105. MAI DIRCI ADDIO
"Tu mi hai sempre amato anche quando io non potevo amare me stesso
No non ti sei mai girato quando stavo mendicando aiuto
Avrei dovuto dire grazie per non esserti mai arreso con me
Quindi anche se poi te ne sei andato non mi arrendo con te
Non dobbiamo mai dire addio
Perchè posso sentirti dall'aldilà
E voglio solo dire che ogni singolo giorno
Mi fai guardare in profondità dentro di me
Se ogni cosa che hai detto è vera
Allora non dovrò mai chiamarti
In ogni singolo modo, sei con me ogni giorno
Quindi non dobbiamo mai dire
Non dobbiamo mai dire addio"
Sospiro per l’ennesima volta e mi rassegno.
Non mollerà l’osso, ma forse glielo devo.
Non è che non mi ama più, mi vuole bene. Ci tiene a me, lo so.
È solo che non so come spiegargli quello che sto passando, non so come dirglielo. La mia testa è bloccata sulle parole, la mia lingua è legata. So cosa devo dire, conosco il concetto, ma per dirlo io... non so come farlo.
Mi stringo nella coperta che mi ha tirato e che mi sono messo intorno al corpo mentre fra di noi iniziano a scendere i primi fiocchi di neve. Non li nota nemmeno, ha gli occhi fissi sui miei.
Abituati al buio ci vediamo bene. È completamente concentrato per non distrarsi, per non perdersi nulla, per non evadere da questo momento.
Glielo devo per l’enorme cambiamento che ha fatto.
- È difficile da spiegare, non so come dirlo bene... - Ammetto togliendo lo sguardo dal suo perché al contrario suo mi deconcentra e mi agita troppo.
Fisso in giro, la neve che scende ci impiegherà un bel po’ prima di ricoprire tutto di bianco. Il paesaggio intorno è da film dell’orrore ma in un’ora o due questo sarà uno scenario da favola.
Come cambiano le cose in un attimo, con un insignificante dettaglio diverso.
Lui non dice nulla, non mi mette fretta ma so che ce l’ha.
- Ecco io... - sospendo di nuovo, sospiro, mi mordo la bocca. Non so nemmeno come dirlo, cazzo. - Ora che tu stai bene e sei rinato... fai tutto da solo, affronti i grandi passi da solo, ce la fai benissimo. Non hai bisogno di qualcuno che ti calmi, o che ti spinga, o che ti tenga qua... o che ti difenda, che ti faccia fare le cose come si deve senza esagerare... sai, prima ero convinto che per dispetto ti saresti fatto qualcuno, poi ho capito che l’avresti fatto se ti importava di me. Ma mi hai spiazzato rapendomi ed obbligandomi a parlarne. Io so che tu ci tieni a me, ma non come prima. È cambiato qualcosa fra noi. Io credo che sto cercando di dirti questo, anche se non molto bene. io... io mi sento come se... come se tu ormai fossi vicino alla cima e la scalata più difficile l’hai fatto da solo, perché altrimenti non sarebbe stato efficace, dovevi farlo da solo. E ce l’hai fatta. Senza l’aiuto di nessuno. Dio è la forza che avevi tu di uscirne da solo. L’hai fatto tu, capisci? E tu ora sei là... sei lassù ed io... io ad un certo punto mi sono fermato, ho smesso di camminare con te perché ce la stavi facendo da solo. Mi sono sentito inutile. Mi sono fermato ed ho smesso di camminare perché fino a quel momento l’avevo fatto solo per spronare te a continuare e non mollare, ma anche senza di me ce la facevi, no? Così sono tornato indietro ed ho visto che andavi avanti ancora lo stesso. Ed ora sono di nuovo dove ero l’anno scorso, chiuso nel mio mondo incapace di comunicare con anima viva e di vivere le mie emozioni altrimenti mi sento male. Di nuovo... - Alzo la mano che tenevo nascosta sotto la coperta e gli mostro che sto tremando come una foglia, sorrido imbarazzato, gli occhi sono lucidi, mi bruciano, ma forse se sono fortunato non si notano al buio.
Lui guarda attento, silenzioso.
Cosa pensa, cosa prova, come la sta prendendo?
Finalmente oso guardarlo di nuovo, tremante, indeciso, terrorizzato che sia una parete di ghiaccio, deluso da quel che dico.
Ma i suoi occhi sono lucidi come i miei, il dolore che leggo è impressionante, il suo silenzio non è mai stato così espressivo, tutto quello di cui non sono capace. Non parla, non fa scenate, è il nuovo Jacoby, ma parla più di prima.
