* Lasciarsi non è facile, ci sono mille ripensamenti sia sul momento che dopo e non è facile portare avanti le proprie scelte. Jerry aveva lasciato Jacoby impulsivamente, sull'onda del dolore del non poterlo aiutare, capendo di non esserne in grado. Poi ci aveva ripensato, ma Jacoby aveva deciso che invece era la cosa migliore perché Jerry si stava ammalando per colpa sua. Poi nel tempo successivo, Jacoby ci ripensa e vuole riprovarci per l'ennesima volta perché lo ama troppo per rinunciare anche a lui, ma la posizione di Jerry a quel punto non è affatto facile. Buona lettura. Baci Akane*
70. IL DEMONE PIÙ GRANDE
"Non voglio tuffarmi per primo
Non voglio sentire queste parole
Sta solo per peggiorare
Non voglio vivere quella maledizione
Mi stai dicendo di tenere la mia speranza
Perchè hai un cuore d’oro
Ma forse dovresti lasciarmi andare
Ti amo attravreso un periscopio"
PERISCOPE
La domanda che mi faccio ogni giorno è se lo rivedrò il giorno dopo e quando lo vedo andare a letto la sera osservo bene la sua schiena mentre si chiude dentro una porta. Rivedrò il suo viso domani?
Rimango un po’ sveglio, non riuscendo a dormire. Sospiro insofferente mentre spero che una tisana rilassante mi aiuti.
Vivere con lui quando ci siamo lasciati è difficile, lo era vederlo ogni giorno per lavoro, adesso è impossibile.
Credo che a lui faccia anche peggio visto che era tornato a bere e farsi e che ora è in disintossicazione forzata.
Quante volte potrà farlo ancora?
Guardo le mie foto nel mio portatile, il mio archivio suddiviso in temi. La cartella di Jacoby non ha aggiunte da settimane. Da quanto non stiamo più insieme? Sarà un mese almeno? Un mese di dolore sordo?
Con Kelly è sempre peggio, non vede più i bambini, è tutto regredito. Io gli faccio la guerra fredda perché sono diventato insensibile, un robot freddo senza cuore e mi spaventa questo stato, ma so che è la mia difesa per non impazzire dietro ai sentimenti devastanti ed al dolore.
Però lui che vive tutto questo come fa? Come fa con me che lo ignoro, senza vedere i figli, con la consapevolezza di essere caduto?
Ha parlato a suo padre, però pensavo che dovesse aiutarlo. Non capisco proprio.
Apro il suo quaderno in cerca di segni che mi indichino che cosa gli ha detto, ma non c’è niente più dei testi.
Rileggo quelli conclusi e poi le bozze non finite dove ci sono frasi iniziate a metà.
‘Dimmi se è finita, questa è la cosa più difficile che io abbia mai fatto, aspettando senza speranza che tu ti giri e scappi, ti ho promesso che sarei cambiato poi ho spezzato la promessa in milioni di modi. Mi prendo la colpa, tu ti prendi il resto. perché non possiamo ricominciare? Cosa abbiamo fatto a noi due? Hai bisogno di una chiusura, mi sto arrendendo, rifiuto di sparire, stai cercando di dimenticarmi, prendi il mio cuore e vattene.’ Letto così ha quasi un altro senso, solo io so che è una nostra conversazione e sembrerebbe che io l’ho lasciato e lui mi ha implorato di non farlo, però era il contrario, e lui si fustigava da solo prendendosi le colpe. Sa di aver infranto le promesse, di avermi giurato di poter cambiare ma non l’ha mai fatto.
Qua invece scrive ‘Ero così preso nel mondo che ti ho tagliato fuori ed ora mi sto odiando, non avrei mai dovuto chiuderti fuori. Siamo i morti che camminano, ingoio menzogne, scopri i tuoi occhi, renditi conto della verità. Siamo appesi ad un filo, potremmo prenderci un po’ di tempo ma credo davvero che si può ricominciare qualcosa di finito? Guarda le nostre vite, come cazzo siamo diventati, i tuoi occhi sanguinano, vedo dolore e devastazione. Qualcosa ci può riportare indietro la vita? Qualcosa ci aggiusterà? Sono disposto ad aggiustarci, stiamo ulteriormente cadendo a pezzi, il mio cuore è andato.’
