* Jacoby ha tentato il suicidio, ma Jerry è arrivato in tempo. Anche se non è proprio lui che l'ha fermato, in un certo senso è comunque stato lui. La canzone Before I die Jacoby la scrisse proprio in questa occasione e le motivazioni che poi diede per il suo gesto non completato sono le stesse che dice qua, ovvero per le persone che gli volevano bene, la sua band, la sua famiglia. Però dal fermarsi di uccidersi allo stare bene, il passo è lungo. Jacoby resta avvolto dalle tenebre e cerca una salvezza, una salvezza reale. Buona lettura. Baci Akane* 

72. UNA SALVEZZA REALE

jacobyjacoby

"Tutte le pareti scendono intorno a me
E devi farmi uscire di qui
Non riesco più a farcela
Non voglio respirare, non voglio morire
Non riesco a sentire, sono paralizzato
Non sto prendendo questo stasera
Dammi indietro la mia vita
Non riesco a respirare, non posso combattere
Non voglio sentirmi come se fossi vivo
Non sto prendendo questo stasera
Dammi indietro la mia vita
So che sono una contraddizione che cammina
Sono la verità che desideravi fosse finzione
E questo cuore non è noto per odiarmi
Voglio solo scomparire
Sono stato in una missione auto-inflitta
Per distruggere tutto quello che mi è stato dato"