Oh cazzo, parla ti prego. Ho bisogno di sentire la tua voce, che mi dici qualcosa, qualunque cosa.
Mi mordo la bocca, scuoto la testa, alzo gli occhi al cielo grigio e piombo di neve che scende sulla mia faccia, mi dà sollievo un fiocco di neve che si posa sulla mia fronte. Chiudo gli occhi, prendo respiro a pieni polmoni e poi lo guardo di nuovo, lo dico fissandolo dritto, ma è la violenza più inaudita che mi sia mai fatto.
- Ho paura che ormai siamo così distanti che non saremo mai capaci di tornare come prima. Tu ora cammini da solo e stai benissimo ed io sono tornato chiuso nel mio mondo di ghiaccio e non riesco ad uscirne. Ma non è un tuo problema, tu ne sei uscito. Solo che fa male accettarlo. Tutto qua. Fa un gran male. Ma penso che sia semplicemente finita. Non per me, ma per te. Non hai più bisogno di me, mi vuoi bene ma non è come prima. È tutto diverso ed io... io non riesco più a trovare... noi... - Non so se l’ho detto sufficientemente bene, di solito mi capiva. Di solito sapeva tutto benissimo anche senza che io parlassi. Ma questa volta non so, è tutto diverso.
Il silenzio è mortale, quasi. Religioso.
La neve non fa rumore, la neve è fredda e congela questo istante che in un momento diventa eterno. Non so cosa succederà dopo, non so cosa dirà né se dirà qualcosa, ma spero solo di farcela.
Jacoby è rimasto zitto fino ad ora, non mi ha interrotto e non si è infiammato come suo solito ed io non so come interpretare questa sua insolita reazione.
Inghiotto e contraggo la mascella ed i muscoli, ma tremo di più. Scuoto la testa, la lascio cadere in avanti stanco e sfinito e una preghiera mi esce dalla voce spezzata, spezzata come me.
- Ti prego, dimmi qualcosa... - E finalmente, un istante, un soffio, un flash, un momento.
Un battito di ciglia e tutto cambia.
Le sue mani mi afferrano forti i lati del viso, me lo solleva e stringe forte facendomi male, trema anche lui. È la prima volta che lo vedo tremare.
Spalanco gli occhi vedendo i suoi così vicini, così contratti in questa bomba atomica che non riesce più a trattenere e penso che... penso che sia la prima volta che lui, semplicemente, non riesce a dire quello che prova, non riesce ad esprimerlo.
È così grande che non ce la fa. Non ha mai avuto problemi ad esternare le emozioni, questo è sempre stato il suo grande segno distintivo.
Ed ora è qua e trema e fa come faccio sempre io con le emozioni troppo grandi ed ingestibili. trema.
- Ma non lo senti... non lo senti, cazzo? Come cazzo fai a non sentirlo? Dio Santo, come cazzo non lo senti? - Si mette a ripetere questa domanda in ogni senso, quasi balbetta, la sua voce è molto bassa e tirata e mi fa rabbrividire. Ogni singola particella di Jacoby è rivolta verso di me, i suoi occhi sono lucidi, l’espressione contratta, addolorata ed io sono sconvolto, le lacrime si congelano sulla soglia dei miei occhi mentre vedo le sue che invece scendono.
Poi mette le labbra sulle mie, le preme con forza ed irruenza, continua a tremare contro di me mentre mi tiene e si spinge su di me ed io sono congelato perché non mi aspettavo niente di simile e quello che mi sta trasmettendo è sconvolgente.
- Come cazzo non lo senti il mio amore per te?! - Appena lo dice è come se un fiume straripasse fuori da me, quel fiume che forse ho trattenuto da una vita.
Il mio fiume, il fiume delle mie emozioni, del mio amore, dei miei sentimenti. Sempre tutto arginato, sempre tutto contenuto, perché se esplodevo era raramente e mai per me, sempre per lui od altri motivi.
Ma ora straripa fuori tutto e le lacrime scendono, scendono perché sì, cazzo.
Sì che lo sento il suo amore.
E come diavolo facevo a non sentirlo più?
Ero così terrorizzato dal non sentirlo che non lo sentivo... eppure ora è qua e... oh fanculo, ma come facevo a non sentirlo?
