132. NON VOLTARMI LE SPALLE

jacoby jerry

Scuoto la testa, lo devo rincorrere e fare subito pace o lo lascio stare e ci riprovo domani mattina? 
Starà fuori tutta la notte con Antony e magari se lo scopa. 
L’ideale è lasciarlo cuocere nel suo brodo e che capisca che non può fare tutto quel cazzo che vuole solo perché lui è delicato, no ci sono cose che non può fare, che deve sforzarsi!
A volte mi prosciuga, è come nuotare controcorrente, mi sfinisce. Perché non si può autogestire? Ha 37 anni! 
Mi lascio cadere stanco nel divano mentre Tony mi chiede perplesso cosa sia successo, poco dopo entra Tobin dicendo che Kevin e il loro collaboratore ci salutano ma che sono scappati. Vede l’aria di tempesta, più che altro uno strano silenzio considerando che dovrebbero esserci le urla di Jacoby e Kane e anche lui si preoccupa nel vedermi così da solo seduto nel divano, probabilmente l’aria gelida. 
- Cosa diavolo avevano proprio in quel momento? Sono bambini davvero?! - Anche Tobin è esasperato e a me in questo mi parte la vena, come se premesse da troppo tempo per essere ancora schiacciata e messa a tacere. 
- È Kane che lo stuzzica di proposito perché vuole vedere fin dove è capace di arrivare Jacoby! È incuriosito da lui e gli tira fuori tutto il suo peggio! Come staresti tu se uno ti rompesse i coglioni tutto il tempo? - Tobin rimane sorpreso del mio scoppio, che comunque avviene sibilando a denti stretti, le mani mi tremano così le tengo serrate sul cuscino ai lati del mio sedere. 
- È il nostro produttore però... - Sottolinea semplice l’ovvio... 
- E sta giocando col fuoco... sappiamo tutti che Jacoby non è mai stato emotivamente stabile, il fatto che ora sia sobrio e non abbia più crolli nevrotici non significa che possono fare quel che vogliono con lui! - Tobin si siede vicino a me; dall’altra parte, nella poltrona, Tony osserva perplesso. 
- Lo so ma siamo adulti e professionisti, non possiamo lasciarci prendere dai nervi! - Sospiro e mi strofino stanco ed esausto il viso. 
- Lo so. Lo so. Infatti gliel’ho detto. Che non può mandare tutto a puttane per i suoi umori e che deve trovare il modo di andare d’accordo e portare rispetto a Kane perché è il nostro produttore! - 
- Mi sembra ridicolo parlare con Kevin e chiedergli di mettere il guinzaglio al figlio... - Aggiunge Tobin grattandosi la nuca, mi vede stanco ma insiste sulla questione. 
- Beh, forse dovrebbe rivalutare la loro collaborazione perché Jacoby magari non è professionale al di là di un microfono o del fare i testi, cose sulle quali nessuno può dirgli nulla, però non mi pare che Kane invece lo sia! - 
Silenzio, lo sguardo di Tobin e Tony corrono insieme oltre me e capisco che deve esserci proprio Kane di cui mi ero dimenticato. 
Il ragazzo posa un vassoio di cibarie varie sul tavolo e mi osserva livido. 
- Ho pensato che avevate fame e nessuna voglia di cucinare... io vado, ci vediamo domani... - Kane si mette poi la giacca mentre io sospiro di nuovo esasperato e stanco. Non ci posso credere. 
Ma perché mi devo ritrovare io in mezzo a queste stronzate? 
- Senti... Kane... - ma non so nemmeno cosa dirgli, lui non si ferma e va via. Io impreco, alzo gli occhi al cielo e senza che Tobin dica nulla, comunque non avrebbe detto nulla, mi alzo e lo raggiungo fuori dall’appartamento, nel piano che è riservato ai Churko fra appartamento e studio. 
Davanti all’ascensore lo fermo e mi metto davanti. 
