*Durante l'ennesimo tentativo di rimettersi in piedi, Jacoby in pieno tour si ritrova con l'influenza, ma non per quello cede o indietreggia. Sale sempre sul palco e dà il meglio di sé col suo angelo custode sempre vicino lì per aiutarlo in tutti i modi che può. Ho notato guardando le sue varie performance che Jacoby ha avuto dei concerti in cui la sua voce non era messa bene e non era perfetto, nonostante questo tirava come un matto e non mollava mai. Questo ha contribuitto ad alzare l'enorme stima che avevo di lui. Buona lettura. Baci Akane*
65. UNA VOLTA IN PIÙ DELL’ALTRA
"Mi sento come se volessi morire
Sono il re del niente
Con una corona infranta
Sto prendendo un sacco di botte
Ma non tornerò a terra
Liberami da me stesso"
È chino nel suo quaderno a scrivere pensieri a ruota libera e sembra un cucciolo arruffato, la faccia seria ed il broncio.
Mi sono svegliato presto perché quando viaggiamo sul tourbus non riesco a dormire molto bene, ma lui era già su. Gli passo dietro e gli do un bacio sulla testa prendendogliela dolcemente con la mano, lui non lo nota nemmeno, poi vado a fare il caffè e mi faccio un po’ di latte e cereali. Li mangio seduto vicino a lui nel tavolo mentre l’andatura placida del bus ci trasporta fino alla prossima fermata. Fuori il mattino è già cominciato, ma non da molto. Siamo in una splendida città europea, amiamo girare il mondo, cerchiamo di andare in giro più che possiamo.
Solo dopo che ho mangiato e sono al caffè lui riemerge dai suoi pensieri e mi nota.
- Oh buongiorno! - Mi fa come se mi vedesse solo ora, si illumina ed io ridendo lo saluto. Mi prende brutalmente la maglietta e mi attira a sé baciandomi. - Oggi Parigi! - Alza le braccia in alto stiracchiandosi ed esultando insieme. Ha due occhiaie nere che la metà bastano, i capelli duri in alto indicano che ha dormito poco e male e la pagina del quaderno indica che ha scritto molto.
- Sei impaziente di vederla? -
- Amo Parigi! - Oggi è una buona giornata, Jacoby è di buon umore. Sorrido e gli metto davanti latte e cereali per lui, sicuramente non ha mangiato nulla.
Lui fa una smorfia, poi alza le spalle e si mette a mangiare di buon grado.
Una volta approdati nel luogo del concerto e sistemati nell’albergo, Jacoby entusiasta inizia a saltellare dicendo che vuole andare a visitarla, così chiaramente lo accontento.
La giornata è completamente libera, abbiamo preso una giornata in più per vedere Parigi, il concerto sarà domani.
- Posso vederla venti volte, mi piace tutte e venti! - Dice appoggiato al ponte sulla Senna da cui una parte vedi Notre Dame e dall’altra la torre Eiffel al tramonto.
La torre si illumina con mille flash come di consueto dando uno spettacolo che toglie il fiato tutte le volte.
È una cosa da coppia visitare insieme Parigi, ma è una cosa da coppia farlo tutte le volte con tutte le città. Non lo facciamo sempre, a volte non c’è proprio tempo, è tutto frenetico. Altre ha le giornate storte e non vuole saperne nulla di nulla. A volte vuole solo essere abbracciato o sbattuto contro il muro di un bagno.
Ma ultimamente si impegna molto con gli esercizi fisici, beve tanta acqua e fa saune in ogni tappa, ogni volta che può.
Per eliminare le tossine.
Purtroppo ha aumentato un po’ il cibo ma cerca di mangiare cose più sane di prima, il mangiare rimpiazza.
Ha sempre una caramella od una gomma in bocca, mastica o succhia di continuo, anche questo è un effetto della disintossicazione.
Non è facile, molti non possono ancora stargli vicino ed ha sempre un’aria da addormentato, come se non riuscisse a stare sveglio. Come di bimbo arruffato.
Mi fa sorridere.
