*Alla fine James Michael si è rivelato per quello che era, proprio come Jerry aveva sempre saputo, dentro di sé. Per Jacoby però è un duro colpo e la sua reazione sarà devastante, perché lui è così, non ha mezze misure. Buona lettura. Baci Akane*
121. FRA VECCHIO E NUOVO
Il silenzio diventa assordante e c’è solo il tempo di guardarlo in viso per realizzare che è tardi. È come un lampo, Jacoby è più veloce di me.
È come se vi fosse un secondo sparo che rifulge come un eco.
Jacoby prende la mazza da baseball a lato insieme ad altre e mentre James impallidisce, io scatto ma non faccio in tempo perché lui è più veloce.
Stringe la mazza, la solleva in aria e l’abbatte giù, per un momento sento un rumore così forte che credo sia il suo cranio che viene sfondato, ma riapro gli occhi e continuo a sentire quel rumore.
Mi immobilizzo e capisco di non poter intervenire perché le mie gambe si piantano dove sono.
James è sempre immobile ed intatto, ma Jacoby picchia duro e rabbioso la mazza contro un altro cestino grande metallico che contiene altre palle da gioco, quella vicino a lui.
La batte lì una, due, tre volte, ripetutamente, disperato, pieno di una rabbia che non gli vedevo da una vita e forse a cui sono abituato, in realtà, ma che speravo di non vedere più.
Con una rabbia cieca lui distrugge il coperchio della rete che si accartoccia con una conca, poi Jacoby scaglia la mazza in un angolo, fa un ultimo rumore duro e poi il silenzio torna a ferire le nostre orecchie.
Jacoby guarda un’ultima volta James con disprezzo, scuote la testa schifato con una smorfia inequivocabile che penetra il destinatario a poca distanza da lui, sempre immobile dove era prima, infine se ne va sbattendo la porta.
Appena chiude e rimaniamo soli, James si lascia andare, scivola giù dalla rete, si accovaccia per terra e si copre il viso con le mani tremante. Rimango impressionato dalla sua reazione e per un momento sto fermo e non faccio niente, non so nemmeno cosa fare in effetti.
- C’era l’odio. C’era l’odio, il dolore, la rabbia di un animale feroce ferito a morte nel suo viso. Poteva uccidermi. - mormora tremante da sotto.
- Il vecchio Jacoby l’avrebbe fatto, quello che tu amavi tanto che hai inneggiato. Quel Jacoby avrebbe scagliato quella mazza sulla tua testa fino a che non sarebbe esplosa ed i rumori nella sua testa non fossero cessati. Lui aveva il diavolo dentro, è quella l’oscurità che ti piaceva. E non l’ha esorcizzata né sconfitta, è solo in un angolo di sé. Ma se oggi non ti ha ucciso come quel vecchio Jacoby avrebbe fatto, è solo grazie al fatto che ora abbraccia più la luce che il buio ed è cambiato come a te non piace. Se ora sei vivo è grazie a quello che non ti piace di lui. Spero che ne sia valsa la pena in qualche modo... ferirlo così per... per cosa? Un’ultimo orgasmo mentale? -
James scatta in avanti col busto mettendo le mani per terra mentre mi guarda feroce.
- Non potevo mentirgli, volevo inventarmi una scusa ma l’ho guardato negli occhi e mi guardava in quel modo che... ho capito che non avrei potuto che dirgli la verità! - Scuoto la testa e sospiro.
- Certo. Ripetilo quanto vuoi, puoi anche arrivare a crederci. Ma in un angolo di te sai la verità. - Mi metto davanti a lui, mi chino leggermente e lo punto col dito accusatore togliendo la maschera che ho sempre avuto, tiro fuori il mio disprezzo e glielo consegno. - Dentro di sé sai che tu volevi avere questo ultimo orgasmo, volevi rivedere quelle tenebre, quel diavolo di cui ti eri innamorato. Un’ultima volta davanti a te e per te. Per questo ti dico... spero ne sia valsa la pena perché non l’avrai più. Se oserai anche solo scrivergli per qualunque fottuto motivo sarò io a reagire e non mi conosci. Credimi James. Che non mi conosci. -
Ma nei suoi occhi leggo che vede uno stralcio del vero Jerry, quello che può gestire in modo sensato tutto e tutti tranne che certe cose che lo mandano fuori di testa.
