*Dopo il non proprio tentativo di buttarsi giù dal tetto, Jerry parla a Jacoby per capire perché continua ad avere istinti suicidi, terrorizzato dal fatto di non essere abbastanza per lui anche se sta facendo di tutto per farlo stare bene e sentirlo amato. A volte, però, non è colpa del compagno e non è che chi tenta il suicidio (e poi lo fa davvero) non ama chi ha intorno. È solo molto complicato e per chi non ci passa è impossibile capire, purtroppo. Jerry ha la necessità di venirne a capo, ma è una di quelle cose assolutamente insormontabili perché Jacoby è la creatura più misteriosa e complicata del mondo. Buona lettura. Baci Akane* 

57. GIORNI DI GUERRA NOTTI D’AMORE

jacoby jerry

"Giorni di guerra, e le notti d’amore
Il cielo è in Fiamme ed io sono in fuga
Danzando con il diavolo sotto il sole di mezzanotte
Mi sto innamorando, mi sto allentando
Sono sull’esterno e guardo dentro
Volto di nuovo le spalle a me stesso
Sono sul cornicione, sto gridando
E’ meglio che qualcuno venga a parlarmi per farmi scendere
Ho detto che non lo farò mai più
Ma poi continuo a cedere"

NIGHTS OF LOVE


Scivolo con le dita sul suo collo, lui allunga la testa in avanti e si rilassa, comincia a sospirare ed io sorrido. 
I suoi sospiri sono erotici anche senza che si impegni, ovviamente. 
- Vuoi vedere se riusciresti ad ucciderti? - Chiedo lentamente. Sotto i polpastrelli sento i suoi nervi che si tendono, così continuo senza che risponda: - Stiamo trovando un buon equilibrio, no? Anche nella parte finale del tour andavamo bene, ci venivamo incontro. Non andava bene? Immagina a fare così sempre... non pensi che valga la pena tentare? - Silenzio, le dita stringono sulle spalle continuando a massaggiarlo. 
- Mi sto impegnando. Voglio che tu senta sempre il mio amore. Non è ancora abbastanza? Vorresti che lasciassimo le nostre famiglie e ci dichiarassimo? Cosa vorresti? - non lo farei, non sono tipo, ma voglio capire.
- No, non voglio questo. - 
- Ma lasciare la tua famiglia ti aiuterebbe? - Ci pensa, ma poi scuote la testa, con le mani salgo sul suo viso, gli sono in piedi dietro e traccio cerchi circolari sulle tempie. 
- No, non credo. Non lo so. - 
- Ma non ti basta il mio amore per rimanere vivo? - Ho il terrore di litigare con lui, se ci lasciassimo che farebbe? Non voglio lasciarlo, ma capita a tutti di attraversare certi momenti e con lui non è facile, niente è facile. 
- Non c’entra il tuo amore, non c’entri tu. Tu sei perfetto, sei l’unico che mi ferma alla fine, il tuo pensiero mi blocca, quando sono lì a farmi male o a vedere se ci riuscirei. Il tuo pensiero mi blocca. E poi arrivi sempre. - Non so quanto mi faccia stare bene, perché nonostante me, lui è lì a provarci lo stesso. 
- E allora cosa ti serve per rimanere vivo? Per smettere di voler morire? - A questo lui gira la testa fra le mie mani che si separano dalla sua testa, mi guarda con aria amara e disillusa, senza maschere e freni. 
- Un’altra testa! - 
Scuoto la testa e smetto coi massaggi, mi siedo sul letto davanti a lui, pronti per andare a dormire. 
- Tu non sei pazzo, hai sintomi da pazzo, ma non lo sei. Quante volte te lo devo dire? Se ti arrendessi ed andassi da un esperto te lo direbbe... questi sintomi vengono fuori perché soffochi dei ricordi che ti divorano, dei problemi del passato che non vuoi affrontare e sviscerare, non vuoi guardarli in faccia e scappando succede questo. Quel che ti è capitato ti divora al punto che si trasforma in un cancro! Ma non è una vera follia, la puoi combattere, puoi guarire... cosa... cosa ti è capitato? - Ho paura a chiederglielo perché non si può obbligare qualcuno a parlarne, ma gli occhi mi tremano mentre glielo chiedo con un sussurro basso. 
