119. MATTONE PER MATTONE

jacoby jerry

- Dovremmo parlare col precedente produttore, comunque. Specie perché ci abbiamo lavorato per ben due album di fila... - Introduce cauto Tobin alla riunione prima del concerto di capodanno. Ho ancora nella testa la meraviglia zuccherosa dei due giorni precedenti, chi me lo fa fare di pensare alle cose terrene ed ai casini?
Ma ci pensa Tobin.
- Se volete lo faccio io per tutti, solo ditemi cosa vogliamo fare, gli chiediamo se vuole collaborare ancora o... - Sto per intervenire prima che lo faccia Jacoby, ma ho appena scosso la testa che la sua vociona ci interrompe secco: 
- Ci parlo io. Uno che non si è più fatto vivo da quando mi sono rimesso cosa vorrebbe da noi, scusa? - Chiede teso e corrucciato. 
Lo guardiamo tutti con attenzione per capire se sia il caso che ci parli davvero lui, lo sapevamo tutti che non avremmo lavorato ancora insieme, ma per formalità bisogna parlarne. 
Lui ha il broncio mentre si veste e si sistema per lo show, le solite ore allo specchio per capelli e trucco che non è molto pesante, per un certo periodo ci dava più dentro con la matita nera sotto gli occhi.
- Sei sicuro? Possiamo farlo io e Tobin se vuoi, siamo più diplomatici... - Ma lui scuote severo e deciso la testa e ci lancia uno sguardo aggrottato. 
- Se volete partecipare mi sta bene, ma ci devo parlare io. perché quell’uomo è passato dal cercare a tutti i costi di salvarmi da me stesso allo scaricarmi del tutto senza nemmeno mezza parola. L’ho giustificato mille volte, ma ad un certo punto si guarda in faccia la realtà. - 
Annuiamo in tandem io e Tobin e ci guardiamo perplessi ma senza poterci opporre. Le cose stanno così, questo dicono i miei occhi.
Appena Tobin e Tony se ne vanno uno alla ricerca dell’assistente e l’altro in bagno a fare l’ultima scarica di cacca pre show consueta, prendo Jacoby svelto per un braccio e lo giro verso di me, poi con sguardo penetrante e sbrigativo, chiedo: 
- Sei sicuro? - Lui annuisce guardandomi dritto negli occhi deciso e serio, quasi con aria di sfida. 
- Me lo deve spiegare. Poi ognuno per la sua strada ed amici come prima. - Prima non si era amici. 
- Io ti avevo detto le mie perplessità, ricordi? - Lui mi guarda perso senza capire cosa dico. 
- Amico, ero praticamente fuori in quel periodo... cosa... cosa dicevi? Ricordo solo che eri geloso! - Ridendo alzo gli occhi al cielo e scuoto la testa. 
- Non ero geloso, tu eri convinto che lo fossi! - Risponde secco lasciandolo per andare al tavolino ed al divano dove mi siedo e mi allaccio bene le scarpe. Lui finito coi capelli e la faccia mi raggiunge e fa lo stesso aspettando il resto. 
- Non mi quadrava, sai... sembrava innamorato di te, ti adorava oltre ogni limite e lo vedevo forzato o... non so, non completamente sincero, tutto qua. Ti ho detto che non mi convinceva, solo che tu ti sei fissato che ero geloso. - Jacoby non ricorda proprio, meglio così perché in effetti poi ho lasciato che credesse che fosse solo semplice gelosia. 
Era comodo. 

Il concerto di fine anno è a Las Vegas insieme ad un altro gruppo, poi c’è una ovvia mega festa in un club privato pieno di gente con pass speciali per cui o vip o amici di vip. Quel tipo di feste che terrorizzano Jacoby, ma prima o poi bisogno farlo, prima o poi deve superare questa fobia delle feste. 
Lui adora stare in mezzo alla gente, al casino, festeggiare. È l’anima delle feste. Che ne scappi o sia teso è un peccato. 
Lo osservo prima di avvicinarmi, io riesco a partecipare da sempre a queste cose senza perdermi, lui no. 
Sorride e festeggia, parla e sta con tutti, ma si vede che non è rilassato, ormai lo riconosco subito quando non è del tutto rilassato. 