Sono versi da sistemare, ma rendono troppo l’idea di quel che prova e dice.
Vorrei piangere, dovrei piangere. Parla di noi in tutti i modi e quel che mi dà fastidio è che è stato lui a volerlo, ma sembra si stia pentendo, che sia confuso, che non sa davvero cosa vuole.
‘Sono disposto ad aggiustarci’. Quanto l’ho implorato l’altro giorno, quando ho versato le mie ultime lacrime?
E poi lo scrive qua, ma si guarda dal dirlo!
Non ci posso credere che provi questo e che non me lo dica. Io sono qua ad aspettare che voglia vivere, che abbia voglia di farlo, che voglia amarsi, cazzo. Che smetta di farsi del male per sentirsi vivo. Ferirsi per sentirsi vivi quando hai a portata di mano la felicità, e tu scappi da essa.
Di cosa diavolo deve punirsi? Forse non c'entra suo padre in questo suo auto punirsi. Forse c’è altro.
‘Ogni giorno mi sveglio e cado dalla grazia, ogni mossa che faccio mi blocca nel luogo più oscuro. Dovrei chiedere pietà ma mi piace la paura.’ Lo vedi? Lo vedi che si punisce per qualcosa? Non c’entra suo padre, ha altri fantasmi.
‘Sono stanco nell’anima, ti ho dato il controllo ma mi sto appendendo alla fine della corda’. Rabbrividisco e mi aggrotto. Se volevo delle risposte eccole qui. A chi parla? A chi ha dato il controllo? A suo padre?
‘Voglio credere che ci sia ancora speranza. Paradiso è meglio che mi dici dove diavolo sono andati gli angeli, avrei dovuto ascoltarli quando vivevano ancora qua.’ Ah sì questa è quella degli angeli, l’ha fatta recentemente, mi aveva colpito. Gli angeli chi sono per lui? Le persone? Io, i suoi figli, gli amici?
Forse parla a Dio, forse il controllo lo ha dato a Lui. Non pensavo che credesse a Dio, piuttosto leggendo i testi penso che ci creda ma sia incazzato nero con lui perché si sente abbandonato.
‘Ogni giorno mi chiedo se questo è reale, mi faccio male solo per dimostrarti che posso sentire.’ Chiudo gli occhi, leggerla con attenzione e cura è difficile. Davanti a lui mi rifiuto di porre troppa attenzione e l’ascolto quando la canta, ma cerco di suonare giusto e a tempo con lui. Avevo percepito qualcosa, ma studiare il testo fa impressione. Il modo in cui scrive è sublime e straziante e sapere che ancora si sente così come anni fa e niente è cambiato è devastante.
‘Dove diavolo sono andati gli angeli? I miei demoni sono più forti che mai. Questo tempo della vita è più difficile che mai’
Mi chiudo gli occhi con le dita, sento che le palpebre tremano.
Che dovrei dire, che dovrei fare, che dovrei provare?
Per giorni e giorni ho bloccato volontariamente le mie emozioni tanto da spaventarmi, credendo di aver perso me stesso e la mia anima.
Poi leggo bene quello che scrive lui, come si sente, e tutto torna prepotente, doloroso.
Gli occhi bruciano, le mie mani tremano. IO tremo.
Mio Dio.
Credo che nemmeno lui sappia cosa fare e come e cosa vuole, sa solo che sta male. Il buio lo ha inghiottito. Alzo la testa verso le scale che portano alle camere e mi chiedo se sia ancora vivo o se lo stia facendo finita. La frenesia di andare a controllare. Lotto così ogni notte, ma poi non lo faccio mai perché ricordo il suo volermi tagliare fuori. Non l’ha fatto solo un mese fa, lo ha fatto da sempre. Non sono mai stato sufficiente per lui, non abbastanza per farlo cambiare, fargli smettere di odiare sé stesso e la vita.
Proprio mentre mi sto decidendo ad andare a dormire sebbene mi senta male, la sua figura silenziosa compare sulle scale come un fantasma. Mi guarda corrucciato e fissa le mie gambe dove c’è il suo quaderno aperto. Non che ci siano cose private, che fra l’altro ho cercato.