La gente intorno a noi è tanta e va e viene, ma nessuno ci nota. Siamo invisibili in questo fiume umano di persone che si appresta a visitare una città spettacolare e molto romantica.
- Va meglio? - Chiedo parlando in generale. Lui capisce a cosa mi riferisco ed annuisce.
- Ci sto provando seriamente. Le altre volte era una cosa un po’ obbligata dalle circostanze, quando vado a casa che il tour finisce e ci prendiamo una pausa dal lavoro non posso certo farmi, anche se poi va che bevo comunque e faccio sceneggiate. - Ridacchia colpevole. Annuisco.
- L’importante è provarci una volta di più. - Sospira un po’ stanco, mi sembra segnato in questo momento, guardo il suo profilo che si staglia su uno spettacolare tramonto e mentre parla ha un’aria immersa in qualcosa che cerca di capire se sia colpa o cosa.
Una delle sue arie strane, ma bellissime.
Prendo la macchina fotografica e faccio uno scatto, lui così si riscuote e si gira guardandomi ed io mi allontano per fargliene un’altra. In questo momento lui si mette in posa appoggiandosi sul gomito nella balaustra del ponte, prendo un po’ la Senna, un po’ la torre in mezzo al tramonto e sorride in un modo così spontaneo e vero che probabilmente mi terrò questa foto nel portafoglio.
Qua, ora, in questo momento Jacoby è bellissimo.
Faccio un ulteriore scatto girando la macchina per farlo a noi, ci mettiamo vicino sperando di prendere Notre Dame dall’altra parte, poi guardo e un moto di gioia mi sale dentro. È una foto davvero bella. Ne abbiamo poche e qua sembriamo davvero una coppia, perciò sono estremamente fiero di questa che rimarrà super segreta.
- Sei felice? - Mi chiede poi a bruciapelo, io lo guardo sorpreso della domanda e annuisco.
- Si vede? -
- Ti si illuminano gli occhi! - Sorrido ancora felice rilassato e lui fa la stessa cosa. - Sono contento. Ti vedo sempre concentrato sul farmi stare bene od aiutarmi per qualcosa, come se mi facessi da assistente... - Ci rifletto preso in contropiede, in effetti è da molto che non mi sentivo così semplicemente felice e rilassato, in risposta gli metto un braccio intorno alle spalle e lo attiro a me rimanendo qua su questo magico ponte sospeso fra il sogno e la realtà, dove non ci conosce nessuno e possiamo fare quel che vogliamo. Essere davvero noi stessi. E lo siamo. Lui si lascia andare contro di me, appoggia romanticamente la testa contro la mia spalla ed io gli bacio la fronte in un gesto del tutto spontaneo.
- È stata una bellissima giornata. Ogni tanto dobbiamo farlo. Scappare e fare quel che ci pare dimenticandoci chi siamo. - Lui annuisce entusiasta, sembra sempre un po’ offuscato ma credo gli piaccia e sia felice di questi tentativi, di questi nuovi modi di viverci. Non era mai successo che facessimo la coppia così apertamente, è un enorme rischio ma mi sento di farlo. A volte ci si deve anche lasciare andare.
- Assolutamente sì! - Concorda. Penso che gli facciano bene queste cose.
Riprendiamo a camminare insieme, senza tenerci mano nella mano, ma siamo vicini e siamo felici. Oggi è una giornata perfetta.
- Stai bene? - Chiedo a bruciapelo in sua direzione, chitarra alla mano e lui col microfono mi fissa come se avessi bestemmiato.
- Sì perché? - Mi risponde immediato alzando le spalle. Ma il suo viso pallido, le occhiaie e la sciarpa intorno al collo hanno tutt’altro che l’aria di chi sta bene.
- Hai dei cali di voce... - Di solito durante le prove non le ha. Arriccia la bocca e mi fa la lingua, poi però glielo conferma anche Tobin e lui lo manda malamente a cagare.
- Fottetevi, sto bene! Posso farcela! - Sospiro paziente.