Quando vedo una cassa di birra speciale capisco che lassù qualcuno lo ama, così ne prendo una e gliela metto in mano, lui mi fissa come se fossi idiota e sta per lasciarla di schianto quando gli piazzo l’etichetta davanti agli occhi e leggo per lui come se lo scemo fosse lui: 
- Birra analcolica! - 
- È uno schifo! - Esclama subito inorridito guardandola come se fosse un mostro. Io rido. 
- Non l’hai nemmeno assaggiata! - 
- Non serve, birra ed analcolica nella stessa frase fanno a pugni! - Sospiro alzando gli occhi mentre qualcuno gli porge uno Jagger intero. Una volta la prendeva e ci dava dentro. 
- Vuoi passare tutta la sera a rifiutare super alcolici perché non hai niente in mano? - Allora arriccia la bocca e accetta la birra finta. Finalmente ragioniamo, poi gli metto una mano sulla spalla e come se fossi il suo sponsor gli parlo guardandolo negli occhi serio, indulgente e deciso mentre intorno a noi gente viene, fa, spintona, parla, grida e si diverte sovrastando la musica di sottofondo messa su a caso. 
- Ascolta, non puoi continuare ad avere la fobia delle feste, tu le ami, ami la gente, ami divertirti e far divertire. Solo che a queste feste tutti bevono e tu pensi solo a questo. Devi... devi focalizzarti sul resto. Stai con una birra finta in mano così gli altri ti lasceranno in pace e buttati. È come andare in bici, vedrai che tornerai come ai vecchi tempi. Non trattenerti solo perché pensi a rifiutare il male supremo. - Lo prendo un po’ in giro, lui sogghigna, poi si fa serio mentre ci pensa, una canzone comincia ed è guarda caso proprio Song To dei Blur. Quando parte con il riff iniziale i nostri occhi si animano parlando in sincronia uno rivolto verso l’altro, il viaggio in macchina di stanotte proprio verso Las Vegas. 
Agli occhi accesi si aggiungono dei sorrisi che lenti si formano, i corpi si muovono automaticamente da bravi appassionati di questa canzone e di questi ritmi incalzanti, pensati proprio per coinvolgere immediatamente.
E così finisce che Jacoby finalmente capisce ed inizia a provarci, ma questa volta sul serio. 
Prende la famosa birra finta, la alza in alto ed è il primo a partire saltando in mezzo agli altri con le braccia alte. 
Il suo splendido vocione che ha allietato tutta la sera un sacco di gente si leva sulla musica che non è eccessiva. Molti intorno a lui si girano ridendo divertiti e nel giro di pochi secondi sono tutti con lui a gridare ‘WOHOOOO!’ Come matti. 
Ed ecco che la festa inizia.
È proprio vero, è come andare in bici. Non smetti di saperlo fare. Jacoby è questo, non può smettere per paura, deve trovare dei trucchi, dei compromessi, ma non deve trattenersi, evitare o scappare. Altrimenti i ronzii tornano, i problemi da psicotico schizzato tornano. 
Non è normale e su questo siamo tutti d’accordo, perché non a tutti vengono allucinazioni uditive e gli si spacca la testa in due se cercano di contrastare i loro desideri più istintivi... però lui è speciale, lui non deve essere come tutti, nessuno vuole che lo sia perché la sua bellezza è questa diversità spiccata. 
Ma non voglio che si distrugga per essere completamente sé stesso.
I compromessi lo possono salvare, i compromessi lo salveranno.
E mentre lo vedo che salta, grida e trascina tutti a fare altrettanto, a divertirsi, a cantare, a dare vita a cori idioti con dei sorrisi felici, mentre si festeggia questo capodanno in piena regola, ripenso alla sua decisione di parlare con James. 
Sarebbe successo prima o poi, lo sapevo. Ed è un enorme passo in avanti. Spero che non lo ferisca troppo, spero che non reagisca male. Spero che non faccia passi indietro. 