La botta emotiva mi dà un pugno allo stomaco. Avevo paura di non provare più niente. Ora vorrei colpirlo, scuoterlo, piangergli addosso e stringerlo forte, ma so che non basterebbe. Non è mai bastato.
Ho davvero fatto tutto quello che potevo per aiutarlo, tutto. Non ho più nulla e questa consapevolezza mi distrugge.
Chiudo il quaderno e lo poso calmo nel tavolino mentre lui si avvicina e si siede nel divano accanto a me prendendo la mia tazza con ancora metà tisana fredda.
- È fredda. - Mormoro. Alza le spalle e la beve. Ha l’aria arruffata, i capelli neri rovinati dalle troppe tinte nere e dai vari gel e cere per tenerli come vuole. Non è truccato, le occhiaie, gli occhi rossi. Avrà avuto una crisi d’astinenza?
- Stavo leggendo i nuovi testi, non li ho ascoltati bene. - Lui guarda dall’altra parte e si appoggia con la schiena dietro.
- Me ne sono accorto. - Lo guardo stupito, convinto d’aver capito male. Ma c’era un tono polemico?
- Prego? - Chiedo pronto a litigare dopo un mese di silenzio e gelo.
- Hai capito! Io mi sono denudato con quei testi e tu non li hai nemmeno letti bene! Volevi sapere come mi sento? Lì c’è scritto! E non mi hai nemmeno ascoltato! - Jacoby è pronto a litigare sempre con tutti, e spesso lo fa, è intrattabile.
Con me però non l’ha mai fatto a parte quella volta che non è stato proprio un litigio.
Non gliel’ho permesso ma ora mi ha mosso quelle emozioni ingoiate ed in più la mia frustrazione per il non poterlo aiutare mi distrugge.
- Quelli sono testi, Jacoby. Li leggerà tutto il mondo! Sono parole scritte. -
- Sono vere! - Tuona fissandomi da vicino, irritato.
- Lo so, ma non le hai pronunciate. -
- Le ho cantate. -
- Non è la stessa cosa. -
- Che differenza c’è? - Jacoby rimane appoggiato con la schiena, io mi sposto in avanti per girarmi meglio e guardarlo bene.
Stai calmo Jerry.
- Ti nascondi dietro i testi ed il canto per non doverti aprire davvero. Non butterai mai giù quel muro! Non cambierai mai! Non hai mai mostrato il vero te stesso al mondo ed ora ti sei chiuso anche a me! Non racconti davvero niente di te, dici quello che basta per far contenti gli altri e farli stare zitti, ma io non sono come loro! Cosa hai detto a tuo padre? - Silenzio, si morde la bocca, gli occhi bruciano. - Cosa ti ha fatto da piccolo? - Stringe i pugni. - Cos’altro c’è che ti blocca? Perché ti punisci tanto? Che hai fatto che non meriti di amarti e di vivere serenamente? Hai tutto quello che puoi desiderare, i problemi con la tua testa sono gestibili se andassi a chiedere un aiuto professionale e smettila di rifilare la balla del ‘ho paura che mi rinchiudono e che mi dicano che sono davvero pazzo’, perché tu ti stai punendo per qualcosa che hai fatto, per questo non vuoi essere curato. Tu SAI di non essere pazzo, ti stai infliggendo questa follia da solo. -
Jacoby scuote la testa, sospiro profondamente, si strofina il viso. Respira ancora a fondo. A fondo. Passa un sacco prima di riuscire a parlare ed alla fine io ribatto.
- Non cambiare quando è tardi, Jacoby. Da morto non ti perdonerà più nessuno. -
- Non cerco il perdono. -
- Tutti quelli che si puniscono cercano il perdono. -
Torna a bloccarsi, come se la sua gola si rifiutasse di tirare fuori la voce, come se si stesse atrofizzando. Parla sempre meno e più piano. Gli occhi tremano e brillano, ma sono bui. Molto bui.
- Leggo i tuoi testi e capisco che stai male e vorresti fare le cose diversamente, ti odi, ti penti, prima mi lasci per ‘proteggermi da te’ e poi vuoi aggiustare tutto perché sei a pezzi. Non hai le idee chiare. - Gli faccio notare.