Le mani che tengono i lembi della coperta intorno al me salgono intorno alla sua vita, poi sulla sua schiena e tremano fino a che lo circondo. Chiudo gli occhi mentre piango per me, perché questo amore per cui io vivo è ancora qua, intatto, ed è mio. È sempre mio. Non se ne era andato, non se ne era mai andato. Ero solo terrorizzato dal perderlo di nuovo, ma non è andato via.
Jacoby in ogni sua follia e caduta non ha mai smesso di amarmi e tenermi a sé, anche quando ci lasciavamo per aiutarci e proteggerci, il suo amore era sempre vivido.
Ed ora, terrorizzato dal perderlo, non lo sentivo.
Stringo gli occhi ed apro la bocca contro la sua cercandolo con la lingua, lui contemporaneamente e senza respirare fa la stessa cosa, ci spingiamo uno verso l’altro, intrecciamo le lingue e ci teniamo così uno all’altro, forte, disperatamente, mentre entrambi piangiamo senza riuscire a dire nulla, le teste vuote, le lingue legate. Legate insieme.
Siamo di nuovo sulla stessa lunghezza d’onda, di nuovo sullo stesso pianeta.
È come se mi avesse curato la cecità ed in un attimo avessi visto tutto quello che avevo sempre visto e che non riuscivo più a sentire.
La paura, la paura fuori da me. La paura via, via da me. Che non mi colga mai più, non finché lui sarà al mio fianco e non importa niente, non importerà mai più niente. Chiunque avremo vicino, chiunque si avvicinerà a noi, qualunque cosa succeda a casa, nel privato, in pubblico, con gli altri, niente avrà mai importanza finché ci sarà questo. Io e lui, il resto sarà tutto un contorno.
- Le cicatrici ci ricordano che il passato è reale, ed è prezioso, ma anche questo amore che non lascia segni sul corpo è reale. Sanguinerei per te, tu sanguineresti per me. Mi ucciderei se potessi salvarti così. L’abbiamo sempre saputo, non puoi, non puoi dimenticarlo, non puoi non sentire quanto ti amo sempre. A volte litighiamo, forse puoi anche odiarmi in certi momenti, ma tutto quello che faccio è grazie a te. Se sono tornato a volare è grazie alle tue ali. So che te le ho spezzate, ma io sono riuscito a volare con quelle. Sono andato in pezzi tutte le volte che ci ho provato da solo, perciò ti seguo per non spezzarmi più e non posso fare a meno di te. Non dobbiamo mai, mai, mai dirci addio. Non ce lo diremo mai. Non ci lasceremo mai. Mai dirci addio. Mai, mai, mai! perché siamo qua insieme e lo saremo sempre. È seguendo te che sono uscito dal buio quando ero a pezzi. Non mi fidavo nemmeno di me stesso, solo di te. E se non sono entrato all’inferno è stato solo per te. Il tuo amore è un fuoco, è vivo e ci sto bruciando dentro. Sto rinascendo grazie a te. Ogni volta che cado mi raccogli sempre ed io so che ad ogni caduta tu mi raccoglierai sempre ancora. - Jacoby è un fiume in piena, piango come una tempesta del secolo, non riesco a smettere. Lui mi stringe, mi tiene la mano sulla nuca e nasconde il mio viso contro di me e mentre piange anche lui mi dice agitato tutto quello che pensa e che prova e non penso ci sia più un modo per farlo smettere ed io non voglio che smetta. Voglio sentire tutto, sapere tutto. Ho bisogno di lui, della sua voce, delle sue parole, del suo fuoco, delle sue esplosioni. Ho bisogno di lui sempre per andare avanti, avanti senza mai fermarmi.
- Amami sempre, fino a far male. Non dimenticherò mai la promessa che ci siamo fatti in chiesa quel giorno, non avrò più paura di perderti al punto da chiudermi fuori dai miei sentimenti. Non scapperò più. -
- Ti ho rovinato, ti ho infettato con le mie mille paure e ti ho ammalato, ma non ti lascerò mai. Rompiamo il ciclo di queste maledizioni, andiamo oltre. Meritiamo di essere felici insieme. Ci siamo innamorati ed abbiamo combattuto mille guerra, ma non dobbiamo smettere di lottare. Non sarà mai facile, ma dobbiamo continuare perché l’inferno è spazzato via da queste nostre braccia unite. -
Sollevo la testa dal suo collo, gli metto una mano sulla guancia mentre lascio che una parte di coperta scivoli di lato, ci guardiamo mentre le lacrime ci gelano le guance perché contrastano con la neve che ci ricopre magica. Ci nasconde dal mondo, ci protegge e non abbiamo freddo così uniti.
