*Scusate la lunga assenza, ma ho avuto delle settimane impegnative, finalmente ora sono 'libera' da tutto e ho ritrovato il mio tempo! Abbiamo lasciato Jacoby e Jerry in un momento cruciale, perché Kelly, che era strana da un po', ha scoperto che stanno insieme. Adesso è ora di affrontarla a viso aperto scoprendo le carte, ma come reagirà lei? Sarà la fine definitiva oppure ne usciranno? L'ennesimo ostacolo da affrontare. Mancano 4 capitoli alla fine. Per sapere quando pubblico e se ci sono problemi di vario genere (tipo rallentamenti di pubblicazione) seguite la mia pagina su FB: https://www.facebook.com/akanethefirst Buona lettura. Baci Akane*
140. SFIORANDO UNA BOMBA
"Il tempo è recuperato, mi dai fiato sul collo
Adesso mi ricordo delle cose che ho fatto
Le cose che ho fatto
Avevo una relazione, un cambio di vista
Siamo rimasti bloccati, ma non potevamo farcela
Non potevamo farcela
E non posso soltanto lasciar girare il disco rotto
Ancora e ancora e ancora e ancora
Non posso fuggire da ciò che ero
Ma troverò un modo per fare ammenda
Non sono la stessa persona che ero allora
Adesso non posso fuggire da ciò che ero
Mi arrendo
Queste ali rotte hanno volato anche troppo
Non posso fuggire da questo cuore sanguinante
Questo cuore sanguinante
Affronterò lo specchio, mi prenderò la colpa
Per ogni volta che ti ho causato dolore
Ti ho causato dolore"
E se mi lasciasse? Se Jacoby mi lasciasse perché sono le condizioni di Kelly per non dire niente a nessuno e rimanere insieme?
Jacoby sta facendo quello che voglio fare io. Proteggere i nostri figli a qualunque costo.
A Jessica potrei spiegarlo un giorno e farle capire tutto, forse ci riuscirebbe, comprenderebbe. Le piccole no e non voglio che ci provino nemmeno. Non è giusto che delle adolescenti sopportino una cosa simile.
Penso a questo mentre i minuti che ci separano dal concerto di stasera scorrono inesorabili, mentre so che nella stanza accanto Jacoby e Kelly stanno parlando e lui sta affrontando da solo qualcosa di praticamente impossibile.
La vuole risolvere lui perché pensa che sia colpa sua, che sia una cosa da cui è scappato da sempre ed ora la deve affrontare lui e basta.
Ma come la può risolvere?
Stiamo proteggendo le nostre famiglie, come le possiamo proteggere senza scendere a compromessi noi due?
Come pretendo che vada tutto bene se non voglio che mi lasci comunque?
Non voglio fare a meno di lui, non posso.
Improvvisamente mi sveglio dal torpore in cui sono stato per tutto il tempo e realizzo cosa significa la soluzione.
Posso permettere che la serenità delle mie figlie e dei suoi venga prima del nostro amore? Posso sopportare che per proteggere loro sotterriamo noi?
Chiudo gli occhi, respiro a fondo e li riapro.
Non dureremo un mese così.
Un conto è come è successo molte volte, lasciarci per problemi nostri. Quando è capitato una volta si è quasi ucciso.
Però era una situazione diversa, volevamo stare insieme, solo che non potevamo perché stavamo male, avevamo problemi.
Un altro è decidere di comune accordo di non stare più insieme per il bene degli altri. Non sarò mai in grado di vederlo per lavoro, suonare per lui, comporre per lui, andare in tour con lui. Amarlo e non sfiorarlo.
Non posso non amarlo e lui non può non amare me, ci abbiamo provato tante volte. Non è possibile. E non voglio, cazzo. Non voglio.
Non è meno importante delle mie figlie. Non è meno importante della mia serenità personale.
Come posso pretendere che lo sistemi da solo? E se sceglie proprio quella strada?
Mi alzo di scatto, Jessica salta su spaventata ed io borbotto che mi sono ricordato di una cosa importante che devo fare assolutamente prima del concerto, lei prova a chiedere di cosa si tratta ma io chiudo la porta e sparisco per poi andare a tartassare la porta accanto, quella di Jacoby. Cerco di non fare casino perché altrimenti Jessica sente.
Busso ripetutamente fino a che mi apre e per fortuna, perché la sua faccia è tutta un programma.
Jacoby è stralunato ed ha l’aria di chi sta per avere un esaurimento.
- Non era giusto l’affrontassi da solo, non hai fatto tutto solo tu, eravamo in due e affrontiamo questo in due! - dico deciso con un tono concitato di chi non ammette repliche.
Jacoby un po’ è colpito da questo e battendo le palpebre si riprende, sospira e scuote la testa facendomi entrare.
