*Il tour mondiale di Metamorphosis è alla sua conclusione, arriva l'ultima data e mentre i ragazzi si avviano, Jacoby e Jerry si concedono uno di quei momenti perfetti per cui vivono. Quei momenti perfetti che hanno ogni tanto e che gli fa capire che la strada non è tutta in salita. Continua poi l'orbitazione di James intorno a Jacoby in quello che per lui è un interesse professionale del tutto legittimo, ma che scatena molti fastidi in Jerry, fastidi che Jacoby nota. Il momento delle firme ai fan all'arrivo del tourbus ad una delle tappe, quando poi Jacoby chiede a Jerry come si scrive Cucaracha, è vero, l'ho visto in un video dei fans. Buona lettura. Baci Akane* 

66.  I MOMENTI PERFETTI

jacoby jerry

"Servono corna per tenere su la mia aurea
e forza per superare la lotta
Adesso scopro le mie carte
pregando perché tutto sia a posto
Metto in dubbio la mia stessa esistenza,
metto in dubbio il significato della vita.
Senza di te…
I più difficili da amare
sono quelli che ne avrebbero più bisogno"

CARRY ME

È una qualche festa nazionale in questo posto e noi siamo in viaggio col bus da una tappa all’altra di questo enorme meraviglioso emisfero australe. 
È notte ed anche se fa caldo, di sera la temperatura scende, tuttavia in bus ogni cosa è relativa perché è tutto controllato. 
L’andatura un po’ dondolante ci accompagna, è notte fonda e dormono tutti, ma ho sentito Jacoby alzarsi e così ho teso l’orecchio nel dormiveglia. Non sentendolo tornare nel suo cubicolo sopra il mio, scendo giù e vado a vedere. 
Lo trovo nella stanza del primo piano, dopo le brande incassate nelle pareti stile sardine c’è la stanza con i sedili dove ci possiamo rinchiudere e stare lì ognuno per conto proprio, di solito con qualche strumento o il computer a fare quel che ci va. 
Da qui ci sono i vetri e si vede fuori, c'è una bella visuale dell’esterno. 
Jacoby è rannicchiato su uno dei comodi sedili in pelle a guardare fuori dal grande finestrino centrale. Gli metto una coperta e chiudo la porta automatica dietro di me. Lui si gira e mi guarda. 
- Ciao. - Mormora. Gli bacio la tempia e lui si protende verso di me come un gattino, così lo carezzo per poi sistemarmi con lui. 
- Che fai? - Chiedo. Lui alza il mento ed indica un punto fuori, oltre lo stradone che percorriamo da molte ore. 
Uno spettacolo di fuochi si apre davanti a noi e nel silenzio che ci circonda, solo il motore piuttosto silenzioso ci disturba un po’, ma è quasi il nostro compagno di sempre. 
- Deve essere una qualche festa nazionale... - Dico senza saperne nulla. Lui annuisce e continua a guardare sorridendo beato. 
- Sono molto belli... hanno appena iniziato. - Quasi sapessi, no? 
Rimango in silenzio con lui a guardare, poi le mani si intrecciano.
- Non riuscivi più a dormire? - Chiedo curioso, lui si gira e sorride come se dicesse tutto e niente, poi mi ruba le labbra ed io, comunque rilassato, gliele concedo. 
Intrecciamo le nostre, le sue morbide fra le mie sottili. Le dita risalgono sul suo viso come per tenerlo meglio a me e mentre il bacio procede, lui si interrompe improvviso e batte la mano contro il sedile, mi fa venire un colpo e lo guardo come se fosse scemo. A questo lui mi mostra il palmo dove c’è spiaccicata una farfallina notturna. 
Con una smorfia si pulisce la mano e vorrei discutere sul suo romanticismo, però invece gli chiedo sorpreso come se me ne ricordassi solo ora:
- Com’è la fobia per gli insetti? - Quasi che tutto fosse iniziato da lì. In realtà in un certo senso sì, ho notato che aveva una fobia e gli ho chiesto e da lì ho scoperto cose che non immaginavo. 
Alza le spalle sminuendo, volendo ora tornare al bacio che ha interrotto per ammazzare una povera farfallina. 
- Meglio! - Ridacchio tirando indietro la testa. 
- Lo vedo! Ma intendevo... - Jacoby però non sembra intenzionato a parlarne e liquida in fretta: 