Sorrido fra le lacrime che smettono di scendere.
- Non ho mai avuto l’occasione di dire quello che avevo bisogno perché quando hai preso fiato per aprirti e rinascere, stavo scappando terrorizzato. Non volevo che sapessi che mi stavo esaurendo, che mi stavo consumando. Se me l’avessi chiesto mille volte, non avrei mai risposto, non potevo dirti nulla. Ma tu non sei mai andato via, non ti sei mai arreso con me, con le mie chiusure e le mie difficoltà ad aprirmi e a vivere le mie emozioni. Sei sempre stato lì a mostrarmi in tutti i modi come si fa a provare di tutto. Quindi anche se poi cadevi e magari ti capiterà di cadere ancora, io non mi arrenderò comunque mai con te, come non ti sei mai arreso tu. Perciò no, non ci diremo mai addio. Perdonami se avevo paura così paura da chiudermi e tagliarti fuori. Tu mi hai fatto guardare in profondità ogni singolo giorno, mi hai fatto vedere chi ero e cosa avevo in me ed ora non abbiamo bisogno di parlare per capirci, ma è così bello farlo, no? - Anche lui sorride fra le lacrime. Non servono tutte queste parole per riconciliarsi, ma le voglio usare, voglio parlare tanto ed esprimere in più modi quel che provo, ne ho bisogno. Voglio fargli sentire e sapere tutto, anche se lo sa e se capisce tutto.
Mi mette la mano sulla mia che sta sulla sua guancia, la stringe e ci sfioriamo coi nasi mentre ci appoggiamo con le fronti e continuiamo a guardarci negli occhi, scrutandoci, amandoci.
- Non avevo forze alla fine delle giornate perché ero imbottito di merda fino al collo per ingannare gli altri fingendo di stare bene, ma ingannavo solo me stesso. Ma tu mi hai sempre amato anche quando io non potevo amare me stesso. Non te ne sei mai andato quando avevo bisogno, hai accettato ogni mia scelta, in ogni caso, pur di starmi vicino ed aiutarmi. E volevo ringraziarti di non esserti mai arreso con me. Quindi anche se ora avevi deciso di andartene capisci che io non potrei mai arrendermi. capisci? - Annuisco, chiudo gli occhi, scivolo con la fronte sulla sua guancia a cercare più contatto, più calore, più morbidezza. La sua mano scivola dalla mia alla mia testa, mi coccola con una dolcezza che solo lui sa tirare fuori dopo certe esplosioni sconvolgenti. Mi crogiolo in questa dolcezza, in questo calore, mi abbandono a lui ed hai sentimenti.
Non se ne era andato. Non se ne era mai andato. Me ne stavo andando io.
- Ho sempre sentito la tua voce attraverso tutto il mio dolore mentre mi dicevi come vivere, come cambiare. Ti ho sempre sentito prendermi quando affondavo. Ed anche se morissi ti sentirei comunque dall’aldilà. -
- Se vado alla deriva, tu mi riporti sulla Terra. perché sei la mia gravità. - dopo di questa mi mette le dita sul mento, mi sposta il volto e me lo solleva, torniamo a guardarci, è un altro Jacoby, adulto, sicuro. Non vedo più la fragilità di una volta, quando era una statua di cristallo pieno di crepe.
Era è marmo, solido, sicuro, sereno.
Non si lascerà mai sfuggire quel che ama, mai più.
- Risorgiamo per l’ennesima volta insieme. - Mormora poi con quella tranquillità e sicurezza che lo rendono quasi un’altra persona.
Ho aspettato una vita che lui fosse così e quando lo è diventato ne ho avuto paura.
Forse è normale, forse no. Ma ora sono tranquillo perché so che se andasse alla deriva come ho appena fatto, lui mi riprenderebbe. Non sono più io quello che lo raccoglie e tiene i pezzi insieme, è lui che lo fa. È lui che proteggerà me. Posso rilassarmi e togliere tutte le maschere che nascondevano le mie fragilità, perché lui saprà rimanere in piedi e sostenermi.
Sostenermi. proteggermi. curarmi.
Santo cielo, quanto è bello potermi abbandonare.
Le sue labbra sigillano questo istante di questa nuova vita e la neve ci ricopre cullandoci nel suo gelo manto candido. Candido come questo sentimento.
Non importa nulla, andremo sempre avanti insieme, a qualunque costo.
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