GIVE ME BACK MY LIFE

Ha un’aria strana, triste e malinconica, è ancora morto, ma ha deciso di vivere ancora. 
- Non ti sei buttato...? - ripeto rauco, sconvolto. Fa un sorriso indecifrabile. 
- Perché ho pensato che ti avrei distrutto. Te, gli altri ragazzi, anche Kelly che si sarebbe addossata ogni colpa e non ne ha davvero se io sono marcio dalla nascita e se l’ho usata per i miei porci comodi. E poi i miei figli. Quel po’ che ho fatto per loro non poteva essere uccidermi. Non volevo distruggere tutti come ha fatto mio padre. - 
- Hai pensato a noi? - Chiedo incerto d’aver capito bene. Annuisce sorridendo ancora triste, senza un goccio di lacrime, di gioia, di rinascita. 
- Però stai ancora male. Non vuoi vivere comunque. - Scuote la testa ammettendolo. 
- Non posso ricominciare da capo per l’ennesima volta. E non posso più combattere quello che ho in testa. Tutte le voci, il casino che mi succede dentro, la pressione intorno che esplode in quel modo. Non posso ferirmi per sentirmi vivo. Non sento le mie emozioni, non so cosa sto provando, non credo di provare niente. Non posso rifarlo ancora ed ancora ed ancora. Io sono già morto, sono nella valle della morte. E anche da lì ti amo. Ho pensato ‘non lo distruggerò’ e stavo per buttarmi. Ma poi mi sono ricordato di quanto hai pianto quando mi sono ferito quella volta e mi sono detto anche ‘lo distruggo di più se mi butto, lo so bene’. E così mi sono fermato. ‘Morirei per lui. Ma lui non lo sa, lui pensa che sono vuoto, finito, che non lo ami davvero, che sono confuso, che il suo amore non sia abbastanza. Non voglio che pensi questo, non voglio. Mi sono solo perso, ma lui non può pensare che il suo amore non sia abbastanza. Io sto vivendo per lui fino all’ultimo goccio. Prima di morire vivo per lui.’ Allora sono sceso per scrivere. - 
- Una lettera di spiegazione? - Chiedo confuso senza capire. Lui sorride ancora triste e scuote la testa. 
- Una canzone. - Mi lascia un momento, corre dove era e prende il foglio che mi dà. Lo leggo. 
- È un po’ un casino, non ho finito, è da sistemare. Mi è venuta una canzone. Tu... tu hai ragione, io mi nascondo dietro i testi, le canzoni sono il mio muro per allontanarmi dagli altri. Però penso che... penso che finché sento il bisogno di scriverle, forse c’è ancora un briciolo di vita, no? - Non dico nulla, è come un flusso di pensieri che tira fuori ad alta voce. Non oso interromperlo. Però è grottesco, ha sempre fatto e detto tutto esprimendo mille stati d’animo potentissimi, ma ora è vuoto, freddo, morto mentre dice tutto. Fa paura. 
Dove sono le sue emozioni? 
- Sono stufo di essere qua da solo, pensavo di sapere dove appartenevo, che casa mia fosse l’aldilà. Non ne ho mai avuta una mia davvero, anche quella di Kelly è un palcoscenico dove fingo l’ennesimo me stesso. Non mi sono mai sentito appartenente a nulla. Pensavo di poter solo morire. Mi sono perso, non trovo la strada. Ed ora sono ancora vivo convinto di dover morire, ma finché penso a te prima di farlo forse devo fermarmi. - 
I miei occhi scorrono le sue parole, tremanti. La mano incerta mentre scriveva. Non è vero che non provava nulla, è solo così pieno che non sa da dove iniziare. 
‘Sono qui da solo dando un giro solitario a me stesso. Imploro in ginocchio se c’è un Dio che mi salvi. Sono un’anima marcia, mi sono perso nella mia malattia e tu eri lì ad urlare di non cambiare quando è tardi. Forse ho detto male le cose giuste il mio ultimo tiro è andato lontano, ma se posso giuro che vivrò per te prima di morire. Ti ho spinto troppo lontano per riportarti dove eravamo, ma dalla vallata della morte sto ascoltando tutte le tue parole e provo a chiederti scusa. Non sento le mie emozioni, sono vuoto. C’è spazio per noi o siamo sotterrati troppo a fondo ormai? C’è una briciola di speranza per noi? Possiamo crederci ancora? Sono qui da solo, stufo, so dove devo stare eppure non trovo la mia strada di casa.’ 
Batto gli occhi mentre di nuovo le lacrime cercano di uscire, alzo gli occhi lucidi sui suoi ancora asciutti ed ansiosi. 
- È così importante per te che io capisca che mi ami davvero e che non ti uccidi per colpa mia? Che non è il mio amore che non basta? - Come fai a non capirlo davanti a queste parole e alla sua reazione di prima? 
Poi realizzo. 
- Prima non mi stavi salutando per ucciderti, mi stavi lasciando di nuovo. - 
Jacoby si fa indietro col busto e solo ora ricordo che sono in ginocchio da chissà quanto, così cado di lato e solevo le gambe anchilosante, mi metto a distanza da lui mentre mi confonde. 
Vuole morire ma non vuole ferirmi, vuole lasciarmi ma vuole che io sappia che mi ama. Mi ama ma vuole morire. Vuole morire ma non è colpa mia. Non è colpa mia ma vuole morire. 
È un delirio. Più di sempre. È davvero al capolinea. Se fossi onesto con me stesso capirei che sono egoista ad obbligarlo a rimanere in vita ora, però è vero che mi distruggerebbe. Poteva uccidersi lo stesso. Scrivermi che non è colpa mia ed uccidersi. 
- Non riesco a capirti Jacoby... Come puoi volerti uccidere se mi ami ed io ti amo? - A parte poi ‘se non ti basta questo come pensi di poter vivere? Mi vuoi lontano, mi vuoi amare a distanza, non vuoi starmi vicino e ferirmi e pensi di poter vivere lo stesso? Così non starebbe forse più male? E non si ucciderebbe solo per non ferirmi ancora.’ Certo che questo è amore. Ma non capisco lo stesso come fa a volersi uccidere. Lui sospira e si mette bene seduto, si stringe le ginocchia davanti al petto, chiude gli occhi corrugato e ci pensa un momento, poi riapre e mi fissa concentrato. 
- Io sono vivo e sto bene solo quando sono con te. Io splendo solo perché sei tu che splendi vicino a me. Vivo di luce riflessa. La mia vita dipende da te. Ma se tu non ci sei... io senza di te non sono niente. Sono buio. Non voglio vivere. Non voglio stare solo. Io sto bene solo quando sto con te. Ma dovrei stare bene a prescindere da chi ho vicino. Non è sbagliato voler vivere solo quando c’è qualcuno vicino a me? Ho il terrore quando ti saluto e quando ho visto che ti stavi ammalando per colpa mia, che ti stavo ferendo, che eri ridotto ad un fantasma, ho capito che dovevo fare qualcosa. Dovevo proteggerti da me. Solo che io senza te... per me è stato il colpo di grazia... - 
Scuoto la testa e apro le mani, mi protendo verso di lui seccato ed arrabbiato mentre tutte le emozioni che sta trattenendo arrivano in me. 
- Ma tu VUOI essere salvato e curato! Vuoi che qualcuno ti salvi! Hai invocato Dio in questa canzone! Tu VUOI stare bene! VUOI vivere! STAI CERCANDO AIUTO! DEVI SOLO ACCETTARLO! - 
Lui si alza in piedi di scatto e scuote la testa terrorizzato. 
- Non da te! Non puoi essere la mia medicina per sempre! Devo trovare la salvezza in qualcosa di indipendente da te, qualcosa che mi salvi sempre e comunque anche quando sono solo! Una salvezza completa! - 
Mi alzo anch'io e continuo con le braccia aperte verso di lui come a sottolineare.
- Ma non lo vedi? Stai cercando aiuto perché vuoi già vivere! Non vuoi morire! - Si ferma e capisce cosa intendo con tanto bisogno urgente. - tu eri qua per morire e ti sei fermato per non farmi pesare la tua morte, per farmi sapere che in un modo contorto mi ami. Però non è vero che non ti sei ucciso per me. Non ti sei ucciso perché in realtà NON VUOI MORIRE! - 
Si ferma ancora, si morde il labbro, gira la testa per un quarto, gli occhi sgranati fissi sui miei, spaventato da quel che sto dicendo, o forse ascolta qualcosa che non sento, qualcuno che lo sta strappando disperatamente dalla ragione. 
Dei demoni che per me sono incomprensibili, di cui non vorrà mai parlarmi. È inutile spiegargli che deve parlare di tutto quello che lo angoscia e lo abbatte, che deve spiegarmi COSA CAZZO LO HA DILANIATO NEGLI ANNI. 
Ora deve capire che anche se sta male vuole vivere. Punto. Al come fare ci penseremo. Ma se la smette di provare ad uccidersi almeno siamo ad un buon punto. 
Infine Jacoby lascia cadere le spalle, abbandona le braccia, poi si chiude il viso con le mani come se stesse per piangere. Oh se piangesse, oh se urlasse. 
- Non voglio respirare ma non voglio morire. Fa male tutto. Dio, non posso continuare così, non posso. Non ce la faccio più. - Implora nelle sue mani, la voce spezzata, lui a pezzi eppure ancora lì in piedi nel suo buio a cui si aggrappa come se la luce fosse troppo lontana. È come una corda negli abissi. Se la risale poi arriverà al salvagente in superficie. Deve rimanere aggrappato a quella maledetta corda. Forse io sono quella corda, magari è alla fine di quella corda, ma ce la può fare. 
- Tieniti forte a quella corda, anche se è la fine. Non è ancora finita. Tienila stretta e continua a cercare. - Lo prendo per le braccia spaventato che la follia del dolore me lo strappi via. Non scopre ancora il viso, scuote la testa, si appoggia a me ma non piange, so quando piange. E non urla. Ha una di quelle bombe dentro che non vuole consapevolmente tirare fuori perché è terrorizzato dall’esito dell’esplosione, un po’ come faccio sempre io. Ma si sta uccidendo. 
- Portami via da qua. - Annuisco. 
- Dove vuoi andare? - Scuote la testa. 
- Non lo so, via. - improvvisamente è come se questo posto fosse una tomba e lui che ha capito che non vuole davvero morire, vuole uscirne. Non importa per andare dove, qualsiasi posto è meglio piuttosto che la sua tomba. 
Così lo accompagno fuori dal capanno, la luce del giorno ci abbaglia e rimaniamo entrambi fermi accecati prima di muoverci. Apro per primo gli occhi, lui rimane col viso chiuso nelle mani e allora lo porto alla mia macchina.
Ha ragione, quante volte lo faremo? Quanto andrà avanti così? Quanto potrà?
Deve trovare una salvezza vera, una salvezza solida. Mi ama, lo amo, ma questo non può essere l’unica ragione di vita di una persona. L’amore è instabile, le cose non durano per sempre. Le persone sbagliano e si feriscono ed io non posso avere questa pressione, io potrei sbagliare, potrei non saper più che fare, come ora. 
Per cui ha ragione, deve trovare una ragione di vita, un motivo, una salvezza vera che sia per sempre. 
Dove diavolo sei, salvezza? 