- Siamo ad un punto morto. Le ho spiegato tutto dal principio con cura e lei poi non ha più detto nulla.
Questo è anche peggio di quel che immaginavo.
Pensavo gli avesse imposto di lasciarmi in cambio del suo silenzio, ma questo è peggio.
Kelly se ne sta in piedi davanti alla porta finestra a fissare fuori, il tramonto è nel suo vivo e ormai sarà ora di avviarci, mi chiedo come suoneremo stasera. Guardo Jacoby che è perplesso e fa un no con la testa di chi è sconsolato.
Così gli prendo la mano e non so come ne usciremo, né se ne usciremo. Ma abbiamo fatto tutto questo insieme.
- Mi dispiace Kelly, penso che non è solo lui a doversi scusare. - dico piano e calmo rimanendo in piedi dietro di lei.
La stanza sembra piccola e soffocante, improvvisamente. Lei non si gira, rimane con le mani in tasca e finalmente parla. Parla a me.
- Adesso tornano tante cose. Sto rivivendo tutto a ritroso e sto capendo quel che non mi tornava... - spiega lei piatta e fredda. Non è proprio shoccata. Non so spiegarlo bene.
- Pensavo che semplicemente non mi amasse più, sono arrivata spesso a chiedermi se mi abbia mai amato e non l’ho mai capito. Ed ecco la risposta che cercavo. - dice ancora.
- No, mi ha sempre usata per coprire i suoi istinti reali e poi la relazione con te e poi... per poter rimanere coi figli, incidenti di percorso... mi ha usata in tutti i modi possibili... ed ora... - ride amara e si gira a guardare me, ignorando Jacoby: - Ora torna tutto! Ora tutto quadra, tutto ha senso! È perfettamente plausibile e credibile.
È una reazione un po’ strana in effetti. Suppongo non ce ne siano di normali.
I suoi occhi sono quelli di un’estranea ed evita accuratamente Jacoby, si concentra sui miei.
- Abbiamo sbagliato entrambi moltissime volte e dopo aver cercato di rimediare molte volte, siamo sempre finiti qua. Così. Insieme.
Non so se sto cercando di giustificarmi o scusarmi, anche se l’ho già fatto. Ma non capisco cosa voglia lei.
- E tu? - chiede a Jacoby finalmente, si gira completamente verso di noi, muove un passo in avanti, i suoi vestiti da moglie alternativa, il viso truccato, lei bella e perfetta, le braccia conserte, l’aria dura da sfida.
- Io? - chiede Jacoby.
- Voglio che mi dici che non mi hai mai amata e mi hai sempre e solo usato per i tuoi comodi che cambiavano a seconda del periodo, ma io non c’entravo mai con te! Voglio che dici che mi hai sposato per egoismo, per avere il porto sicuro da cui tornare, la parte di normalità che hai sempre cercato e che pensavi di avere sposando una donna normale che ti amasse.
Ha centrato tutto molto bene, lo conosce bene ed ora anche meglio di prima.
È il minimo che gli possa chiedere. Lui prende respiro, in piedi vicino a me, ed abbassa gli occhi. Poi li rialza e parla piano e fermo.
- È così, ti ho sposato per egoismo, ero fuori di me e cercavo di essere normale, cercavo la normalità e la stabilità ed ero convinto che bastasse sposare una donna normale, come fanno tutti, che mi amasse anche al posto mio. Perché io non ero capace di amarmi e cercavo qualcuno che lo facesse. Mi facevi sentire normale.
- Ma non era abbastanza, perché non potevi amare né me né te. - silenzio.
Come ci prende bene sulle cose. Jacoby fa un passo avanti ed annuisce, come se mi dovesse coprire di nuovo. Kelly non mi sparerà anche se forse è giusto.
- Chiariamo un concetto. - dice poi lei spostandosi per guardare anche me. Io non abbasso lo sguardo, il suo tono si indurisce.
- Non ce l’ho con te. Di solito le mogli ce l’hanno con le amanti, la trovo una cosa stupida. Tu ti sei innamorato di lui, hai fatto quello che sentivi giusto per te. Io avrei fatto la stessa cosa, tutti fanno così. Cercano di ottenere quello che vogliono. La questione con tua moglie e le tue figlie te la vedi tu, immagino non contempli l’idea di dirle tutto, ma non spetta a me imporre nulla, non sono nessuno, la vita è vostra, ne ho abbastanza con la mia.
Con questo chiude qualcosa che mi angosciava. Poi torna a Jacoby.
- E non ce l’ho nemmeno col fatto che ti sei innamorato di lui. A questo mondo hai amato solo una persona al di là dei figli e se non fossero venuti al mondo mi avresti lasciata chissà quanto tempo fa, vero? Quella persona non sono mai stata io, ma lui. Ora l’ho capito, ora lo so, ora tutto ha senso. - prosegue gesticolando, ma non nervosa, ma come se raccontasse una storia, anzi come se la recitasse a teatro, davanti ad un pubblico. Eppure al tempo stesso la sta capendo. La spiega per comprenderla ancora meglio, perché è di questo che ha bisogno.
