*La risalita non è facile e veloce, ci sono momenti di dubbi e di piccole fermate, ma quello che questa volta è diverso, è che Jacoby ne parla apertamente. Ogni dubbio o domanda non se la tiene dentro, esprime quelle cose importanti che prima lo avevano fatto affondare. Jerry è lì per lui, per chiarirgli e togliergli ogni dubbio, fino a che si rende conto che non è solo il cammino di Jacoby, che non è solo una sua decisione. C'è anche lui dentro, lui è quel che vuole. Buona lettura. Baci Akane*

77. PROVANDOCI SOLENNEMENTE

Jacoby Jerry papa roachcoby

"Non posso essere solo me stesso, cazzo?
Forse non ho uno scopo
Forse ho tagliato troppo a fondo
O forse graffierò la superficie
Per scoprire che non sono inutile
E non sono mai stato così vivo
Mi sento un fuoco che brucia sotto la mia pelle
Ora che sto respirando
Respirerò in te
Sento una libertà da questa disperazione interiore"

BREATHE IN YOU

- Penso che sia troppo esplicito, troppo personale... come se cercassi il favore dei fan. Insomma, scrivo di tutto questo fottuto dolore ed è come se stessi lì a cantare delle scuse, delle fottute giustificazioni o comunque coccole! - Jacoby oggi se ne esce così scendendo a colazione dopo aver fatto palestra. 
Io lo guardo come se fosse pazzo. E non solo io.
- E questa da dove cazzo ti esce? Siamo in procinto di registrare e poi ci saranno dei perfezionamenti da fare, siamo a metà lavoro! - Tony è polemico, ma non ha torto. 
Jacoby si è appena fatto la doccia e si tiene l’asciugamano intorno al collo. 
- Lo so, ma ripensavo ai testi. Di solito abbiamo un messaggio, questo album parla solo dei miei cazzo di problemi... - 
- Beh, hai fatto quella canzone sul non mollare... penso che quello potrebbe essere un messaggio. - Jacoby sbuffa. 
- Sì ma è tutto così personale, doloroso. Tutti sanno che sono un tossico di merda, sembra che mi giustifichi per le mie stronzate. Non cerco giustificazioni. Penso dovrei cambiare i testi... - Tobin si mette a tossire, Tony stringe il coltello ed io mi affretto a gestirla con la mia calma. 
- Jacoby, ti sei alzato col piede sbagliato? - Jacoby a questo punto sbuffa e se ne va dal tavolo della cucina. 
- Cioè fatemi capire, abbiamo quasi tutte le tracce e sono tutte da sistemare e registrare, e lui se ne esce con cambiamo tutti i testi? Ma ha idea di quanto è stata lunga? Gli sembra siano stati giorni veloci? Sono mesi da quando abbiamo iniziato ad ora e non è finita! Ora vuole cambiare i testi? - Tony parte in quarta stringendo il coltello, Tobin non si intromette, io mi alzo e vado da Jacoby che intanto è seduto al pianoforte che strimpella un po’ dopo tutti questi anni di lezioni di Tobin. Non fa grandi cose, ma lo aiuta ad avere un’idea della musica quando non ha nessuno a suonargli la chitarra. 
James è in arrivo, magari lascio che se la sbrighi lui. È il suo più grande fan. È sempre lì a ripetergli che deve scrivere il suo dolore nei testi. 
Parte con qualche nota a caso, ma poi noto che sono proprio dei ‘don don don’ pietosi. No, non lo definirei suonare. Proprio no! 
- Cosa c’è di male nel scrivere il tuo dolore? Tutti i tuoi testi sono personali, pochi di quelli scritti parlavano di esperienze altrui. - Jacoby sospira, appoggia la guancia alla mano ed il gomito sulla tastiera lasciando un ‘don’ basso, l’altra mano distratta tortura il pianoforte ancora un po’. 
Mi siedo su una sedia che posiziono al contrario vicino a lui, scruto il suo profilo delizioso, il suo broncio, i suoi pochi chili di troppo che ormai adoro. 