Scivola così su di me, scivola e dimmi tutto quello che hai dentro, ti prego, fammelo sapere, fammelo sentire. 
Jacoby mi guarda serio ed ormai non tenta nemmeno di convincermi che non vuole farla finita e che non sta male. È depresso, non me lo nasconde più, sa che sarebbe inutile. 
- Io ti amo, tu non c’entri niente. Non è colpa tua, non è niente che tu puoi cambiare o fare diversamente. Nessuno intorno a me può. È una cosa mia interiore, non c’è una soluzione, non ci sono ricordi di cui parlare, anche se lo facessi non li risolverei. Non si possono risolvere le cose che ho fatto e che mi divorano. Non c’è un modo per risolvere quel che si è trasformato in cancro. Anche parlandone. Tu puoi solo continuare ad esserci, ad amarmi così... - Gli prendo le mani di scatto e gliele stringo forte trasmettendogli il mio tormento e le mie paure. 
- Ma come può essere che chi ami e ti ama non ha il potere di curarti da questa depressione, da questo cancro interiore? Come posso io non avere il potere di aiutarti? - Lui scuote la testa e con una calma che di solito è mia, ricambia la mia stretta e mi guarda deciso, come se stesse bene, come se non avesse nulla. 
- Ascoltami, voglio che tu capisca questo... - Ma mi sale sempre più il panico, se non fossi in grado di aiutarlo e si uccidesse davvero io lo seguirei. Legge nelle lacrime che si affacciano, sfila una mano dalle mie e me la mette sulla guancia, avvicina il viso fin quasi a toccarmelo col suo. 
- Non voglio che tu pensi mai di avere questo potere. Se mai dovessi cedere non sarà colpa tua, non sarà un tuo fallimento, capito? Mai! Tu sei la sola ragione di vita, ora come ora. La sola cosa che mi fa dire no, rovinerei la sua vita, non posso. - Chiudo gli occhi e scuoto la testa. 
- Ma non sarà abbastanza, non sarà mai abbastanza... - 
Mi prende il viso con entrambe le mani e ci mette molta forza, tutta quella che a me ora manca. Mi lascio cadere all’indietro e lui mi stende mettendosi sopra, mi carezza il viso ed io piango. Non voglio piangere ma forse capisce quanto è importante per me. Brucia ogni lacrima che scende. 
Non riesco a far capire a nessuno quel che provo, ma lui lo sa sempre, eppure ho paura che non gli arrivi questo amore. 
- Non sei tu, io ti amo, sei la mia sola ragione di vita, ora come ora. Non riesco a sentire niente, in questo momento, solo te. Il resto è nebuloso. - Scuoto la testa e continuo a piangere con rabbia: 
- E come pensi che mi sento quando vedo che ti fai male o che vedi com’è se la fai finita? - Chiedo ringhiando perché fatico a parlare. 
Jacoby si butta su di me, la sua bocca sul mio viso, mi bacia le lacrime e scende sulle orecchie, bacia anche quelle. 
- Io ti amo, non voglio che ne dubiti. Qualunque cosa succeda nella mia testa, non toglie nulla a quel che proviamo, a quel che siamo. Non lo toglierà mai, mai. Hai capito? Questa è la mia follia, è la mia testa, non il mio cuore e la mia anima. - Jacoby è bravo con le parole, dovrebbe scrivere una canzone mentre mi convince che non è colpa mia se vuole uccidersi. - E non importa niente, succeda quel che succeda, qualunque cosa io faccia, che il mondo intero crolli, il tuo amore è tutto. Ti amo. Ti amerò sempre. Noi resisteremo, rimarremo in piedi. Ok? - Ma me lo dice dopo che ha provato a vedere cosa succede se si butta giù. 
