argomenti. - Jason la mette sempre sul piano della fede. Il diavolo, creatura esterna, ti influenza e ti fa fare il male. Ma io non sono convinto di questo, c’è qualcosa che... che non mi torna. E tu, tu che non credi in Dio, come lo spieghi il male? È semplicemente la natura umana? Così e basta? Ma non in tutti c’è, ci sono quelli assolutamente buoni. Se in questi il male ha cercato di radicare, non ci è riuscito... io... io non capisco questo meccanismo. Non capisco il meccanismo di questo diavolo... ci sono persone che vivono le stesse identiche cose, ma una poi diventa una persona assolutamente buona, una assolutamente cattiva. Come è possibile? -
Le domande esistenziali di Jacoby continuano ed ogni tanto si sveglia così e ne parla. A volte è questo, altre sono altri argomenti.
Penso che stia cercando di capire come si può perdonare, perché lui vuole farlo e ne ha bisogno, ma finché non capisce la natura del dolore e del male fatto e subito, lui non riesce.
Sono felice che non liquidi tutto con ‘è il diavolo’ e basta. Sta cercando di capire cos’è in realtà il diavolo.
Penso che voglia assumersi le proprie responsabilità riguardo il male fatto, ma non vuole sbagliare in questo. Non vuole liquidare facilmente la cosa con ‘è tutta colpa mia, è stato il diavolo, ero malato, mio padre mi ha reso psicotico’ o cose così. Credo sia facile, da un certo punto di vista. Penso voglia scovare la vera causa, come è possibile essere diventato così?
I suoi fratelli non sono arrivati a questi livelli ed hanno vissuto le sue stesse cose.
Per cui c’entra la natura di ognuno, ma come si muove, come lavora questa natura personale?
Io non mi sono mai fermato a chiedermelo, siamo come siamo, non ho idea del perché.
- Forse qualcuno è più fragile, qualcuno è più forte... - Jacoby chiude gli occhi a si appoggia con la schiena dietro, scuote la testa un po’ stanco.
- Non lo so, è facile così. Perché io... perché noi, ad un certo punto, siamo diventati il diavolo? Io non... non capisco come si può, se dentro di noi albergava anche il bene. -
Così capisco qual è la cosa che lo preoccupa tanto, metto giù la chitarra e mi giro a guardarlo tirandomi su con la schiena, gli carezzo la guancia e mi faccio guardare dai suoi begli occhi azzurri, oggi un po’ oscurati rispetto alle ultime bombe di felicità.
Ha fatto dei passi da gigante, però resta sempre qualcosa che lo sporca ogni tanto.
Penso che sia la paura di cadere come ha fatto prima. Finché non capisce come ha fatto prima a cadere, non può essere sicuro di non rifarlo. E questo lo spaventa.
- Non sei tu una persona cattiva dove il male ha avuto presa facile. Ti sono solo successe cose cattive, è diverso. - Dico dolcemente assicurandomi che mi ascolti. Lui fa il suo delizioso broncio preoccupato e scuote la testa.
- Bryson e Trevor non sono diventati così. Ed hanno vissuto le mie stesse cose. Come è possibile, Jerry? È una scusa che mi sono successe cose cattive. Ho sempre voluto colpevolizzare qualcuno o qualcosa, ma la verità è che se voglio un colpevole, mi devo guardare allo specchio. Il male era in me, il cattivo ero io. Il resto sono scuse che mi hanno innescato. Non era genetica, non era fragilità o sensibilità. Io sono semplicemente più cattivo che buono. Ma voglio capire perché e se c’è un modo per cancellare questo, per non ricaderci un giorno, per non tornare ad essere così... - Sono domande così grandi che forse nemmeno a novant’anni avremo risposte.
Appoggio la fronte alla sua, l’aria preoccupata per queste sue domande esistenziali cupe.