- Jacoby, se stai poco bene devi dircelo che ti prendi qualcosa... -
- Non voglio prendere un cazzo, lasciatemi in pace, ce la faccio! - Altro sospiro, mi sfilo la chitarra e alzo il braccio.
- Per oggi finiamo qua, Jacoby ha bisogno di riposo. Per stasera starà bene. - Ma ovviamente non lo penso minimamente.
Jacoby se ne va sbuffando, nel mentre si scontra con un fonico che spintona nervoso. Poco dopo lo raggiungo nel camerino dove si è buttato sul divano nero, entro con una tazza calda di tisana e gli metto prima la coperta addosso, poi gli do la tisana.
Lui mi guarda imbronciato fissando davanti a sé come se io non ci fossi, ma prende la tazza e tiene la coperta. Io mi chino, gli tocco la fronte con le labbra e scuoto la testa.
- Senza un paracetamolo non farai nulla. - Sbuffa. - Fammi almeno sentire quanta febbre hai... vado a cercare un termometro. - Jacoby non risponde, ma il fatto che non mi insulti lo prendo per un ‘fa come ti pare’.
Non che mi insulterebbe.
Quando torno è steso sul divano, ha finito la tisana ed ha l’aria di chi si sta facendo cullare nel mondo dell’aldilà. Potrebbero anche essere effetti d’astinenza, è da un po’ che non tocca nulla.
Mi siedo per terra davanti a lui, infilo il termometro elettronico nel suo orecchio ed aspetto, voleva venire l’addetto alle pratiche sanitarie, però gli ho detto che probabilmente gli avrebbe messo il termometro su per il naso.
Lui mi guarda serio e sembra esausto, mi dispiace vederlo sempre così, sembra incapace di stare bene davvero.
Poco dopo nel silenzio che ci circonda si sente il tintinnio e guardo la temperatura.
- Hai 38 di febbre. Hai mal di gola? - Alza una spalla da sotto la coperta.
- Niente di ingestibile. -
- Dovresti... -
- Non prenderò nulla! - Tuona deciso ed arrabbiato. Annuisco e gli scosto i capelli dagli occhi che gli ricadono sopra.
- Come fai a fare il concerto stasera? - Chiedo dolcemente.
- Lo sai che l’adrenalina fa sempre miracoli! Mi basterà salire sul palco per stare bene quanto basta. - È vero, di solito è così. L’adrenalina che viene prima e durante lo spettacolo fa miracoli, l’ho visto tante volte. Gente che prima di salire è senza voce e poi canta in modo perfetto. Un po’ lo fa la concentrazione, un po’ è l’adrenalina stessa.
Non insisto, paziente gli bacio la fronte e lui sembra stare meglio.
- Mi farò una bella dormita, mi mangio una zuppa e poi mi butto sul palco!Andrà tutto fottutamente bene. Deve. - è questo che mi spaventa.
Che deve.
Non dico nulla, mi appoggio meglio con la schiena al divano dove lui dorme, infilo la mano sotto le coperte e lui trova la mia. Ce le prendiamo e adagio la nuca dietro di me. Stiamo così un po’, poi nel silenzio, senza che io abbia più detto o fatto nulla, si addormenta mansueto.
Lentamente, giorno dopo giorno, Jacoby si sta trasformando. È una trasformazione graduale e lenta, ma effettiva, anche se devo dire che non so come fosse quando ci siamo incontrati. È mai stato effettivamente bene o è sempre stato dalla nascita un lento e lungo decadimento?
Come se passasse tutte le tappe della sofferenza, della morte interiore. Ora ha smesso di bere e farsi, ma per quanto sarà questa volta?
Eppure si sta spegnendo ancora.
Quando si sveglia sono andato via e tornato recuperando la zuppa dove ho fatto diventare matto il cuoco a trovare un rimedio naturale per abbassare la febbre. Alla fine ci sono riuscito e torno dove l’ho lasciato, nel camerino dove avevo messo l’assistente ad allontanare chiunque volesse entrare.