- Sono tutti miei. - Mi aggrotto e giro la testa guardandolo cauto. 
- Come gli altri. - 
- Sì, ma questi sono proprio miei. Sembra che ci sia solo io, sempre io! Io più che mai! È troppo personale questo album. Sembra solo mio, capisci? Di solito è più... cioè meno... insomma, non così... - Come sempre ha le idee chiare, scoppio a ridere e gli tocco i capelli neri bagnati dove si vede la ricrescita. 
- Devi rifarti il colore, sei terribile! - 
- Voglio tornare biondo! - E con questo sembra che sia tutto normale. Lo guardo sbiancando. 
- Cosa?! - Questo è anche peggio della sua sparata del cambiare i testi. 
- Hai capito, ci penso da un po’. Voglio tornare come ero! - 
- Ma hai ripreso a bere? - Mi viene spontaneo, ma lui si gira e mi morde il braccio, così gli do uno schiaffo e mi libero. 
- Sei impazzito? - Jacoby ora mi guarda imbronciato con gli occhi da bambino. Che difficile che è essere lui. 
Passa i periodi. Che periodi di merda. 
A volte è convinto, poi cambia idea. Prima sta male, poi sta bene, poi chi cazzo lo sa come sta. Vorrei mandarlo a cagare. 
- Se vuoi tornare biondo mi sta bene. Anche io voglio tagliarmi i capelli. C’è aria di cambiamenti. Cambiamenti positivi! - Annuisce trionfante che l’abbia capito. 
- Per questo! L’esterno rispecchia l’interno! Il primo passo per cambiare dentro, è cambiare fuori! - 
- Questa viene dal prete? - Jacoby sospira insofferente alzando gli occhi al cielo e si alza dal piano, aggira gli altri strumenti e arriva alla mia chitarra, impallidisco e mi fiondo da lui, ma quando si gira seduto sullo sgabello mi guarda truce come a dirmi di stare a cuccia, così alzo le mani in segno di resa e di finta calma. Toccami tutto ma non le mie chitarre. 
Però mi siedo su un altro sgabello e cerco di capire che abbia.
- Jason è un pastore. Ha detto che nella comunità c’è un gruppo di sostegno o qualcosa di simile, gente che ha problemi di vario genere e che ne parla condividendo. Lì alcuni sono ad un buon livello nell’affrontare il loro problema. Altri invece no. Comunque hanno detto questa cosa che mi ha fatto pensare a quando mi sono tinto di nero, hai detto se il nero rispecchiava il mio stato interiore. E ricordo la discussione avuta, sostenevi che sono depresso. Tu lo sapevi da quando ci siamo incontrati, vero? Che sarei finito così! A tentare di uccidermi! - 
Jacoby è come un treno e penserei che si è fatto di qualche stimolante, ma credo sia sobrio. 
Forse dopo la corsa le endorfine gli fanno effetto droga, anche perché è da molto che non si fa e questo risulta un po’ una nuova dose. 
O forse è perché non scopa da altrettanto. Forse più ancora. 
- Non lo so, credo di sì. Ho sempre avuto il terrore di non rivederti il giorno dopo. Sai... quando ti sei fatto nero, per me ha segnato l’inizio di un epoca. Il truccarti, lo stile dark che hai usato da un certo punto... sì, credo che sia vero. Lo pensavo allora e lo penso ora. Il fuori rispecchia il dentro. - Jacoby mi guarda attento e scorgo una luce di serenità nel sapere che capisco. 
Le dita si muovono sulle corde, ma sbagliano accordo e so che dovrò riaccordare tutto dopo. 
Ovviamente non lo correggo. 
- Allora faccio bene a tornare biondo come ero, giusto? - Mi stringo nelle spalle. 
- Se è questo che senti di voler fare... come stai? Ti senti positivo? - Si morde il labbro, abbassa la testa e continua a sbagliare accordi mentre suona ferendomi le orecchie. A questo punto gli prendo le dita e gliele correggo, è più forte di me. Il contatto ci crea il consueto disagio, mille scariche ci attraversano. 
