*Jacoby e Jerry, facendo gli scemi, finiscono per perdersi sulla neve, giù per il pendio. Forse il momento ideale per mettere alla prova loro stessi e capire se i percorsi personali fatti fin'ora hanno avuto un senso. Buona lettura. Baci Akane*

114. AVVENTURA SULLA NEVE

jacoby jerry


Scendiamo lentamente per qualche metro spostandoci di lato, cercando di ritrovare il sentiero. 
- Beh, dai, non può essere troppo lontano, quanto possiamo esserci spostati? - 
Dice lui cercando di rimanere ottimista, io invece sollevando lo sguardo cerco di capire dalle scie lasciate dai nostri corpi, ma il vento ha già provveduto a cancellare tutto stile sabbia del deserto. 
- Non saprei... - Rispondo io pensieroso e vago.
In effetti era da un po’ che si era alzato del vento, la neve sembrava troppo fresca per poter rimanere fissa, è molto friabile e quando è così basta poco per essere spostata stile sabbia appunto. 
È anche per questo che cadendo non ci siamo fatti male, la neve è tanta, ma non è dura come ghiaccio. 
- Fanculo il lago! Torniamo giù, prima o poi ritroveremo lo chalet! - Fa quindi Jacoby vedendo che del sentiero non c’è ancora traccia nonostante cerchiamo di muoverci lateralmente. Eppure deve essere qua andiamo! 
- Non è così facile, perché se scendiamo nel versante sbagliato ci allontaniamo ancora di più e non lo ritroveremo più! - 
Rispondo sincero e schietto senza rendermi conto che non sono molto positivo. Quando non lo sento ribattere immediato lo guardo pensieroso, perché sono impegnato a cercare di capire dove diavolo siamo, e lui è fermo col broncio e mi fissa come se fossi un eretico, così allargo le braccia. 
- Che c’è? È vero! - Le allarga anche lui seccato: 
- Ehi amico, un po’ di ottimismo! Quanto cazzo possiamo essere caduti in là? - Questo nuovo Jacoby è ottimista fino al fastidio, perciò sospiro e guardo in alto. 
- Non lo so, è questo che sto dicendo. Penso dovremmo andare in questa direzione, ma magari mi sto sbagliando e ci stiamo allontanando! - Comincio ad innervosirmi al suo testardo positivismo, a volte devi essere realista, anche se non è bello quello che vedi. 
Ma più io sono realista e pessimista, più lui si intestardisce con l’ottimismo. 
- Fanculo, adesso ritroviamo il fottuto sentiero! Andiamo! Basta scendere finché non troviamo segni di vita! È una delle riserve più famose della California, troveremo un fottuto qualcuno, no? - Ma mentre si sforza di essere positivo, si innervosisce e questo mi irrita ancora di più e di nuovo, guardando in alto esasperato, mi metto a camminare veloce verso dove spero di trovare quel cazzo di sentiero. Zitto, senza dire nulla.
Jacoby così mi rincorre sbraitando. 
- E NON IGNORARMI PROPRIO ORA! TANTO AD ESSERE PESSIMISTI NON CAMBIA! - 
- Nemmeno ossessivamente ottimisti. - Rispondo acido.
- IO NON SONO OSSESSIVO! - Sbraita lui come un idiota. 
- Se urli provochi una valanga, ci manca solo questo! - Sussurro io con aria di rimprovero, esasperato oltre ogni limite. 
Lui si ferma, prende un paio di respiri profondi, si vede benissimo che vorrebbe uccidermi ed invece di muoversi incrocia le braccia al petto e comincia: 
- Avanti, dì quello che pensi! Non voglio che lo tieni dentro! Si vede che stai incazzato! Non devi trattenerti!- 
Alzo di nuovo gli occhi al cielo, voglio ucciderlo, non è meglio che mi trattenga secondo lui? 
- Jacoby, mentre discutiamo possiamo camminare? - 
- E dove se non sai da che parte è il fottuto sentiero del cazzo? - Ribatte polemico rimanendo piantato dove è, in mezzo alla neve e agli alberi. 
- Sicuramente è da quella parte se il mondo non si è improvvisamente ribaltato! Prima avevamo la discesa con gli alberi e la neve a destra mentre salivamo sentiero, ora che siamo su quella fottuta discesa fra gli alberi e la maledetta neve, il sentiero è per forza di là rispetto a noi che dobbiamo scendere e non salire! - Sicuramente ho fatto casino, come sempre, perché quando io devo spiegare qualcosa e sono agitato faccio sempre casino. 
- Allora vedi che sai dove cazzo siamo? - Risponde lui allargando le braccia vittorioso. 