Ed io continuo a piangere e lui mi bacia le labbra, ma io piango ancora perché ho paura e spero che sappia, che si ricordi per sempre di questo mio terrore e che gli arrivi tutto. 
Scende ancora, le sue labbra sul mio corpo. 
- Lo senti? Voglio che lo senti... voglio che senti il mio amore... che non ne dubiti mai... qualunque cosa succeda, ti amo comunque. - 
La sua bocca sul mio inguine ad avvolgere la mia erezione, io a spingere col bacino mentre il piacere sale e si mescola a tutto questo disastro e a queste lacrime. 
- Ti amo, lo senti? - Continua poi alzandomi le gambe per sparire con la lingua sotto, nella mia apertura che fa sua facendomi finire in un altro universo, dove decisamente capisco sempre meno, ma prima di perdermi del tutto, voglio dirgli una cosa. 
- Ed io voglio che tu ricorda il modo in cui mi sto sentendo all’idea di perderti... - quando lo dico credo di colpirlo molto perché si stacca e risale, stringe le mani sotto le ginocchia, premendole verso il mio petto, larghe. Si sistema nel mezzo, avvicina il viso al mio, tiro fuori la lingua e aspetto che me la succhi. Fa il gesto con la bocca aperta, ma poi con gli occhi tormentati risponde: 
- Lo ricorderò ogni minuto della mia vita, anche in mezzo alla follia. Lo faremo funzionare in qualche modo. Lo giuro. - 
Solo ora mi rilasso e gli do una sorta di permesso. Jacoby entra e mi fa suo. È strano ogni volta che lo fa perché di solito è quello fragile pieno di bisogni e di conferme che cerca in me, ma ora è come se ci fossimo scambiati i ruoli. 
Mi prende e mi fa suo e ad ogni spinta ripete sospirando che mi ama ed io mi abbandono al piacere che arriva un po’ dopo, quando tocca dentro di me quella magia. La mia magia. 
- Ti amo... - E so che sono cose che si dicono senza pensarle quando hai gli orgasmi, però questa volta è diverso. Lo penso sul serio. 
Jacoby mi viene dentro e imprimiamo questo atto a fuoco, come le fiamme da cui è tanto attratto. Non lasciarmi mai, ti prego. Sono disposto a tutto, anche a sfidare il mondo se si arrivasse a tanto. 
- Non lasciarmi mai... - mormoro ansimando mentre viene. 
- Mai... - Spero che se lo ricordi al momento giusto. Lo stringo forte dopo che siamo venuti entrambi, i corpi ancora palpitano sudati, fremiamo insieme, ma non lo lascio. Lo stringo forte a me tenendolo bloccato addosso, chiudo forte gli occhi con il terrore che svanisca fra le mie braccia, che sia in realtà un fantasma e che in realtà lui si sia buttato giù, prima. 
Giorni di guerra e notti d’amore. 
È come ha detto lui. Farò di tutto per trasformare in giorni le notti d’amore. Tutto quello che posso. 

- Tiene sotto controllo gli istinti suicidi? È per questo che beve e prende pillole? - Quando James me lo dice lo fisso sorpreso che se ne sia accorto, da lì capisco che deve avere delle doti effettive per averlo capito così. 
Poi ci penso, lui e Jacoby parlano molto per fare i testi. 
- Gli dico sempre di scrivere nei testi i suoi stati d’animo, quelli peggiori. Tutti. E così a volte mi spiega certe cose... - Quando lo dice, un’ondata di gelosia mi assale, vorrei dargli una di quelle rispostacce da premio oscar, ma è il mio produttore e sta dando una gran bella mano a Jacoby, sia pure per interessi personali. Ma è normale, dopotutto. 
- Che ti ha detto? - Chiedo indagando, fingendomi indifferente. Prepariamo uno spuntino pomeridiano nella sessione creativa che sta andando piuttosto bene, come sempre. 
