*Jacoby si rende conto che Jerry ha qualcosa che non va e che non è una sciocchezza come vuole farla sembrare. Il vecchio Jacoby reagirebbe in un certo modo davanti al muro di Jerry, ma il nuovo Jacoby come reagisce invece? Jerry ne resterà sorpreso! Volevo autopubblicizzarmi dicendo che ho pubblicato un libro, Il gioco del diavolo. Sulla mia pagina fb ci sono informazioni! Buona lettura. Baci Akane*
104. IL MOMENTO DI ESSERE ONESTI
"Bloccando la statica nella nostra testa
Siamo ancora vivi e giochiamo a fare i morti
Non ci serve un motivo per i nostri dubbi
Un’altra generazione sta urlando"
Una volta nudo, mi tira sotto la doccia con lui, ovviamente la stessa. Getta la testa all’indietro e chiude gli occhi rivolto verso di me, quasi appiccicato al mio corpo per prenderne entrambi. Stiamo bene così. Per un momento c’è solo un bel silenzio che non interrompiamo, c’è solo il rumore della doccia ed il suo viso così rilassato, così bello.
sorrido.
- Non devi preoccuparti, sto bene. Non so che impressioni ti sto dando, ma sto bene, sul serio... - Cerco di essere convincente, ma lui scuote la testa tornando a guardarmi, si sposta i capelli all’indietro con le mani mentre prendo la boccetta del bagno doccia che spremo un po’ sulla sua testa ed un po’ sulla mia, ci spostiamo dal getto ed iniziamo ad insaponarci, lui mi guarda col broncio e sbuffa.
- A chi vuoi darla a bere? - Ok, ci siamo. Sapevo che se ne era accorto, ma non intendo parlarne né ora né mai.
Forse lui non se ne è nemmeno reso coscientemente conto che non mi ama, ma io lo so. Non vogliamo ferirci a vicenda. E poi è lui che non ama me, non io che non amo lui. Io starei con lui tutta la vita.
Che dovrei dirgli? Jacoby, so che non mi ami anche se tu non lo sai?
- Davvero, sto bene... non so cosa ti sia messo in testa, forse siccome non hai molti pensieri per la testa devi creartene? Non è il caso. Sì, sono un po’ geloso ogni tanto, ma non è niente di così ingestibile... non... non pensarci... - Lui scuote ancora la testa e inizia a strofinarsi il corpo con le mani insaponate, la schiuma scivola sulla sua pelle lucida e bagnata attraversata da tatuaggi.
Indugia sul suo inguine, comincia ad andare su e giù con serie intenzioni sulla sua erezione che poi prende bene in mano e massaggia. Si masturba guardandomi provocatorio negli occhi, io trattengo il fiato e mi fermo dall’insaponarmi il corpo.
- Cosa... cosa fai? - Chiedo esterrefatto. Lui mi fissa torvo.
- Me lo devi davvero chiedere? - Comincia col tono seccato. Si sta rovinando tutto, non lo posso più nascondere. Come faremo?
Potrebbe finire tutto definitivamente, ma non credo sarebbe un duro colpo per lui, ora ha Dio, ha i figli, ha altro che lo tiene su. Ce la farebbe anche senza di me.
Mi chiedo se devo lasciare il gruppo per facilitarmi la separazione. Vederlo ogni giorno è impossibile, ci abbiamo provato tante volte in passato.
- Sei tu quello che non vuole fare sesso con me, o sbaglio? - Chiedo acido. Ecco che arriva il tono che allontana, quello che fa capire che sono arrabbiato e non ne posso più.
Lui così smette di toccarsi e scuote la testa allargando teatrale le braccia.
- Lo vedi che hai qualcosa? Mi puoi dire che cazzo hai? - Sospiro esasperato alzando gli occhi al cielo.
- Niente Jacoby! Sono frustrato! Tu sei ancora indeciso sul venire a letto con me, mi dici come fa ad andarmi bene? Tutte le volte che ci provo tu le gestisci senza problemi, cosa dovrei pensare? Dovrebbe andarmi bene? - Lui alza gli occhi al cielo e scuote ancora la testa mettendosi sotto l’acqua, io ne apro un’altra per sciacquarmi per conto mio e questo è uno sventolare un drappo rosso davanti al toro.
Jacoby inizia a sparare a mitraglia senza controllarsi, più furioso che mai.