- I casini che ho ora confronto alla fobia degli insetti sono un cazzo. - E così torna alla mia bocca. 
Io voglio parlarne meglio, perché è strano che vinca una dura fobia come quella così, so che ha usato un certo sistema, li disegna ovunque, addirittura sono diventati il nostro simbolo, insomma... però non credevo che funzionasse. 
Mi fa strano che ora li uccida con la mano così. 
Non ci arrivo subito, ma dopo un po’ che ci baciamo mi viene in mente quello che non mi tornava:
- Ma sei così fuori che nemmeno ti rendi conto che sono insetti? - Cerco di stare attento ai termini che uso con lui, ma lui mi spinge stendendomi sui sedili messi vicini e comodi, la coperta va a quel paese per terra e mi sale sopra scivolando con la bocca sotto fino all’elastico dei pantaloni della tuta che mi abbassa. Oh, quando non vuole parlare fa sempre così! Usa la sua bocca come vuole!
- Non te ne frega più, sei a questo punto? Non hai idea di quel che fai? Jacoby... - Ma lui non risponde proprio, la sua bocca ora lavora sulla mia erezione e non c’è più verso di tirare fuori parole, solo gemiti e spinte col bacino. 
Finisce che le mie mani attirano la sua testa sulla sua nuca e poco prima che stia per venire lo spingo sollevandomi su con la schiena, questo è il segno silenzioso. Lui si gira, si mette di schiena, si abbassa la tuta ed i boxer, si piega in avanti e inarca la schiena verso di me. 
Io sparisco brevemente dietro di lui, lo bagno un po’ e lo allargo con le dita. Vorrei ricordarmi di cosa parlavamo, ma non ci riesco ed alla fine scivolo in lui, lo prendo per i fianchi ed entro con una spinta. La seconda è più decisa e mentre ci inarchiamo e raddrizziamo ed iniziamo a darci colpi uno contro l’altro, guardiamo fuori attraverso il vetro, la strada tutt’intorno, un cielo stellato spettacolare ed i fuochi che ormai sono finiti. 
Uno dei momenti migliori. 
Cosa ricordo di più dei viaggi in tour? Questi momenti sul bus che si muove placido, che ci culla di notte silenzioso. Io e lui uniti mentre poco più in là gli altri dormono. 
E la mia voce che glielo ricorda. 
- Ti amo con o senza fobie. - Perché temo che possa dimenticarselo. Come si è dimenticato che aveva la fobia degli insetti. 
Può una cosa così radicata in lui che lo ha segnato fino a questo punto tanto da dargli dei ronzii nella testa quando è sotto pressione... può passare così come se semplicemente se ne dimenticasse? 
Che strana sensazione mi ha appena dato, inquietudine. Non riesco ad afferrarla bene, ma mentre gli vengo dentro e sento che anche lui è venuto prima, lo stringo a me circondandogli la vita. Jacoby si alza e si appoggia a me chiudendo gli occhi, si abbandona dolcemente. 
- A volte le vecchie paure sono insignificanti confrontate a quelle di ora. Anche se da quelle puttane è iniziato tutto. - Una spiegazione che mi fa rabbrividire ancora di più. I mostri di ora sono così tanto più grandi rispetto a quelli di prima, quelli che hanno dato il via a tutto? 
In risposta lo stringo ancora di più, recupero la coperta e ci copro entrambi mentre circondo le gambe intorno alla sua vita, rimaniamo seduti così contro i sedili, un po’ più comodi, in una posizione molto strana, ma comoda per noi. 
- E cosa ti fa stare bene oggi, mentre combatti tutto questo? - Chiedo poi dopo un po’, mentre gli carezzo il petto lieve. Lui, totalmente rilassato, guarda fuori le stelle. Le stelle che sono un po’ il suo tema fisso. 
- I momenti. I momenti perfetti dove non sento alcun bisogno, nessuna pressione, nessuno mi vede e mi sente. Siamo solo io e te. I momenti perfetti. Mi aggrappo a quelli, vado momento per momento. - Sorrido. Faccio parte del suo motore per andare avanti e stare meglio. Non glielo dico, ma anche per me è così. Ci sono i momenti in cui penso che non ce la posso fare e quelli in cui sono sicuro che andrà tutto bene. I momenti. 
Ma forse tutti in realtà viviamo per i momenti. 

