106. IL MOMENTO GIUSTO
Quando saliamo in macchina c’è qualcosa di diverso da prima, un’eccitazione differente dalle altre volte che eravamo sempre eccitati e pieni di voglie.
È più solenne, seria, come se fossimo consapevoli di cosa è appena successo, di cosa significa.
Scivolo con le dita sulla sua mano appoggiata sul cambio e le infilo fra le sue che apre e allarga per accogliermi.
Intrecciamo le mani così intirizziti dal freddo ci facciamo cullare dal riscaldamento della macchina e dalla musica dei Pink Floyd che ci coccola.
L’avevo messo su prima perché mi ero seduto davanti e ci portiamo sempre dietro una chiavetta con diverse playlist per i viaggi in auto come questi, oggi ho scelto io e sono rimasti.
È uno dei miei gruppi preferiti, sono molto evocativi.
Non diciamo niente all’inizio, ci beiamo di questa sensazione totalmente consapevole che cresce.
Ora capisco cosa intendeva con fare l’amore quando era il momento giusto, quando lo sentivamo profondamente per un legame ineluttabile e assoluto e non per un’eccitazione momentanea, per abitudine o per combattere cose futili come noia, rabbia, dolore.
Farlo per questo.
Per amore. Senza niente altro dietro.
Con la sicurezza di entrambi su quel che proviamo noi stessi e l’altro.
Io so che l’amavo, lui sa che mi amava, ma magari c’era questa paura di fondo di non essere amati allo stesso modo, qualcosa che inconsciamente ci bloccava.
- Non ti coinvolgevo perché mi sentivo in colpa, ho pensato di essere stato un veleno e di averti avvelenato. Perchè ti ho sempre sfruttato in un certo senso. Senza di te non ero capace di fare niente, stavo male e tu correvi, dovevo fare una cosa difficile e tu mi aiutavi. E mi sono detto che se voglio cambiare devo imparare a fare le cose da solo, trovare la forza in me tramite Dio. E così finalmente ci sono riuscito. - Spezza il silenzio dopo un po’ con la sua voce bassa e roca che amo sempre. Lo guardo mentre osserva la strada. Generalmente non gli piace guidare, specie se ha qualcuno vicino, ma oggi fa un’eccezione.
- E più facevo le cose da solo, più ti vedevo chiuderti e pensavo che eri proprio al limite, che non potevo spingere oltre e continuavo a tagliarti fuori, ma a fin di bene. Ero convinto che non ne potessi più, capisci? Ed in questo periodo sono diventato matto, le ho provate tutte e mi dicevo che non ti potevo obbligare a parlarne se non volevi, ma dovevo spingerti a farlo. Ho cercato di comportarmi nel migliore dei modi e niente funzionava e poi hai anche smesso di provare a portarmi a letto ed io... io lì mi sono spezzato. Non potevo fare finta di nulla ed aspettare i tuoi tempi, ti stavo perdendo. Sai, ho pensato che non mi amassi più. Che dopo avermi salvato ti sei detto ‘ok, ce l’ho fatta, sta bene, ora che può camminare da solo me ne posso andare per i cazzi miei, vedere di me’. Come se... come se ti avessi consumato anche l’amore! - La voce gli trema, sospiro e rafforzo la mano mentre segue la strada impostata dal navigatore di bordo per arrivare all’albergo dove dormiremo stanotte.
Domani l’ultima tappa qua in Inghilterra, andremo a Londra, poi si torna a casa per quasi un mese di pausa prima del concerto di capodanno.
Non è l’ultima notte, ma quasi.
Ma non credo che c’entri questo quanto il punto di rottura. Eravamo arrivati.
- Se... - Mi schiarisco la voce. - Se ti dico che ho pensato le stesse cose solo al contrario? Ero convinto che questo tuo fare tutto da solo fosse un ‘ok, sono guarito, non ho bisogno di lui’ ed io... - Esito, alzo gli occhi in alto sul tetto scuro dell’abitacolo che scorre per le vie di città di Newcastle.
Lui mi guarda sorpreso distogliendo un momento gli occhi dalla strada, così lo ricambio e sorrido imbarazzato tirandomi fuori le parole con le pinze da solo. Non mi interrompe.