- Non so la risposta, Jacoby. Però so una cosa. La differenza da prima ad ora è che prima vivevi come un treno investendo tutto e tutti e non ti fermavi a farti domande di questo tipo. Ora lo fai, ora hai paura di questo e la paura ci salva perché ci mantiene vivi. Prima non te ne importava cosa potevi essere o diventare, dicevi ‘siamo tutti tutto quanto’ e basta. Ora non vuoi, ora ne hai paura. Ora tu vuoi essere una persona buona, giusta, che fa del bene agli altri. Ora hai paura di tornare quello che ferisce gli altri di continuo. È la paura che ci salva dalle cadute, non l’incoscienza od il menefreghismo. E finché ne hai, io penso che tu puoi stare tranquillo, no? -
Quando dico questo, lentamente i suoi occhi si animano come se realizzasse che ho ragione e non ci aveva pensato, ma è proprio così.
- Accettare le proprie paure e fobie come doni preziosi per rimanere vivi e sani? - annuisco, la mano sulla sua guancia, il pollice sulle sue labbra che finalmente non tremano ma si incurvano in un sorriso dolce.
- Invece di combattere tutto, accettalo perché ha un senso di esistere. - Non sono mai stato molto filosofico o religioso, ma ho le mie idee. Così come che i miracoli che ci succedono derivano dalla forza che in realtà troviamo dentro di noi e non c’entrano nulla con Dio o gli angeli.
Per qualcuno è importante dare i meriti o le colpe, per me non è così importante, per me è tutto dentro di noi, sta sempre a noi, sono le nostre scelte, sono le nostre forze, sono i nostri passi a darci il bene od il male.
Per questo non mi sono mai tormentato con domande, ma Jacoby è diverso, è curioso, è introspettivo ed esistenziale ed è bello così.
Non trova le risposte che vuole, ma trova le risposte per ora. Sorride e solleva la nuca per baciarmi sulle labbra dolcemente, io aderisco alle sue e le mescoliamo insieme abbandonandoci a questo calore umido.
- Sto per diventare padre, non voglio sbagliare nulla questa volta con lei. Non voglio correre ai ripari, perché tutto quel che vivi, specie nei primi anni, ti segna indelebilmente. Questa bambina sarà la prova vivente che posso anche essere un padre in gamba e non solo quello che poi deve rimediare ai casini. E per essere quel padre devo capire da dove deriva il male dentro di me, come è esploso, dove è finito ora, se rischio di tornare quell’uomo terribile. - così poi mi sistemo vicino a lui, lo circondo con il braccio e lo attiro facendolo sistemare contro di me. Lo ascolto, ascolterei la sua voce per ore ed ore.
Lui ha bisogno di parlare ed essere ascoltato ed io sono bravo in questo.
A volte è quasi come tornare indietro a quegli anni, quando ero la sua ancora di salvezza ed io mi sentivo la parte dominante che lo trascinava e lo faceva sentire vivo.
Anche se ormai è sempre più spesso il contrario.
Altre volte, come ora, siamo in un limbo dove nessuno ha più un ruolo, nessuno domina, nessuno trascina, nessuno segue. Siamo entrambi qua, fermi su un piano intermedio.
La risalita è lunga e difficile, però sta andando bene, ne sono comunque convinto.
Penso che finché non esce da questi stati, finché non si trova le sue risposte, ha paura di venire con me per non usarmi come mi usava prima.
Prima ero il suo modo per essere vivo, ha paura che se lo fa ora, è per lo stesso motivo. Vuole venire con me perché mi ama, perché lo vogliamo, perché stiamo bene insieme. Senza secondi fini.
Se ripenso a tutte le volte che abbiamo fatto sesso c’era il suo dolore, la sua furia, il suo buio, la sua assenza o qualche stato alterato in cui non era in sé ed aveva bisogno di me e del sesso per tornare in sé.
Capisco che voglia farlo per i motivi giusti e quindi aspetti di essere nello stato d’animo giusto, capisco quindi che deve avere le sue risposte.
