*La vita riprende dopo il grande shock di Dave che però fa riflettere Jerry che si era un po' adagiato fingendo anche lui di non vedere gli enormi problemi di Jacoby, solo per paura di precipitare di nuovo. Così lentamente a piccoli passi tira fuori la testa dalla sabbia e ci prova anche lui sempre meglio. La strada è comunque lunga, ma il minimo è tentare. Tentare sempre più. Sempre meglio. Che Jacoby aveva da piccolo il disturbo dell'attenzione (ADD) è vero, ce lo ha rivelato lui nelle interviste, però io sostengo che ce l'abbia ancora perché se vedete le sue interviste o i video con lui di momenti vari, vedete che è un continuo distrarsi e aprire parentesi e perdersi. Buona lettura. Baci Akane* 

53. PROVANDOCI A PICCOLI PASSI

jacoby jerry

"Quando è il momento di riempire il vuoto,
la mia vita intera è stata distrutta e
Chiunque intorno a me dirà
che il mio tempo sta per scadere
Mi rifiuto di arrendermi, mi rifiuto di arrendermi"

TIME IS RUNNING OUT

Non so se organizzarmi per vederlo anche in questo periodo a casa oppure lasciar perdere. Di solito ci separiamo un po’, perché per lui poi è troppo difficile sovrapporre le sue due vite, però è in un momento così delicato.
Poi mi fermo e realizzo.
Lui è da sempre in un momento delicato!
Alla fine lo sento spesso, ma non insistiamo per vederci e credo che lui stesso capisca che è meglio così. 
Mi dice che con i figli è sempre tutto strano, insistono tanto con lo stare con lui e non capisce proprio perché, come possono volere ancora stare con lui anche se li ha trascurati tanto? 
Io ridendo gli dico che lui resta lo stesso loro padre, anche se la cosa lo terrorizza. E loro vogliono quello che vogliono tutti. Un padre.
Quando dico questo, senza nemmeno pensarci molto, Jacoby ha una strana reazione e mi pare quasi che si morda, la sensazione è questa. 
- Tutto bene? - Non risponde subito, poi dopo un po' dice sì. 
- Hai detto una cosa che pensavo d’aver sepolto, ormai. - Mi irrigidisco senza capire e curioso gli chiedo di cosa si tratta. Lui allora risponde: - Mio padre. - Silenzio. Quel silenzio strano, in effetti. Un silenzio che con lui non senti molto. 
- Da quanto non lo vedi? - Do per scontato che l’avrà visto anche se sua madre li ha portati tutti via, ma poi lui mi sconvolge. 
- Da quando mia madre ci ha portato via. - Ripesco nella mia mente le informazioni che mi ha dato a riguardo ed impallidisco a questo:
- Ma avevi sei anni giusto? - 
- Sì... - Risponde solo. 
- Ed è da quella volta che non lo vedi? - Lo immagino mentre alza le spalle. 
- Non mi ha mai cercato. Non so nemmeno se sia vivo. - E poi mi chiedo cos’è che non va e che demoni ha? 
Ma gli sembra normale avere problemi simili con il padre e non pensare di affrontarli? 
- Sto diventando come lui? - Ad un certo punto tira fuori questo sparo che mi sconvolge. 
- Spetta a te evitarlo. - La mia risposta è molto semplice ma vera, mio padre non era un mostro di affetto ed era fissato con le regole, faceva il militare anche a casa. Però non mi ha mai fatto mancare niente. Certo il ricordo di quando ha avuto quei problemi di depressione e di alcolismo non sono stati facili, ma si è rialzato ed ora ho un bel ricordo di lui, comunque. 
Non voglio che lui abbia questi rimpianti coi suoi, spero che riesca a sbloccarsi, ma ho idea che ci riuscirà solo quando rivedrà il suo. 
- Non so, siamo tutti a casa insieme, ma se Kelly non c’è è sempre tutto strano fra noi, mi sforzo, cerco di giocare con loro... è più facile col piccolo ovviamente. Col grande è più difficile, è come se sapesse, se percepisse di questo mio disagio ed io davvero non voglio averlo, ma non so come rimediare! Come cazzo faccio? - Per me è diverso, io con la mia principessa sto benissimo e anche con Jessica in realtà. Ok, sono io che sto bene ovunque con chiunque, perché sono bravo ad adattarmi e a mascherare, però obiettivamente non mi trovo male con loro ed adoro Amelia. 
Sono quel padre affettuoso che avrei voluto fosse mio padre, super permissivo ovviamente. 
- Forse... forse devi chiudere col tuo? Cioè affrontarlo e dirgli quello che hai da dirgli? - Azzardo piano. Non abbiamo mai parlato di queste cose ed ora improvvisamente lo facciamo? 
- Che cazzo centra lui? Non ho un cazzo da dirgli! - Ecco, appunto. Reagisce anche piuttosto male, ora è arrabbiato. Sospiro. 
- Non so, forse hai bisogno di guardarlo un’ultima volta e dirgli ‘che cazzo ti avevo fatto?’ Dopo che è stato curato non si è fatto vedere, come è possibile? - Non lo posso capire, Jacoby è suo figlio ed è responsabile della vita da senzatetto che gli ha fatto fare, per tutte le sue fobie... secondo me se lo affrontasse starebbe meglio. Anche nel rapporto con i suoi figli, riuscirebbe a sbloccarsi. 
- Non so nemmeno se è vivo e non me ne fotte! Che vada a cagare! Sa chi sono e dove sono! Non mi fotte! - Con questo sembra chiudere argomento, ma so che sarà qualcosa che tornerà ad uscire perché ora so di cosa ha bisogno, o meglio cosa potrebbe aiutarlo a stare meglio. 
Piano piano vengono fuori i tasselli di questo complicato mosaico.  