E Jacoby è sempre stato una di queste.
Non me lo toccherà più, mai più.
dopo, semplicemente me ne vado e non so che cosa faccia, forse si fa una sega ricordando la paura e quel famoso buio pericoloso nel viso di Jacoby mentre distruggeva la rete a pochi centimetri da lui.
Giuro che se lo incontro di nuovo vedrà quella parte di me che in pochi hanno visto.
Appena metto piede fuori mi guardo intorno con la necessità di vederlo subito, la paura di non ritrovarlo sotto la pelle. Il cuore in gola, respiro alterato. Mi giro a destra e sinistra, un corridoio, gente che va e viene, il caos di prima un contorno fastidioso ma ogni particella di me si concentra sul capire dove possa essere andato Jacoby. Non sento rumori o voci alterate, dove diavolo...
Prendo verso destra e mi fermo di colpo vedendo un bagno così mi precipito dentro senza pensarci un secondo e so che lui è qua. Chiudo la porta a chiave e mi volto a guardarlo, mi ci vuole un attimo per capire cosa sia successo ma poi la consapevolezza mi investe come un treno. Jacoby sta fermo davanti ai lavandini, ma lo specchio che fissa è a spicchi, alcuni di essi sono venuti via e sono sparsi sul lavandino e per terra.
Ha rotto lo specchio.
Lui rimane fermo immobile lì davanti, pugni stretti forti a fissare feroce la propria immagine, respira a fondo come un toro furioso pronto ad attaccare. Sto qua un istante, si sarà ferito? La prima cosa che cerco di capire è questa e con questo bisogno impellente di stabilire se per prima cosa sta fisicamente bene, colmo la distanza che ci separa e gli prendo il viso, lo giro verso di me di forza, lo volto a destra, a sinistra e lo sollevo. Sospiro vedendo che non si è ferito, nessuna scheggia gli è finita addosso. Poi vedo del sangue sul bordo lavandino e poi delle gocce per terra, così l’allarme torna insieme al cuore che aumenta i battiti di nuovo, su in gola.
Prendo le sue mani e le guardo, la destra è piena di sangue, stretto nel pugno che apro usando un po’ più di forza. Lui alla fine si lascia fare ed io mi concentro sulla ferita che è sul taglio esterno della mano. Deve aver tirato un pugno di taglio e non di nocche. Se l’avesse tirato dritto e non storto si sarebbe rotto anche qualche osso oltre che ferito molto di più, per fortuna l’ha fatto così. Giro ulteriormente la mano aperta e fra il sangue che scende copioso per via dei capillari numerosi negli arti, cerco di capire se ci sono pezzi di specchio attaccati, così lo metto sul lavandino da cui tolgo i pezzi che erano caduti sopra, apro il rubinetto e gli metto la mano sotto l’acqua fredda. Il sangue scende più copioso e si mescola all’acqua schiarendosi, scivola giù nello scarico e mentre lascio che lavi via il grosso, passo il resto del lavandino bianco per togliere le sue impronte insanguinate rimaste nel bordo. Sotto le scarpe il rumore dei vetri rotti, sollevo e spingo via distrattamente.
Quando mi pare che il sangue sia diminuito, chiudo l’acqua e prendo una manciata corposa di salviette usa e getta e gliela avvolgo nella mano che stringo fra le mie. Solo a questo punto lo guardo in viso per capire che succede, come sta, che faccia abbia, perché mi lascia fare docile e non parla.