- E poi mi vieni a dire che non hai niente? La smetti di tenerti tutto dentro? Perché sei tornato così? Pensi che sia un coglione e non mi accorga che hai smesso di aprirti? Che hai qualcosa che non va? Chi cazzo credi che io sia, un fottuto idiota del cazzo? Ti devo strappare fuori le parole a forza? Perché cazzo, PERCHÉ CAZZO non lotti sul serio? C’è sempre quel che voglio io e tu che dopo un po’ di tentativi molli e mi lasci fare come voglio. Te ne accorgi, cazzo? Perché diavolo non lotti davvero? -
- Ma cosa dovrei fare, violentarti? È demotivante tentare di portarsi a letto uno che non ti vuole, cazzo! - Sta per uscire tutto, sta per venire tutto fuori. L’acqua è calda e non mi aiuta, così apro di più quella fredda. Stai calmo Jerry.
Non glielo puoi dire ora così, fuori magari ci sentono.
- Perché no?! - Sbotta Jacoby sbracciando isterico. Penso che abbia qualche fastidio, ora, dal modo in cui mi guarda e da come gira la testa di scatto e di continuo. Sono fonte di stress, ora. Come all’inizio. È cominciata così fra noi. Io ero fonte di stress per lui e così ho deciso di rimanere amico. Peccato che non abbia mai davvero funzionato la cosa dell’amico e poi dopo un po’ ne aveva così tante che io ero un’oasi e stava bene solo con me.
Dove è finita quella sensazione?
- Non è il momento Jacoby. - Così dicendo chiudo il rubinetto e mi avvolgo in un asciugamano che era preparato qua. Lui inizia con una riga di insulti a non so chi e cosa, inveisce infuriato per poi chiudere l’acqua e prendersi un asciugamano a sua volta. Ci asciughiamo in fretta e furia tutti e due, io gelido, lui arrabbiato. A momenti si scartavetra la pelle.
- Non ci posso credere. Non posso proprio crederci per un cazzo. Mi stai tagliando fuori proprio ora. Dopo i mille tentativi di spingerti a parlarmene, tu semplicemente chiudi e stop. La vuoi far finire così senza nemmeno una fottuta spiegazione del cazzo? - Continua testardo. Vuoi sapere come non si molla l’osso? Così!
- Jacoby, non è come pensi, come al solito esageri tutto! -
- Ma non mi sei saltato addosso e non ci provi da un sacco! Hai mollato su tutto! Non mi dici più quel cazzo che provi e pensi e cosa ti succede e... e non fai più un cazzo di quel che vuoi... e ti sforzi di stare con me ed essere sereno, ma pensi che non me ne accorga che fingi? Ho aspettato che ti andasse di parlarne, sono stato fottutamente invitante al dialogo, ho creato lunghissimi fottuti momenti di tranquillità insieme e non monopolizzavo il dialogo... e tu un cazzo! - Andrebbe avanti all’infinito se non finissimo di vestirci e fossimo pronti per uscire dalle docce.
Io sono semplicemente nel panico, è questa la verità. Sa tutto, non so come dirglielo. Non posso semplicemente aspettare, come mio solito.
Devo fare qualcosa, cazzo. Devo.
Respira Jerry.
La testa totalmente vuota, i nervi così tesi che mi fanno male, se alzo le mani ora tremano come foglie. Lo stomaco contratto.
Odio, come odio litigare con lui. Odio espormi, parlare, mostrare. Odio. Lasciatemi nel mio buio, cosa cazzo importa agli altri cosa ho dentro? Perché ora lui non lo vede più da solo come ha sempre fatto e lo devo mostrare io?
- Jerry, parlami! - Esclama sempre gesticolando esasperato. Io sospiro infastidito, stringo le labbra e scuoto la testa uscendo dal bagno con un maledetto nulla di fatto.
Fuori il casino ci schiaffeggia, sta per succedere, succederà.
Cazzo. Non so come gestirlo. Non voglio gestirlo. Non può succedere senza di me, senza che parlo, che spiego? Non so nemmeno come dirlo.
Non voglio che succeda, è che per lui io ormai non sono quello di prima. È lui, non sono io!
Uno sguardo e capiscono che l’idillio è spezzato e che c’è qualcosa fra di noi, qualcosa che non va.
Io vado dritto dritto fuori e mentre esco sento Antony che chiede a Jacoby se vada tutto bene, così sbuffo e scuoto la testa.