In ogni caso sarò dietro di lui a raccogliere qualunque cosa, ad intervenire se necessario. Del resto così come le feste, deve saper affrontare anche queste cose, le persone che sono responsabili di qualche disagio interiore. James, suo padre. Con Dave ci è riuscito, si sentono, l’ha invitato alla festa, non so se c’è ma l’ha fatto ed ha fatto benissimo. 

A volte mi fa preoccupare così tanto che perdo la connessione con la realtà, credo sia una vecchia abitudine dura a morire. Anche io devo andare in terapia per non preoccuparmi a questi livelli, Jacoby sa camminare e se non lo sa fare, l’obiettivo è che ci riesca. Perciò non posso sempre arrivare al punto di fissarlo come un ossesso con l’ansia.
ma, come se lui sapesse... e forse lui sa. anzi, senza forse. In questi momenti lui mi prende, mi trascina in un bagno sudicio nelle vicinanze, mi riempie la bocca con la sua lingua dolciastra di qualche bevanda zuccherosa, mi gira, mi abbassa i pantaloni e nella sua volgarità che a volte prende il sopravvento sulla romanticismo più mieloso, mi prende e mi fa suo. 
Da dietro, spingendomi contro la parete che sa di tutto tranne che di pulito, ma riesce a non farmici pensare quando il suo cazzo in tiro mi entra dentro tutto con due sole spinte.
Due spinte per entrare ed io giro gli occhi all’indietro e mi piego di più, mi inarco, spingo le mie natiche aperte verso di lui e mi do di più chiedendo ancora. Lui me lo da, me lo da completamente, veloce, aumentando il ritmo, l’intensità e la forza e mentre mi fa suo tutto sfuma, come sempre. L’orgasmo arriva con la sua voce roca che geme. dannato, basta che gema per farmi perdere totalmente. Se venisse qualcuno nemmeno me ne accorgerei. 
Forse non serve la terapia per non preoccuparmi più tanto per lui e rilassarmi. Forse mi basta lui dentro di me e la sua voce che geme e tutto scivola via, io mi rilasso e sto bene, così bene che il mondo potrebbe crollare. 
Ed è questo che mi piace di lui, lo penso mentre mi abbraccia dopo che i nostri semi scivolano giù per terra cercando di non sporcarci. La sua bocca splendida sulla mia, io abbandonato all’indietro contro di lui, mezzo girato alla ricerca della sua lingua. 
Che prima non si accorgeva dei miei disagi o meglio forse non sapeva come aiutarmi, non ci riusciva. Ora gli basta uno sguardo, ci arriva subito e sbaraglia tutto in un attimo in qualche modo. 
Si prende cura di me mentre io cerco di prendermi cura di lui. 
- Meglio? - Mi chiede come prima cosa, ancora sulle mie labbra. Io sorrido beato senza stupirmi che se ne fosse accorto. Annuisco e così si scioglie da me mentre ci sistemiamo, ci ripuliamo e ci rimettiamo presentabili. 
Ha esordito spingendomi contro la parete sudicia con un ‘buon anno nuovo tesoro’ e poi è stato tutto un casino, il solito. 
- Avevi di nuovo quell’espressione. - dice come se non fosse più importante. 
- quell’espressione? - Chiedo senza capire. Lui annuisce ancora mentre si lava le mani e la faccia facendosi colare il po’ di eyeliner che si è messo, così sta un po’ a tirarsi via anche quello. 
- Quella che hai avuto fino a pochi mesi fa... di chi è in costante stato d’angoscia. - Rido alla sua definizione professionale. - Sembravi un eunuco davanti a tante fighe rasate pronte ad essere sfondate! - A questo rido ancora di più perché ora sì che lo riconosco, vedendomi ridere di gusto sogghigna soddisfatto anche lui. A volte ho l’impressione che faccia l’idiota per farmi ridere, perché sa che certi modi di dire mi fanno piegare in due e lui ama vedermi così. Probabilmente è proprio così, ma mi piace troppo questa sua attenzione, così come che si sia accorto della mia espressione. 
- Brutte abitudini... comunque pensavo di non aver mai fatto espressioni strane... insomma, non sono quello inespressivo io? - Chiedo mentre ormai pronto lo aspetto per sbloccare il bagno contro cui qualcuno inizia a bussare, a momenti lo sfondano. 
