*Jerry convince Jacoby ad andare a Las Vegas, così iniziano il nuovo album, uno particolarmente significativo per lui per più motivi. Non solo la location pericolosa, per lui, ma anche un argomento delicato di cui parlare. Nasce così il tema che dà anche il titolo all'album e ad una delle canzoni. Face everything and rise. Affronta tutto e risorgi. Per lui è stati davvero difficile accettare di andare a Las Vegas a fare l'album, ne era davvero terrorizzato. Buona lettura. Baci Akane*
123. AFFRONTA TUTTO E RISORGI
Entro e aspetto che esca il ragazzo che si lava le mani, lui è chiuso in un bagno piccolo, immagino. Quando il tipo va via, chiudo a chiave e mi piego a cercare le sue scarpe. Lo trovo accucciato nell’ultimo in fondo, così busso e lo chiamo paziente. La mia voce rimbomba nel bagno vuoto.
- Jacoby dai, sono io... - Così poco dopo il cigolio della porta mi lascia vedere il suo viso imbronciato ed infantile, è proprio raggomitolato per terra, le mani a reggere il viso. - Puoi uscire da questo cesso che la puzza non mi fa pensare coerentemente? - Dico alleggerendo un po’ la situazione.
Lui accentua il broncio ma si alza ed esce andando in un altro angolo, non mi guarda, si attacca al contenitore dei tovaglioli che inizia a tormentare; per la fine della conversazione l’avrà rotto, ma lo lascio fare. Meglio quello che lo specchio e la sua mano. Guardo i punti che ha tolto da poco sul taglio che si era fatto quella volta con James.
Prende un tovagliolo e lo butta nel cestino anche se è intatto. Poi ne prende un altro e fa la stessa fine.
- Jacoby, non è una tragedia e so che hai paura, ma sei pronto. Perché non chiedi una seduta con il tuo terapista e ne parli con lui? - Si stringe nelle spalle mentre prende cinque tovaglioli in uno e li butta insieme, impallidisco ma non lo fermo.
- È presto, abbiamo fatto un paio di sedute, non so se può capire quanto sia difficile per me stare 3 mesi a Las Vegas... -
- Hai fatto un tour intero ed eri molto più instabile di ora... e di tentazioni ce n’erano ogni giorno... - gli faccio notare paziente incrociando le braccia al petto mentre mi appoggio ai lavandini e lo guardo toglierne dieci in blocco.
- Sì lo so, però questo è diverso. Là è un vai e vieni ed è stato un disastro emotivo. Qua sono 3 mesi, Jerry. TRE MESI! - Sottolinea le ultime parole guardandomi negli occhi allarmato e preoccupato. Io sospiro paziente mentre lui torna a svuotare i tovaglioli.
- Non sei solo, tutti noi sappiamo che sei in questo stato. Sai che a me non piacciono le feste. Capisco la paura, ma la ingigantisci. Vorrei che ti fidassi di me se ti dico che lo puoi fare. - dico piano. - tutti lo vogliono fare, è una grossa occasione lavorativa. - inghiotte a vuoto, annuisce ed infila tutta la mano nella fessura dove prima stavano le salviette e cerca di rompere tutto. A momenti ci riesce, ma ancora non lo fermo.
- Lo so ed è giusto farlo, ma ho un fottuto terrore di questa cosa. Quella città è l’incarnazione del male. Non c’è niente di dritto e di sano, niente! Las Vegas! Fanculo, è troppo per me! - Lo dice con un tono disperato, sull’orlo di piangere e quando si ritrova la mano incastrata che si sta per rompere. Lo fermo e gliela prendo, gli rilasso i muscoli e con calma gliela tolgo, poi la tengo fra le mie e lo guardo paziente, in attesa che lo faccia anche lui.
Jacoby dopo un po’ lo fa. Mi guarda con aria colpevole, si vergogna di questa presa di posizione.
- Sto scappando da qualcosa che devo affrontare. - Dice finalmente da solo. Annuisco dispiaciuto.
- È proprio così. Ma se te ne rendi conto significa che non sei messo male come sei convinto. - Sospira insofferente e scuote la testa, così io gli metto una mano sulla guancia per far sì che continui a guardarmi mentre l’altra tiene ancora la sua.
I nostri occhi si incontrano di nuovo, i suoi lucidi e liquidi. Sempre belli in ogni caso, io sorrido calmo e paziente.
- Prendila come una preziosa occasione per fare un altro passo in avanti. Potresti approfittare di quello che proverai in quella città per scrivere dei testi che ti faranno anche da terapia, no? - ha sempre funzionato bene o male lo scrivere in momenti atroci. Per lui questa è una bella botta emotiva. - So che ti chiediamo tanto, ma non lo farei mai se non fossi sicuro al cento percento che tu ce la puoi fare. - Jacoby chiude gli occhi e lascia indietro la testa sforzandosi di non piangere e non esplodere. Sa che cosa va fatto, è solo che ha paura di farlo.
Gli forzo un po’ la presa sulla guancia e appoggio la fronte sulla sua, gli occhi chiusi, questo contatto ulteriore lo rilassa.