- Beh, che è autolesionista da sempre, da lì ho capito che deve avere istinti suicidi. È così? - I suoi occhi mi fissano indagatori cercando di capire dalle mie perfette maschere che cosa penso, però non lo faccio passare. Continuo a preparare il thé mentre lui cerca qualche biscotto da metterci vicino. 
- Penso che il mondo intero abbia visto che è autolesionista. L’esperto che lo deve curare senza che lui se ne accorga sei tu. - Con questo verso il thé per tutti, in quella di Jacoby ne metto di meno e ci aggiungo dell’acqua fredda per evitare di dargli una tazza troppo bollente. Il deficiente lo berrebbe tutto d’un fiato ustionandosi. 
James non si perde il mio macchinismo, mi guarda e so che ha capito ma sa anche che non ne parlerò, perché questo sono io. Io sono quello che non parla. Prendere o lasciare.  

Il mio modo di approcciarmi a lui è meno rigido anche se c’è gente in giro e così lo vedo che si rilassa lui stesso, sembra stare meglio. 
Solo una volta che si sta divertendo a stuzzicarmi coi suoi famosi occhiali che servono solo a torturarmi, mi sta succhiando le dita per farmi impazzire ed io lo sto per sbattere sul tavolo della cucina dove siamo a preparare da mangiare, ha uno scatto improvviso e nervoso. 
Io sono di spalle alla porta ed è lui che vede avvicinarsi James, così impallidisce e imprecando si allontana girandosi di spalle. Io capisco che arriva qualcuno e guardo un sorridente James che entra chiedendo se abbiamo bisogno di una mano. 
Io sorrido di circostanza e scuoto la testa. 
- In realtà Jacoby è più bravo di quel che tutti pensano, ha imparato a cucinare bene... - 
- In realtà vivevo anche da solo prima di diventare ricco e famoso! - Grugnisce infastidito, ma so che non è perché è permaloso, perché non lo è. 
James però ride e crede che sia per quello. 
- Mi perdoni chef, non volevo insinuare che fosse un buono a nulla! - 
Jacoby gli fa il dito medio mentre si gratta la cicatrice sulla testa e so che è il gesto che indica i fastidi da ‘sotto pressione’, come li chiamo io.
Tutte le volte che deve trattenersi e che va contro la sua natura, vengono fuori.
La prima volta mi sono spaventato ed ho pensato che non potessimo stare insieme, se avessi saputo che non ero io ma il dover riflettere, ricordare, considerare, gestire... beh, non è che è normale, però diciamo che comunque non sono io la causa diretta. 
Se avessi saputo quello che so adesso, quel giorno, quando gli ho detto che saremmo stati solo amici, chissà come sarebbe andata? 
Non eravamo ancora sposati, forse non l’avremmo mai fatta, magari avremmo vissuto la nostra storia senza problemi, senza nasconderci e trattenerci. Forse lui sarebbe più equilibrato. 
James ridendo torna dagli altri e vedo che Jacoby si rilassa abbassando le spalle. Sorrido e mi avvicino da dietro baciandogli la nuca, poi senza aggiungere altro prendo il tagliere, il coltello e le verdure che avremmo dovuto già iniziare a tagliare. Ovviamente taglio io perché non gli farò mai toccare un coltello. 

Stiamo vedendo le parti vocali perché ormai la gran parte delle canzoni ci sono. Le parti vocali comprendono anche le seconde voci che le faccio io e quando le facciamo, è Jacoby il mio maestro. 
Ho imparato grazie a lui, non avevo mai contemplato l’idea di mettermi a cantare ma un giorno lui mi ordina, come sempre, di provare a vocalizzare ed io senza discutere l’ho fatto. Alla fine è venuto fuori che sono piuttosto ben dotato, un paio di insegnamenti sul diaframma, la postura, la respirazione e la gola e con una manata che mi ha slogato la spalla mi ha dato il suo ok. 
Da allora faccio io le voci di appoggio. 
Se però non lo guardo non riesco, almeno mentre imparo quelle nuove, poi una volta che ce le ho posso farle tranquillamente. 