Ma a volte lo vedo così bene, a volte è il motore che trasforma il buio in luce, a volte se lui non ci fosse le mie giornate non avrebbero senso e mi sento lontano da lui, indietro, pieno di dubbi su di me.
Sto lavorando su me stesso per migliorare o mi sto illudendo?
E se lui in realtà semplicemente non vuole venire con me perché mi vuole bene ma non mi ama in quel modo?
Prima mi usava per superare i suoi problemi, ora li sta superando in modo alternativo, io non gli servo ed ha capito che mi vuole bene, ma non mi ama più ed ecco perché non vuole più fare l’amore con me.
E se fosse così?
Le paure mi invadono, mi atterriscono e mi ritrovo a fare dei passi indietro su di me, ricadere nelle mie indecisioni, nelle mie incertezze, nelle mie paura radicate.
Forse non sono così forte, interessante, utile.
Non sono utile.
Jacoby non ha davvero bisogno di me per risalire, ma è troppo sensibile per mollarmi e dirmi di rimanere solo amici e la tira per le lunghe in quel modo.
Se fosse così, oh se fosse così dovrei trovare la forza di mettere io fine a tutto, no?
Se non mi ama deve dirmelo e smetterla di illudermi e fare finta.
Forse è solo che più lui sale indipendentemente da me, più mi sento solo ed inutile. Forse prima mi sentivo forte dell’aiuto essenziale che gli davo, per lunghi anni sono stato io a tenerlo in vita. Ora cammina da solo. Ora vola.
E non vuole fare l’amore con me. Come faccio a non pensare che mi rifili palle solo per non ferirmi?
È come quando inventiamo scuse convincenti con le nostre mogli per poter stare con il nostro amante... e proprio mentre ho questo pensiero, Tobin propone suo fratello Antony, più giovane di diversi anni, come turnista per aiutarci con la preparazione strumentale e per l’uso di altri strumenti che in certe canzoni ci servono.
Accogliamo tutti volentieri la proposta, così come abbiamo accolto Bryson come fotografo ufficiale in certi tour.
O l’idea che Jessica ogni tanto ci intervisti perché è il suo lavoro.
Insomma, non c’è niente di male.
Quando Antony comincia a far parte del nostro mondo, dapprima sporadicamente, poi sempre più consistentemente, succede qualcosa. Ma succede in modo lento e invisibile, quasi.
Antony idolatra ed adora Jacoby e Jacoby ovviamente adora ed accoglie sempre tutti con affetto e calore.
E forse, mentre io rifletto se Jacoby non mi stia trattando come un marito con l’amante, mentre le mie incertezze e fragilità mi fanno fare marcia indietro rispetto ai miei bei passi in avanti personali, dentro di me macino quest’immagine fastidiosa di loro due che soffoco. Soffoco a tutti i costi come ogni cosa di me.
Ma che bravo Jerry. Mesi e mesi a sforzarti di tirare fuori le cose ed un attimo a rimettere tutto dentro. Quanto pensi che ci metterà Jacoby a capire che hai qualcosa che non va? Cosa gli dirai a quel punto?
Ma mentre me lo chiedo, sua figlia nasce e tutto continua a cambiare, perché nell’averla fra le braccia è come se improvvisamente esistesse solo un Jacoby e l’altro, quello fuori casa, venga completamente spazzato via.
La musica, la band, io, qualunque altra cosa.
È normale, mi dico. È appena nata la sua principessa.
Però se è normale, Jerry, smettila di star così male e di schiacciarti. Smettila. Presto ricomincerà il tour e tutto sarà come prima.
Sì certo, ricomincerà il tour ed Antony starà con noi in adorazione di Jacoby e Jacoby ama farsi adorare e forse è di questo che si tratta no? Il bisogno di cambiare ancora, cambiare partner, cambiare passatempi. Forse non viene con te per questo.
O forse devi smetterla di farti queste cazzo di domande.