Mi muovo nel suo quartiere di ragazzo ed adolescente, sono incerto sulla direzione. Lo porterei al mare, ma non mi fido. Guido senza una meta precisa mentre il silenzio pesa fra di noi, lui ha la testa rivolta verso il finestrino e guarda fuori come se non vedesse davvero. Il suo paesaggio familiare gli scorre intorno e sembra tutto uguale a qualche anno fa, quando viveva qua. 
Il cappuccio tirato su, i capelli nascosti sono neri ed arruffati, le due fessure spente di un azzurro sbiadito. Non vuole morire ma non vuole respirare, non vuole vivere, non vuole farcela. 
Poi, improvvisamente, si anima e mi dice secco:
- Ferma qua! - Mi viene un colpo e freno senza controllare dietro di me, per fortuna non c’era nessuno. 
- Qua dove? - Cerco di capire dove possa voler scendere, lui indica davanti a sé e vedo che c’è una chiesa. Sarà la chiesa che frequentava sua madre. 
Una chiesa. 
Ecco che il mistero sta per svelarsi.
Jacoby crede in Dio? È arrabbiato con lui? 
Si dice che quando non ne hai più, quando hai toccato il fondo per l’ultima volta, sei così disperato che ti rivolgi a Dio anche se non ci hai mai creduto ed in realtà ci credevi ma eri solo arrabbiato. 
E si dice che di solito è lui che ti salva.
Io non penso che quando si sta male improvvisamente si trova la fede, non ci sono miracoli come quelli descritti nella Bibbia che ci facevano imparare a memoria da piccoli.
Credo che la gente disperata abbia solo bisogno di credere in qualcosa di ultraterreno che abbia il potere di salvarti e farti stare bene quando ogni cosa e creatura terrena ha fallito. 
E avendone bisogno, lo vedono e lo sentono anche se magari non c’è e nulla fa un effettivo miracolo. 
Il miracolo si crea perché noi vogliamo vederlo. 
Il miracolo effettivo è tornare a stare bene dal nulla senza alcun motivo od aiuto concreto e reale. 
Il miracolo è rialzarsi quando sei caduto di faccia e rinascere. Che poi sia per Dio, per Buddha, Allah o chissà chi, non importa. 
Per me è la nostra forza, quella che non è davvero esaurita, il pezzo in fondo al vaso, quello dopo i demoni. In tutti noi c’è quella forza.
Ma se Jacoby ha bisogno di un Dio per trovare quella forza che lo salvi, che entri in quella chiesa e che Dio scenda da quella croce, perché altrimenti la prossima volta niente lo salverà.