- Vorrei fare delle ammende, è vero. Con tutti. Con te, con Kelly, con i miei figli... -
- Tuo padre? -
- Si fotta! -
- Con chi altri vuoi fare delle ammende? - Questa ha l’aria di una confessione, si ferma pensando, pesa l’idea di dirmi tutto.
- Voglio davvero voltare pagina, se sono ancora vivo è perchè lo voglio e per quanto ricordo niente di quel che ci siamo detti e che è successo fra noi è irrimediabile. - Alzo gli occhi al cielo esasperato.
- Jacoby, non dipende da me, non sono stato io a lasciarti! Hai deciso tutto tu, ma sai una cosa? - Dico poi stufo guardandolo serio e torvo: - La verità è che non sono mai stato in grado di aiutarti, anche se tornassimo insieme perché tu non hai le idee chiare ma non vuoi ferirmi, io non posso aiutarti. Non riesco a farti bene. Non sono abbastanza per te, capisci? Io non ti sono mai bastato. Sei sempre stato male tanto da affondare sempre più. Che amore è questo che non è sufficiente? -
Scuote la testa frenetico, si alza con la schiena, mi prende le mani e me le stringe spaventato che io ora pensi questo.
- Non puoi pensare quello che hai detto. -
- Forse è il momento di arrendersi davvero. - Rispondo invece senza tirare via le mani. Lui le stringe fin quasi farmi male, sembra ci tenga a farmi sapere che non è come penso io. - Non voglio vivere con il rimpianto di aver provato a salvarti e non esserci mai riuscito. Non ne sono in grado. Basta. Il mio amore non ti basta. Nulla dura per sempre, si sa. -
Mi prende il viso fra le mani.
- Non è vero, noi sì! Possiamo riprovarci! Ho sbagliato tutto, ma cambierò. Mi aprirò. Ti racconterò quello che vuoi sapere, sarò quello che tu vuoi che io sia, ma tu non puoi pensare che il tuo amore non è abbastanza e che tu non significhi nulla per me, che sei inutile! Non è vero! -
Scuoto la testa e mi libero dalle sue mani che prendo per i polsi e gliele restituisco.
- O forse è solo una fine brutale. - Dico deciso, mentre dentro di me sto di nuovo male da voler piangere. Sono arrabbiato perché penso davvero questo e non vorrei pensarlo. Ed è atroce pensare di non essere abbastanza per la persona che ami. Sono terrorizzato da perderti. Te l'ho detto mille volte, ma forse non te ne fregava mai.
- Non è successo niente di irrimediabile. Possiamo perdonarci e ricominciare. -
- Tu non puoi cambiare, ci hai provato da anni, sei tornato a farti, Jacoby! So che sei qua per questo. Non puoi andare avanti così! -
- Per quanto mi ricordo hai detto che potevi lasciar perdere e riprovarci. - Quella volta che l’ho implorato di non lasciarmi.
- Avresti dovuto ascoltarmi quella volta. - Poi mi alzo e non so dove trovo la forza per farlo. - Ma la verità è che non puoi cambiare. O forse lo farai, ma sarà tardi. Ed io non ti basto. Non è me che devi amare per amare te stesso ed essere vivo. Devi fare pace con i tuoi demoni, non con me. Non sono mai stato io il punto. Io ti amo e continuerò a farlo da lontano, da un telescopio, perché da vicino non ti posso aiutare. Lo farò da solo, di nascosto. -
Dopo me ne vado, salgo le scale e lo lascio solo nel salotto. Non ci posso credere. Chiudo la porta, mi ci appoggio contro, stringo gli occhi e respiro a fondo dopo aver trattenuto il fiato per non so quanto.
Ci sono riuscito ma avrò fatto bene? Tornare con lui era un momento, ma era la sua debolezza e la sua fragilità. Non sa cosa vuole, cosa deve fare. In realtà mi ama, forse, ma razionalmente sa che non mi fa bene, o per lo meno lo pensa. Però lotta fra queste sue due parti contraddittorie. Quello che sa cosa è giusto fare e quello che vuole davvero.
Ma se non sono mai riuscito ad aiutarlo, non potrò certo ora.
Se Dio esiste, che lo aiuti. Forse è con lui che deve far pace. Forse è Lui il suo demone più grande.