Guardo ancora in alto e scuoto la testa avviandomi. 
- Camminiamo? - Lui sbuffa.
 - E non trattarmi come un bambino! - sbotta impuntandosi di nuovo, ma camminando almeno. 
Finalmente ci muoviamo verso quella che spero sia la direzione giusta. 
- Ti tratto come meriti! - 
- Fanculo! - 
- Mi dici che vuoi che ti dica quello che penso e quando lo faccio capire non ti piace? - 
- Io ho detto che tu devi dire quello che pensi, non che a me deve per forza piacere! Ma che cazzo! - Beh, questo ragionamento ha più senso del mio, ma scuoto la testa e cerco di stare zitto per non degenerare. 
Continuiamo a camminare nella speranza di trovare o il cazzo di sentiero o il cazzo di chalet. 
Lui, ovviamente, non molla. Perché lui è Jacoby. 
- Comunque essere pessimisti non serve ad un cazzo! - perché deve avere sempre l’ultima parola? 
- Va bene. - Chiudo io che invece non ne posso più di discutere. 
- No, non va bene un cazzo! Per te invece è meglio essere pessimisti! - Occhi al cielo, sospiro. Calma Jerry. 
- Io sono realista, non pessimista. È diverso. - Puntualizzo acido. Lui fa il broncio, lo intravedo di sottecchi mentre cerco di non guardarlo perché altrimenti scoppio a ridere. 
- No, tu sei pessimista, perché essere realisti significa dire: ‘ci siamo persi’, essere ottimisti significa dire: ‘ci siamo persi ma sicuramente ritroviamo subito il sentiero’ ed essere pessimisti è: ‘ci siamo persi e non credo troveremo facilmente il sentiero.’ L’unico dato di fatto è che ci siamo persi, nessuno di noi sa dove cazzo sia il sentiero, se vicino o lontano. Perciò non venirmi a dire che tu sei realista che non è un cazzo vero! - E con questo mi zittisce. 
Ok, magari ha ragione, ma che se la tenga. Che palle, che cazzo importa cosa è meglio essere? 
Guardo l’ora, sarà quasi ora di mangiare ormai, comincio a sentire fame anche io. Tiro fuori il resto della cioccolata e la divido con lui che la prende. 
- Non stare zitto, ora. So che ce l’hai con me, dovresti dirlo. - Porca puttana, perché la fa così lunga? 
- Jacoby, non ne posso più di questo. Non importa di chi è la colpa! È successo. Possiamo semplicemente camminare? - Dico esasperato e senza cercare di nasconderlo. Arriccia il naso e si rivolta verso di me con un pezzo di cioccolata in bocca. 
- No cazzo, perché ci siamo detti di comunicare sempre! E poi io odio il silenzio! Se sto zitto penso troppo e quando penso troppo mi fisso sulle cose ed ODIO fissarmi sulle cose! E magari mi agito e mi preoccupo di più. Il sistema per non avere ricadute psicotiche è affrontare subito tutto quel che mi angoscia, non posso tenere altrimenti parte la pressione e... e sai... - cala la voce e l’intensità e guarda in basso dove mette i piedi mentre cammina traballante perché lui e la neve non sono esattamente amici. 
Così lo guardo io, il suo profilo, la cuffia sulla testa, il giaccone imbottito, la sciarpa, i guanti... 
- Un po’ sono arrabbiato perché quando fai qualcosa devi sempre esagerare, se non ti fossi messo a tirare tutta quella neve non saremmo finiti così per cadere, però io ti ho dato corda ed ho reagito, mi sono messo sul tuo stesso piano. Quindi non ce l’ho con te, ma con entrambi perché siamo due grossi imbecilli. - dico alla fine calmo e dolcemente, il tono più lieve. Lo sento respirare con meno pressione e così si aggancia al mio braccio dopo aver finito la cioccolata. Io accetto la pace e lo tengo a me. 
- Ho paura di perdermi, non mi piace non sapere dove sono e dove stiamo andando. Ma so che tu hai un buon orientamento e sai sempre cosa fare quando serve. Perciò sono tranquillo se ci sei tu. Ma ho comunque paura di perdermi. È stupido, vero? - Sorrido. 
- Era peggio se eravamo di pomeriggio, non trovi? Saremmo finiti a girovagare col buio per un sacco di tempo, invece ora è giorno. - Ed eccomi qua ad essere ottimista per lui anche se odio essere ottimista quando la situazione è critica. - E comunque nei momenti davvero terribili eri tu che sapevi come reagire. Quando c’era da salvare la vita a qualcuno... - mi riferisco a quando ha salvato i nostri amici, fra i quali uno è Dave. 