- Ed io ero disperato, mi sentivo inutile, sai, la sindrome del nido vuoto e quelle puttanate lì. Penso che dopo una vita passata a starti dietro, ad aiutarti, sostenerti, cercare di... beh, semplicemente tenerti in vita... vedere che eri arrivato al punto tanto agognato mi ha destabilizzato. Non avevo più lo scopo della vita e vederti camminare da solo anche senza di me mi ha fatto sentire meno amato. Ma in realtà avevo paura, e non l’avrei mai ammesso a me stesso. Avevo paura che ora che stavi bene tu potessi non amarmi più, così mi sono convinto che fosse così e mi sono chiuso. -
Scuote la testa e sospira mentre svolta per il parcheggio privato dell’albergo, si ferma e chiude l’auto. Rimaniamo in silenzio per un momento mentre la voce della donna di The Great Gig in the Sky è ancora nelle nostre orecchie a deliziarci e rilassarci, anche se ormai lo stereo è spento. Mi riprendo la chiavetta e gli lascio la mano, ma lui me la riprende, con l’altra mi gira la testa prendendomi il mento con due dita.
È diverso, sarà un altro modo di stare insieme e fare l’amore. Non sarò più io la guida e la parte forte dei due, sarà più equilibrato. Anzi, forse sarà lui. perché ora posso esprimere liberamente ogni mia debolezza e fragilità perché so che lui può prendersene cura ed aiutarmi.
I suoi occhi, nel buio, si agganciano ai miei e ci guardiamo così qua dentro in questo posto sicuro fuori dal mondo.
- La lezione è parlare sempre, non importa quanto stupidi ed impossibili sono le nostre impressioni. Bisogna parlare. Sempre. Non diamo niente per scontato, non cerchiamo di farcela da soli pensando che sia meglio. Non è mai fottutamente meglio fare qualcosa da solo se è per due. - Pensiero contorto ma chiaro. Sorrido illuminandomi ed annuisco, poi mi protendo verso di lui ed annulliamo questa breve distanza che rimaneva.
I brividi mi percorrono quando le nostre labbra si uniscono. È così maledettamente incredibile. Ci siamo baciati mille volte, anche prima pieni di emozioni pazzesche. Ma ora che siamo qua e stiamo per salire in camera dove sappiamo cosa succederà, perché è ora, è così diverso.
Le nostre bocche danno vita ad una scarica elettrica che ci attraversa tutta la spina dorsale. Stringo gli occhi.
quest’eccitazione... quest’eccitazione così strana, così strisciante, così rara... è incredibile. Non è un’eccitazione fisica e biologica ma mentale. Totalmente mentale. Ed è sconvolgente.
- Lo prometto. - Mormoro poi sulle sue labbra. Lui annuisce, sorride. Mi regala i suoi occhi azzurri sereni e puliti e rilassato esco.
Una volta fuori camminiamo vicini come se niente fosse, non c’è nessuno, ma siamo benissimo in grado di controllarci fuori dalle mura sicure. Non siamo una di quelle coppie appiccicose ed esibizioniste. La dolcezza ce la prendiamo quando è solo per noi, non ci serve di mostrare al mondo quanto bene stiamo insieme. Non stiamo insieme per convincere gli altri, stiamo insieme perché lo vogliamo.
Il rumore della porta che si chiude ci richiama in questo nostro presente dove c’è un altro tipo di pressione che è salita, è una pressione santificante.
Sappiamo cosa sta per succedere e non abbiamo idea di come cominciarlo.
C’è questo istante, questo preciso momento quando chiudiamo la porta e ci togliamo le giacche e le scarpe ognuno perso nel proprio silenzio, nel proprio pensiero.
Non dobbiamo farlo per quello che è successo prima, ma lo sentiamo in un modo che non so descriverlo.
Forse è perché è da più di un anno che non lo facciamo sul serio. Abbiamo avuto coccole, orgasmi, contatti erotici di vario genere, ma mai sesso completo.
Ed io mi sento come se non lo faccio ora, poi morirò.
Ma non è un bisogno fisico, non è un’eccitazione dovuta alla lunga astinenza. Dopotutto di orgasmi, come dicevo, ne abbiamo avuti.
È che... tutti questi mesi di astinenza hanno creato un’aspettativa folle.