Perciò quando facciamo una nuova canzone spesso siamo solo io e lui, uno davanti all’altro, un microfono a testa, lui canta e con gli occhi e il dito mi dice quando attaccare, l’intensità e la tonalità. Col famoso dito mi dice più su o più giù e poi mi dà il segno dello stop e della ripresa. 
Le seconde voci sono sempre l’ultima cosa che si stabilisce, le prime sono le basi, poi la voce principale e poi quella di appoggio. 
Siccome le basi è la prima cosa, registriamo sempre subito in modo che poi Jacoby ci possa lavorare vocalmente quanto vuole e solo quando è soddisfatto, e di solito lo è molto tardi nella giornata, si registra anche lui. 
Quando tocca a me mi piace, perché siamo solo io e lui con la base incisa che esce dalle casse, gli altri sono a fare altro nel resto della mansione e Jacoby versione maestro, col microfono che ogni tanto finge di trasformare in un pene per distrarmi, mi insegna e stabilisce quando e dove sarebbe bello avere gli appoggi vocali. 
Solo quando abbiamo eseguito facciamo sentire a James che dà le sue dritte e preferenze. 
Mentre mi insegna siamo solo io e lui, ci guardiamo fissi negli occhi e se non lo guardassi non riuscirei a capire. Se lui non fosse fisicamente qua davanti a me non combinerei mai. 
Un po’ è la sua stessa voce che mi guida, un po’ è lui, in qualche modo. 
O forse mi piace perché è qualcosa di intimo che ha a che fare con la musica. È come quando creiamo una nuova canzone e siamo solo io alla chitarra e lui col quaderno a pensare alle parole. È intimo ed è musica. Siamo noi. 
- Devi tirare fuori più voce. - Mi stringo nelle spalle.
 - Non ne ho tanta, lo sai, per questo ti va bene, perché deve essere un appoggio, non un fastidio! - Rispondo. È vero che non ho una voce potente come la sua. Lui scuote la testa serio. 
- Non è una questione di quanta ne hai. Tutti ne hanno quanta ne vogliono. Dipende da qua, quanto apri qua e qua... - E così dicendo mi si mette dietro, mi abbraccia facendomi ridere, una mano sulla gola e l’altra sullo stomaco. Le dita premono su dei punti precisi, come a premere dei bottoni. 
- Qua... - Comincia piano e suadente con la bocca sul mio orecchio. - Respira e riempi come ti ho insegnato. - Lo faccio abbandonandomi alle sue braccia e al suo corpo che si appoggia al mio da dietro. - E la gola. Devi aprirla, aprirla di più, non stringerla. Più la stringi e meno voce passa. Apri la gola... - Mi pizzica il collo dove sono le corde vocali per farmi capire, è un sistema strano ma funziona a rilassare i muscoli del collo che tendo sempre perché penso che così mi sembra di controllare meglio la voce. - Fallo ora? - Così ripeto il verso di prima ed effettivamente esce più forte, più corposo. Così giro la testa sorpreso guardandolo, ovviamente siamo troppo vicini ma non è un problema. 
- Funziona davvero! - la sua mano sullo stomaco passa al fianco e mi pizzica. 
- Certo che funziona, che cazzo! - Così ridiamo e approfittiamo per baciarci ignari del pericolo che potremmo incorrere essendo in una sala prove - registrazione accessibile a tutti. 
Jacoby si rilassa mentre lo bacio qua così e sono molto felice davvero. 
- Come stai? - Mormoro sulle sue labbra prima di separarci e tornare seriamente al lavoro. Lui annuisce e i suoi occhi non mentono. 
- Bene. - Potesse essere sempre così... 
Voglio che sia così anche in mezzo agli altri, non importa se pensano male, siamo amici e lui è Jacoby, con lui tutto è normale. Non importa. Se lo fa stare meglio gli permetterò qualunque cosa in qualunque momento. Sono disposto a tutto per lui. Rischierò tutto, basta che un giorno vinca le sue maledette tenebre!