- Ascolta, mi dispiace che hai sentito ma è vero. Te lo dico da quando siamo qua, giochi col fuoco e la cosa non mi piace perché hai il coltello dalla parte del manico. Ma quello che ho detto a Jacoby lo dico a te, dovrebbe farlo tuo padre ma non sono quello che mette nei guai una persona gratuitamente. Mi pare di capire che il rapporto che hai con lui sia molto delicato. Perciò lo dico direttamente a te, come ho fatto con Jacoby. Siete adulti e professionisti. Dovete esserlo entrambi. Lui ti deve portare rispetto, ma tu lo devi meritare. Non importa che sei il nostro produttore, hai delle responsabilità, forse più di noi. Non puoi giocare col fuoco e pretendere di non scottarti. Jacoby ci mette tutti nei guai litigando con te, però sei tu che vuoi arrivare a questo e lo sappiamo entrambi. Mi... mi dispiace perché lavori bene, hai una testa incredibile quando si parla di musica, ma... - Tossisco e guardo in alto sperando di trovare il finale giusto. - Ma non si può fare così! Non basta se tiri scemi tutti gli altri e se lo fai di proposito perché ti incuriosiscono è anche peggio! Non importa cosa è o cosa non è Jacoby. È un cantante, un autore, un eccezionale professionista. È la sola cosa che ti deve importare. Io spero di ricevere collaborazione, te lo chiedo per favore. - 
Kane non dice una parola, stringe le labbra teso ed impettito ed alla fine lo lascio salire sull’ascensore, evita il mio sguardo sentendosi probabilmente un moccioso.
Io non mi sento di certo a posto, ma non ci posso fare nulla. Non ho una bacchetta magica e detesto trovarmi in mezzo a stronzate simili.
Quando rientro spiego come è andata, gli altri mangiano, io non tocco cibo. 
Mi metto a letto e sistemo le foto che ho fatto, le trasferisco al portatile e le guardo. 
Molte sono di Jacoby, mie e sue insieme. Sorrido vedendo alcune, le ingrandisco, mi ci fisso e il fastidio sale. 
Volevo aspettare che tornasse, ma non torna e non so quanto sarò in grado di aspettare che tornino.
L’idea che siano insieme mi irrita nel profondo.
So che non ci andrebbe mai, che non è il vecchio Jacoby... ma un lato di me è geloso marcio in questo momento.
Sto per esplodere, non andrò da nessuna parte in questo modo.
Lascio la foto su lui che mi bacia sulla guancia dolcemente ed imprecando mi infilo le scarpe, la giacca ed esco scrivendo ad Antony dove sono. 
Il tempo è scaduto, se ha imparato la lezione bene, altrimenti è uguale. Non mi merito questo! 

Guardo l’ora, è da quasi due ore che quelli sono in giro. La sera ormai è inoltrata ed io li voglio uccidere. La gelosia mi divora e lucidamente so di cosa si tratta, ma non sono costretto a sopportarlo.
Se ne è andato perché non mi sono schierato dalla sua parte quando lo sono sempre, SEMPRE!
Se si facesse delle domande invece di saltare su come una molla senza cervello, mi farebbe un favore.
Antony per fortuna mi risponde subito e mi dice il nome del locale in cui sono.
Quello che odia Las Vegas è in giro per locali. Fanculo. 
Giuro che se ha fatto qualche sciocchezza... giuro che questa volta lo picchio seriamente!
Non si libererà di me in nessun modo, non esiste, ma non per questo può avere quello che vuole quando vuole!
Quando trovo il locale usando google maps nelle indicazioni a piedi, entro infreddolito ma avendo camminato veloce per la rabbia che mi fa ancora tremare, non sento tutto l’intorpidimento che dovrei. 
Entro, li individuo, sono in un tavolo in fondo, piuttosto appartato, all’interno di un divisore che li copre quasi del tutto se non fosse che i miei occhi sono fatti per trovarlo in ogni situazione. 
Quando li vedo mi avvicino a passo di carica, non penso che Antony mi abbia nemmeno mai visto in queste condizioni, a parte il tremare di rabbia devo avere un viso indurito e cupo come poche volte. Di solito sono neutro, totalmente neutro. 
Lui si alza subito senza che glielo chieda, gli faccio un cenno e ricambia, onestamente non so dove vada. Se rimane nei paraggi, se va via o cosa... ma non me ne frega proprio un cazzo. 
Jacoby solleva gli occhi senza capire, è di schiena rispetto a me e non sa perché Antony se ne è andato, ma appena esce, mi infilo io e mi siedo al suo posto. 
Rimango vestito, le mani sul tavolo sono viola perché non ho messo i guanti, spingo fino ad imbiancare le falangi, così ho le mani bianche e viola ora. 
Jacoby le guarda, poi guarda me dritto e rigido, sorpreso. Di certo non si aspettava questo. Forse sono anche trafelato perché non mi sono messo una cuffia ed ho quasi corso dalla rabbia. Ed ora si vede che sono furibondo. 
Calma Jerry, respira e parla con calma, sei in un posto pubblico, non puoi gridargli e poi non è nel tuo stile, tu odi gridare. 