Ed ora sappiamo entrambi che siamo pronti, che non lo faremmo per i motivi sbagliati, che siamo entrambi sicuri di quel che proviamo, non ci sono più fantasmi.
Eppure questo inizio non l’abbiamo mai provato.
Di solito ci saltavamo addosso senza problemi, ma se andiamo a dormire senza fare nulla questa volta impazzisco.
Ho il terrore che non proverò mai più quello che sto provando ora e non lo posso lasciar andare via.
Non posso proprio.
E se ho capito male e lo sto vivendo solo io? Se per lui non è ancora così?
Andiamo entrambi al bagno, torniamo in camera, il silenzio regna strano, quel silenzio che con lui è davvero impossibile.
Non dice una parola, non mi guarda. Si spoglia pensieroso, lentamente, quasi pigramente. In attesa di qualcosa che non capisco, non so se aspetta quello che aspetto io o se non sa come dirmi che non vuole farlo ancora.
No, non me lo negherai questa volta.
Io ne ho bisogno e non perché ho un’erezione da soddisfare, ma perché ti voglio dentro. Ho bisogno di quest’unione ora.
A questo punto mi tolgo la maglia, rimango in maglietta intima, mi apri i jeans e mi siedo sul letto, lo guardo, piego la testa di lato. Lui guarda ovunque ma non me e non so cosa gli passi per la testa, una volta sarei impazzito per capirlo, ora va bene. Mi fido.
Prendo respiro mentre non mi muovo da un po’ e lui si è aperto tutti i bottoni della camicia, ma la indossa ancora.
A questo punto mi alzo, gli vado davanti e solleva lo sguardo, trattiene il fiato sorpreso. Ci osserviamo silenziosi e le mie dita si infilano sotto la stoffa aperta della camicia che scivola dolcemente sulle sue braccia tatuate. Scivola a terra con un fruscio, appena tocca per terra è subito dimenticata.
Infilo un dito nella cinta dei pantaloni e prima di aprire il bottone, mormoro avvicinando il volto al suo, le labbra si sfiorano, gli occhi incantati nei suoi.
- Jacoby, stasera voglio fare l’amore con te. - E sono sicuro mentre lo dico.
Lui si lecca le labbra subito mentre prende respiro di nuovo, io incurvo gli angoli della bocca, contemporaneamente le apro e prendo fra le mie le sue, succhio quello inferiore più pieno e lo faccio mio. Le dita aprono i bottoni dei jeans, infilo la mano nella stoffa dei boxer e prendo la sua erezione dal lato la sollevo fuori iniziando a massaggiarla e farla mia. calda, pulsa subito.
Apre di più la bocca e me la consegna. Non fa ancora nulla, le braccia abbandonate lungo i fianchi, non sospira nemmeno, non reagisce. Non parla.
Non so cosa pensa, cosa vorrebbe fare, ma so cosa voglio. E non voglio suggerirgli che ruoli avremo, voglio che sia spontaneo ma oh, muoio dalla voglia di averlo dentro di me.
La mano si sincronizza con la mia bocca che succhia la sua e quando scivolo fuori percorrendo il suo viso fino ad arrivare all’orecchio che lecco, a questo punto finalmente mi dà la sua risposta e lente le sue mani strisciano sulla mia schiena, scendono nella curva lombare, si infila nei jeans aperti e sotto i boxer, poi a dita aperte e a piene mani mi afferra i glutei e alla sua maniera, volgare e deciso, mi stringe e mi attira a sé.
Mi morde il collo ed io mi perdo la sua erezione, sospiro contro il suo orecchio, mi aggrappo a lui, il suo dito si fa strada dentro di me, subito deciso su quello che vuole, alzo la gamba e l’avvolgo intorno alla sua, mi prendo alla sua canottiera che stropiccio, nascondo il viso contro il suo collo, gli respiro contro sempre più affannato.
Il suo dito si fa strada, si muove ed io voglio solo di più mentre le nostre erezioni attraversi i jeans aperti e le stoffe sottili dei boxer giocano a sfregarsi una contro l’altra.
Sto già lentamente morendo, i brividi partono dalle mie parti basse e si espandono su tutto il corpo già caldo. La sua lingua sul mio collo, risale sull’orecchio e mi riserva lo stesso trattamento che poco fa gli ho fatto io.