- Affronta tutto e risorgi, ricordi? - Dico piano e dolcemente.
- Affronta tutto e risorgi. - Ripete come un mantra, senza respirare quasi.
- E poi guarda... a Las Vegas ci sono anche casinò e club di ogni tipo, sesso, droga, alcool e donne. Ma c’è anche il deserto. Si passa da un estremo all’altro, ma non significa che c’è solo l’inferno, c’è anche un confortevole nulla dove isolarsi e stare soli e lontani dal male. - quando lo dico apre gli occhi e si raddrizza, come se non ci avesse mai pensato. Ha l’illuminazione che speravo avesse e aprendo le braccia lo dice spontaneo, come uno schizofrenico.
- Face Everything and rise! - Ripete di nuovo. Annuisco senza capire.
Poi lo mima come un titolo scritto sul muro con gesti ampi, camminando per il bagno, l’aria di chi è da un’altra parte ed è partito in fase creativa.
- Affronta tutto e risorgi. Il titolo, il tema dell’album. Io e te nel deserto tutte le volte che ci serve per riprenderci. Un lavoro di introspezione. Mostrerò come si risale, come si guarisce, come si va avanti dopo che ho mostrato come si soffre, si sta male, ci si distrugge. - Quando lo dice il sorriso si dipinge sul mio volto ed è un sorriso maledettamente felice e orgoglioso. Se potessi fargli capire quanto sono fiero di lui. Ma non lo fermo e lo ascolto mentre parte a parlare e spiegare qual è la sua idea. Forse dopotutto ogni cosa avviene per un motivo, è proprio vero.
Fare un album del genere proprio là? Non c’era un posto ed un momento migliore.
Decisamente non c’era.
Lo studio è piuttosto grande ed ha un paio di camere annesse, una cucina, una zona relax, poi la zona lavoro che comprende una sala prove da cui si può anche registrare. Classico studio insomma.
L’incontro coi Churko è molto positivo, sono entusiasti di lavorare con noi, il ragazzo, Kane, comincia dicendo subito che ha alcune idee ma ovviamente prima vuole parlare e vedere quali erano le nostre.
Insomma, c’è molta voglia di lavorare tutti insieme,
Io sono un po’ teso per vedere come Jacoby si ambienta.
Di giorno sembra una città normale, ma la verità viene fuori di notte, qua a Las Vegas.
Sono sicuro che supererà la prova a pieni voti!
Ci spiegano che in questo periodo stanno registrando anche gli In This Moment, ma loro non dormono qua e sono nella fase finale del loro album, perciò li incontreremo in studio di registrazione, ma non ci daremo fastidio a vicenda.
La fase di elaborazione iniziale viene fatta sempre in giro per casa, non nella sala prove.
La prima parte consiste nel semplice trovare un riff su cui Jacoby può trarre ispirazione e partire con dei vocalizzi ed in seguito metterci le parole. Solitamente funzioniamo così io e lui, una cosa più semplice tranquilla e raccolta... per Tobin è diverso, è un fattore più esplosivo, diciamo.
Partendo da una base semplice lui ti mette insieme una serie di suoni che arricchiscono la canzone.
Jacoby è molto serio all’inizio quando ci sono i convenevoli, siamo qua per avere il primo incontro e parlare di quello che vogliamo tirare fuori, ma lui è ancora molto ritirato e non è da lui, così lo guardo e lo spalleggio leggero.
- Tu non dici niente? - Chiedo perché so che Kevin e Kane si aspettano lui più di tutti.
Lui a questo punto si sveglia e li guarda come se li conoscesse da secoli, ma non cordiale come è sempre. È sulla difensiva.
- Avete messo quello che ho chiesto? - Mi aggrotto senza sapere di cosa parla, deve aver parlato con loro a parte. Kane si anima e annuisce.
- Oh sì! Certo! Ecco... - Kane, un ragazzo piuttosto comune come tipo ma dall’aria sveglia ed entusiasta di questo lavoro di produttore col padre, si alza e torna poco dopo in salotto con una lavagna bianca portatile di 50 x 50 circa, la consegna a Jacoby con un pennarello adatto a scriverci sopra. Jacoby si illumina, finalmente, la prende, prende il pennarello e scrive qualcosa con movimenti decisi, poi si alza e mette la lavagna in un angolo in vista del salotto, sopra una libreria e la televisione. Tutti noi leggiamo cosa ha scritto con la sua scrittura sempre particolare:
‘FACE EVERYTHING AND RISE’
Sorrido quando la vedo.
- Il tema di questo album? - Chiede Tobin. Jacoby annuisce. - Non siamo mai partiti da un tema... - Fa presente.
- Lo so, ma questa volta è diverso, mi gira in testa questa frase da un po’ e tutte le volte che affronto ostacoli grossi me la ripeto e così riesco ad andare avanti. Voglio un album che percorra i lati più profondi dell’animo tormentato, però questa volta per risalire. Per mostrare come si fa a tornare a galla, perché alla fine si può. - E dicendo questo sottolinea le prime lettere della frase e scrive di nuovo sotto FEAR.