- Giuro che se non cresci Jacoby ti rispedisco in prima elementare, magari lì dalla A alla Z capisci come si sta fra gli altri! - Questo inizio ironico ma serio non è male, lui mi guarda sorpreso e trattiene il fiato. In un momento tutto si sospende, non so come reagirà. Bene? Male? Esagererà come sempre? In ogni caso non mollerò, non mollerò mai. Punto. 
Jacoby si irrigidisce, penso che faremo una scenata da panico, ma poi noto che sul tavolo ci sono molti piatti di cibarie varie ed acqua. 
Si è buttato sul cibo, quando è nervoso mangia, ma non ha bevuto nulla. Antony almeno è servito a qualcosa, poi a proposito di lui riattacco visto che il signorino non sembra intenzionato a parlare, vuole fare il voto di silenzio proprio ora? Ma bravo! 
Parli sempre e quando devi farlo non lo fai! Complimenti!
- Gli hai detto di noi? - Lui si corruga e si inalbera sbattendo le mani, fortuna che ci sono i divisori ad isolarci altrimenti avremmo gli occhi di tutti addosso. 
- Per chi cazzo mi prendi? - 
- Abbassa la voce! - Lui sospira insofferente e guarda in alto. 
- Devo sempre stare a qualche regola, vero? Sempre qualcosa da fare, da ricordare, da considerare! Non c’è mai un momento in cui posso essere me stesso, anche quando siamo insieme c’è Antony che non deve sapere, oppure devo chinare la testa e farmi prendere per il culo da Kane perché è il nostro produttore e poi a casa devo ricordarmi di essere il marito convincente anche quando sono padre e poi davanti a chiunque altro sono un cantante che è un marito ed un padre e sono un ex tossico scoppiato che incuriosisce tutti quelli che incontro, come un fenomeno da baraccone! - 
Centra il punto solo nell’ultimo momento e mi rendo conto di come si deve sentire lui ogni volta che lo stuzzicano per vedere com’è ora, se il vecchio Jacoby c’è ancora, fino a che punto si può spingere adesso...
- Mi dispiace che ti senti un fenomeno da baraccone, spero però che quando siamo io e te soli tu ti senta bene, era questo il senso della nostra relazione. Stare bene insieme. - 
Lui si strofina stressato il viso con le mani ed appoggia la fronte sul tavolo davanti alle mie mani, i piatti in parte. 
Teatrale come sempre. 
- Quando, la notte? Ora ci prendiamo del tempo per andare insieme nel deserto perché piace solo a noi. Poi di giorno ho solo regole da ricordare! - Mi stringo nelle spalle non sapendo come aiutarlo, come siamo finiti con lui che accusa ed io che cerco di mitigare? 
- Diciamolo ad Antony, no? Così non devi ricordarti di lui e sei più rilassato... - è una concessione che non farei facilmente, anzi. Ma in un caso come questo dove deve effettivamente tenere in considerazioni mille cose, è il caso che molli io qualcosa. Non posso sempre risolvere tutto portandolo nel deserto!
- Davvero glielo vuoi dire? - Io rido istintivo.
- No, ma so che tu poi staresti meglio! È vero che hai sempre paletti ogni secondo della tua giornata. Hai ragione. Solo che alcuni paletti sono inamovibili, mentre altri li possiamo gestire insieme. Vuoi dirglielo? Credo ti farebbe sentire meglio! - sospira ed invece di rifiutare perché io in realtà non vorrei, accetta. 
- Allora glielo diremo. Io divento matto quando sono circondato da gente che non sa niente e devo recitare costantemente delle parti e non me ne fotte un cazzo di far sapere a tutti di noi, non è questo, non siamo una coppia appiccicosa sempre a baciarci! Quello che mi irrita è dover comportarmi come uno che ama sua moglie e che considera il suo vero amore solo un amico. Voglio poter essere libero di dire o fare quel che voglio se lo desidero, non importa che magari poi non farò o dirò mai niente. È... è il fottuto pensiero di dover controllare sempre tutto di me in ogni fottuto istante, è quello che mi divora! Non posso! E poi quel coglione io... perché la gente mi vede e pensa ‘chissà se è davvero guarito? Mica si guarisce dalla follia!’ Ma andate tutti a cagare! Ti prego, non voltarmi più le spalle Je! Ho solo te davvero dalla mia! Non posso pretendere che Tobin o Tony si schierino dalla mia parte, è giusto che pensino al bene della band altrimenti saremmo andati a puttane da secoli. Però ti prego, ti prego... tu... tu sei il mio porto sicuro! - E così conclude piangendo. 
Questo è lui.
Un monologo di 90 secondi pieno di rabbia, disperazione, speranza e lacrime. Ha fatto tutto in un minuto e mezzo. Ed io, anche se lo conosco bene, rimango basito ogni volta.