Piego la testa di lato per dargli un miglior accesso, gli occhi chiusi, abbandonato a lui.
Già non ce la faccio. Se va avanti così vengo subito, così sposto le mani e abbasso la gamba, ritira le dita e scivolo giù in ginocchio davanti a lui che si lamenta di qualcosa del tipo che questa posizione lo fa impazzire.
Io inginocchiato davanti a lui a succhiarglielo. Questo lo fa impazzire.
E a me fa impazzire la sua mano sulla mia nuca che accompagna i movimenti della mia testa, la mia bocca si chiude sulla sua erezione che finalmente torna ad essere mia. Si gonfia e pulsa contro la mia lingua, il rumore della bocca che succhia riempie la stanza insieme ai suoi gemiti rochi e questo mi eccita al punto che la mano si occupa della mia che tiro fuori.
Non ce la posso fare ancora. Non riesco. E nemmeno lui, perché mi tira a sé e spinge nella mia bocca come se già mi scopasse e questi movimenti possenti e virili mi stanno facendo diventare matto.
Lo voglio, voglio che spinga così contro di me.
Non posso aspettare ancora.
Mi separo, mi alzo e finisco di spogliarmi guardandolo voglioso, il silenzio regna intorno a noi, nessun rumore, nessuna canzone, nessuna colonna sonora.
Nessuno parla. Ci guardiamo incapaci di staccare i nostri occhi da noi. Anche lui finisce di spogliarsi davanti a me, più sbrigativo di me.
Poi io, nudo, salgo sul letto a carponi e mi piego in giù appoggiando la testa e le spalle nel materasso, gli do il resto di me e mi giro un po’ a guardare la sua faccia mentre capisce cosa voglio.
Mi guarda, impreca alzando gli occhi al cielo.
Volevo vedere che posizione prendeva, ma io devo averlo, voglio che mi prenda. Voglio il suo cazzo dentro di me.
Voglio che si prenda cura di me, che mi avvolga, che mi inglobi.
Alla fine non glielo chiedo e questo silenzio continua a farci da colonna sonora mentre sale dietro di me, le sue mani finalmente sul mio corpo. Fremo al contatto coi miei fianchi, mi carezza, poi mi prende, stringe, allarga e la sua lingua percorre le mie curve che gli do voglioso.
La sento umida che si fa strada, mi lecca, si infila dentro e poi lascia posto alle dita che tornano a tormentare. Mentre lo fa, l’altra mano mi masturba davanti e sollevo di più il bacino per lasciargli lo spazio. Mi sembra di impazzire di già, sono così vicino all’orgasmo, di nuovo, che se non entra davvero non rispondo più.
Deve farmi venire.
Deve prendermi. Deve ora.
- Jacoby... - Lo imploro. Ho bisogno di lui ora, di questo.
Lo capisce perfettamente, ma invece si ferma, mi gira bruscamente con la sua solita scarsa gentilezza e, continua con la bocca davanti, me lo succhia mentre le dita continuano ad occuparsi della mia apertura.
Sono due dentro e mi forza con il terzo, ma quello che mi fa la bocca nel mio inguine mi porta in un’esplosione confusa di emozioni e sensazione senza paragone. Sono completamente suo ed era la sensazione che cercavo.
Essere suo e basta, che mi facesse tutto quello che voleva.
Apro le braccia ai lati della mia testa e spingo puntando i piedi, le gambe piegate ed aperte, le spalle e la nuca premono nel materasso, mi inarco e spingo il bacino verso di lui che succhia e mi fa davvero morire.
E voglio morire ancora di più.
Lo chiamo di nuovo contorcendomi perché è la fottutissima terza volta che sto per venire.
E finalmente si decide. Smette di giocare con la bocca e le dita su di me, si tira su, mi prende le gambe e se le mette sulle spalle, poi guardandomi in viso, i miei occhi socchiusi a guardare lui a sua volta. Una spinta decisa. Entra ed esce.
Una seconda e torna dentro, ma questa volta non esce. Va più a fondo ora e rimane lì fermo un momento che non so quanto dura.
Mi tendo e stringo e per lui è una sorta di piacere misto a dolore, come per me.
Stiamo fermi così fino a che questo casino che sentiamo scema in qualcosa di confuso ma maledettamente bello.