Si stringe nelle spalle e ridacchia con l’aria un po’ infantile ed un po’ preoccupata. 
- Sai... - Fa serio dopo un po’ che camminiamo a braccetto come una coppia, scendendo piano. - Quando ero piccolo e vivevamo in tenda, una notte mi sono svegliato che avevo qualche stupido insetto in faccia che mi stava per entrare nell’orecchio. Mi sono svegliato con un attacco di panico e sono uscito scappando. Quando mi sono calmato ho capito che non avevo più idea di dove cazzo fossi, era notte e non vedevo nemmeno un cazzo. E faceva piuttosto fresco, anche se per fortuna non era inverno. Insomma, mi sono accucciato sotto un albero e sono rimasto lì terrorizzato tutta la notte. Il mattino la mamma è venuta a cercarmi e mi ha trovato ed io sono scoppiato a piangere. Non penso d’aver mai avuto più paura di quella volta. Credo che... credo che quello sia il mio ricordo peggiore. Era buio, freddo, ero solo, non vedevo un cazzo, non sapevo dove ero. È stato... non so, tutte quelle ore così. A pensare. Sai quali sono i pensieri di un bambino così piccolo perso nel fottuto nulla, di notte? - ripenso al fatto che tiene una piccola luce sempre accesa o gli scuri un po’ aperti per avere la luce esterna che filtra. Certe cose le so sempre dopo. 
- Quali? - Chiedo dolcemente. Tutte le volte che mi racconta queste parti di sé io le bevo perché sono resti di demoni che escono da lui. 
- Morirò così? Solo e senza che nessuno mi cerchi? Un bambino che pensa già che morirà, capisci? Il pensiero più angosciante non era di morire in sé e per sé che ancora non avevo la minima idea di che cazzo fosse la morte. Pensavo fosse un sonno eterno, al peggio sognavo per sempre, no? Il pensiero davvero angosciante era che sarei morto solo. Nessuno mi cerca, nessuno mi cercherà mai, nessuno mi troverà. - Si ferma, rallenta, solleva gli occhi verso i miei e lo guardo a mia volta. Sorride in uno dei suoi modi strani e particolari, maturi e quasi di scuse, ma sereni. In realtà sereni. Non triste come una volta. Dietro ogni sorriso c’era un po’ di tristezza, ora è proprio... sai... sereno. 
- Tu mi hai sempre cercato e trovato. Sempre. Tutte le volte. Venivi sempre a riprendermi, puntuale. - Sorrido colpevole di qualcosa che mi crea il consueto imbarazzo. Colpevole di sentimenti, forse? Di essermi emozionato per questa piccola conclusione dopo il racconto del suo ricordo peggiore? 
- Perciò hai superato in qualche modo il tuo incubo di perderti e di non essere ritrovato? - Chiedo con voce che trema. Lui stringe più forte il mio braccio agganciato al suo, me lo tiene con entrambe le braccia, si attacca al mio fianco e appoggia la testa contro la mia spalla mentre camminiamo più barcollanti ma sereni e meno nervosi. Anzi, per nulla. 

- Direi proprio di sì. Grazie a te. - Appoggio la testa alla sua brevemente mentre questa sensazione soffice che mi rimanda indietro mi scalda. 
- Oh, guarda un po’! - Esclamo indicando col mento poco più in là. Jacoby guarda e vede il sentiero e, poco più in fondo, lo chalet in piccolo. Mi lascia sollevando le braccia in alto in segno di vittoria e si mette a saltare felice. 
- Lo sapevo che lo trovavi, visto? Trovi sempre tutto! - E prima che possa dire o fare altro è seduto per terra che scivola per il resto della discesa che rimane fino a casa. 
Io scuoto la testa, ridacchio e poi alzando le spalle mi siedo e faccio la stessa cosa, mentre il mio sedere imbottito da questa tuta da montagna, mi fa fare quel che prima ho fatto per afferrarlo. 
Adesso, però, ci mettiamo a fare una gara vera e propria e visto che nella vita tutti abbiamo scivolato sulla neve col culo almeno un paio di volte, mostro tutta la mia tecnica sopraffina e dopo averlo agganciato lo spingo facendolo rotolare e rallentare di nuovo. 
Arrivo primo in fondo alla pista, alzo le braccia in alto rimanendo seduto per terra tutto bianco e bagnato, poco dopo la valanga mi investe facendomi vedere le stelle e tutto il firmamento per quello che penso fosse il suo ginocchio sulla schiena. 
Se riesco a non morire, questa volta lo uccido davvero.