Jacoby fissa lo specchio rotto, i pezzi di vetro che riflettono la sua immagine distorta, i suoi occhi sono strani, ipnotizzati da ciò che vede e non sono molto sicuro che sia uno sguardo vuoto, ma non è più arrabbiato come prima.
Lo guardo attraverso gli stessi spicchi riflettenti e rabbrividisco perché ci vedo del buio, il buio che non ci vedevo da un anno quasi.
Ho uno di quegli istinti violenti, ma la consapevolezza che in questo momento Jacoby ha più bisogno di me, supera tutto.
- Lo volevo uccidere, mi credi? Volevo dargli quella mazza in testa fino a sfondargliela, volevo cancellare quell’espressione di sfida. Quando mi ha detto che era innamorato delle mie tenebre mi guardava per vedere se ero cambiato davvero o se c’era ancora quel buio ed io... io non ce l’ho fatta. Si è spezzato qualcosa in me. Il rumore era tornato e mi assordava, mi spaccava in due ed io ho solo pensato... se non faccio qualcosa esplodo, mi viene un ictus, muoio qua. E prima che me ne rendessi conto avevo la mazza in mano. - poi sposta gli occhi azzurri, ora cupi e grigiastri, verso di me, sempre attraverso lo specchio rotto dove si vede l’impronta del suo pugno centrale, come un sole che fa partire i raggi. Il suo sangue nei pezzi più piccoli in mezzo.
- Avevo il diavolo dentro, Jerry. - Mormora smarrito, aggrottato, meravigliato.
- Sono entrato qua dentro furioso e mi sono guardato allo specchio sentendo questo demonio dentro di me che scalpitava e mi gridava ‘VAI ED AMMAZZALO! AMMAZZALO!’ L’odio, Jerry... l’odio come ai vecchi tempi, quando esplodevo per tutto e non trattenevo niente, quando ci provavo e poi cedevo sotto questi rumori nella mia testa. E ho detto ‘ESCI, VATTENE VIA DA ME!’ Ho dato il pugno allo specchio e l’ho rotto furioso, ma lo sentivo ancora dentro e... - improvvisamente rallenta mentre non respirava nemmeno e quei gridava mentre mi spiegava tutto, io senza parole e smarrito ascolto shoccato. A questo punto si ferma, si gira verso di me lasciando perdere lo specchio come intermediario, e con voce smarrita e meravigliata, di chi non è per niente in sé, dice: - e ho capito che non avevo il diavolo dentro, non ero posseduto dal male che mi faceva agire come ai vecchi tempi. IO sono il diavolo. Il diavolo sono io, quelli erano i MIEI occhi, capisci? Il male è IN ME! IN ME IN ME IN ME! - lo ripete agitandosi, aumentando la voce, il tono e la velocità fino a che diventa un mantra furioso oe disperato ed io lo abbraccio forte forte facendo perdere il suo viso contro il mio petto ed il mio collo, una mano sulla sua nuca a stringere forte la sua testa contro di me, l’altra stringe la sua giacca sulla schiena ed uso tutta la forza che ho.
Non so cosa dire, non riesco a dire nulla perché Jacoby scoppia a piangere dopo la disperazione e dopo la rabbia ed è come sempre il Jacoby che vive ogni emozione con tutto sé stesso, esagera tutto, ma rimane il suo enorme splendido fascino, perché così come è distruttivo e sconvolgente quando sta male, è meraviglioso quando sta bene ed è felice. È felice con tutto sé stesso perché... e mentre lo penso, realizzo cosa devo fare.
- L’hai inciso sulla pelle, Jacoby, non te lo devo dire io. - i suoi singhiozzi fanno da sottofondo in questo bagno che non profuma per niente e non è nemmeno particolarmente pulito. Piastrelle bianche, un muro scrostato, delle porte aperte che rivelano dei bagni turchi. Una serie di lavandini, lo specchio rotto.