- Credo... credo che voglio esserlo. Voglio essere positivo. E forse avete ragione, si inizia da fuori e piano piano si arriva al dentro. O magari deve essere il contrario, ma penso che forse può funzionare anche così, no? È come uscire con l’ombrello per chiamare la pioggia. - Sorrido mentre continua a sbagliare gli accordi ed io continuo a spostargli le dita. Forse è una scusa per toccarlo e lui sbaglia apposta per farsele toccare. 
- Penso che valga la pena provare. - Finalmente la risposta gli piace. 
- Tornerò biondo. - 
- Andiamo insieme, anche io voglio cambiare taglio. - 
Lui mi guarda sorpreso. 
- Dicevi sul serio? Mi piacciono i tuoi capelli lunghi e la barba... - Ridacchio mentre me li tocco lasciando perdere i suoi accordi sbagliati, lui smette di suonare. 
- Li ho da tanto, è ora di cambiare. C’è aria di cambiamento ovunque. - mentre parla vedo che si sforza di essere positivo, ma non perché è obbligato dal fatto che ha toccato il fondo e quando lo tocca, risale per un po’ finché torna a cadere. 
Ora è diverso.
Mi sembra voglia davvero disperatamente con tutto sé stesso cambiare. Tiene la mia chitarra sulle gambe che poi alza in verticale, una mano al manico a cui appoggia lo zigomo, mi guarda pensieroso, serio e stanco insieme. 
- Che dici dei testi? Non è tutto troppo Cobycentrico? - Sorrido calmo, poi scuoto la testa mentre proprio vicino alle mie chitarre avevo lasciato la mia macchina fotografica, cosa che di rado lascio in giro. La prendo e gli faccio una foto. Lui ormai non si stupisce e fa un sorriso un po’ stanco. A volte torna quel Jacoby. 
Quello triste. Ma mi piace questo che vuole cambiare ed essere felice e pensa agli altri, ci pensa in tutti i modi. 
- È il tuo mondo, è vero. Il tuo dolore. La tua terapia. E noi ne facciamo parte, perché siamo tutti tuoi fratelli e se tu salti giù, saltiamo giù anche noi, perciò noi siamo i primi a voler che tu ti rialzi. Amiamo i tuoi testi terapeutici, vogliamo assolutamente che siano quelli del nuovo album. Sono usciti con fatica... - A volte mi stupisco di come io riesca a parlare con lui così facilmente e per nulla con altri. 
- Sono stati un parto! - Esclama shoccato nel ricordarlo. Ridacchio. 
- Ci sei tu in quei testi, la gente li ascolterà e saprà quanto male sei stato e saprà che non è sola a sentirsi in quel modo. - 
- Non avevo nemmeno idea di cosa scrivevo in certi momenti, a volte ho riletto quel quaderno e mi sono chiesto ‘ma quando cazzo ho scritto queste cose?’ E poi ho riutilizzato quelle frasi a caso per scrivere testi. Ti giuro, non sono mai stato in me. - Annuisco chiudendo gli occhi. 
- Credimi che lo so. - Lui ride e mette giù la chitarra stiracchiandosi, poi mi prende i capelli fermandosi dietro di me, ci passa le dita in mezzo e me li pettina come faceva sempre. Chiudo gli occhi imprimendomi questa meravigliosa sensazione di brividi che mi ricoprono piacevoli tutta la nuca e la schiena. Che bello.
Meraviglioso. 
- Mi mancheranno. - 
Le mie labbra, qua, si muovono da sole. 
- Anche le tue mani su di me mi mancano. E la tua bocca. Ogni istante. Ma tengo duro e non so nemmeno perché. - Solo dopo che lo dico realizzo di averlo fatto. Non l’avrei mai fatto prima, ma da quando Jacoby sta facendo questo sforzo solenne per cambiare, finalmente, è come se anche io volessi metterci del mio.
Non ho mai detto certe cose, ora voglio farlo. Voglio fargli capire cosa provo e cosa penso. 