Oggi è un’altra buona giornata, Jacoby ha fatto un’intervista molto spontanea e allegra, poi c’è stata anche una sessione di autografi dove ha fatto foto di vario genere. Lui adora incontrare i fans, a volte esce dall’albergo e va loro incontro quando sono appostati, anche se potrebbe prendere uscite secondarie per non essere visto. 
Oggi è una di quelle volte. 
Lo vedo lì a parlare allegro con dei fans, ha sempre un’aria un po’ fusa, per così dire, perché la disintossicazione è lunga, però è in sé.
Lo vedo parlare e scherzare e fare foto e video e mi avvicino per vedere che stia bene, faccio degli autografi anche io anche se non ne vado matto. Mi accosto a lui e lo tocco con il mio corpo, disinvolto, lui mi percepisce, è come se non avessi bisogno di dirgli nulla. Sa che sono io. 
Scherza subito con me e poi lo vedo che deve scrivere sulla gamba di qualcuno e mi chiede come si scrive ‘cucaracha’, io gli faccio lo spelling. 
Avrei potuto ignorarlo e scappare, invece sono venuto e mi sono appiccicato a lui, come per dire sono qua, sai? 
Un po’ sono apprensivo, un po’ è così e basta. 

La bella giornata conclude con un finale di concerto coi fiocchi, Jacoby è carico e stava molto bene, è andato a mille e forse è per la fine del tour, ma era davvero gasato. Non ha sbagliato nulla, a volte mi chiedo come faccia. 
Sono fiero di lui perché la seconda parte del tour l’ha fatto lucido, la litigata col fratello gli ha fatto bene e spero davvero che a casa continui così e che abbia voglia di affrontare i suoi fantasmi. 
La festa conclusiva è un must e siamo in Giappone, domani un volo di mille ore ci riporterà a casa e torneremo dalle nostre famiglie.
Lo vedo così fragile che sono apprensivo ogni volta che fa qualunque cosa, ma non ci posso fare niente. Se non camminerà mai da solo, non andrà da nessuna parte nella lunghezza.
Uscendo gli circondo il collo sudato fradicio col braccio e gli stampo io un bacio sulla tempia con entusiasmo, lui è sfinito ma fare movimento e distruggersi così è una gran terapia per lui, sotto ogni punto di vista. 
Lui ricambia l’abbraccio ed il bacio e ignoriamo il resto degli altri che ci sono intorno e ci salutano, ci fanno i complimenti e ci battono le mani addosso. 
È stato un gran finale, per l’occasione c’è anche James che abbraccia Jacoby come se fosse suo fratello minore. 
Sono geloso, lo ammetto, ma più di tutto mi dà un enorme fastidio perché lo vedo falso. Forse sbaglio, ma tutto questo interessamento non è disinteressato e vedo che per Jacoby è molto importante James, parla sempre di lui. 
Automaticamente e senza rendermene conto gli sto alla larga tutte le volte che lui è nei paraggi, così anche ora sebbene ci sia la consueta festa di fine tour organizzata da James nell’albergo che ci ospita, io me ne vado dall’altra parte della sala. 
Da una parte Tony e Tobin sono alle prese con altre donne, ci sono molte persone che hanno accesso alla festa privata, alcune hanno avuto una di quelle fortune che capitano se conosci la persona giusta. 
Vedo un paio girare intorno a Jacoby, una volta ci sarebbe andato. Una volta sarebbe stato già così ubriaco da essere rifiutato da me, perché odiavo quando mi saltava addosso perché ubriaco, e sarebbe andato con loro. 
Ora però è sobrio, ci scherza insieme, James è con lui e rincara la dose, ma alla fine le rifiuta tutte. 