- Ognuno di noi è tutto. È bene e male, luce e tenebre. Senza la luce non c’è la tenebra. Se è vero che sei il diavolo è vero che sei anche un angelo. Ti chiedi sempre dove sono finiti gli angeli e dici che ti stanno intorno, li ferisci ma impari da loro a volare e a stare meglio. Così come ora dicevi che il diavolo era dentro di te e doveva uscire ed invece pensi che sei tu, quel diavolo. Allora è anche vero che sei anche uno di quegli angeli che ti stanno intorno. Sei un diavolo e sei un angelo. Prima ha prevalso il diavolo, ma fino a poche ore fa prevaleva l’angelo, per quanto tempo ha prevalso l’angelo? È stato un bellissimo anno... - i suoi singhiozzi smettono di scuotere tutto il suo corpo, la mia mano carezza la sua nuca dove i capelli biondi e corti non stanno più tanto sparati in aria in qualche maniera moderna.
- il bene che facciamo non cancella il male che abbiamo fatto. - Mormora poi con voce rotta e spezzata come lo è lui in questo momento. Tienilo saldo Jerry, perché ora è un attimo per romperlo sul serio.
- Ma nemmeno il male che facciamo cancella il bene che abbiamo fatto e che faremo. - poi prendo i suo viso con entrambe le mani e lo guardo deciso negli occhi abbassandomi un po’, non è più basso di me ma lui è tutto ricurvo ed accartocciato, sembra un bambino in questo momento.
- Senti, - dico poi deciso. - James non si è comportato bene. Non è che sei stato gratuitamente cattivo, ora. Non hai detto niente, non l’hai ferito in alcun modo, hai picchiato una cassa... -
- MA VOLEVO UCCIDERLO! - Esplode di nuovo staccandosi improvviso da me e ricominciando a camminare, pesta qualche vetro rotto, l’unico rumore alternativo in questo momento alla sua voce. - VOLEVO FERIRLO, CANCELLARLO! L’HO ODIATO AL PUNTO CHE... MI SONO SPAVENTATO! - Cerco di inserirmi ma lui continua con questa litania furiosa di sbagli e negatività, così pesto un passo per terra facendo rumore, l’afferro per la giacca con una mano e lo stringo, lo tiro e lo scuoto furioso.
- MA NON L’HAI FATTO, PORCA PUTTANA! - Silenzio, di nuovo. Quel silenzio improvviso, lui non respira, mi guarda sconvolto, occhi spalancati tutti rossi e gonfi, le lacrime cristallizzate in un viso rosso come i suoi occhi. Così l’attiro a me e gli prendo la mano che nel frattempo ha fatto cadere i fazzoletti che gli avevo messo, ma il taglio sanguina di meno. Gliela prendo fra le mie, la stringo e abbasso il tono tirando fuori una dolcezza che spero sia sufficiente a convincerlo.
Ricorda Jerry. I più difficili d’amare sono quelli che ne hanno più bisogno.
- Non l’hai fatto, Jacoby. Devi ricordare la cosa più importante. Non hai dato quella mazza sulla sua testa. Non hai ceduto a questo odio feroce. Il diavolo non ha vinto, oggi. Una volta avrebbe vinto. Quando hai dato un pugno a Dave quella volta il diavolo aveva vinto. Ma oggi no! Non vedi i tuoi cambiamenti? Li vedo solo io? - a questo sembra finalmente pensarci e considerare quel che gli dico.
Si ferma, ci pensa perso nel mio sguardo serio e calmo, si ipnotizza per un momento ed io continuo.
- Non sei più il Jacoby diavolo, il diavolo c’è sempre in agguato, ma c’è anche l’angelo che ora prevale ed oggi nel momento peggiore ha prevalso il diavolo perché non gli hai torto un capello. Non importa cosa volevi fare e cosa provavi. Conta cosa hai fatto. Conta sempre cosa fai su quello che vuoi! -
- Conta quello che faccio non quello che voglio e che provo... - ripete sorpreso come se questa rivelazione sia tanto strana quanto bella. Con una mano gli asciugo le lacrime mentre l’altra tiene quella ferita. Annuisco.