E sta nascendo in me un senso di ribellione a qualcosa a cui un tempo mi sarei semplicemente piegato. Lui non mi vuole? E va bene, se gli va bene così. 
Come tutto quello che mi è capitato che ho accettato passivamente. 
Ma mi sto svegliando sempre più infastidito da questo mio modo passivo di vivere le cose.
Se non mi sta bene perché dovrei accettarlo?
Jacoby vuole tingersi i capelli per dimostrare quanto è solenne il suo cambiamento. 
Forse è ora che faccia qualcosa anche io. 
Mi giro verso di lui che mi sta in piedi dietro, una mano sfila e rimane sospesa in aria, l’altra resta incastrata fra i miei capelli, ci guardiamo seri con questi sguardi significativi. La paura nei suoi occhi, paura di non saper più fare quel che sa è giusto fare. Non avere la forza. Beh, io non sono d’accordo e non dovrei sottostare. 
- Forse non dovrei accettare certe cose e basta. - Dico dando voce a questo mio pensiero. Lui sbatte gli occhi sconvolto da queste parole. 
- Che stai... - Mi alzo prendendo la mano rimasta a mezz’aria, intreccio le dita, sto per prendergli il viso con l’altra e fermarlo per baciarlo, ma dei rumori in corridoio ci fanno capire che stanno per arrivare i ragazzi, così ci separiamo subito, tremiamo e siamo sconvolti, emotivamente a pezzi, ma ci voltiamo in tempo per veder arrivare Tony e Tobin. 
- Allora? Sei rinsavito? - Chiede seccato Tony mentre Tobin fa un’aria di scuse anticipata. Jacoby si trasforma immediatamente, si mette a ridere e lo abbraccia saltandogli addosso. Tony lo prende al volo, cosa non da poco, ma la sua forza è notevole. 
- Ti ho spaventato, eh? Volevo solo essere sicuro che non vi stavate stufando di me! Insomma, io, io, sempre io... chi ve lo fa fare? - Tony gli pizzica le chiappe facendo gridare Jacoby.
- Se avessi riscritto tutti i testi ti ammazzavo, ti basta sapere questo! - Tobin si rilassa in un bel sorriso ed io gli faccio l’occhiolino facendogli intendere che la tempesta è passata. 
- Siamo qua insieme, la finiamo insieme ed andiamo avanti insieme. Tutti abbiamo i nostri casini. Magari è ora che li risolviamo. - Tobin cerca di essere comunicativo, cosa che non gli riesce molto. Decisamente nessuno ha i problemi di Jacoby il quale ha fra l’altro anche la moglie che lo ha lasciato, ma parte da noi la sua rinascita e credo che questo lui lo senta molto. 
- Siete i miei fratelli, vi amo tantissimo, senza di voi mi sarei ucciso! Non l’ho fatto perché sapevo che vi avrei distrutto! E quando ogni fottuto giorno mi ripetete che io valgo la pena della mia stessa vita... - Jacoby scende dalle braccia possenti di Tony e fa il serio per un momento, tenendo agganciato il suo collo, prende quello di Tobin che si fa fare, il quale afferra me in un abbraccio fraterno da entrata in scena. Eppure siamo qua in studio a comporre canzoni. 
Jacoby è l’unico in grado di tenerci uniti, il frontman e leader giusto. Il solo. 
- Ti amiamo anche noi, basta che non cambi più i testi! Sono stufo di sto cazzo di album! Vogliamo finirlo? - Tony però ha sempre qualcosa da dire e per fortuna che sdrammatizza spontaneo. Jacoby ride e noi gli andiamo dietro, poi ci stringe ancora a sé e conclude con un grazie. 
- Siete voi che valete la pena. Grazie ragazzi. - e solo noi sappiamo che sa essere così dolce e sentimentale. 
No davvero. È ora di prendere le cose nelle proprie mani. Chi l’ha detto che è tutto un viaggio di Jacoby? Il viaggio è anche il mio.
Se in questa sua rinascita io non sono previsto beh, si sbaglia di grosso. Sarà meglio che trovi un posto anche per me! Lo riconquisterò, cazzo!