I brividi mi ricoprono e presto inizia a muoversi. Quando si muove va meglio, piano piano mi rilasso ed è come una prima volta assoluta, dopo tutto il tempo che non l’avevo dentro o che io non entravo in lui.
Il mondo sparisce, il letto su cui siamo, la luce ancora accesa, la notte, la camera d’albergo, Newcastle, tutto.
Solo il suo corpo, la sua erezione dura dentro di me che si muove ed i nostri gemiti.
Mi schiaccia, lo sento tutto, il suo respiro sul collo, risale sulla guancia, le sue labbra aperte, morbide mentre geme, gli occhi stretti in questo piacere sconvolgente. Giro la testa verso di lui e lo faccio mio con la bocca mentre lui fa suo me col corpo, le dita affondano nei miei fianchi mentre si tuffa sempre più in profondità.
- Più forte... - Chiedo implorante. E lui si solleva facendo leva con le mani ai lati del mio corpo, afferra le lenzuola ed inizia a spingere più forte e veloce ed io lo sento di più, proprio come avevo bisogno. Lo sento fino in posti che mi fanno perdere il contatto con la realtà. Ci sono solo brividi e questi brividi aumentano, appena arrivano mi aggancio ad essi e penso che sto ansimando ‘così’ o qualcosa del genere e lui va sempre più forte e più a fondo ed è qua che esplodo. Sento vagamente il calore colare sul mio ventre.
Sono venuto e lui che lo vede penso sia il suo colpo di grazia.
Lo sento imprecare, aumenta ancora l’intensità ed i suoi gemiti sono maledettamente belli, ora.
Tanto che verrei ancora se non fossi appena venuto in modo più che soddisfacente.
Jacoby mi viene dentro, lo sento che si scioglie in me liberandosi in un piacere che finalmente meritavamo.
Un piacere semplicemente perfetto.
Oltre tutto quello che mi immaginavo e speravo.
Sapevo che sarebbe stato bello rifarlo dopo tanto tempo, ma ero anche spaventato che non ci fosse più quell’alchimia, che non ne fossimo più capaci, che non potesse più scattare.
Invece è scattato eccome.
Jacoby mi crolla di lato supino, guarda il soffitto, le braccia aperte, l’aria sfinita, sconvolta ed estremamente soddisfatto. Steso accanto a me in una posizione uguale. Ci guardiamo e ridiamo increduli che sia stato così bello.
Mi sposto su di lui appoggiando la nuca sulla sua spalla, il suo braccio alto e largo scende e mi circonda mentre mi metto sul fianco e mi abbraccio a lui.
Alzo la testa e ci baciamo silenziosi senza dire ancora nulla.
Le nostre lingua si coccolano dolcemente come i nostri corpi che si scambiano ancora calore.
La pace dei sensi ci confonde, tutto si mescola e non so cosa potrei dire ora.
I cuori battono ancora impazziti, sento il suo che va come un treno, uguale al mio.
Lo guardo un momento quando smettiamo di baciarci, lui è ancora sconvolto perché è chiaro che è andato tutto molto oltre le sue aspettative.
Non aveva idea del perché si dovesse aspettare per farlo, aspettare cosa? Quale momento perfetto? Come lo capisci quando è giusto il momento?
Quando ci sei lo capisci. Quella notte, quell’istante sai che è quello giusto, quello perfetto. E quando lo fai realizzi. Ecco la differenza, ecco perché aspettare, ecco aspettare cosa.
Ma non lo sapresti spiegare a parole.
- Questa sensazione ne valeva maledettamente la pena. Tutto. Grazie per aver insistito tanto per aspettare ed arrivare a questo punto. Ti prometto di non mollare più. - Dico alla fine. Lui stupito sorride dolcemente, mi carezza il viso e mi bacia ancora leggero, infine mi sollevo un attimo per tirare su il piumino che ci ricopre caldo, chiudo la luce dall’interruttore sopra il letto e col buio che ci coccola insieme alla morbidezza del piumino e del suo corpo, ci abbandoniamo uno all’altro.
- Lo prometto anche io, non mollerò mai. - Mormora nel silenzio e nel buio. - Ti amo, non te lo dirò mai abbastanza. - Sorrido.
- Ti amo anche io. -
Era proprio il momento giusto.
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