- Oggi sei molto più luce che buio. Il buio è lì, ma hai affrontato le tue paure, oggi. Hai affrontato un mostro, un ostacolo. E l’hai fatto senza cedere a quel lato che premeva per uscire. Non sei orgoglioso di te? Io lo sono! Stai affrontando una ad una tutte le tue paure ed i tuoi problemi, li stai guardando in faccia e li stai esorcizzando. Stai risalendo su tutti i tuoi mostri, tutto ciò da cui scappavi. - Io che parlo così tanto per convincerlo di qualcosa, i oche mostro rabbia, angoscia, dolcezza. Io che perdo la testa, pur di riacchiapparlo.
Devi dire che anche io sono orgoglioso di me. Mi sono esposto, ho gestito tutto a costo di mostrare quel che provo e non ci sono stati problemi, siamo tutti qua in piedi e non affonderemo, non di nuovo, non come prima. Una volta avrei vomitato in una situazione del genere, per espormi fino a questo punto e tirare fuori una tale rabbia. Oggi non tremo nemmeno. Alzo le mani mentre lo lascio realizzandolo come se fosse una sorta di rivelazione mistica.
Guardiamo entrambi le nostre mani e mentre le fissiamo ferme e sporche un po’ del suo sangue, lo capiamo nello stesso identico momento.
- Non tremi. - Realizza meravigliato cancellando in un istante ogni suoi problema, paura ed angoscia. - Je, non tremi! Hai tirato fuori il mondo, tutti i tuoi sentimenti più violenti e... e sei fermo! Sei tranquillo! - gli occhi mi brillano mentre sento una commozione bruciante per me stesso e lui che mi vede commuovermi per questo, si commuove a sua volta per me e mi stringe di slancio gettandomi le braccia al collo e soffocandomi. Mi bacia l’orecchio.
- Sono così orgoglioso di te! -
- Ed io di te! - Sottolineo. Mi sento così idiota ma glielo dico lo stesso.
Ricambio sollevato l’abbraccio mentre stringo la sua vita non certo sottile come la mia. Sorrido e stringo gli occhi.
Con lui è come una continua montagna russa, ma mentre prima era terrificante, ora è piacevole perché sai che in un modo o nell’altra arriveremo vivi a destinazione. Prima era solo un ‘quando moriremo?’
Ci rilassiamo lentamente uno fra le braccia dell’altro mentre capiamo di aver fatto entrambi quello che dovevamo e di aver fatto degli importanti passi in avanti e... dannazione, che bene che mi sento.
- Leggero. - Mormora roco contro il mio orecchio. annuisco.
- Leggero. - è così che ci sentiamo entrambi. Leggeri. Da morire.
Dopo quello che abbiamo passato è strano dirlo.
- è bellissimo, è così che si fa, è così che si risorge e si rinasce, è così che si superano i problemi, il male, il buio, i demoni. È così che si fa. Ti fermi, li guardi in faccia, li svisceri in tutti i modi e poi vai oltre. -
- Affrontare tutto e risorgere. - Ripeto sintetico come mio solito. Si separa e sorride annuendo al settimo cielo, come se James fosse un vecchio brutto ricordo, come se fosse già passato al capitolo successivo.
- Sarà il tema del nuovo album, mostreremo come si risale. Abbiamo parlato di demoni per tutti gli altri album, in lungo ed in largo. Ora mostreremo come si fa a risalire. - Quando lo dice convinto ed entusiasta è come avere a che fare con uno schizofrenico e forse tanto sano non è, è vero. Ma se alla fine i risultati sono così chi se ne frega della sanità mentale?
- Lo sai che ti amo, vero? - Dico per l’ennesima volta, risultando il romantico che non voglio sembrare. Lui sorride ed annuisce baciandomi in risposta.
Le sue labbra sono così dolci e calde e morbide e la sua lingua intrecciata alla mia è così avvolgente, mi trasporta via leggero. Leggero.