- Si affrontano le proprie paure per risalire. Penso che mi concentrerò su questo per i testi, se vi va bene. - Si ricorda di chiedere il parere degli altri. Ridacchio a questo mentre gli altri sono subito in armonia con questa idea molto positiva, specie perché non ne ha mai avute. Era sempre bisognoso di scrivere cose distruttive. Ora parte così positivo in un posto di cui ha il terrore. Ed è qua. Penso proprio che ci siamo. Stiamo per assistere alla nascita definitiva del nuovo Jacoby, so che sarà splendido!
Così mentre tutti danno il loro sostegno all’idea, compresi i Churko, io gli batto la mano sul ginocchio soddisfatto più che mai. Lui è radioso e brilla, finalmente, come fino ad ora non aveva fatto.
Da qui si può ricominciare.
Decidiamo di partire dai pezzi precedenti mai finiti e i Churko propongono più armonie, di solito armonizzavamo solo con la chitarra, ma propongono di aggiungere altri suoni e strumenti e così viene messa in gioco la tastiera, lo strumento di Tobin. Che poi tutti sono gli strumenti di Tobin.
Si lavora principalmente alla prima fase.
I Churko all’inizio non sono sempre con noi anche perché poi loro ci indirizzano più sul lavoro completo che nella fase embrionale.
Io con la chitarra in mano, Tobin davanti alla tastiera ed al computer, Tony con le bacchette per dare un po’ il tempo e Jacoby sul divano con il quaderno in mano per scrivere, canticchia raccolto in sé stesso con la mano sulla faccia, concentrato.
Si parte, diciamo, ma c’è qualcosa che impedisce di decollare, è come una sorta di blocco ma non nostro, il blocco è di Jacoby. Di solito è lui quello che fa fare click alle canzoni. Parte vocalizzando e nei vocalizzi ci infila qualche parola, la sua voce è lo strumento finale decisivo che dà senso effettivo ai suoni miei e di Tobin.
Tobin prende anche l’altra chitarra, ad un certo punto, e vicino si tiene il basso. È un insieme di strumenti e come sempre fatica a stare fermo e tranquillo quando si crea. Ci fa sempre ridere, ma vedo Jacoby insofferente e sospira troppo spesso. Mi sembrava più convinto del tema, ma evidentemente non è poi così facile.
Mi siedo vicino a lui con la chitarra lasciando Tobin a lavorare sull’aggiunta di qualche suono più armonico sui pezzi vecchi incompleti che non hanno mai trovato una definitiva caratura.
- Allora? - Al momento Tony è in cucina a cercare qualcosa da mangiare, probabilmente tornerà con qualche spuntino con cui ingozzarsi.
È da un paio d’ore che siamo qua, ma lui non fa click, continua a stare chiuso e fermo davanti a quel quaderno e a non partire sui nostri suoni come fa di solito.
Lui si stringe infantile nelle spalle, ha questo modo di fare ogni tanto che lo rende un grande orsacchiotto. Sorrido e gli stringo il ginocchio per poi appoggiarmi dietro con la schiena, la chitarra sul mio stomaco, suono pigramente e distratto qualche riff a cui stiamo lavorando con Tobin, Jacoby guarda il foglio bianco del suo blocco.
- Non ti piacciono? - Chiedo sapendo che non è questo il problema. Lui si sveglia e mi guarda realizzando per la prima volta che è lui ad avere un problema.
- Come? No! Non sono i riff ed i vostri suoni! Le armonie con la tastiera sono davvero fantastiche, funzionano molto bene! Tobin è come sempre bravissimo. - Dice per essere convincente, scruto a fondo il suo bel visetto che tenta di minimizzare il suo problema.
- E allora cosa ti blocca? Ci manca il nostro strumento preferito... - Dico io sorridendo accennato. Lui fa altrettanto e si stringe nelle spalle lasciandosi andare all’indietro sullo schienale. Sospira ed alza la testa.
- Eh, non so... c’è... boh, è più qualcosa di interiore, non esteriore o fisico. Non saprei. Forse l’idea di questa città che odio, non so, qualcosa mi distrae e... - Gli occhi vagano all’esterno quando parla di città, dalla finestra di questo ultimo piano si vede un pezzo di città al tramonto che inizia ad animarsi di una vita oscura e pericolosa. Stringo le labbra dispiaciuto, capendo cosa gli succede, avevo messo in conto potesse avere delle difficoltà, ma non come aiutarlo a superarle.
Sospiro ed in questo arriva Tony tuonando furioso che ha fame e non c’è niente da mangiare!
- Questo posto è uno studio con dei letti, non è attrezzato per viverci! Ed io ho fame! - Batte il piede per terra e tutti lo guardiamo come se fosse matto, poi Tobin alza le spalle e allarga le braccia in segno ovvio:
- Andiamo a mangiare fuori? - E così la giostra comincia. Anzi, roulette russa direi.
Io e Jacoby ci guardiamo perplessi, sospiriamo e rassegnati annuiamo.
- E cena sia! - Del resto che senso ha rimanere chiusi qui dentro per tanto tempo? Comunque lui è bloccato, magari distrarsi gli fa bene. Insomma, è solo il primo giorno, serve pazienza.