Quando lo rivedo dopo un bel po’ che ci siamo presi una pausa, è per discutere sul da farsi futuro e lui ha due nuovi piccolissimi tatuaggi agli angoli degli occhi, sembrano più che altro due lacrime a vederle in un primo momento perché solo piccole e leggermente abbassate rispetto occhi e tempie, proprio come se due lacrime scendessero laterali. Lo guardo bene e vedo che una è una stellina, l’altra è un simbolo più strano, mi avvicino stranito per capire e lui dice che rappresenta una luce, la punta di una cosa che brilla. 
Non ho bisogno che mi dica perché le ha fatte e cosa rappresentano. 
È in fissa con le stelle, se le mette ovunque, non so perché ed un giorno mi farò spiegare. Probabilmente si calma guardandole, deve essere qualcosa che lo tranquillizza. 
Se ne è fatto anche ai lobi, come dei piccoli orecchini. 
Noto che se le tocca quando è nervoso, come quando i bambini sono stanchi ed iniziano a toccarsi le orecchie. Sorrido addolcito e gli faccio una carezza, Tobin è in ritardo. 
- Come è andata a casa? - Chiedo dandogli per primo un bacio notando che non c’è nessuno in giro. Quello che è uno degli studi di registrazione della nostra etichetta è anche un po’ la nostra base, ma penso faremmo bene a farne una nostra. 
Lui sorpreso di questo mio gesto in un posto non propriamente sicuro sorride largo e disteso e amo come si illumina quando lo fa. 
- Meglio ora! - E mi abbraccia appendendosi al mio collo. Il solito esagerato. Rido mentre lo prendo e cerco di non spezzarmi la schiena. 
Jacoby si trasforma da bravo bambino a pazzo esuberante allegro, versione che adoro, e comincia a parlare a macchinetta di casa, dei figli e di come quando si sentiva salire la pressione per qualcosa, andando a letto con Kelly le cose miglioravano. 
- È l’orgasmo, capisci? Quando scopo tutto si calma... le fottute endorfine del cazzo mi calmano e va tutto bene, per questo in tour quando litigavamo facevo stronzate di questo tipo... sei geloso? - Fa tutto lui mentre prendo la chitarra in mano e mi siedo nella poltrona che prediligo. Lui si mette nel divano, vicino a me, il tavolino basso in mezzo ed un quaderno con penna. Non si sa mai. Per me, invece, la macchina fotografica. 
Alzo le spalle. 
- So come funzioni, me ne sono fatto una ragione. Jessica serve a controbilanciare l’irritazione per questo tuo lato e per Kelly in particolare. - Spiego calmo e distaccato. - Tu piuttosto, due lacrime agli occhi ti basteranno per superare il lutto della separazione da Dave? - Lui si aggrotta e si mette sulla difensiva accavallando le gambe, si mette all’indietro sul divano e mi fissa. 
Le lacrime sono i suoi due piccoli nuovi tatuaggi. 
- Che vuoi dire? - Scuoto la testa pacato senza scompormi. 
- Ci dovrai parlare e chiarire. Gli hai nascosto una cosa importante e vi siete lasciati male, eravate come fratelli... - Non ne abbiamo più parlato bene, volevo aspettare che si calmasse ed ora mi sembra il momento migliore e a proposito di quello, c’è un’altra cosa che voglio dirgli. 
- È colpa sua, che si arrangi, cazzo! Guarda che lui si è sempre accorto benissimo che avevo qualcosa che non andava! Come te ne sei accorto tu, se ne è accorto anche lui! Ma era divertente! Che vada a cagare! Gli sono sempre stato comodo per ridere o per attirare seguaci! No, guarda, non sono io a doverlo cercare! - E con questo sbatte il piede incazzato alzando la voce infervorato. Annuisco e non aggiungo nulla. 
Non ha torto, però mi sembra lo stesso brutto lasciarsi in quel modo. 
Faccio un paio di note per vedere se è accordata, poi mi metto a sistemarla e dopo un po’, quasi come se gli chiedessi cosa ha mangiato ieri sera, chiedo: 
- Quante pillole e tiri hai dato? - Ha l’effetto di uno sparo. Se lo insultavo o gli dicevo di tutto non era la stessa cosa. 
Non ho mai voluto saperlo anche se immaginavo che superava dei limiti, ma mi sono voluto illudere che alla fine si fermasse. Però l’idea che sia passato davvero alla droga mi uccide. 
Non è da me chiedere e affrontare cose scomode, però con lui è ora di iniziare, ti tirargli fuori le cose a forza. 