Proprio a posto. L’idea che per ripicca ora quello possa farselo mi irrita.
Il vecchio Jacoby se lo farebbe per farmi arrabbiare, ma questo dovrebbe essere diverso.
Potrebbe essere una bella prova per vedere quanto è diverso, quanto ha bisogno di me per gestirsi, come succedeva prima.
Cazzo, fanculo!
Perché devo vivere tutto questo? Perché?
Io lo amo!
Mentre percorro il corridoio verso l’uscita secondaria, quella per gli addetti al concerto, chiedo all’assistente di procurarmi una macchina che voglio andare a fare un giro, mi chiede se voglio anche un autista che lo chiama, io scuoto la testa e dico che ho bisogno di andarmene da solo. Lui non discute e mi accontenta.
Sono fuori ad aspettare che mi porti una macchina dietro il locale dove abbiamo suonato, la zona è limitata così in questo momento sono qua da solo in questa specie di vicolo buio e decadente. C’è puzza di immondizia, il freddo mi schiaffeggia intorpidendomi le guance, ho solo la giacchetta di pelle con cui ho suonato, sono anche bagnato dalla doccia perché non mi sono asciugato i capelli, mi prenderò un colpo col freddo che fa, penso potrebbe anche mettersi a nevicare. A parte la puzza di questo postaccio c’è profumo di neve nell’aria.
Mi guardo indietro nervoso, non verrà. Vedrai che non verrà. Si starà facendo Antony, magari certe abitudini sono brutte a morire. Ricomincerò da capo?
Non so se esserne contento, se reagisce così è per provocarmi, perché cerca di ottenere qualcosa da me e sa che solo stuzzicandomi così lo ottiene.
E se invece mi avesse solo mandato al diavolo? Se avesse deciso di buttare giù la maschera, se dopotutto non lo mando più fuori di testa quando me ne vado così?
La dimostrazione è che non mi ha rincorso. La porta non si apre tuonando col solito casino alla Jacoby.
La macchina arriva a pochi metri, è nera e coi vetri oscurati, un SUV dove dovremmo stare tutti noi membri della band per essere portati in albergo, domani suoniamo l’ultima data a Londra prima di una delle pause.
Mi farà bene questa pausa.
Devo capire come andare avanti da qui in poi.
Non volevo che lo sapesse così, ma forse l’ha sempre saputo. Se ne era accorto ma aspettava che gliene parlassi.
Raggiungo l’auto e sto per andare al posto di guida, ma noto che la portiera non si apre per lasciar uscire l’assistente che mi consegna l’auto. Si apre quella del passeggero.
Sbuffo alzando gli occhi al cielo esasperato e mi chino.
- Avevo chiesto di andarmene da solo! - Ma c’è il dito indice teso verso di me che a momenti mi acceca e poi la sua voce tuona.
Una voce ben familiare.
- ZITTO E SALI! - Jacoby è al posto di guida. Sbianco rimanendo interdetto un momento. Questo non l’ha mai fatto. - ORA! - Replica perentorio.
Ha un’espressione furiosa, ma non fa fuoco e fiamme.
Mi aspettavo due cose da lui, o che ricadesse nei vecchi schemi e andasse con qualcuno facendomelo sapere per provocarmi, e sarebbe stato positivo perché nel suo contorto modo mi dimostra che tiene a me così, oppure che mi inseguisse per gridarmi di tutto facendo delle sceneggiate da prima donna. In quel caso non sapevo come prenderla, forse bene. Se fa casino significa che ci tiene. Quando non ha fatto niente mi sono sentito morire, allora avevo ragione, non gli importa più.
Però ora è qua, non grida, è arrabbiato ma si controlla. Ha quel tono che non ammette repliche, adulto e furioso, ma non l’ha mai avuto in realtà. È la prima volta. Come è la prima volta che prende la macchina e mi obbliga ad andare via con lui.
Sospiro insofferente ed entro silenzioso.
Lui parte sgommando.
Non sa muoversi per questa città, ma chiaramente lo fa lo stesso. Spero che non ci arrestino perché ha violato tutte le norme del codice della strada. Mi allaccio la cintura e guardo fuori mentre le strade e le case scorrono furiosamente intorno a me, poco dopo rallenta e si mette a guidare bene. Questo mi stupisce e lo guardo meravigliato per la guida saggia che sa esprimere anche se è furioso e lui mi guarda seccato. Guida persino a sinistra come si fa in Inghilterra! Sorprendente!