- Che hai lottato non per noi, ma per Mak, Jag e Brix. Mai cercati e voluti, sempre capitati. Errori di percorso, no? Però sono arrivati e come non amarli? Come non fare tutto per loro? Io farei la stessa cosa, io farò la stessa cosa. Li proteggerò in tutti i modi e non voglio privarli di una padre che ora è in gamba ed ha vinto i suoi demoni e che li adora e loro lo adorano. Perché così non li proteggerei.
Fa ancora un po’ di silenzio suggestivo. Ci sono dei ma, dei ma belli grossi. Jacoby non fiata, non si muove, è come se il mondo intero si fosse sospeso.
- Ma io non sono solo una madre, sono anche una donna. Non sono mai stata moglie, forse. Ho lottato contro i mulini a vento per avere un amore che pensavo d’avere avuto una volta, ma che invece non ho mai avuto. Non posso avere qualcosa che non mi appartiene.
In qualche modo mi si stringe il cuore e mi dispiace davvero per lei. Ho sempre saputo perfettamente ciò che le facevamo, ma non mi sono mai soffermato a vederla dal suo punto di vista come ora. Mi rendo conto di cosa le abbiamo realmente fatto solo adesso e mi sento la persona peggiore del mondo.
- Ma sono una donna e tu hai sposato questa donna. Farò di tutto per tenere la famiglia unita e per rendere felici i nostri figli, proprio come te. Però sono la moglie di Jacoby Shaddix dei Papa Roach e non intendo rinunciare a questo ruolo e non voglio esserlo solo sulla carta. Voglio esserlo sul serio a tutti gli effetti. Voglio tutti i privilegi nell’essere la moglie di una rockstar, voglio essere adorata ed invidiata da tutti, voglio che si sappia che sono la sola e l’unica, che nessuno è come me. Voglio essere una regina, la tua regina. E non mi importa niente con chi andrai a letto o chi mi porterò a letto io. Tu sei mio marito, io tua moglie. È questo che voglio continuare ad essere per tutto il mondo e tutte le volte che serve e che voglio.
Quando spara la bomba non riesco a capire che portata abbia avuto né se abbia fatto danni.
Mi fermo e la guardo, nessuno fiata per un bel po’, poi Jacoby reagisce per primo ed annuisce. Forse pensa che sia andata meglio di quel che pensava ed in un certo senso è vero. Pensavo peggio anche io, molto peggio. Eppure sento che non è facile come sembra.
- Mi sembra il minimo. - annuisce comprensivo, il suo tono basso e roco mi fa rabbrividire. Kelly annuisce a sua volta in una stipula solenne di un contratto che avrà conseguenze nel tempo. Me lo sento.
Ma non possiamo tirare oltre la corda.
- Ti ringrazio. - aggiungo.
Lei mi lancia uno sguardo freddo, poi come se chiudesse per sempre con me, dice: - Abbine cura.
Come ho sempre fatto da quando lo conosco e come sempre farò. È vivo per merito mio, non tuo. Questo vorrei puntualizzarlo, ma alla fine a cosa serve? Forse i miei occhi parlano comunque, per una volta. Lei non mi dice altro, si volta e ci dà le spalle.
- Io stasera non verrò al concerto e al dopo concerto. Ci vediamo domani mattina.
Lui fa un passo istintivo ma non sa cosa fare così si ferma, io gli sfioro il braccio e gli indico con il capo di venire. Lui scrolla le spalle, sospira rattristato e stranito e poi mi segue fuori dopo aver preso il necessario.
La vita è strana, passi i giorni ad aver paura di qualcosa che si verifica improvvisamente e poi non sai, quando passa, come è andata.
Solo il tempo dirà se la tempesta è stata indolore o se ha fatto quei disastri alla struttura che avranno gravi conseguenze un giorno.
Per ora si può solo andare avanti cautamente.
Storditi, io e Jacoby ce ne andiamo e non diciamo mezza parola per almeno venti minuti abbondanti, poi quando torniamo a parlare è perché gli altri sono con noi e mettiamo tutto da parte.
Il fatto è che nessuno di noi sa cosa pensare e cosa dire, perciò non diciamo e non pensiamo a nulla.
- Abbiamo sfiorato un proiettile? - dice dopo un po’ mentre ci stiamo preparando per andare in scena, siamo nei nostri camerini, io e lui seduti nel divano mentre gli altri entrano ed escono di continuo o si fanno i fatti propri.
Ci stiamo allacciando le scarpe e siamo chini in avanti.