Non lo guardo subito, al suo silenzio sposto solo gli occhi di lato, sottili, io apparentemente calmo, in realtà una sfida a non rispondermi. Jacoby scioglie le gambe e le braccia, prende il bordo del sedile del divano, si morde il labbro forte e visto che non basta inizia ad affondare le unghie nella carne delle cosce. Il gesto non mi passa inosservato, ma faccio finta di nulla.
Quando è sotto pressione sente cose, ronzii e, a quanto pare, anche voci. La sua testa è un casino, ma non ci discuterò. Se il dolore, lo stordirsi od il sesso funziona per rimanere presente, che faccia. 
Voglio però che mi risponda. 
- Allora? - Chiedo piatto. 
Lui scuote la testa. 
- Non so, in quel periodo noi avevamo questo strano rapporto... buono di giorno e disastroso di notte. Tu avevi paura di stare con me quando si scendeva dal palco o si andava a dormire ed io mi incazzavo e Dave era in quella fase distruttiva, mi dava ed io prendevo. Non tanto quanto lui. Pillole prevalentemente, eccitanti, cose per stare su. Ho tirato un poco, lo ammetto. Mi ha fatto vedere tutte le stelle e il fottuto universo, oh è infinito a proposito! - Divaga come sempre, non mi faccio distrarre. 
- Hai finito? Hai avuto crisi d’astinenza? - Alza le spalle. 
- Ci bevo su, una canna ogni tanto nei momenti più difficili... sai, a casa è costantemente tutto sotto pressione, Kelly è un gendarmi e non sto sereno e i piccoli si aspettano il padre che non so essere. A volte gioco con loro, ma poi... - Divaga ancora. Non lo fa apposta, è il suo ADD che nelle persone normali da adulti cessa. Ma lui, ovviamente, non è normale. Comincia a darsi colpi sul ginocchio, muove i piedi come a molla e il nervoso è alle stelle. Chissà che casino ha ora in testa. 
- Dave ha usato un sistema sbagliato, il ricatto non funziona mai, ma non ha torto nel dire che dovresti disintossicarti per bene. - Io ho pazienza e gli starò vicino per sempre, però lui ha bisogno di rimettersi in piedi. 
Lui guarda giù, si morde la bocca, sembra abbia una crisi ora. Poi con gli occhi lucidi e voce tirata, di chi si sta enormemente sforzando di non urlare e picchiare la testa contro il muro, dice: 
- E se non lo faccio mi lasci di nuovo? - Vive in questa costante paura che io, forse l’unico che lo capisce o con cui comunque può essere sé stesso, lo abbandoni. 
Metto giù la chitarra e finalmente mi apro, tolgo la maschera di gelo che lo ha terrorizzato, mi avvicino a lui dalla mia postazione, gli prendo le mani che si stanno ferendo e le stringo, mi faccio guardare. 
- Non ti lascerò mai, qualunque cosa tu faccia e decida e succeda. Dovesse venire fuori tutto... - E sa cosa intendo con tutto. Annuisce rilassandosi un po’. - Però voglio che tu fai questo per me. So che stordirti aiuta a non sentire... quel macello che hai in testa... - Lui fa un sorrisino colpevole, gli occhi rossi, le lacrime sull’orlo di uscire. - Però ucciderti con alcool e merde varie non ti aiuterà. Ti stai mettendo una toppa, però l’autolesionismo è peggio. Dobbiamo trovare un altro sistema. - E sa a cosa mi riferisco. Un terapista. Ma quando lo dico lui scuote la testa nel panico, non ho mai visto il terrore come quando gli dico di andare da un terapista. Fa impressione. Così alla fine gli prendo il viso fra le mani e lo fermo, calmo e dolce. 
- Quando te la sentirai, ti accompagnerò. Però non voglio che ti uccidi e distruggi per sopportare tutto. Ti prego. Ci deve essere un altro modo... - Inghiotte e appoggia le labbra alle mie. 
- Tu sei l’altro modo, quello sano. - Sorrido arrendendomi. 
- Ma io non posso esserci sempre... - Lui torna a baciarmi con bisogno. 
- Me lo farò bastare, terrò duro. Anche la musica mi aiuta. Il palco. Cantare. Scrivere e fare canzoni. - Annuisco rilassandomi a questo. 
La musica. La musica per lui è terapia. 
Guai, guai se dovesse smettere. 
- E allora facciamo musica! - Con questo sorride e mi finisce addosso spingendomi, mi abbraccia e mi sale sopra baciandomi con tutta la lingua ed il suo entusiasmo. 
Proprio in questo la porta di fuori si apre spalancandosi con un botto, poco prima che si apra questa dove siamo noi lo spingo giù facendolo finire per terra. 
Tobin entra così e nemmeno si stupisce che io sia seduto sulla poltrona a farmi i cazzi miei mentre Jacoby è a terra a fare... qualunque cosa faccia!
Per fortuna che le cose funzionano così fra noi!