Torno e lo faccio andare via, una volta dentro lo sveglio dolcemente con un bacio sulla fronte che mi sembra calda come prima, sono preoccupato ma quando apre i suoi occhi azzurri velati, sorrido calmo e lui ricambia immediatamente.
- Ehi... - Mormoro piano. - Come stai? - Chiedo poi. Lui si stropiccia il viso ed alza le spalle.
- Meglio. - Ma so che non è così. Non insisto, alzo il contenitore con la zuppa.
- Ti ho portato la zuppa, vedrai che poi starai meglio. Dopo ti puoi fare una doccia calda. - Lui si mette a sedere docile tirandosi su la coperta che gli rimane tutta addosso, sembra un bambino. Prende la zuppa e la mangia in silenzio.
- Che ora è? - Chiede vedendo che mangio qualcosa anche io con lui. - Si saranno chiesti dove siamo finiti... - Alzo le spalle mettendola giù facile, anche se in realtà non lo è stato.
- Ho detto che stavi dormendo e di non entrare, c’era Frankie fuori. - Gli assistenti si susseguono come i calzini, qua, ma Jacoby li manda via quasi uno al giorno. O meglio, loro scappano.
- Grazie, sei il mio angelo custode. - Sorrido calmo. Sono bravissimo ormai a mascherare quel che provo. - Vedrai che andrà bene stasera. - Mi tranquillizza placido. Ma lui, ovviamente, coglie ogni maschera. Non avevo dubbi.
Prima di entrare in scena avverto che faremo una pausa in più nel mezzo e che potremmo stare di meno sul palco, tutti chiedono se ci sono problemi, come sta Jacoby, ma scuoto la testa e con la chitarra addosso ignoro le domande.
Solo a Tobin e Tony lo dico, che Jacoby ha la febbre e probabilmente non farà un concerto perfetto, magari di intrometterci con più assoli o sovrapporci quando lo vediamo in difficoltà. Loro annuiscono e non si stupiscono che vada in scena lo stesso pur stando male. Sono cose che i cantanti ed i musicisti fanno, è raro che saltino date, devono essere praticamente moribondi.
Prima di entrare, col pubblico che ci acclama perché il gruppo d’introduzione ha finito, tocco la schiena di Jacoby come per dire che ci sono, lui tira dietro la mano e mi dà un pizzicotto sul braccio e così, senza controllare chi ci guarda e chi ci nota, ci concediamo i nostri gesti.
Prima di mettere piede sul palco, si gira, mi fa l’occhiolino e va.
E lui va sul serio. Come un treno. Truccato, i capelli neri perfetti, tutti gli accessori soliti e come prima cosa entra gridando e saltando per la prima canzone introduttiva bella forte e potente.
Io gli sono vicino e bastano un paio di canzoni per scambiarmi uno sguardo stupito con Tobin, increduli entrambi del fatto che non sembra avere nemmeno un grammo di febbre, non da come salta e corre e si butta sul palco.
È imperfetto, questo sì. Però non sbaglia molto rispetto a come mi aspettavo. Io e Tobin copriamo bene, un assolo di batteria per Tony, quando non gli viene la voce perfetta Jacoby stesso si butta giù dal palco per distrarre dall’imperfezione e giuro, giuro su tutto quello che ho di più caro. Non pensavo che questa volta ce la facesse, ma Jacoby canta tutto fino alla fine e non salta una canzone.
Gli tocco la fronte mentre dorme della grossa in camera, sommerso sotto i piumini. È bollente, avrà chissà quanta febbre.
Le occhiaie, il trucco che si è tolto facendo un’altra doccia appena tornato qua, il cappuccio tirato su, le mani strette sotto il mento e l’aria di chi, forse, sogna di essere morto e finalmente di stare bene.
Sembrava un altro sul palco, non ha calato un secondo l’intensità e la forza ed io lo guardavo e mi chiedevo come diavolo facesse. È mostruoso. Ora è distrutto, forse dormirà venti ore di fila e testardamente rifiuterà ogni cura, ma questo è lui. Questo è il Jacoby che amo. Che pur di fare quello che deve, quello che sa deve fare, non si tira indietro, si tortura, ma fa tutto come deve.