Soddisfatto di questo mi prendo da mangiare mentre vorrei mordere lui perché è sommerso in altri mondi che non sono io, però mentre sto per addentare una tartina, una bocca famelica me la mangia dalle dita, comprese le dita stesse. 
Non ho bisogno di guardare chi è. 
Paziente, ma felice dentro di me, ne prendo un’altra e me la mangio, poi gli do il piatto che avevo riempito per me come se fossimo una coppia. Beh, lo siamo, solo che davanti a tutta questa gente, molti di cui estranei per di più, cerco di evitare. 
Di solito lui si stressa quando ci sono feste e persone, sconosciuti poi... però ora lo vedo piuttosto tranquillo. Forse è merito di James. 
- Vedo che stai bene... - Dico con un tono più affettato di quel che volevo. Cazzo, sicuramente capterà qualcosa. 
- Direi di sì, alla fine è andata bene... metà tour è stata una tortura, però poi devo dire che è andata meglio. Alti e bassi, a volte volevo sbattere solo la testa contro il muro, ma che devo dire... - 
E attacca a parlare. 
James torna alla carica dando a Jacoby da bere. Ma può lasciarlo in pace, cazzo? 
Lui prende il bicchiere e lo ringrazia, è qualcosa di analcolico ed energetico, mi giro subito dall’altra parte con una smorfia istintiva e non faccio in tempo a tornare normale che lui attacca. 
- Cos’era quello? - Ecco lo sapevo. 
Torno a guardarlo normale. 
- Cosa? - Fingo bene, ma per lui non abbastanza. 
Jacoby si mette a brillare ed oggi non ne aveva bisogno, brillava parecchio. 
Sorride malizioso mentre mangio e bevo cercando di far finta di nulla. 
- Quella smorfia! Tu non fai mai smorfie a meno che non facciamo foto insieme! Andiamo... - Alzo le spalle e mi fingo tranquillo. 
- Andiamo cosa? - 
- Andiamo! - Esclama deciso. Sbuffo e scuoto la testa facendo per andarmene. Ma perché mi deve mettere al muro così? 
Lui mi insegue ma viene intercettato proprio da, indovina un po’, James. Ed io esco di filato per andare in camera. Al diavolo la festa. 
Me l’ha rovinata. Che cazzo. 
Ma tu guarda se è normale che James si attacchi tanto a Jacoby? E quando serve invece dov’è? Seriamente, dico io... ma che lo lasci in pace! 
Sto entrando in camera quando una mano mi acchiappa il sedere e stringe. E di nuovo non ho bisogno di vedere per sapere. 
La sua bocca sul mio orecchio quando siamo ancora fuori, apro in fretta la camera ed entro con lui attaccato dietro di me che ride. 
- Sei geloso! - Esclama felice. Alzo gli occhi al cielo, chiudo la porta dietro di noi e sebbene da un lato odio che si noti che sono geloso, dall’altro sono molto felice, molto. 
Lui è qua con me e ride divertito e malizioso. 
Ed è mio. 
- Ma dai, non avevo mica capito che eri geloso di James! Sei un amore!- A questo punto mi giro, giro lui e lo spingo faccia contro la porta chiusa. Adesso gli farò vedere io chi è un amore! Vediamo di festeggiare questo finale come si deve! 
- Oh, era ora! - Esclama lui sapendo cosa sta per succedere, mentre si apre i jeans da solo ed io da dietro glieli abbasso in fretta per poi, poco dopo, entrargli dentro a crudo, come piace a lui, come mi fa impazzire. 
Il senso del dolore gli piace ancora, forse non andrà mai via, perché lui tramite il dolore sente il proprio corpo e sa di essere vivo. Però sentire la sua voce che geme, averlo mio, prendermelo... beh, mette tutto in secondo piano. 
Non so cosa segna questo finale di tour, oggi. Spero solo, come sempre, che domani sia un’altra buona giornata. Perché con lui non si possono fare programmi. Per niente.