Lui si asciuga soddisfatto del proprio lavoro, poi viene verso di me sorridendo furbo, quei tipici sorrisi che fa quando ne pensa mille e ne dice solo un centinaio. 
- Per me tu non hai mai avuto segreti, solo che non avevo idea di come aiutarti. Sapevo che non stavi bene. Ora ho capito come fare. - Così ridacchio malizioso.
- Trombandomi? - La mano sulla chiave aspetta, lui si appoggia a me e sulla mia bocca mormora erotico di proposito, perché sa bene cosa mi fa impazzire. 
- Quello è il metodo migliore... ma ci sono anche altri sistemi. Una volta ero troppo ‘valle oscura’ per capire che potevo aiutarti, pensavo che solo lasciandoti potessi. adesso... - Alza le spalle, io apro la chiave, la porta si spalanca ed una serie di persone entra spingendoci ed insultandoci. 
Non so nemmeno cosa dicono, sfiliamo via insieme e mentre lo facciamo gli chiedo di continuare.
- Adesso? - Lui alza di nuovo le spalle, inarca le sopracciglia e scuote brevemente la testa in segno di ‘bah’. 
- Adesso vedo più chiaramente. anzi, adesso vedo. - Specifica deciso annuendo, lo faccio anche io. - Di cose che posso fare per gli altri ci sono, non sono cieco, ci vedo e soprattutto non sono più egoista come prima. Sono un uomo nuovo. Ci credi? - Mi chiede girandosi verso di me mentre mi dà uno spiedino di carne arrostita appena uscita dalla cucina e posata sulla tavolata del buffet. Due se ne prende per sé e se li infila in bocca mentre aspetta una risposta che tarda a venire perché scoppio a ridere. Sembra un tricheco!
Vedendo che rido fa le smorfie da tricheco e batte le mani come un ritardato mentale, cosa che mi fa ridere ancora di più. Non so a che livelli può arrivare la sua demenza, ma non finirà mai di stupirmi. 
- Lo sei, Jacoby. - torno al nostro discorso mentre mangio anche io, in modo normale ovviamente. 
- Un tricheco rincoglionito? - trattengo a stento la risata e rimango serio.
- Un uomo nuovo. Ed anche molto in gamba. Perciò a volte mi capita di ricadere nelle vecchie abitudini ma poi mi ricordi sempre che non devo preoccuparmi. Non smetti mai di migliorare e fare preziosi passi in avanti, affronti e superi tutto e passo dopo passo rinasci sempre di più. Perciò arriverà il giorno in cui smetterò di preoccuparmi, forse, ma in realtà mi piace farlo perché poi sei tu a prenderti cura di me e ti dirò... - gli faccio l’occhiolino e gli rubo l’ultimo pezzo di carne dal suo spiedino. - mi piace! - Così dicendo la mangio e scappo fra la folla, dietro di me lo sento insultarmi con la bocca piena ma prima di inseguirmi prende altri spiedini e se li ficca tutti in bocca, poi per strada viene intercettato e distratto così si dimentica che doveva vendicarsi e torna il centro della festa, come è sempre stato, come deve essere sempre. 
Per un anno, l’anno in cui si è riabilitato sul serio, ha fatto voto di reclusione in pratica... evitava praticamente ogni fonte di tentazione o stress, terrorizzato dal non poter reggere, dal non farcela. 
Adesso siamo a Las Vegas ad una festa di quelle che una volta l’avrebbero visto strafatto un sacco di merda ed è qua, sobrio, in sé a divertirsi con tutti come niente fosse. 
La paura è normale, ti blocca e ti impedisce di fare molte cose, ma se riesci a superare scopri che... beh, semplicemente ce la fai. E da lì cosa tira cosa. 
Dopo lo scoglio feste ci sarà lo scoglio James dopo forse toccherà al padre, poi chi lo sa cos’altro? Lo scoglio psicoterapista, magari. Poi quello degli insetti. Poi chi lo sa?
Qualche altro fantasma nella sua vita ci sarà di sicuro, piano piano tirerà fuori tutto ed io sarò sempre in prima fila a godermi lo spettacolo.