Ed io lo so perché, oh certo che lo so.
Non sono venti ore di sonno ma quindici e ad un certo punto ho controllato se respirava e se aveva bagnato il letto. Quando apre gli occhi sono sollevato nel vederlo vivo e vegeto.
- Pensavo di doverti mettere un pannolone! - Esclamo sarcastico. Lui sorride velato ma non malato. Lo vedo subito.
- Sono vivo e reclamo amore! - Dice subito malizioso. Tira fuori le braccia e abbassa cappuccio e piumino, mi avvicino per accontentarlo mentre le tende verso di me, ma poi mi fermo con una smorfia.
- Puzzi, hai sudato come un maiale! E poi hai un’alito da porcile! Prima vai in bagno e ti rimetti, prima avrai l’amore! - Rispondo facendogli il verso.
ridacchia e poco dopo lo vedo saltare letteralmente giù dal letto, rimango basito nel vederlo, dopo la grande preoccupazione di ieri pensavo di doverlo costringere ad andare in ospedale, invece sembra non abbia mai avuto nulla.
- Mi sembri meglio, no? - Dal bagno e la porta socchiusa mi risponde squillante:
- Rinato! La dormita e la sudata mi hanno fatto bene! Ora ho una fame bestiale! Mangerei un triceratopo! - è tornato ai suoi paragoni assurdi e alle sue entusiastiche frasi infinite. - Ma che ora è? - Chiede poi da sotto la doccia mentre io preparo le cose per andarcene. Siamo un po’ tardi sulla tabella di marcia, arriveremo tardi alla prossima tappa tramite l’aereo.
Gli comunico l'ora e poco dopo esce dal bagno nudo ed incredulo, teatrale come sempre.
- Che ora è? - Mi giro e rido tirandogli un asciugamano.
- Hai dormito quindici ore! - Lui prende l’asciugamano e si asciuga.
- Ma come hai fatto a farci stare qua così tanto? Di solito si parte al mattino presto, non abbiamo un aereo fra l’altro? - Calmo continuo a fare i due bagagli annuendo.
- Sì ma non se ne parlava che tu ti rimettessi in viaggio prima di sapere che stavi davvero meglio. - Rispondo senza il minimo problema. Sto infilando le ultime cose mie prima di chiudere, poi lui mi abbraccia da dietro, mi spinge irruente e mi fa volare letteralmente sul letto sul borsone, mi rivolta pancia all’aria e mi bacia ogni centimetro del viso bagnando anche me.
- Cazzo Jacoby!Così mi bagni! - Brontolo esasperato. Lui ride ed il suono della sua risata fa ridere anche me, è come una rinascita.
Così lui ha questo potere, mentre mi fa patire le pene dell’inferno e penso che sia al capolinea, che non ce la farà più, che non posso fare niente per lui, mentre divento matto ad aiutarlo, ecco che lui torna a sorridere, a ridere e a fare il matto, quel matto che mi ha fatto innamorare. Quel Jacoby che ogni tanto mi ha mostrato e mi ha fatto girare la testa.
Amo quel Jacoby ed amo il Jacoby dolce, fragile, riflessivo, tenero. Amo il Jacoby dalle mille sfumature e quello che si infuria come un matto o che manda a cagare uno solo perché era lì in quel momento. Amo Jacoby in ogni sfumatura, ma soprattutto amo quello che cade e si rialza.
La sua bocca sulla mia si prende quel che prima gli ho negato e mentre le nostre lingue si intrecciano, lo stringo a me e ringrazio il cielo che sia ancora qua, di nuovo in piedi per l’ennesima volta, una volta di più.
- Non ti merito, non smetterò mai di dirlo. Sei il mio angelo! Non so come puoi, ma ti amo davvero! -
Brutto imbecille!
- L’amore non si spiega, c'è e basta!-
E così lui torna a baciarmi tutta la faccia. Troviamo anche il tempo di fare l’amore.