- Cosa?! Pensi che rischierei di ammazzarti perché sono arrabbiato? - Silenzio. Non è da lui, ma immagino che se ormai è un altro Jacoby questo faccia parte del pacchetto.
A questo punto non so più cosa aspettarmi da lui.
Dopo un po’ di giri in silenzio si ferma in un parco buio e un po’ isolato dalla città illuminata. Chiude l’auto e si gira verso di me determinato.
- Adesso ne parliamo! - Sospiro ed alzo gli occhi al cielo, il nervoso sale, mi sento di nuovo impazzire, ogni emozione sale alle stelle ed i nervi si tendono e tremo. Stringo i pugni.
- Senti, non c’è niente da dire, tu... tu devi crearti problemi che non ci sono! - Diglielo che non ti senti amato ed utile. Diglielo.
No, non glielo dirò mai, è una cosa stupida da dire, non se ne è nemmeno accorto.
Lui mi fissa come se mi stesse per uccidere, spalanca gli occhi ed è estremamente comunicativo. Tutto l’opposto di me che sono una maschera composta e gelida e questo lo manda in bestia.
- Mi credi un coglione, sì? È così? Ti conosco dal fottuto 93, siamo nel fottuto 2013, venti fottuti anni che ti conosco. Mi dai credito se ti dico che hai qualcosa e me lo devi dire? -
Così alzo gli occhi al cielo esasperato e scendo dall’auto anche se fa freddo e sono poco vestito e mi verrà una broncopolmonite.
Qua in questo parco buio dove probabilmente ci sono solo tossici, fa ancora più freddo. Mi siedo sul cofano dell’auto che è caldo e trovo un po’ di conforto, poco dopo Jacoby scende sbattendo l’auto, apre il portabagagli e prende qualcosa, poi viene da me, mi getta una coperta e si piazza davanti a me, braccia conserte. Siamo al buio, ma vediamo sufficientemente per capire quanto è arrabbiato.
Mi avvolgo nella coperta, lui è vestito meglio di me ed ha preso il piumino.
- Allora? Sto aspettando. Come vedi sono calmo, sono fottutamente calmo e disposto a capire ed ascoltare. Non dirò mezza parola, non ti imboccherò come sempre. Sei libero di parlare e dire tutto quello che credi, ma staremo qua finché non lo farai. E sappi che lo so se mi spari qualche palla! - Cazzo, non ci posso credere.
È cambiato fino a questo punto. Riesce a gestire una cosa che lo manda fuori di testa in modo normale. Cerco di capire se sente i soliti rumori da sotto pressione, ma non saprei proprio dirlo. Ad un certo punto si è abituato e così è diventato difficile distinguere.
- Mi sto concentrando. Sto facendo fluire fuori di me la rabbia. È un trucco che ho imparato. Cos’è la pressione se non la lotta interiore fra la rabbia e l’accettazione di qualcosa che odiamo ed amiamo insieme? Così basta rabbia. Le cose sono come sono, non le posso contrastare, non dipendono da me. Vorrei fosse tutto fottutamente diverso, ho provato a cambiarlo, non ci sono riuscito. Adesso bisogna accettare. Basta incazzarsi. - Ma non so se si sta convincendo o cosa. - Solo che rimanere concentrati quando la tua testa ti grida di spaccarti la faccia è difficile, perciò sbrigati a parlare, perché altrimenti dovrai ripetere le cose dieci volte prima che capisca tutto. Sai, il mio disturbo dell’attenzione... - è una sorta di incapacità di concentrarsi su quel che succede in quel momento, la testa si distrae con mille altri input e tu non memorizzi, non ascolti, non ti accorgi di quel che succede.
Lui ora è passato più a questo che alle allucinazioni uditive come prima. Che lo ammetta così mi fa anche ridere, in questo è unico. Nel dire le cose come stanno ma in modo buffo. Non se ne accorge. È per questo che è speciale.
Se si vedesse coi miei occhi, se riuscissi a fargli capire quanto sono fiero di lui di quello che è, di come ammette ogni sua debolezza invece di combatterla con tutto sé stesso. Eppure sono bloccato dietro questo muro che mi sono costruito da solo.
Come esco dal muro?
Andiamo Jerry, se ci è uscito Jacoby, come fai tu a non uscirne?