- Abbiamo sfiorato una bomba! - rispondo io precisando. Ci guardiamo ed aspettiamo prima di alzarci per sistemarci i capelli.
Le mani giunte, i gomiti sulle ginocchia, tutt’intorno un piacevole caos che ci isola in un certo senso.
- Non avrei mai pensato di vivere una cosa simile. Cioè, quando hai una relazione del genere metti in conto che può venire fuori... infatti era la mia paura più grande... - continuo poi io stringendomi nelle spalle perso. - Però non pensavo che sarebbe andata così. Anzi sai cosa?
- Non capisco COME CAZZO è andata in realtà... - specifica lui al mio posto. Così annuisco e lui si alza andando allo specchio, comincia a conciarsi la faccia ed i capelli ed in questo sta un sacco, io mi metto dietro di lui e mi pettino i capelli con un po’ di acqua in modo che stiano in dietro, tanto poi appena inizio andranno come vogliono, mi agito molto quando suono.
- È questo il punto. Sembra sia andata bene, troppo bene. Non capisco...
- Mi aspettavo una sceneggiata, dopotutto con lei ho sempre fatto litigate da paura... - rincara lui completando un occhio e passando all’altro con l’eyeliner.
- O l’aveva già scoperto da tempo e quindi ponderava la soluzione da un po’ e questa è la spiegazione a come ha reagito apparentemente bene... - azzardo io mettendo giù il pettine che uso con Jacoby. Lui mi guarda dallo specchio finendo l’altro occhio ed annuisce.
- Non mi stupisce nemmeno questo...
Ripenso a ieri sera e la sensazione avuta quando siamo usciti dal bagno di servizio o qualunque cosa fosse. Che qualcuno se ne fosse andato in fretta.
- Forse ci spiava e lo sapeva da un po’, aspettava che ci facessimo avanti oppure ha solo fatto finta di scoprirlo ora, in realtà si è fatta avanti quando era pronta ed aveva trovato la sua soluzione ideale.
- Spiegherebbe perché è diversa e strana da un po’... è più... materialista, no? Si è rifatta, quando siamo in pubblico è appiccicosa e nel privato mi ignora...
Pieghiamo la testa nello stesso modo riflettendo seriamente sulla cosa, poi sempre insieme sospiriamo, lui sta come sempre il doppio per i suoi capelli, io lo guardo dallo specchio concentrato e distratto contemporaneamente.
- Se deve esplodere un’altra bomba saremo più preparati. - dico poi cercando di essere più ottimista.
- Stai attento a Jessica, ha detto che non dirà nulla, ma è irriconoscibile.
Non lo dico, perché forse è eccessivo, ma mi passa un pensiero per la testa che non mi piace per nulla, gli occhi si oscurano immediati.
Potrebbe tenersi la carta Jessica per ricattarci un domani. O potrebbe avere qualche prova su di noi per ricattarci con tutto il mondo, non solo con Jessica...
Mi incanto su questi pensieri terribili e distruttivi, non sono mai stato così negativo, ma ora passo da una fase all’altra. Jacoby mi nota e mettendo giù tutto il necessario per imbrattarsi faccia e capelli, si lava le mani e si appoggia a me di schiena sul mio petto ammirandoci insieme allo specchio; dalla superficie i nostri occhi si osservano e lui fa un sorrisino dolce cercando di essere quello forte fra noi e forse lo è.
Forse quello che sta passando ora confronto a quel che ha passato prima non è nulla, per lui è una passeggiata, ora. Del resto ha combattuto contro la voglia di morire per anni ed anni. Queste cose per lui SONO sciocchezze. Vedendola così mi rilasso e gli metto le mani sui fianchi consapevole che dopo il disastro di oggi se ne può aggiungere un altro, ma al diavolo, non si può vivere sempre sottoterra, no? Dopo oggi, comincio a pensarlo.
Jacoby me lo sta dimostrando. Cerchi di far andare le cose come vuoi, ma se non ci riesci non puoi distruggerti. Accetti e vai avanti. Basta sconvolgersi la vita per gli altri.
Che sia quello che sia, forse una cosa deve andare comunque in un certo modo.
- Non avere paura, ti proteggo io! - sorrido. È più o meno il pensiero che ho da una vita per lui. Come cambiano le cose, la vita, le persone.
Appoggio la testa alla sua in questo breve gesto d’affetto che mi concedo con la porta del camerino semiaperta, poi ci sciogliamo e facciamo un sì deciso con la testa.
- Abbiamo superato un sacco di cose, supereremo tutto il resto. Ormai non abbiamo mica scelta!
Lui ridacchia, annuisce e poi si mette a saltare e gridare vocalizzando. La sua voce potente che fa le scale musicali in quei suoi modi buffi che gli ha insegnato il vocal coach, mi rilassa definitivamente. Alzo le mani e me le guardo.
Non tremano.